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    Butto li una proposta, sulla scia della mia ultima recensione di quella ciofeca degli In Flames.
    Perche non creare uno spazio fisso dove scrivere ognuno le proprie recensioni di dischi nuovi e vecchi in modo da, oltre a esporre le proprie opinioni, poter creare uno spazio dove chi non conosce un certo disco puo' saperne di piu.
    Ne sto giusto preparando un'altra che riguarda un vecchio cd a cui sono affezionato.
    Dopo la posto.

    Zender R. Velkyn
    He had a cloak of gold and eyes of fire
    And as he spoke I felt a deep desire
    To free the world of its fear and pain
    And help the people to feel free again
    Why don't we listen to the voices in our hearts
    Cause then I know we'd find, we're not so far apart
    Everybody's got to be happy, everyone should sing
    For we know the joy of life, the peace that love can bring
    URIAH HEEP - THE WIZARD (DEMONS AND WIZARDS, 1972)

  • #2
    io ne avevo fatte per un portale metal..
    magari le posto

    editato:

    azz ne ho trovate solo 3... cmq nn mi ci vuole niente a farne nuove.. quando ne ho voglia ne faccio qualcuna.. kraniaccio mettilo sticky

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    • #3
      Artista: Helloween
      Album: Walls of Jericho
      Anno: 1982
      Genere: Power Metal






      Line-up:
      Kai Hansen - chitarra e voce
      Michael Weikath - chitarra
      Markus Grosskopf - basso
      Ingo Schwichtenberg - batteria



      Disco d'esordio per le zucche di amburgo, che contiene anche Helloween, mini-LP del 1985.
      Primo disco e primo capolavoro, il lavoro con il suono piu' grezzo della storia della band, soprattutto per la voce sporca di Kai Hansen, che nonostante nn sia un cantante tecnicamente eccellente (anzi oserei dire che e' pure stonato), riesce a imprimere una potenza alle sue musiche che neanche Michael Kiske, prossimo cantante della band riuscira' a trasmettere. Grandissimi gli intrecci di assoli dei chitarristi Hansen e Weikath, supportati ottimamente da batteria e basso.

      Il cd si apre subito con una speed, Starlight che rompe il ghiaccio in maniera eccellente, portandoci nel vivo dell'opera, il secondo brano Murderer e' un altra speed potente che ricorda vagamente i riff degl Iron Maiden, a seguire Warrior dalle caratteristiche molto simili alla precedente, cui segue l'oscura Victim of Fate.

      Il quinto brano Cry For Freedom è un appello alla liberta', con'inizio lento e drammatico, per poi sfociare nella potenza e nella velocita' presenti nelle tracce precedenti.

      Qui si chiude il Mini Lp "Helloween" e inizia il vero e proprio cd Walls of Jericho.
      Si parte con una musica strumentale, per poi sfociare nella potentissima Ride the Sky dai riff Thrasheggianti, ormai diventata un Must per ogni concerto della band tedesca, si prosegue con Reptile, una delle poche musiche "mediocri", dopo si ricomincia con Guardians, bellissima musica, non adatta pero' alle doti canore di Kai, che in questo brano vengono tremendamente risaltate.
      La track seguente, Phantoms of Death rappresenta qualcosa di piu complesso rispetto alle musiche precedenti del cd, conservando comunque i suoi riff tipicamente Power, si prosegue con Metal Invaders e Gorgar, per poi arrivare a Heavy Metal is the Law, classico inno al metallo, ormai diventato quasi una parola d'ordine tra gli appassionati del genere... nn ci si puo considerare metallari se nn si e' mai ascoltata questa musica..

      si prosegue con la maestosa How Many Tears (originariamente chiamata No More Tears),anche questa diventata un must dei live grazie anche alle straordinarie qualita' canore di Michael Kiske.
      Si finisce con Judas bonus track che doveva essere inserita nel cd Keeper of seven Keys 1, ma ritenuta piu adatta per questo cd....
      Signore e Signori, questo e' il power metal!

      Non si discute un cd da avere, per amanti del genere e non.

      Voto: 92/100





      Track List:
      1. Starlight
      2. Murderer
      3. Warrior
      4. Victim of Fate
      5. Cry for Freedom
      6. Walls of Jericho/Ride the Sky
      7. Reptile
      8. Guardians
      9. Phantoms of Death
      10. Metal Invaders
      11. Gorgar
      12. Heavy Metal (Is the Law)
      13. How Many Tears
      14. Judas

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      • #4
        Artista: Rainbow
        Album: Long Live Rock n' Roll
        Anno: 1978
        Genere: Hard Rock





        Line-up:
        Ritchie Blackmore - chitarra e basso
        Ronny James Dio - voce
        Dave Stone - tastiere
        Cozy Powell - batteria



        Terzo album dei Rainbow, che presentano novita' nella line up, infatti il bassista Jimmy Bain esce dalla band, e viene rimpiazzato da Bob Daisley, reso famoso dalle sue collaborazioni con band del calibro di Uriah Heep o Black Sabbath, anche se nel vinile e' tutto suonato da Blackmore. Ultimo lavoro con la band per il cantante Ronny James Dio, che intraprendera' poi una fortunata carriera da solista, dopo una breve sosta nei Black Sabbath.

