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Mistero del "Graal"

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  • #16
    Decorò la chiesa di strane statue e fece incidere sull’architrave sopra l’ingresso l’iscrizione latina:

    TERRIBILIS EST LOCUS ISTE
    (“Questo luogo è terribile”)

    Dopo la morte del vescovo di Carcassonne, il successore Mons. de Beauséjour chiese conto al sacerdote del suo strano comportamento, gli ordinò di lasciare Rennes e gli affidò il paese di Coustogne. Oltre a non accettare il trasferimento imposto dal suo superiore, Bérenger Saunière reagì con tono di sfida, rifiutando di spiegare l’origine della sua ricchezza. Accusato di simonia, venne sospeso a divinis, e reintegrato ai suoi incarichi soltanto dopo essersi appellato in Vaticano.
    Saunière morì il 22 gennaio 1917 per un ictus cerebrale. Tutti i suoi averi furono ereditati dalla perpetua, Marie Denarnaud (1868-1953).

    Qual era la fonte di tutta la ricchezza del curato? Secondo i tre autori di The Holy Blood and the Holy Grail le pergamene ritrovate sotto l’altare contenevano in codice un messaggio sconvolgente: Gesù non era morto, e la prova di questo fatto si trovava proprio a Rennes-le-Château. Con delle pergamene del genere tra le mani Bérenger Saunière avrebbe potuto facilmente ricattare sia il Vescovo di Carcassonne sia lo stesso Vaticano, e garantirsi un tenore di vita sempre più ricco e agiato. La possibilità che questa “prova” fosse nascosta a Rennes era – a detta del trio – assolutamente plausibile: il paesino sorgeva in una regione che in passato aveva ospitato gli eretici Albigesi (o Catari). Costoro erano stati vittima, nel 1209, di uno sterminio da parte di un esercito inviato dal Papa Innocenzo III; si diceva inoltre che custodissero un “tesoro” che – però – non fu mai trovato. Quale “tesoro” più grande poteva esserci di una prova che Gesù non era morto? Il fatto che i Catari possedessero del materiale così “scottante” li rendeva molto pericolosi per la Chiesa di Roma e dunque si poteva spiegare in questo modo la Crociata contro di loro. Ma come avevano potuto gli Albigesi entrare in possesso di quel “tesoro”? Lincoln, Baigent e Leigh non hanno dubbi: dai Cavalieri Templari. Costoro, infatti, non erano altro che l’emanazione di un’organizzazione segreta chiamata Priorato di Sion, fondata da Goffredo di Buglione nel 1099.
    Questo fantomatico gruppo avrebbe avuto a capo, nel corso dei secoli, personaggi sorprendenti: furono Gran Maestri di Sion tra gli altri Sandro Botticelli, Leonardo da Vinci, Robert Boyle, Isaac Newton, Victor Hugo e Jean Cocteau.
    Il Priorato aveva come scopo quello di “purificare” e “rinnovare” il mondo intero, radunando tutte le nazioni sotto una monarchia illuminata retta da un sovrano merovingio dello stesso lignaggio di Cristo. Come riportato in precedenza la dinastia merovingia era nata dall’unione dei discendenti di Gesù con i Franchi. Nel 496 d.C. la Chiesa aveva concluso un patto con i Merovingi, perché – consapevole della vera identità della stirpe – desiderava sostenerli perpetuamente. A Clodoveo fu offerto il titolo di Sacro Romano Imperatore. Dopo alcuni decenni, però, la dinastia del Sangue Reale perse il trono: l’ultimo monarca merovingio fu Dagoberto II.
    La stirpe, però, non si estinse ma proseguì fino ai giorni nostri. Fu il Priorato di Sion a preservare il “segreto” del Sangue di Cristo; per mille anni questa organizzazione segreta ha lavorato (e lavorerebbe tutt’oggi) nell’ombra per riportare al potere un discendente della linea del Santo Graal. Nella chiesa di Rennes-le-Château qualcuno (Catari? Templari? Membri del Priorato?) avrebbe nascosto le genealogie dei discendenti di Cristo, codificando sulle pergamene dei messaggi ben precisi. Uno di questi, riportato sopra, affermerebbe che il “tesoro”, ovvero il segreto sulla linea di sangue di Cristo, apparterrebbe a re Dagoberto II, dunque ai Merovingi, e al Priorato di Sion. Quel “Egli è morto là” potrebbe indicare la presenza di un sepolcro intorno a Rennes contenente il corpo di Gesù. Tale sepolcro sarebbe stato rappresentato sulla tela di Nicholas Poussin Pastori d'Arcadia. La scritta "ET IN ARCADIA EGO" può essere anagrammata e letta così:

    I! TEGO ARCANA DEI
    (“Vattene! Custodisco i segreti di Dio.”)

    Si afferma spesso che Sauniere fosse membro segreto del Priorato di Sion. La prova consisterebbe in una statua conservata nella chiesa di Rennes, alla cui base compare la scritta

    CHRISTUS A. O. M. P. S. DEFENDIT

    L'interpretazione dell'acronimo sembra non dar adito a dubbi: Antiquus Ordo Mysticusque Prioratus Sionis("Cristo difende l'antico ordine mistico del Priorato di Sion").
    Nessun autore, però, ricorda che a Roma, sulla base dell'obelisco di papa Sisto V compare l'iscrizione:

    CHRISTUS Ab Omni Malo Populum Suum DEFENDIT
    (Cristo difende il suo popolo da ogni male)