        L'album parte bene con la trascinante Long Live Rock 'N Roll, quasi un inno al genere che ci fa prendere confidenza con il disco, a seguire l'epica Lady Of the Lake, dove risalta la grandissima tecnica di Ritchie Blackmore, autore di un bellissimo assolo, la terza, L.A. Connection e' una musica in stile vagamente "Zeppeleniano", a seguire Gates of Babylon, splendida musica con un Blackmore veramente straordinario, resa famosa anche dalle numerose Cover in sede live di Yngwie J. Malmsteen.

        A questo punto siamo arrivati al vero e proprio capolavoro del cd, la bellissima Speed Kill the King, grandissima la prova di Powell, che qui fa uso della doppia cassa (ricordo che siamo nel 1978), come al solito da menzionare l'ottima prestazione di Blackmore.

        Seguono due musiche che, anche se ben suonate, sanno di gia sentito, The Shed (Subtle) e la blueseggiante Sensitive to Light.
        L'album si chiude con la ballad Rainbow Eyes, dove Blackmore e un orchestra di violini accompagnano la voce di Dio.

        Dopo il capolavoro Rising, i rainbow concedono il bis, con un disco dagli spunti eccellenti, che se non fosse per qualche caduta di stile, sarebbe sicuramente una pietra miliare del rock, comunque resta un ottimo titolo, un acquisto obbligato per ogni rocker che si rispetti.
        Voto: 89/100






        Track List:
        1. Long Live Rock 'n' Roll
        2. Lady of the Lake
        3. L.A. Connection
        4. Gates of Babylon
        5. Kill the King
        6. The Shed (Subtle)
        7. Sensitive to Light
        8. Rainbow Eyes

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        • #5
          Artista: Iron Maiden
          Album: The Number of the Beast
          Anno: 1982
          Genere: Heavy Metal






          Line-up:
          Bruce Dickinson - voce
          Dave Murray - chitarra
          Adrian Smith - chitarra
          Steve Harris - basso
          Clive Burr - batteria



          Siamo nel lontano 1982, anno importantissimo per la band inglese, infatti il cantante Paul Di Anno viene rimpiazzato da una nuova leva, un certo Bruce Dickinson, che sara' destinato a diventare uno dei simboli della band inglese e di tutta la scena Heavy Metal in generale.

          Con questo cd gli inglesi abbandonano le sonorita' tendenti all'Hard Rock, per cimentarsi in un sound piu' tipicamente Heavy Metal.
          Si comincia con Invaders, un brano molto veloce e aggressivo,ottimamente sostenuto da basso e chitarre, che ti trascina immediatamente dentro questo cd, la seconda musica, Children of the Damned, e' diventato un vero e proprio classico, caratterizzato dall'alternarsi di tristezza e cattiveria, si riprende con un brano veloce dal ritornello orecchiabile, The Prisoner, ispirato al noto telefilm degli anni 60. Il quarto brano, 22 Acacia Avenue, e' molto piu' oscuro delle precedenti, con un ottima prova di Bruce Dickinson. Segue la title track, ormai diventata un must dei live, caratterizzata da un cantato aggressivo di Dickinson e da un eccellente prova dei chitarristi Smith e Murray, che si alternano in un assolo memorabile, questa musica porto' alla vergine di ferro molte accuse di satanismo, nonche' una grande pubblicita'.

          Il pezzo seguente e' un altro classico della band inglese, Run To The Hills, infatti viene riproposta continuamente in sede live.
          A seguire ci sono gli unici due pezzi mediocri del cd, Gangland e Total Eclipse, che nonostante siano gradevoli e ben suonati, vengono offuscati da cio' che viene prima, e anche da cio' che viene dopo, infatti l'ultima track e' Halloweed Be Thy Name, ennessimo classico presente nel cd, che unisce all'ottima tecnica del combo inglese, un ispirazione incredibile nel songwriting.

          Voto: 96/100







          Track List:
          1. Invaders
          2. Children of the Damned
          3. The Prisoner
          4. 22 Acacia Avenue
          5. The Number of the Beast
          6. Run to the Hills
          7. Gangland
          8. Total Eclipse
          9. Hallowed Be Thy Name

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          • #6
            ICED EARTH - The Dark Saga (1996)

            1. Dark Saga
            2. I Died For You
            3. Violate
            4. The Hunter
            5. The Last Laugh
            6. Depths Of Hell
            7. Vengeance Is Mine
            8. Scarred
            9. Slave To The Dark
            10. A Question Of Heaven



            Jon Schaffer - Rhythm Guitar, Vocals
            Matthew Barlow - Lead Vocals
            Randall Shawver - Lead Guitar
            Dave Abell - Bass Guitar
            Mark Prator - Drums

            Questo e' il cd che mi ha fatto avvicinare agli Iced Earth. Per cause un po particolari a dire il vero, visto che non amavo (e non amo) le loro precedenti produzioni. Da buon appassionato di fumetti americani, in particolar modo dei fumetti Marvel, e in particolar modo di Spawn, non potevo non essere attirato da questo cd, che vuole essere la trasposizione in musica proprio della storia di Spawn. Il concept parla infatti della storia di quest'uomo, che accetta, una volta deceduto, di tornare mondo dei vivi per amore della sua lei. Ma una volta tornato in vita, scopre che la sua lei e' ora sposata con quello che era il suo migliore amico. In preda a dolore e frustrazione, l'uomo abbraccia il male e le forze dell'oscurita', diventando appunto Spawn, lo spauracchio.

            Dedichiamoci ora al comparto musicale. L'album segna il passaggio degli IE a sonorita' meno furiose e concitate rispetto ai precedenti lavori. Le canzoni sono meno complesse e articolate, ma questo non toglie loro la giusta potenza e il forte impatto sonoro. La produzione e' stupenda, perfetta. Non un suono fuori posto, non un volume sbagliato. L'amalgama e' perfetto, e io queste cose le adoro. Un buon album, per diventare un grande album, deve essere prodotto da dio. I musicisti di questo lavoro sono di tutto rispetto. A partire dall'inseparabile duo Barlow-Schaffer, il primo con una delle voci piu belle del panorama classic-metal, il secondo grande inventore di riffs. A loro si aggiunge Randall Shawver, gia nella band e ottimo solista, Dave Abell al basso, e Mark Prator alla batteria. Qualcuno se lo ricordera' nei Demons&Wizards.
            La prima traccia, l'omonima Dark Saga, e' un po un piccolo antipasto. Traccia corta, aperta da un arpeggio sostenuto dalla cassa, cupo e triste, che sfocia nel primo riff dell'album. E' un bel mid energico, in cui la voce di Barlow comincia a dare gran prova di se, e la batteria di Prator capeggia sulla sezione ritmica. In assoluto, il suono della batteria in questo disco e' il piu bello che mi sia mai capitato di ascoltare.
            Il secondo pezzo, I Died for You, comincia a mostrare la strada che gli IE hanno intrapreso. Ancora un grande arpeggio, ad aprire, e canzone molto sulla falsariga della precedente, ma meno furiosa, e con una melodia che forse fatica a entrare in testa, ma quando ci arriva non ne esce piu. Ancora oggi e' considerato uno dei masterpiece degli Iced Earth.
            La terza e' una delle mie preferite. Violate e' veloce, potente, ricorda molto i vecchi IE, quelli piu vicini al thrash che al power, ma e' orecchiabile e molto piacevole. Barlow segue la furia della canzone, ma a mio avviso se la cava meglio sui pezzi piu lenti.
            Ancora un intro in arpeggio per la successiva The Hunter, altro grande pezzo, dal grande refrain. Addirittura i cori di Schaffer a supportare Barlow. Un pezzo davvero riuscito. Bellissimo il lavoro a intrecciarsi delle chitarre.
            La quinta traccia, The Last Laugh e' decisamente un pezzo veloce. Dal vivo gli IE amano attaccarla a Burning Times, ma ascoltarla nella versione studio e' forse piu emozionante. Molto simile alle vecchie produzioni, non e' uno dei miei preferiti del disco, ma si fa ascoltare piacevolmente. Bello il break centrale, dove ancora una volta un'arpeggio supportato da una chitarra distorta spezza la monotonia della canzone.
            Seguono i 3 minuti di Dephts of Hell, dove si nota la teatralita' della voce di Barlow, che recita piu che cantare. Davvero un grande interprete. Il pezzo e' cadenzato, e a mio modo di vedere qua e' geniale il lavoro di Prator, che trasforma un 4/4 qualunque in un'opera d'arte. Adoro questo batterista.
            Segue poi un'altro dei pezzi mitologici della band, Vengeance is Mine. La velocita' non e' molto elevata, ma la cattiveria e la potenza di questa canzone sono non da poco. Ancora una volta e' eccellente la prova di Barlow.
            La successiva Scarred non e' certo il mio pezzo preferito, ma anche questa e' notevole. Qua mi piace molto il muro che crea il basso. E' incredibile, non c'e' un suono fuori posto, non trovo un'appunto da fare nemmeno a volerlo.
            Arriva la penultima, Slave to the Dark, altro masterpiece, idealmente collegato alla trilogia finale di cui e' la seconda traccia. Power metal di vecchia scuola, con un riff degno del grande Tony Iommi. La traccia e' l'ideale introduzione per quella che e' il vero capolavoro di questo album, e cioe' la conclusiva A Question of Heaven.
            Questa canzone e' drammatica, carica di dolore, di rabbia, e ben riassume quello che e' il concept dell'album. Resta in assoluto la mia preferita di tutta la loro intera discografia. Racchiude tutto il bello che ha questo album. La magistrale interpretazione di Barlow, che specie nella parte iniziale riesce davvero a far immedesimare chi ascolta nella situazione, e' la migliore che abbia mai fatto. L'esplosione del preritornello, con quel riff che nella sua semplicita' trasuda bellezza, rabbia, passione; i cori femminili del bridge; lo stacco acustico dove Barlow da ancora gran prova di se, fino alla conclusione in un crescendo epico e doloroso. Sfido chiunque a non provare emozioni ascoltando questo pezzo.

            Il cambio di rotta degli IE per me e' stato solo un bene. Abbandonata la furia iniziale, Schaffer e' riuscito a scrivere autentici capolavori basandosi soprattutto sulla voce di Barlow e su una produzione eccellente, senza una pecca. E' un peccato che ancora oggi gli IE non abbiano trovato una formazione stabile e duratura, e ritengo grave la perdita del mostro che canta in questo disco. Sicuramente, se dovessi fare una lista dei miei 10 album preferiti in assoluto, questo ci rientrerebbe a pieno titolo, perche ha tutto quello che un grande album di metal deve avere. Non gli do 100/100 perche non e' tutto rose e fiori, e in qualche passaggio si sente un po il fatto che molte delle canzoni si assomigliano fra loro, ma resta un'album da avere a tutti i costi, a partire dal grande artwork, che e' poi quello che mi ha spinto a comprare, nel lontano 1996, questo cd.
            Quindi gli do 95/100. Da avere, punto e basta!!