    Questo non è certamente l'unico fraintendimento dei fatti avvenuti nel paesino francese. Né i dati oggettivi di cui siamo in possesso per giudicare gli avvenimenti di Rennes-le-Château giustificano in alcun modo le conclusioni cui sono giunti Lincoln, Baigent e Leigh. Non c’è alcuna prova del fatto che le pergamene contenessero genealogie e testi enigmatici, né i tre autori riportano la fonte dalla quale avrebbero tratto queste notizie. Saunière non lasciò nulla di scritto su questo ritrovamento, ed è possibile che si sia arricchito vendendo i reperti rinvenuti; la stessa cripta della chiesa poteva contenere qualche manufatto risalente ad epoca medievale, da lui scoperto durante i restauri. Non sorprende il fatto che desiderasse compiere da solo gli scavi: evidentemente desiderava tenere lontani gli occhi dei compaesani da ciò che avrebbe rinvenuto e in seguito venduto. Né è così improbabile che il vescovo Beauséjour avesse ragione: è possibile che il parroco di Rennes fosse implicato in un losco traffico di donazioni e di messe che gli avrebbero fruttato enormi somme di denaro.
    L’indole bizzarra di Bérenger, singolarmente attenta alle allegorie e al simbolismo, è innegabile. Sulla scia di una tradizione locale dell’epoca, non parrebbe neanche così strano ritrovarvi un modesto interesse per l’esoterismo; fu questa passione il motivo per cui si circondò di strani oggetti e bizzarre opere architettoniche. E nonostante si continui a ripetere che Saunière sarebbe stato in rapporti con ambienti esoterici di Parigi, le prove addotte non permettono di formulare alcuna conclusione sicura a proposito.
    Molti autori segnalano la pavimentazione a scacchiera, la volta stellata e la Via Crucis destrogira della chiesa parrocchiale come elementi unici e assolutamente bizzarri. Ma una pavimentazione a scacchiera bianca e nera e una volta stellata si ritrovano nella chiesa di Jonquerettes, vicino ad Avignone; così la Via Crucis destrogira è presente nella Cattedrale di Perpignan, città nei dintorni di Rennes.
    La voce che Rennes-le-Château custodisse un tesoro si diffuse soltanto dopo alcuni anni dalla morte di Bérenger Saunière.
    La donna che aveva ereditato tutte le sue terre e i suoi immobili, Marie Denarnaud, si affrettò a cercare dei compratori. Come incoraggiamento nei confronti di eventuali acquirenti, ella iniziò a favoleggiare di tesori nascosti nella zona, legati alle attività di Saunière. Le voci affascinarono particolarmente Noel Corbu (1912-1968), che acquistò dalla Denarnaud le proprietà di Rennes per trasformarle in un ristorante e cominciò a diffondere le voci circa il tesoro sulla stampa locale. Incise, inoltre, un nastro magnetico che raccontava di come tale tesoro fosse giunto a Rennes: Bianca Castiglia, madre di San Luigi, reggente del regno della Francia durante le crociate del figlio, avrebbe giudicato Parigi poco sicura per conservare il tesoro reale, e deciso di custodirlo in segreto a Rennes-le-Château. Nel corso delle generazioni si sarebbero perse le informazioni che identificavano il luogo in Rennes ove il tesoro era custodito, tanto che Filippo il Bello fu obbligato a fare della moneta falsa, perché il tesoro della Francia era scomparso; si trattava, ovviamente, di una manovra pubblicitaria organizzata da Corbu per attirare turisti in un remoto borgo francese, ma l’operazione funzionò: il paesino fu raggiunto da esoteristi e giornalisti che tracciarono un’ulteriore collegamento tra il tesoro di cui parlava Corbu e il mitico tesoro dei Catari, che in passato avevano abitato la regione in cui sorge Rennes.
    Tra costoro c’era anche l’autore di Le trésor maudit Gérard de Sède.
    Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:39.

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    • #17
      L’uomo chiave di questa vicenda, però, è un altro: si chiama Pierre Plantard. Antisemita, antimassonico ed esponente della destra francese, Plantard orchestrò una macchinazione molto astuta nella quale caddero ingenuamente i tre autori di The Holy Blood and the Holy Grail. Egli sapeva bene che tutta la vicenda di Saunière aveva preso il via dal ritrovamento delle quattro pergamene, e si era recato a Rennes-Les-Bains, un paesino nei pressi di Rennes-le-Château, per recuperarle. Queste, però, erano state distrutte da un incendio. Decise, dunque, di crearne lui alcuni esemplari, e di affidarli a Gérard de Sède. Ecco la sua confessione:
      “Essendomi recato a Rennes-Les-Bains nel 1961 e avendo appreso che la municipalità, dopo la morte del curato, era stata distrutta da un incendio insieme agli archivi, ho approfittato dell’occasione per inventare che il Comune si era fatto rilasciare una copia dei manoscritti scoperti dal curato. Allora mi sono messo a comporre una copia codificata su dei passaggi del Vangelo e a decodificare io stesso ciò che avevo in precedenza codificato. Infine facevo pervenire a Gérard de Sède il frutto del mio lavoro. Ciò ha funzionato al di là di ogni mia aspettativa.I manoscritti sono stati fabbricati da me”.

      Quando Gérard de Sède ebbe tra le mani tali falsi, pubblicò nel 1967 L’Or de Rennes, ou le vie insolite de Bérenger Saunière, curé de Rennes-le-Château, nel quale riprodusse uno dei manoscritti. Non gli sarebbe stato difficile scoprire che non poteva trattarsi di testi originali: uno di questi, che la leggenda pretendeva di far risalire ai secoli tra il VIII e il XII, era codificato secondo un sistema in uso solo a partire dai primi del 1800.
      La creazione dei falsi manoscritti ( # 1 | # 2 ) non fu l’unica mossa di Plantard. Negli anni precedenti, tra il 1954 e il 1956, egli scrisse il Libro delle Costituzioni, un falso trattato storico nel quale descriveva la fondazione di un’organizzazione chiamata Priorato di Sion, depositaria di sconvolgenti segreti storici e religiosi che avrebbe avuto come sua emanazione l’Ordine dei Templari. Il Priorato avrebbe operato in segreto per novecento anni con il fine di restaurare la monarchia in Francia e riportare sul trono un discendente diretto dei merovingi. Alla guida dell’organizzazione si erano succeduti diversi Gran Maestri tra i quali spiccavano i nomi illustri citati sopra. L’ultimo Gran Maestro sarebbe stato lo stesso Pierre Plantard. Oltre ad attribuirsi questa carica, nel libro si definì “diretto discendente dell’ultimo dei merovingi”.
      Nel 1956, inoltre, depositò presso la prefettura dell’Alta Savoia l’atto costitutivo di una associazione chiamata Priorato di Sion.
      L’intento di questa operazione era chiaro: egli desiderava creare una linea storica verosimile che dimostrasse la sua discendenza dai merovingi. Perché questa fosse credibile, aveva dovuto fondare un’associazione, il Priorato, che idealmente affondasse le sue radici nel XII secolo, e il cui scopo dichiarato era quello di preservare la dinastia merovingia, con lo scopo di riportarla al potere in Francia.
      Per rendere ancor più convincente lo scenario, Pierre Plantard depositò presso la Biblioteca Nazionale di Parigi due volumetti manoscritti intitolati Dossiers Segreti e Genealogia dei Re Merovingi e origine delle diverse famiglie francesi e straniere di origine merovingia, secondo l’abate Pichon, di Dr. Hervè e i manoscritti del curato Saunière, di Rennes-le-Château. In entrambi egli utilizzò lo pseudonimo di Henri Lobineau. I documenti legavano la vicenda del Priorato al paese di Rennes-le-Château: in uno di questi, infatti, si diceva che i manoscritti trovati da Saunière contenessero le genealogie dei merovingi, che comprendevano – come ultimo rampollo – Pierre Plantard. Una prova del genere avrebbe legittimato l’aspirazione al Regno da parte dello stesso Plantard. Era riportata, inoltre, la falsa notizia secondo cui il parroco di Rennes avrebbe affidato i quattro manoscritti all’abate Hoffet che, a sua volta, li avrebbe trasmessi al Priorato: si spiegava, così, come tali documenti avevano raggiunto Plantard.
      I tre giornalisti Lincoln, Baigent e Leigh incontrarono più volte Gérard de Sède e si convinsero dell’autenticità di tutti i documenti riguardanti le vicende di Rennes-le-Château. Diedero inizio ad una estesa indagine per trovare la maggior quantità possibile di dati sul Priorato di Sion. L’assoluta assenza di riferimenti a qualunque linea di sangue merovingia era abilmente ritenuta una prova ulteriore della veridicità di quanto affermato; secondo loro, infatti, “è proprio per questo che la Storia non ne parla, preoccupata di camuffare ed occultare una verità che risulterebbe compromettente”.