            Zender R. Velkyn
            He had a cloak of gold and eyes of fire
            And as he spoke I felt a deep desire
            To free the world of its fear and pain
            And help the people to feel free again
            Why don't we listen to the voices in our hearts
            Cause then I know we'd find, we're not so far apart
            Everybody's got to be happy, everyone should sing
            For we know the joy of life, the peace that love can bring
            URIAH HEEP - THE WIZARD (DEMONS AND WIZARDS, 1972)

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            • #7
              Artista: Children of Bodom
              Album Something Wild
              Anno: 1997
              Genere: Death/Power Metal



              Line-up:
              Alexi Laiho - voce e chitarra solista
              Alexander Kuoppala - chitarra ritmica
              Henkka Blacksmith - basso
              Janne Warman - tastiere
              Jaska Raatikainen - batteria


              Che piacciano o no e' soggettivo, ma indubbiamente questi cinque ragazzi finlandesi hanno portato una ventata di aria fresca in due generi da tempo in un periodo ristagnante. Questo giovane combo dalle radici black, riesce a mischiare ottimamente death e power metal, creando un disco cattivo, ma allo stesso tempo melodico, grazie all'uso massiccio della tastiera dell'ottimo Warman.


              Il punto forte della band e' un grande affiatamento tra i componenti, con Kuoppala e Blacksmith, che svolgono un ottimo lavoro in fase ritmica; la batteria e' potente e veloce, anche se a tratti molto monotona, con un grande Alexi Laiho, che alterna al ruolo di cantante, quello di chitarrista solista, con assoli molto veloci ottenuti per mezzo di un massiccio uso di sweep picking.


              I brani sono tutti di ottima fattura, freschi e ben suonati, il disco si apre con Deadnight Warrior, musica veloce e potente, che porta l'ascoltatore subito nel vivo del disco; si prosegue con In The Shadows, brano che mi ha subito conquistato, con un alternanza di parti melodiche, e di sfuriate ai limiti del black metal, segue Red Light in my Eyes, una musica divisa in due parti, che si distingue con un ritornello molto orecchiabile, con una buona prova di Warman e del solito Laiho, si giunge quindi a quello che e' probabilmente il miglior brano del lotto, lake bodom, musica dal grandioso songwriting, caratterizzata da un ottima prova di Alexi Laiho. La seguente e' The Nail, brano che nonostante sia ben suonato, risulta inferiore rispetto alle altre musiche del cd, per poi finire con Touch Like Angel of Death, ottimo brano, nel quale e' necessario menzionare come al solito il grande assolo di Laiho, e a sorpresa una ghost track interamente suonata da Warman.


              Un disco sicuramente innovativo, che puo fare storcere il naso ai puritani del death o del power metal, ma che con un minimo di apertura mentale puo essere facilmente apprezzato, probabilmente il migliore di una band, che in pochi anni e' riuscita a creare un vasto seguito di fan nella propria terra natale, una popolarita' scaturita addirittura nella creazione di una vera e propria scena, della quale fanno parte gruppi come i Kalmah o i Brimstone.

              Voto: 90/100

              Track List:
              Deadnight Warrior
              In The Shadows
              Red Light In My Eyes, Pt. 1
              Red Light In My Eyes, Pt 2
              Lake Bodom
              The Nail
              Touch Like Angel Of Death

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              • #8
                Artista: Pantera
                Genre: Glam Metal
                title: Project in the Jungle
                Year: 1984


                Formazione : (vedi Cowboys From Hell) senza Phil ma con
                Terry Glaze



                E' Il Secondo album della versione "Hair metal" dei Pantera, che ricorda molto il periodo Crue, ma già con influenze alla Pantera in alcuni casi .... insieme agli album Metal Magic, I Am The night e Power Metal (con l'arrivo di Phil) si costituisce il vero e proprio periodo pre-Pantera.
                Il Disco si apre con la trascinante All Over Tonight, prosegue con Out For Blood che presenta un ritmo piu' Heavy con i riff riempienti di Darrell; poi vi è Blue Light Turnin' Red, una traccia dove suona solo Darrell combinando cose veramente belle all Paul Gilbert! continuiamo con Like Fire che ricorda molto una famosa canzone dei MCrue
                si continua con In Over My Head , canzone molto bella , melodica e sostenuta con le tastiere.
                Projects in the jungle è forse la canzone piu NWOBM del Cd insieme alla strepitosa Heavy Metal Rules...un vero e proprio inno... Only A Heartbeat Away , la song piu Street del disco, fanstastica. Poi la penultima song è Killers , che nn è la cover , ma è una classica song heavy alla IM. Il Disco conclude con Takin my life diciamo la ballad (sempre sostenuta da un mitico Darrel) diciamo molto alla Europe..

                80/100


                mi piace tanto qst disco e consiglio l'ascolto agli amanti di qst genere e NON xke tutti sn tenuti a conoscere i Pantera primordiali

                consiglio vivamente anke I am The Night e Power Metal. Metal Magic mi è piaciuto di meno.
                Ultima modifica di ibanez; 17-04-2004, 13:08.

                neW -- icq # 575727946 --neW
                Jovinko L'elfo Silvano
                Vivaldi l'elfo Oscuro

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                • #9


                  Alexi Laiho, che alterna al ruolo di cantante, quello di chitarrista solista, con assoli molto veloci ottenuti per mezzo di un massiccio uso di sweep picking.


                  e ddai su' per 2 sweep ke fa...se lui fa un uso massiccio allora ke uso ne fa Michael Romeo? (senza elencarne altri 1000)


                  : o Michael Angelo ke li fa pure al contrario!

                  neW -- icq # 575727946 --neW
                  Jovinko L'elfo Silvano
                  Vivaldi l'elfo Oscuro

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                  • #10
                    Originally posted by NoBuSaRu
                    kraniaccio mettilo sticky
                    Ok, fatto.

                    REGOLE: Non postare roba che non siano recensioni. Per i commenti sulle recensioni c'è spazio sul forum.
                    Tutti i post non contenenti recensioni (tipo quello di Sebastian qua sopra che lascio a titolo d'esempio), saranno cancellati.
                    UoVo avvisato...
                    Ultima modifica di Kranium; 16-04-2004, 11:26.

                    Life was like a fantasy / Taken by reality / Does anyone remember me / You once knew me
                    Flashes of the day / I knew I was here to stay / But no one stays the same


                    Lo Spambollino fa FIGO

                    Membro del W.A.M. (War Against Mediaset) e presidente del M.A.I. (Musicians Against Ibanez)

                    Ex Custode della Topa (R.I.P.) [NCdS]

                    Dedico questa riga alla topa. Mi mancherai.

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                    • #11
                      si scusa x prima ma mi è venuto spontaneo

                      cmq solo recensioni metal? o anke altri generi?

                      *Ovviamente anche altri generi *
                      Ora basta però... lavora :P
                      Ultima modifica di Kranium; 16-04-2004, 17:15.

                      neW -- icq # 575727946 --neW
                      Jovinko L'elfo Silvano
                      Vivaldi l'elfo Oscuro

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                      • #12
                        Artist: Skid Row
                        Album: Skid Row
                        year: 1989
                        Genre: Street/Hard Rock





                        formazione:

                        Sebastian Bach : vocals
                        Dave The Snake: guitars
                        Scotti Hill : guitars
                        Rachel Bolan: basses
                        Rob Affuso: Drums



                        E' L'esordio della Band del NJ capitanata dal potentissimo Sebastian Bach, il simbolo vero e proprio del nome di qst band. Inizialmente gli Skid Row furono il gruppo spalla dei Bon Jovi, d'altronde Dave Sabo(the Snake) nn era altro ke il chitarrista dei primi BJ finquando nn arrivo' un certo R.Sambora. La prima grande fiammata di qst gruppo fu al Moscow Music Peace Festival del 1989, Sebastian fece vedere proprio di che pasta era fatto...

                        Il Disco inizia con la tipica canzone stradaiola "big guns" che da' proprio un bell'impatto come prima song d'apertura. Il Disco procede con "sweet little sister" una song degna degli SR.
                        "Can't Stand the heartache" inizia con un coretto melodico per poi partire il sostegno chitarristico puramente rock che porta poi al ritornello molto orecchiabile e all'assolo pieno di fischiati!!
                        Piece of Me inizia con un riff molto simile ad un altra canzone del black album... ma procede come una fikissima song rock n roll
                        Arriva "18&life" la prima ballad di qst cd, veramente fantastica sicuramente tutti l'avrete sentita... Poi si prosegue con Rattlesnake shake ke inizia con un riff fischiato continua con un ritornello melodico preceduto xo 'dalla parte puramente hard rock.
                        Arriva YOUTH GONE WILD, qst la scrivo in stampatello... una vera canzone stradaiola (che sembra abbia anche delle influenze heavy), che vuole esprimere la ribellione da parte della gioventu', con tanto di coro finale...grandissima
                        Continuiamo con Here I Am che inizia con un riff molto allegro tanto qnt il ritornello
                        Makin a mess inizia con un "oh Yeah" di Seba e continua con la parte rock n roll alla SR.
                        Ora silenzio cè I Remember You, la 2a ballad del disco .. inizia con accompagnamento acustico e continua con la grande prestazione di SB e con un assolo veramente fatto bene...
                        L'ultima song Midnight/Tornado, sa' molto di "strada" ma sa' molto anche di Heavy Metal ..con assolto tipico Heavy che inizia cn un bel fraseggio Tapping e che si concluede con la parte melodica per terze alla Judas Priest....