      Le conclusioni cui giunsero sono ormai oggetto di scherno da parte dell’archeologia ufficiale. Quando chiesi a Ian Wilson, storico inglese presidente della British Society for Turin Shroud, cosa ne pensasse del lavoro dei tre, rispose con un secco: “Rubbish!” (“spazzatura!”).
      Il Santo Graal, una catena di misteri lunga duemila anni uscì in Italia nel 1982. Bisognerà aspettare il libro di Mariano Bizzarri e Francesco Scurria Sulle tracce del Graal (1996) per farsi un’idea più corretta sulla vicenda. Riassumono i due autori:

      "Dopo anni di ricerche sappiamo, ora, che la tesi di Lincoln e soci riposa su un cumulo di inesattezze, falsità e manomissioni. Henri Lobineau non è mai esistito. I pretesi “manoscritti” sono un falso palese e dichiarato. Non esiste discendenza di Dagobero II, né tantomeno vivono Merovingi pretendenti ad un trono che è caduto con Luigi XVI Hoffet – il “contatto” di Saunière a Parigi – non era abate nel lontano 1891 e, comunque, non si è mai occupato di Merovingi e di genealogie. L’Ordine di Sion non è mai esistito; quanto al Priorato, le sue tracce nascono e muoiono con l’atto di registrazione depositato nel 1956. Né l’uno né l’altro sono stati fondati da Goffredo di Buglione, e con i Templari e la Massoneria esoterica hanno tanto a che vedere quanto un terrestre con un marziano."

      Non bastò, però, la pubblicazione di queste critiche per far placare le “voci” sul presunto mistero di Rennes-le-Château. Lo stesso anno, infatti, due ricercatori avrebbero identificato in una montagna di fronte a Rennes-le-Château il luogo di riposo ultimo del corpo di Cristo. Il monte Cardou avrebbe preso il nome da corps de Dieu (“corpo di Dio”). La proposta che Richard Andrews e Paul Schellenberger rivolsero al governo francese fu quella di far saltare in aria la montagna del Cardou per vedere se non nascondesse un’antica tomba.
      E’ probabile che in futuro ci saranno ulteriori “rivelazioni”, che andranno ad arricchire la già vastissima biblioteca di oltre cinquecento opere dedicate a Rennes-le-Château. Come si è visto, però, non è la tiratura di una pubblicazione a garantirne la veridicità: il milione di copie vendute da The Holy Blood and the Holy Grail testimoniano quanto sia facile creare una leggenda intorno ad un tema tanto complesso come quello sul Graal.

      Credo che nessuno voglia privarsi dell’incanto che una leggenda può conferire ai luoghi in cui viviamo. Ma chi ne parla ha il dovere di comunicare al lettore l’ambito al quale si sta riferendo: se a quello del sogno o a quello della rigorosa ricerca storica.
      Così come Antoine de Saint-Exupery, che impreziosì il suo sogno de Le Petit Prince con la bellissima: “Quando ero piccolo abitavo in una casa antica, e la leggenda raccontava che c’era un tesoro nascosto. Naturalmente nessuno ha mai potuto scoprirlo, né forse l’ha mai cercato. Eppure incantava tutta la casa.”
      Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:44.

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      • #18
        Mi ha intrippato abbastanza questa storia del Graal...come vedete (se avete voglia di leggere tutto quanto) ci sono teorie su teorie,molte si basano su leggende,altre su ritrovi,scavi e intrecci logici tratti da cose reali.

        A mio avviso quella storia di Oak Island è piu una caccia al tesoro di pirati più che cercare di trovare il Graal,ma è stata una buona lettura pure quello
        Ci sono molte altre teorie in varie città..se volete vi metto pure quelle,ma sono poche righe.

        Spero che vi piaccia tutto quello che ho scritto anche xke c'ho perso tutta la notte per cercare,scrivere,modificare e postare qua.
        Se volete continuo a postare delle info a riguardo

        Enjoy

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        • #19
          é un lavoro che dando un okkiata è di indubbia qualità poi me lo leggo per bene domani quanto connetto
          Bravo!
          Una volta ero un flamer professionista ma ho dovuto accantonare le mie passioni, Artemius pensaci tu. Che il Sacro Barattolo sia con voi...

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          • #20
            Ho letto tutto quanto...metti pure le notizie sulle altre città, a me interessa grazie.

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            • #21
              Girsors - Francia

              Un noto occultista francese, Gerard de Sede, seguendo alcune informazioni ricevute da un suo giardiniere, si convinse che, attraverso le segrete del castello, si potesse giungere in locali "misteriosi".

              Il Giardiniere scavo' una galleria di 21 metri sotto ad una delle torri, e trovo' una cappella che conteneva 13 statue , 19 sarcofagi di pietra e 30 cofani in metallo composti in tre file da 10. La galleria fu fatta interrare e nessuno credette al suo racconto.

              De Sede, solo dopo tempo e ricerche riusci' a trovare un manoscritto del '600 che in qualche modo confermava il racconto del giardiniere. Nel manoscritto si parlava di una cappella di S. Caterina e si accennava a 13 statue e 19 sarcofagi.

              De Sede, forte di questa scoperta riusci' a promuoreve degli scavi che portarono alla luce 11000 monete del dodicesimo secolo e sei anni più tardi fu rintacciata una cripta rettangolare di 125 metri quadri ....e gli scavi vennero interrotti.....e la notizia insabbiata (1976)

              E in tutto questo....il Graal ?!?!?

              Wolfram von Eschebach, ritenne che nel periodo in cui il Papa e il Re di Francia si scagliarono sull'ordine dei Templari, un convoglio composto da Tre carri parti' verso la Manica per essere imbarcato. Il convoglio non raggiunse mai la sua destinazione e probabilmente si fermo' a Girors nascondendo nelle sue cavità il tesoro che comprenderebbe il Sacro Graal.
              Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 21:23.