                        votazione

                        100(e lode)/100

                        neW -- icq # 575727946 --neW
                        Jovinko L'elfo Silvano
                        Vivaldi l'elfo Oscuro

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                        • #13
                          Artist: Van Halen
                          Title: The Best Of Van Halen Vol. I
                          Year: 1996 (mi pare)
                          Genere: Hard Rock (mettiamo cosi')



                          Formazione:
                          Eddie Van Halen: Guitar
                          Alex Van Halen: Drums
                          Michael Anthony: Bass
                          David Lee Roth: Vocals
                          Sammy Hagar: Vocals


                          Allora.. beh intanto stiamo parlando di un Greatest Hits, precisamente il volume 1. Parlando puramente a livello tecnito tutti i brani sono rimasterizzati e quindi l'ascolto e' direi ottimo.
                          L'album e' "introdotto" se cosi' posso dire da Eruption, poco si puo' dire di questo brano. Il virtuosismo e la fantasia di Eddie e del suo "Tapping" si scatenano, il suono ci trascina per accompagnarci con forza verso l'ascolto delle prossime tracce.
                          Il primo classico che ci propongono e' "Ain't Talkin' 'Bout Love", impossibile non aver mai sentito questa canzone tra spot pubblicitari e, se non ricordo male, perfino come sottofondo di immagini sportive. Anche qua e' Eddie a portare avanti il groove del pezzo supportato dalla prima voce del gruppo David Lee Roth.
                          Se osserviamo la Track List notiamo facilmente che tutte i primi pezzi sono quelli realizzati con la prima formazione dei Van Halen, passando da "Runnin' With The Devil", a "Unchained" fino ad arrivare ai due grandi successi di "Jump", ove Eddie oltre a divertirsi con la chitarra (grandissimo assolo chiaramente come suo solito usando principalmente il "tapping") si lascia andare con le tastiere, e "Panama", altro pezzo fenomenale.
                          Da qua in poi sara' Sammy Hagar il cantante del gruppo, e le melodie stesse subiranno qualche mutazione. Dal rock puramente aggressivo dei primi anni si passa ad una sensazione piu' melodica nei brani della band. Da una parte si perde un po' di "potenza" ma si acquista un po' piu' di liberta' nella musica del gruppo. Molto belli i pezzi "Why can't This Be Love", "Dreams" e "When It's Love" dove si puo' intuire subito questo cambiamento nei Van Halen. Probabilmente non e' un caso che siano stati messi esattamente uno dopo l'altro.
                          Un altro pezzo degno di nota (anche se praticamente tutto l'album lo e') e' "Right Now". Anche qua, come in altre occasioni, Eddie si diverte a suonare il piano (oltre la chitarra) e la melodia non puo' che prenderci ed accompagnarci fra le note della canzone.
                          Tanto per non dilungarsi troppo mensiono il fatto dell'inserimento di due brani Inediti nel disco e tra i due vi segnalo "Me Wise Magic".
                          Nell'insieme un ottimo CD, qualche successo manca (tipo Standing' On Top Of The World), ma e' in previsione il Volume II in cui magari possono essere ricolmate queste mancanze.

                          Voto

                          95/100

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                          • #14
                            XANDRIA - KILL THE SUN (2003)

                            1. Kill the Sun
                            2. Mermaids
                            3. Ginger
                            4. She's Nirvana
                            5. Forever Yours
                            6. Casablanca
                            7. So You Disappear
                            8. Wisdom
                            9. Isis/Osiris
                            10. Calix Virago

                            Lisa - Vocals
                            Roland -Bass
                            Marco - Guitars, Keyboards
                            Philip - Guitars
                            Gerit - Drums



                            Questo e' il debut album per i tedeschi Xandria, guidati dalla suadente e soave voce della talentuosa Lisa.
                            Le dieci tracce che compongono questo lavoro si accostano musicalmente parlando ad alcune sfumature dei Gathering, degli ultimi Lacuna Coil o degli Evanescence, abbracciando la ricerca costante della melodia. La band si definisce gothic metal, ma a dire il vero a me sembra che di gothic ci siano solo certe remote influenze (si notano benissimo quelle di Tiamat e Paradise Lost) e l'uso che possono fare in certi passaggi delle tastiere.
                            La loro musica risulta essere cosi un mix di orecchiabilita' ed energia.

                            La title track mostra subito questa ricerca di suoni suadenti e le tastiere creano una giusta atmosfera. La voce di Lisa si appoggia molto alle tastiere, e il lavoro delle chitarre risulta efficace, senza mai forzare o strafare. Si apprezza da subito la cura per la produzione. Forse solo la batteria appare un po sottotono rispetto agli altri volumi. Comunque il primo pezzo risulta essere uno degli episodi piu riusciti, diciamo che e' un pezzo pop piuttosto aggressivo che si fa ascoltare piacevolmente.
                            Interessante come Lisa si trovi a suo agio nel passare senza problemi da tonalita' alte a tonalita' piu basse.
                            La seconda traccia, Mermaids, viene guidata dal pianoforte e dai synth per tutta la sua durata. Noto che, come la precedente, anche questa si affida e si struttura molto sulla linea di basso.
                            Forse leggermente piu commerciale della prima, scorre piacevole anche questa. Belle le doppie voci in occasione del bridge e del ritornello. Interessante anche il cambio nel mezzo della canzone. Ottimo il lavoro del batterista.
                            Mentre constato il massiccio uso dell'elettronica e di suoni sintetizzati, inizia Ginger, terzo brano del lotto.
                            Piu lenta delle prime due, si regge ancora sulle tastiere. Ma qua i riffs riescono ad essere molto incisivi. La struttura e' quella classica delle ballads, strofa arpeggiata e riffs nel ritornello. Una ballad senza troppe pretese, ma che ha il pregio di non entrare mai nello scontato.
                            She's Nirvana inizia arrembante, con un riff stoppato molto piacevole. Un mid energico caratterizzato ancora da questi cambi di tonalita' vocale di Lisa, che nel ritornello arriva a toccare con la voce sonorita' tipiche della musica orientale. Molto bella.
                            Forever Yours si apre ancora una volta retto da suoni elettronici. Anche le chitarre fanno uso di particolari effetti, e, come al solito, la canzone esplode nel ritornello. Lo stile si avvicina molto a quello dei Gathering, sia per la struttura che per i suoni utilizzati.
                            Casablanca e' molto piu ritmata, e continua a vedere questi passaggi rock - elettronica che tanto sembrano piacere a questi ragazzi. Il break centrale e' molto interessante, e i suoni usati mi ricordano i Dark Tranquillity di Emptier Still.
                            So You Disappear e' un'altra ballad che segue la linea delle precedenti. Ancora una volta a colpirmi e' la voce di Lisa, sempre perfetta nella scelta delle melodie vocali. Un'assolo dal sapore orientale accompagna la canzone verso la sua conclusione.
                            Wisdom e' un pezzo stranissimo, dove le chitarre richiamano al metal, ma sono accompagnate da tastiere troppo fuori dalle righe per certi riffs. Strano l'effetto che ne esce. Definiamolo una sorta di esperimento.
                            La penultima Isis/Osiris segue ancora la linea della precedente, come a voler dire che ora c'e' spazio anche per sperimentare. Il ritmo ricorda inequivocabilmente la discodance degli anni '80, e tutto sommato il risultato non e' affatto male.
                            Chiude Calix Virago, che per certi aspetti ricorda le sperimentazioni dei Tiamat di Wildhoney. Se conoscete A Pocket Size Sun avrete presente cosa intendo.

                            Che dire....
                            Un buon debutto, un po inclassificabile a dire il vero, ma suonato ottimamente e piacevole, almeno per buona parte del cd. Su tutto cito la voce di Lisa, impeccabile e molto versatile. Certo, non e' niente di nuovo, ce ne sono a bizzeffe di cantanti cosi, ma la ragazza e' brava e ci sa fare. Interessante. Se non sapete proprio cosa ascoltare e vi piacciono gruppi come gli Evanescence o i Gathering, allora probabilmente questo gruppo potra' piacervi. Ma di certo non e' un disco imprescindibile.

                            Voto: 70/100
                            Ultima modifica di aquilaccia; 04-05-2004, 18:57.
                            He had a cloak of gold and eyes of fire
                            And as he spoke I felt a deep desire
                            To free the world of its fear and pain
                            And help the people to feel free again
                            Why don't we listen to the voices in our hearts
                            Cause then I know we'd find, we're not so far apart
                            Everybody's got to be happy, everyone should sing
                            For we know the joy of life, the peace that love can bring
                            URIAH HEEP - THE WIZARD (DEMONS AND WIZARDS, 1972)

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                            • #15
                              ARCH ENEMY - WAGES OF SIN (2001)



                              1. Enemy Within
                              2. Burning Angel
                              3. Heart of Darkness
                              4. Ravenous
                              5. Savage Messiah
                              6. Dead Bury Their Dead
                              7. Web of Lies
                              8. The First Deadly Sin
                              9. Behind the Smile
                              10. Snow Bound
                              11. Shadows and Dust

                              Angela Nathalie Gossow - Vocals
                              Michael Amott - Guitars
                              Christopher Amott - Guitars
                              Sharlee D'Angelo - Bass
                              Daniel Erlandsson - Drums

                              Per ogni gruppo arriva, ad un certo punto della carriera, il momento della prova del nove. Dopo un capolavoro e' sempre difficile bissarne il successo e sfornare un disco altrettanto valido. In piu gli Arch Enemy sono tenuti ad affrontare questa prova in una situazione nuova, dovuta al cambio della voce che fin li' li aveva guidati.
                              Con ordine: Nel 1999 vede la luce Burning Bridges, che consacra gli Arch Enemy a livelli mondiali. Il disco e' esplosivo, cattivo e melodico al contempo, una piccola pietra miliare del mio tanto amato "scandinavian melodic death metal".
                              Ma il frontman Johan Liiva Axelsson abbandona il gruppo, e gli Arch Enemy sono cosi costretti a cercare una nuova voce per la loro band. A sorpresa i 4 di Gotheborg reclutano al suo posto una sconosciuta ragazza, Angela Nathalie Gossow. Premetto per chi non conoscesse Johan Liiva, che i suoi growls erano piuttosto cupi e dai toni bassi. La scelta lascia quindi inizialmente perplessi i fan del gruppo. A distanza di un'anno esce questo Wages of Sin, e anche i fan piu attaccati a Johan Liiva, come me ad esempio, hanno dovuto ricredersi. Angela si dimostra una forza della natura. I suoi growls sono si distanti da quelli di Liiva, ma si fondono perfettamente con la musica degli Arch Enemy. La band e' maturata in fase compositiva, lasciando ancora piu spazio alla melodia, senza pero' mai scordarsi le radici da cui sono partiti anni fa assieme agli In Flames e ai Dark Tranquillity.