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              • #22
                Glastonbury Tor

                Nel 63 d.C. Giuseppe d’Arimatea, discepolo di Gesù, lasciò la Terra Santa per una missione segreta. Dopo un lungo e pericoloso viaggio per mare l’imbarcazione di Giuseppe raggiunse uno stretto estuario a est dell’Inghilterra. Innanzi a lui, si ergeva la sua destinazione ultima: Glastonbury Tor, l’isola di vetro. Una volta sbarcato, Giuseppe alzò il suo bastone al cielo in segno di ringraziamento e lo affondò poi nel terreno. Con sé, aveva portato un prezioso tesoro: si trattava di una coppa contenente il sangue di Gesù Cristo, il Sacro Graal. In Inghilterra il Graal restò a lungo. Per secoli la sua custodia venne tramandata ad una discendenza di guardiani. In un anno imprecisato del primo millennio i monaci di Glastonbury annunciarono la scoperta di due ampolle che sarebbero state sepolte con Giuseppe d'Arimatea. Erano state menzionate in precedenza (verso il 540) da Maelgwyn di Gwynedd, zio di san Davide, che scrisse:

                "Giuseppe aveva con sé nel suo sarcofago due ampolle bianche e argento piene di sangue e sudore del profeta, Gesù. "

                Le ampolle sono raffigurate nelle vetrate colorate della chiesa di St. John a Glastonburv, nella chiesa di Langport in Somerset e sulla parete divisoria fra la navata e il coro a Plymtree nel Devon.
                Non furono mai esposte al pubblico e questa mancanza di una conferma visibile della loro esistenza diede origine alcuni secoli dopo a una nuova tradizione di Glastonbury: il roveto incantato.
                Nel 1520, la letteratura locale parlava di un cespuglio a Wearyall Hill che si copriva di foglie e di fiori a Natale oltre che a maggio. Il cespuglio venne distrutto durante la Guerra Civile britannica (1642-1651), ma alcuni germogli furono ripiantati lì intorno e ogni pianta fiorì di nuovo nella stessa maniera. Gli esperti botanici stabilirono che il cespuglio non era originario dell'Inghilterra, ma sembrava di origine levantina. E così ebbe inizio una nuova mitologia del Somerset.
                Nel 1716 un locandiere locale affermò che l'insolita pianta di rovi nasceva dal bastone che Giuseppe di Arimatea aveva piantato perché fiorisse a Natale. L'idea che la "verga" di Giuseppe dovesse fiorire in quel modo derivava originariamente da un versetto profetico del libro di Isaia 11, 1 che dice: "E uscirà un rampollo del tronco di Iesse [il padre di Davide] e una pianterella spunterà dalle sue radici".
                In alcune opere d'arte e scritti apocrifi della Chiesa, il bastone fiorito della stirpe reale è raffigurato in mano del padre di Gesù, Giuseppe.
                Fu soltanto nel XIX secolo, grazie agli Idylls of the King di Alfred Tennyson che Glastonbury venne specificamente collegata al Santo Graal. L'insolita acqua rossastra del Chalice Well di Glastonbury venne associata al sangue di Gesù. Il pozzo fu debitamente ribattezzato Chalice Well e si disse che il colore dell'acqua derivava dal contenuto del calice del Graal che Giuseppe aveva seppellito lì vicino. Il famoso coperchio del pozzo, completo di griglia di ferro battuto in stile celtico, fu disegnato dall'architetto Frederick Bligh Bond dopo la Grande Guerra.

                Nonostante l'assortimento di elementi sacri e arturiani a Glastonbury (alcuni veri e altri falsi), l'associazione personale di Giuseppe di Arimatea alla Britannia ricevette attestazioni storiche molto più valide. Fu oggetto di dibattito in vari Concili ecclesiastici europei, dove gli inglesi poterono vantare un collegamento con il cristianesimo molto precedente a quello di Roma. Al Concilio di Pisa nel 1409 si discusse persino se fosse venuto in Occidente prima Giuseppe o Maria Maddalena. Negli Annales Ecclesiasticae del 1601, il bibliotecario vaticano cardinale Baronio annotò che Giuseppe di Arimatea giunse per la prima volta a Marsiglia nel 35 d.C. Da lì, andò in Britannia con i suoi compagni a predicare il Vangelo. Questo veniva confermato molto prima dal cronista Gildas III (516-570) nel De Excidio Britanniae, dove egli affermava che i precetti del cristianesimo furono portati in Britannia negli ultimi giorni dell'imperatore Tiberio Cesare che morì nel 37 d.C.
                Ancora prima di Gildas, eminenti uomini di chiesa come Eusebio, vescovo di Cesarea (260-340) e sant'Ilario di Poitiers (300-367) scrissero di antiche visite apostoliche in Britannia. Gli anni 35-37 d.C. sono quindi fra le prime date indicate come inizio dell'evangelismo cristiano. Corrispondono a un periodo di poco successivo alla Crocifissione e precedente al tempo in cui Pietro e Paolo erano a Roma e ai Vangeli del Nuovo Testamento.
                Un personaggio importante nella Gallia del secolo era san Filippo. Gildas e William di Malmesbury lo descrissero come l'ispiratore della missione di Giuseppe in Inghilterra. Il De Sancto Joseph ab Anmathea afferma: "Quindici anni dopo l'Assunzione [vale a dire nel 63 d.C.], lui [Giuseppe] venne da Filippo apostolo fra i Galli".
                Nel IX secolo, Freculfo, vescovo di Lisieux, scrisse che san Filippo inviò poi la missione dalla Gallia in Inghilterra "per recare colà la buona novella del verbo di vita e predicare l'incarnazione di Gesù."
                Al loro arrivo nell'Inghilterra sud-occidentale, Giuseppe e i suoi dodici missionari furono guardati con un certo scetticismo dagli abitanti del luogo, ma vennero accolti abbastanza cordialmente dal re Arvirago di Siluria, fratello di Caractaco il Pendragone. Dopo essersi consu1tato con altri capi, concesse a Giuseppe dodici hides di terra a Glastonbury, pari a circa seicento ettari (un hide è un pezzo di terreno agricolo considerato sufficiente per mantenere una famiglia per un anno con un aratro, che nel Somerset [la zona di Glastonbury] equivale a 120 acri, circa 48,5 ettari). Qui costruirono la loro chiesetta, unica del genere, sul modello dell'antico Tabernacolo ebraico. E fu forse in questa piccola chiesa che nascosero il Graal. Ancora oggi, tra la popolazione locale di Glastonbury, aleggia la convinzione che in qualche luogo si celi un magico segreto. Secondo la storia, però, i monaci di Glastonbury - come la maggior parte degli ordini religiosi dell’epoca - erano tutt’altro che benestanti, e avrebbero potuto inventare questa leggenda per attirare numerosi pellegrini ingenui a un’abbazia che aveva bisogno di urgenti restauri. Nel corso del XVI secolo il re Enrico VIII separò l’Inghilterra dalla Chiesa di Roma. Di conseguenza, i grandi monasteri cattolici della Britannia subirono gli attacchi della corona. Fu un’epoca di terrore e di persecuzione. L'ultimo Abate di Glastonbury, Richard Whiting, affidò ai suoi monaci una coppa di legno da portare via in un luogo sicuro. La coppa era descritta come "il più prezioso tesoro della nostra abbazia".
                I monaci di Glastonbury fuggirono con il calice alla volta del feudo di Nanteos Manor, nel Galles. Qui, fu loro offerto un rifugio. Il priore divenne il cappellano della famiglia, mentre i monaci lavoravano nella tenuta. Secondo una leggenda, quando morì l’ultimo monaco, il Graal fu affidato al signore del feudo e lì rimase per 400 anni.
                Adrian Wagner, pronipote del più celebre Richard (pochi sanno che Richard Wagner visitò la Nanteos Mansion appena prima della realizzazione del suo 'Parsifal'), riporta un ulteriore tappa della reliquia, nell'Abbazia Cistercense di Strata Florida: "La coppa è la stessa usata durante l’ultima cena, fatta di legno d’ulivo. Giuseppe d’Arimatea portò la coppa a Glastonbury dove rimase fino al XVI secolo quando i sette Monaci di Glastonbury fuggirono, portandola con sé e lasciandola al sicuro nelle mani dei Monaci Cistercensi di Strata Florida."
                Il Graal - si diceva - era una coppa di scuro legno d’ulivo dal diametro di una quindicina di centimetri, e per tutto quel tempo, pare facesse bella mostra di sé nell’abitazione della famiglia. Molti ritengono che alla morte dell’ultimo signore del feudo, nel 1952, la coppa fu affidata ad altri e sia ora conservata nel caveau di una banca.
                La Nanteos Cup si era nei secoli guadagnata la reputazione di possedere poteri rigenerativi, e molte cure miracolose furono dispensate, facendo bere i malati dalla Coppa. Ma ciò che rimane della Coppa di Nanteos è davvero un frammento dell’originale coppa utilizzata da Cristo per il Sacramento dell’Ultima Cena? Davvero possiede poteri curativi?
                Gli attuali proprietari della Coppa raccontano un evento miracoloso accaduto alla loro figlia Jean. Ella si trovava a letto in ospedale con un grave trauma cranico provocato dalla caduta di un mattone sulla sua testa. Il padre prese la Coppa e pregò che la figlia guarisse. Dopo alcuni minuti ricevette una telefonata dall’ospedale, nella quale i medici annunciarono che l’emorragia si era arrestata e la bambina sarebbe sopravvissuta. E non soltanto Jean sopravvisse, ma si riprese completamente, ed ora vive una vita normale.
                Può essere un interessante spunto di discussione il fatto che la coppa abbia davvero poteri curativi; potrebbe soltanto essere un veicolo per motivare la fede delle persone. Molti pensano che quel frammento di coppa possa identificarsi con la Coppa dell’Ultima Cena. Finché non si troverà una fonte di chiarimento ulteriore su un argomento così circondato da un alone mitico, non sapremo mai con certezza se quella coppa sia l’autentico Graal. Ma fino ad allora non abbiamo ragione di dubitare della veridicità delle storie che riguardano la Coppa di Nanteos.
                Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 21:22.

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                • #23
                  Bari

                  Nel 1087, un gruppo di mercanti portò a Bari dalla Turchia le spoglie di San Nicola, e in loro onore venne edificata una basilica. In realtà la translazione del Santo era solo la copertura di un ritrovamento ben più importante, quello del Graal. L'impresa fu condotta da 62 marinai reclutati tra quelli tradizionalmente attivi nei porti intorno a Bari (esiste anche una piazzetta nel centro storico, a loro dedicata "Piazzetta 62 marinai") e presumibilmente fu una vera e propria spedizione composta da più barche, finanziata dal clero o dal Papa Gregorio VII direttamente. Il Pontefice era al corrente del potere del Calice, ma non intendeva pubblicizzare la sua ricerca, né l'eventuale ritrovamento, in quanto esso era un oggetto pagano. I marinai sbarcarono presumibilmente a Mola di Bari, a sud del capoluogo ed arrivarono in citta' accompagnati dalla popolazione festante, su un carro. Al papa premeva di recuperarlo da Sarraz in quanto temeva che la sua presenza sul suolo turco avrebbe aiutato i Saraceni (in questo caso i Turchi Selgiuchidi) nella loro espansione ai danni dell'Impero Bizantino, e avrebbe nociuto al programmato intervento di forze cristiane in Terra Santa a difesa dei pellegrini. Non è dato di sapere dove si trovava la coppa (che, forse, era passata per le mani di San Nicola nel VI secolo, e che gli avrebbe conferito la fama di dispensatore d'abbondanza) e chi comandò la spedizione; sta di fatto che, in una chiesa sconsacrata di Myra, i cavalieri prelevarono anche alcune ossa, poi ufficialmente identificate come quelle del Santo. Il recupero delle spoglie giustificò la spedizione in Turchia e l'edificazione di una basilica a Bari; la scelta di custodire il Graal in quella città anziché a Roma fu determinata da due motivi: da lì si sarebbero imbarcati i cavalieri per la Terra Santa (la prima crociata fu bandita sei anni dopo il ritrovamento) e il Graal avrebbe riversato su di loro i suoi benefici effetti. A ricordo dell'avvenimento, sul portale della cattedrale (edificata parecchi anni prima della divulgazione della "Materia di Bretagna") si trova l'immagine di Re Artù e un'indicazione stilizzata del nascondiglio. Una testimonianza della probabile presenza del Graal a Bari e' anche la periodica apparizione di "manna" ristoratrice e taumaturgica che appare nella cripta sotterranea di S. Nicola (venerato anche dai cristiani ortodossi).
                  Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 21:22.

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                  • #24
                    Valencia

                    In Spagna, nella cattedrale di Valencia, è conservato un calice per secoli venerato come quello che Gesù avrebbe utilizzato nel corso dell'Ultima Cena per la transustanziazione del vino. Accuratamente studiato, si è rivelato composto di tre parti: una base, costituita da una tazza capovolta; uno stelo, decorato con pietre preziose e perle; una coppa, in cornalina (varietà di calcedonio, di colore rosso). Anche la base è dello stesso materiale.
                    La base reca su un lato un'iscrizione araba, che è stata variamente interpretata: "larga piana, rosso incarnato,per colui che splende, per colui che dà luce", significati dei quali i primi due costituiscono una descrizione pertinente dell'oggetto; gli altri si riferirebbero invece alla sua destinazione. Altri significati proposti dagli studiosi sono 'gloria a Maria', 'gloria al Figlio di Maria', 'il Misericordioso', appello quest'ultimo tipico di Allah. C'è anche chi propone di leggere ALZAHIRA, il nome di una cittadina residenziale fatta costruire dagli Omaiadi di Cordova (dominanti su gran parte della Penisola Iberica tra la fine del I e l'inizio del II millennio d.C.) e andata distrutta con il crollo della dinastia. In questo caso la base del calice potrebbe provenire dall'assedio di Alzahira in cui vennero sconfitti gli Omaiadi. Lo stelo è il frutto di un raffinato lavoro di oreficeria databile tra il XII e il XIV secolo.
                    La coppa è sicuramente la parte più antica del calice e quindi quella che riveste maggiore interesse.
                    Secondo la Confraternita del Santo Calice di Valencia, il Vaso utilizzato da Gesù durante l'ultima cena, "non può esser stato perso di vista dopo la morte del Redentore, poiché molte volte i discepoli si riunirono nel Cenacolo. Il Santo Calice potrebbe esser stato portato a Roma da San Pietro, capo della Chiesa. Trascorsero, poi, due secoli e mezzo, durante i quali il fervore dei cristiani non aveva bisogno di una reliquia così singolare; in seguito, esistono chiari indizi per affermare che i vari papi celebrarono nei primi secoli la Messa nello stesso calice usato da Cristo durante l'Ultima Cena. In seguito l'imperatore Valeriano scatenò una sanguinosa persecuzione contro il cristianesmo, durante la quale morì martire Papa Sisto II. Il Pontífice, prima di morire, prese la reliquia e la affidò al diacono Lorenzo, originario di Huesca. Fu martirizzato anche questi, ma non prima di esser riuscito ad inviare alla sua città natale il Calice dell'Eucarestia, accompagnato da una lettera. Era l'anno 258 o, secondo altri, il 261."