                              Ad aprire ci pensa il cupo intro pianistico di Enemy Within, che lascia presto spazio a un terrificante attacco guidato dalla batteria di Erlandsson. Cassa e rullante aprono con prepotenza la strada alla canzone vera e propria. Canzone che si rivela veloce e tirata. Angela lascia subito sbigottiti. Se non lo sapessi, non scommetterei una lira che a cantare ci sia una donna. A questo si aggiungono le magistrali chitarre dei fratelli Amott, che per tutto il brano e per tutto il disco si sfideranno in continui virtuosismi chitarristici. La canzone richiama fortemente a certe sfuriate degne dello speed metal degli anni 80. Un piccolo capolavoro.
                              Segue a ruota la piu cadenzata Burning Angel, dove spiccano ancora una volta il growl furioso di Angela e il lavoro delle chitarre. La canzone fila via veloce fino al cambio che introduce l'assolo. Seconda sfida fra fratellli, sorretti egregiamente dal duo D'Angelo-Erlandsson.
                              Terza traccia ancora piu cadenzata con Heart of Darkness. Continui cambi di ritmo guidano la canzone. Ancora una volta e' geniale il break. Il tempo cambia completamente, per lasciare spazio a un delicato arpeggio che sfuma pian piano per entrare in un doppio assolo che mostra ancora una volta l'affiatamento e la genialita' dei fratelli Amott. Non c'e' niente da fare, la musica degli Arch Enemy si poggia fortemente sul dualismo dei due chitarristi.
                              Il quarto brano, Ravenous, mostra un Daniel Erlandsson sugli scudi. Tempo velocissimo che porta fino al bridge, per poi entrare nel ritornello. Ancora matrici power-speed per questo brano, e ancora doppi assoli su doppi assoli. Angela intanto continua a stupire con il suo vocione. Ed ennesimo break da favola. con altro cambio di tempo, assoli sognanti, e sezione ritmica precisa e potente.
                              Savage Messiah appare piu cupo dei precedenti brani, anche se mostra un crescendo di ritmo e velocita' incessante. Qua i fratelli Amott optano per dei suoni un po particolari, specie nella parte centrale. L'unico peccato e' che, come le precedenti, gli Arch Enemy usano la stessa mededsima struttura, senza mai provare a introdurre qualche cambiamento. Quindi anche qui ritornello, strofa, ritornello, strofa, break, assolo, ritornello.
                              Arriva poi la potente Dead Bury Their Dead. Il ritmo qua segue invece decisamente quello che ha portato la scuola death metal. Canzone sicuramente piu canonica, che richiama un po agli Edge of Sanity.
                              Il settimo brano e' il mio preferito. Web of Lies ricorda molto i Carcass di Heartwork, e anche Angela sembra avvicinarsi vocalmente a Jeff Walker. Non a caso in quel capolavoro dei Carcass alla chitarra solista c'era proprio Michael Amott. Ancora monumentale il lavoro di Erlandsson, che si dimostra un ottimo musicista, e non solo un martello pneumatico come molti dei batteristi moderni.
                              E' poi la volta di The First Deadly Sin, che corre furiosamente sulla voce di Angela. Qua c'e' un po meno melodia rispetto agli altri brani, ma sicuramente piu potenza e prepotenza.
                              Tocca poi alla cadenzata Behind the Smile. E anche qui si ritrovano i continui cambi di tempo e i continui intrecci chitarristici.
                              Ci si avvicina alla fine, e tocca alla strumentale Snowbound, dove le sole chitarre accompagnate dalle tastiere creano un momento di calma e tranquillita' che ricorda molto l'assolo centrale di Silverwing, dal precedente Burning Bridges.
                              Questa traccia porta alla conclusiva Shadows and Dust, ancora una volta melodica e feroce, a richiamare ancora una volta al metal degli anni 80.



                              Gli Arch Enemy con questo lavoro si staccano definitivamente dallo stilema del death melodico scandinavo per dargli la propria caratteristica impronta. I punti che li accomunavano agli In Flames e ai Dark Tranquillity sono oramai spariti (anche per meriti e demeriti delle due bands appena citate). In questo lavoro si sente pesante come un macigno l'influenza della scuola classica dei due fratelli Amott. Michael aveva portato questa influenza gia nei Carcass di Jeff Walker, creando all'epoca un capolavoro come Heartwork. Ecco, ho sempre definito questo cd come il degno successore di quel disco. Angela e' eccezionale. Poche donne hanno le capacita' vocali di cui dispone lei, che non lesina certo energia e corde vocali. Quindi, dopo aver parlato dei due chitarristi e della voce, non resta che ricordare la sezione ritmica degli Arch Enemy, con uno Sharlee D'angelo oramai maturo dopo le prove con Mercyful Fate, Dismember e Sinergy, e uno strepitoso Daniel Erlandsson. Non nascondo che e' uno dei miei punti di riferimento e maggiori ispiratori. Un grande batterista per un grande gruppo.
                              Peccato solo che l'album viaggi sempre sulle stesse linee senza mai osare troppo. Ma d'altra parte e' anche naturale, visto il successo del precedente lavoro. Perche cambiare quando si ha gia una ricetta vincente?
                              Resta comunque un gran disco. Sicuramente fra i capisaldi del death melodico scandinavo.

                              Voto:90/100

                              Zender R. Velkyn
                              He had a cloak of gold and eyes of fire
                              And as he spoke I felt a deep desire
                              To free the world of its fear and pain
                              And help the people to feel free again
                              Why don't we listen to the voices in our hearts
                              Cause then I know we'd find, we're not so far apart
                              Everybody's got to be happy, everyone should sing
                              For we know the joy of life, the peace that love can bring
                              URIAH HEEP - THE WIZARD (DEMONS AND WIZARDS, 1972)

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