                    Le cronache raccontano effettivamente che Lorenzo si rifiutò di consegnare ai persecutori i tesori della Chiesa romana. "Si ritiene che Lorenzo, al fine di salvare il patrimonio della Chiesa e in particolare il preclaro calice, l'abbia inviato in Spagna e proprio nella sua città, Osca, dove ancora vivevano i suoi genitori Oronzio e Pazienza, anch'essi successivamente martirizzati." (P.Baima Bollone, L'impronta di dio, Milano, 1985)

                    Prosegue la Confraternita: "Insigni storici dell'Aragona registrarono la permanenza della preziosissima coppa a Huesca durante i secoli seguenti, finché, nell'anno 713 la Spagna fu invasa dai Musulmani, e il vescovo di Huesca, chiamato Audeberto, decise di lasciare la città per rifugiarsi, con i beni che era riscito a salvare (tra cui il Santo Calice), sulla cima del monte Pano, su cui viveva l'eremita Juan de Atarés; qui fu fondato il monastero di San Juan de la Peña; e da qui nacque un gruppo di uomini che intrapresero la dura lotta per la riconquista contro i Musulmani. E' possibile che questi eventi epici costituiscano l'origine o la fonte dei celebri poemi di Chretièn de Troyes e Wolfram von Eschenbach, che ebbero per protaginista Perceval o Parzival, che in seguito fu ripreso da Richard Wagner nel suo Parsifal. In tutti questi poemi c'è un Vaso meraviglioso, chiamato Graal o Grial, la cui relazione con il Santo Calice è facilmente comprensibile. Dal punto di vista esclusivamente storico, si deve citare un documento del 14 dicembre 1134, in cui si elencano gli oggetti custoditi nel cenobio di San Juan de la Peña, e viene nominato "el Cáliz en que Cristo consagró su sangre", il calice in cui Cristo consacrò il suo sangue. La notizia della presenza in Spagna della portentosa reliquia, il cui prestigio aveva attraversato i secoli, giunse alle orecchie del re d'Aragona don Martín el Humano, il quale, trovandosi a Zaragoza, mandò a San Juan de la Peña degli emissari influenti per ottenere il Vaso del'Ultima Cena. Il documento della donazione, conservato a Barcellona, fu vergato il 26 settembre 1399. Su esso si constata il fatto che il Santo Calice fu mandato da Roma con una lettera da San Lorenzo. La reliquia fu inizialmente custodita nel palazzo reale di Zaragoza, chiamato della Aljafería. Da qui, passò durante il regno di don Alfonso el Magnánimo, al Palacio del Real, situato presso il fiume Turia, nella città di Valencia, dove si trova a tutt'oggi.
                    Essendo morto Antonio Sanz, cappellano maggiore della cappella regia, il re di Navarra, don Juan, decretò nel 1424, che la reliquia fosse spostata - per maggior sicurezza - nella sacrestia della Cattedrale. Per questo si stilò un documento datato 18 marzo 1437, autografato da dignitari e funzionari, su cui si descriveva "el Cáliz en que Jesucristo consagró la sangre el jueves de la Cena" (il Calice in cui Gesù Cristo consacrò il sangue durante l'ultima Cena).
                    In seguito a questo ultimo trasferimento aumentò molto la devozione al prodigioso Vaso.
                    Attualmente la cappella attigua alla Aula Capitolare dove viene conservato il Calice è chiamata Capilla del Santo Cáliz: si tratta di una stanza dalla nobile architettura gotica."
                    Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 21:28.

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                    • #25
                      Teniamo in prima pagina questo thread che c'ho perso un po di tempo e nessuno lo ha letto sai mai che venga voglia a qualcuno di leggere

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                      • #26
                        Originally posted by MalKav
                        Teniamo in prima pagina questo thread che c'ho perso un po di tempo e nessuno lo ha letto sai mai che venga voglia a qualcuno di leggere
                        Ok GRAZIE Malkav, lo leggeremo tutti con attenzione!




                        *edito* se diventa particolarmente interessante questo 3d e ci sono reply ALTRETTANTO interessanti te lo metto come fisso e lo gestisci tu magari inserendo anche altro materiale. Il mistero che circonda il santo Graal è un argomento troppo interessante per essere accantonato*
                        Ultima modifica di LORD.ARAMUCK; 22-09-2003, 14:21.

                        Il Genio Delle Armi
                        Vi affascina l'ignoto?Allora venite su:
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                        • #27
                          ogni tanto mi capisci

                          Sto cercando altro materiale.Purtroppo ormai ho già quasi descritto tutto quello che c'era da dire..per il resto sono solo ripetizioni di quello che ho già scritto.Speriamo di trovare fonti anche cartacee...sarà dura metterle per iscritto
                          Io ci provo (visto che c'ho mafia dietro e conosco gente che studia in posti dove c'è na biblioteca piuttosto antica..peccato che non si può accedere mai,ma forse... )

                          Cmq tnks per l'interessamento.E' senz'altro lungo da leggere,ma è intrigante,fa pensare a molte cose,non solo sulla religione e sullo scamuffo che c'è dietro,ma fa capire quante cose sono ancora nascoste e magari sono proprio sotto il nostro naso e non le vediamo o non le possiamo vedere.
                          Sarebbe ben bello un giorno trovare sotto casa nostra una pietra con iscrizioni antiche e chissà,pure qualche tesoro..è una scemenza?io non credo,è probabile che esista pure un fatto del genere,è capitato altre volte

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                          • #28
                            Ok Malkav, per ora te lo metto fisso, se poi lo stesso 3d dovesse divenire obsoleto o non più replyato, lo rimetterò normale.

                            Buon Lavoro!
                            HellDevil
                            Ultima modifica di LORD.ARAMUCK; 23-09-2003, 18:33.

                            Il Genio Delle Armi
                            Vi affascina l'ignoto?Allora venite su:
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                            • #29
                              Aggiornamento su Rennes le Chateau

                              Premessa: Questo articolo è stato preso dal sito di www.voyager.rai.it
                              Ci sono alcune cose che completano il discorso fatto in precedenza sul fatto di Rennes le Chateau e altre che vedrete sono ripetute.
                              Spero vi interessi


                              Rennes le Chateau è un paesino dell’Aude, nei Pirenei francesi. Al suo centro, una chiesa di campagna che poco più di un secolo fa stava cadendo a pezzi. Il parroco che decise di restaurarla si chiamava François-Bérenger Saunière: quella decisione, che cambiò la vita di molte persone, a cominciare dalla sua, ha dato il via ad uno dei più complessi e impenetrabili misteri della Storia di tutti i tempi.

                              I quasi 200 abitanti che la abitano, convivono con una folla di domande… la prima delle quali non può essere che questa: E’ davvero possibile che in un solo luogo si concentrino, secolo dopo secolo, così tanti enigmi?

                              Cosa lega questo piccolo paesino francese alla passione di Gesù? Perché questo luogo era così importante per i romani e i visigoti, per i templari e i catari, per Nicolas Poussin, un grande pittore del ‘600 e per il fratello dell’Imperatore d’Austria? Perché artisti e uomini potenti nell’ultimo secolo hanno voluto visitare Rennes le Chateau? Perché nella Chiesa ristrutturata da Saunière ci sono geroglifici che rimandano ai misteri d’Egitto e le iniziali dei nomi dei santi raffigurati nelle statue formano il nome GRAAL? Perché la perpetua ed erede di Berengére, Marie Dénardaud diceva che “La gente che vive qui cammina sull’oro e non lo sa”? Perché sulla porta d’entrata della Chiesa dedicata a Maria Maddalena – un fatto che come vedremo non è casuale - François-Bérenger Saunière fece scrivere, in latino, “Questo è un luogo terribile»?

                              Quando nel 1885 Saunière arriva a Rennes le Chateau ha una montagna di problemi da affrontare. Il povero parroco si trova a dover far i conti con forti ristrettezze economiche e con una chiesa nel centro del Paese che cade letteralmente a pezzi. Nonostante tutto si dà da fare e, poco alla volta, riesce a dare il via ai lavori. Prima molto faticosamente poi, d’un tratto, la situazione cambia. E cambia un giorno preciso. Dopo quasi 7 anni di ristrettezze, Sauniere appunta nel suo diario “Oggi ho trovato un tesoro!”

                              E’ probabilmente quello il giorno in cui Saunière, spostando l’altare della Chiesa – che all’epoca era attaccato al muro perché l’officiante, al contrario di oggi, dava le spalle ai fedeli – trovò quattro antiche pergamene nell’incavo di una colonnina di sostegno. Due di quelle pergamene risalivano pare al Medioevo mentre altre due erano state scritte da un predecessore di Sauniere, l’abate Antoine Bigou, che aveva retto in precedenza la parrocchia di Rennes.

                              Sauniére porta questi documenti dal suo vescovo, nella vicina Carcassonne, e da questi viene autorizzato ad andare a Parigi. Per fare cosa? Non è ben chiaro: probabilmente per far consultare le pergamene a qualche esperto ma anche per fare qualche verifica personale. Infatti, sicuramente, oltre a frequentare alcuni circoli esoterici a Parigi, Berengere si dà anche alla bella vita e passa molte ore al Louvre, e precisamente nelle sale dove sono conservati i quadri di un grande pittore manierista del Seicento: Nicolas Poussin.

                              Tra i quadri di Poussin uno in particolare interessava Saunière: “Pastori d’Arcadia”, una tela realizzata nel 1640, dove è raffigurato un antico sarcofago con l’iscrizione “Et in Arcadia Ego”. Molti sostengono che il sarcofago e il paesaggio circostante ricordassero uno scenario davvero esistente nei dintorni di Rennes le Chateau anche se non risulta che Poussin (un pittore molto noto e molto studiato) sia mai andato da quelle parti.

                              E di quel quadro, come di altri, Berengére si procurerà una copia. Curiosamente, tra i quadri che d’improvviso cominciarono a interessarlo c’era anche un ritratto di un papa speciale: Celestino V, un papa che non andò mai a Roma e che visse e morì a L’Aquila. Celestino, tra le altre cose, era il predecessore di quel Bonifacio VIII che tanta parte ebbe nello scioglimento sanguinoso dell’ordine dei Templari, all’inizio del Trecento. Una circostanza questa che diventa singolare perché la storia dei Templari e quella di Rennes sono collegate…

                              Rientrato a Rennes le Chateau, nel giro di qualche anno, quasi per miracolo Saunière ristrutturerà la Chiesa con gran dispendio di mezzi economici e passando lui stesso ad uno stile di vita da nababbo, senza mai fornire spiegazioni di questo repentino cambiamento. Alcuni hanno calcolato che nel giro di pochi anni Sauniere spese l’equivalente di circa 15 milioni di euro (più o meno 30 miliardi di vecchie lire) . Non solo, dopo quel ritrovamento l’abate prese a fare lunghe escursioni da cui tornava con bisacce piene di pietre che si chiudeva a studiare in sacrestia. Cosa era arrivato a sapere Sauniere? Che tipo di tesoro aveva trovato?

                              Prima Ipotesi: C’è chi pensa al ritrovamento di un tesoro in senso classico: oro, gioielli, pietre preziose, denaro… E in questo caso si tratterebbe di valori creati in età molto lontane, anche tra loro… Perché il tesoro di Rennes le Chateau è diverso da tutti gli altri? Un po’ perché è il più antico e un po’ perché si tratta di un tesoro composto da tanti tesori che formatisi nel corso della Storia hanno, per una ragione o per l’altra, sempre finito per capitare da queste parti. Quella che fa capo a questo paesino è una straordinaria saga che parte dall’antico tesoro del Tempio di Salomone a Gerusalemme, passa per antichi romani e visigoti, transita per i catari, gli eretici sterminati non lontano da qui, a Montsegur, nel 1244 e arriva ai Cavalieri Templari.

                              Per un curioso caso della Storia, quando i visigoti saccheggiarono Roma presero anche il tesoro del Tempio di Gerusalemme che Tito aveva portato via quando aveva conquistato la città nel 66 d.c. La loro migrazione non si fermava in Italia ma continuò fino ai Pirenei dove si formò per qualche tempo un regno visigoto. Ma le coincidenze non sono finite: infatti sempre in questa zona si radicò l’eresia dei Catari, probabili custodi di ingenti ricchezze sparite con lo sterminio dell’ultima resistenza catari, qui vicino, a Mont Segur. Anche molte fortezze templari sorsero in questa zona, secondo alcuni quasi a voler difendere un tesoro immenso che continuava ad arricchirsi con nuovi apporti. E, sempre a voler considerare le coincidenze, non può sfuggire che se tutto questo è vero allora il mitico tesoro del Tempio di Gerusalemme si ritrovò, dopo vari secoli ad essere custodito da un ordine cavalleresco che prendeva il nome proprio dal fatto di aver avuto la propria prima sede, subito dopo la prima crociata, in un ala di quello che una volta era stato il grande tempio di Salomone poi ingrandito da Erode.

                              Seconda Ipotesi: il tesoro di Sauniére non era un vero e proprio tesoro ma una serie di documenti in grado di confermare una leggenda antica, ambientata – tanto per cambiare – proprio in questi luoghi. Secondo questa leggenda, Gesù non morì sulla croce ma, salvato dai suoi, poté lasciare la Palestina e raggiungere il sud della Francia. Con lui, nel piccolo gruppo di ebrei cristiani fuggiaschi, ci sarebbe stata anche Maria Maddalena, la prostituta che, secondo la Bibbia, Gesù aveva convertito. Un’altra versione della leggenda vuole che invece da queste parti sia arrivata solo la Maddalena con pochi altri ebrei. Ad ogni modo, nella terra dove si dice che secoli prima si fossero rifugiati alcuni seguaci di Gesù, il Tesoro del Tempio di Gerusalemme trovò la sua nuova collocazione. Da quella piccola comunità di ebrei fuggiti dalla Palestina si sarebbe sviluppata la discendenza che avrebbe dato vita alla prima dinastia di re francesi, i Merovingi. La ricchezza di Berengere sarebbe quindi derivata dalla “vendita” di documenti relativi a questa storia o comunque ad un sapere arcaico ed esoterico

                              Terza ipotesi: E’ quella più prosaica ed è relativa al fatto che François Berengere Sauniere fosse dedito ad un traffico di donazioni e messe che, per la verità, non si capisce come possa spiegare il gran movimento di personaggi e denaro che attorniò il sacerdote per tutta la seconda parte della sua vita.
                              Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 21:34.

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                              • #30
                                Una cosa è certa: nel giro di pochi anni, da anonimo curato di campagna Berengere Sauniere divenne un uomo ricco e importante. Ricco perché spese a piene mani, facendosi costruire una casa lussuosa, il giardino, il Belvedere e la torre di Magdala per la biblioteca. Acquistò terre e fece beneficenza. Ma fece costruire anche una strada per raggiungere Rennes Le Chateau. Un’opera che possiamo mettere in relazione sia col fatto che sicuramente Sauniere volle condividere con i suoi conpaesani parte della sua fortuna sia però per rendere più agevole il viaggio ai Vip che lo raggiungevano. C’era Emma Calvè, la cantante lirica più celebre dell’epoca, una specie di Maria Callas, c’era il segretario di Stato francese per la Cultura, nobili e finanzieri. Ma il più sorprendente è forse l’arciduca Giovanni d’Asburgo, fratello dell’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe che versò a Sauniere somme ingenti.

                                Sauniere però non visse mai nella lussuosa abitazione e sul letto si sdraio solo dopo morto: questa casa gli serviva ad accogliere, in una terra inospitale, gli importanti visitatori del sacerdote, come appunto il fratello dell’Imperatore d’Austria

                                E il flusso di celebrità che ha seguitato a visitare Rennes Le Chateau, un paesino dove non c’è veramente nulla che non sia ricollegabile alla strana vita di Berengere Sauniere, è lunga anche negli anni asuccessivi: Mitterand, Marlene Dietrich, Grace Kelly, Josephine Baker e Richard Wagner. In particolare il compositore tedesco, molto amato da Hitler e dai nazisti, venne da queste parti prima di comporre la sua opera “Parsifal”, una storia dove ha un ruolo centrale la ricerca del mitico GRAAL. Cercavano forse questo gli uomini dell’esercito tedesco nel 1943-44 nei loro frenetici scavi sotto la guida del gerarca nazista più noto per le sue conoscenze esoteriche, Otto Rahn?

                                È probabile che parte del segreto di Sauniere sia custodito dai tanti simboli contenuti nella chiesa restaurata e dedicata a Maria Maddalena. Ecco i principali:
                                1) sul portone d’entrata c’è una scritta in latino che dice “Questo è un luogo terribile”
                                2) l’acquasantiera è retta da un demone la cui figura è tratta da un libro della biblioteca di Sauniere. In quel libro il demone viene chiamato “Asmodèo”: nella mitologia ebraica era questo il nome del re dei demoni e il guardiano del tesoro di Salomone
                                3) In un mosaico sopra l’altare è raffigurata l’Ultima Cena con una donna, ai piedi del Cristo, con una coppa in mano. Un accoppiamento quello tra Ultima Cena e Maria Maddalena che non trova riscontro nel racconto della Bibbia
                                4) In un grande affresco murario si vede una borsa semi aperta da cui si intravede il luccichio dell’oro; inoltre le iniziali dei nomi dei santi raffigurati dalle statue collocate nella Chiesa formerebbero il nome di GRAAL.
                                5) Alcune caratteristiche della Chiesa richiamano il testo di una delle pergamene ritrovate.


                                Ma Saunière non si limitò alla Chiesa: restaurò il presbiterio, riorganizzò il cimitero, creò un giardino geometrico davanti alla Chiesa. Al centro del giardino una statua della Vergine posta su una delle due antiche colonne (sistemata al contrario) che sorreggevano l’antico altare della Chiesa. Altra stranezza: si fece costruire uno studio a fianco del cimitero, uno studio che poggia su una grande cisterna d’acqua. E una volta che scoppiò un grande incendio, benché fosse molto amato dagli abitanti per il bene che faceva, negò l’utilizzo dell’acqua della sua cisterna. Come mai? Secondo alcuni esperti di magia l’acqua è una potente protezione dagli influssi negativi e Sauniere – di cui sono noti i legami con ambienti esoterici e magici – probabilmente non voleva rinunciarvi o ne aveva bisogno per le sue ricerche.

                                Si dice che nel corso delle sue ricerche Saunière abbia distrutto alcune tombe proprio per non lasciare tracce delle sue scoperte. Tra queste il caso più clamoroso è quello della tomba di una nobildonna della zona, morta un secolo prima: si chiamava Marie, marchesa d’Hautpoul de Blanchefort. La sua tomba recava un’iscrizione abbastanza strana, composta dal predecessore di Sauniere, l’abate Bigou. La cosa curiosa è che Bigou era stato cappellano della nobile famiglia dei Blanchefort, famiglia che poteva vantare tra i propri antenati addirittura un Gran Maestro dei Templari, Bernard de Blanchefort, quarto maestro dell’Ordine, l’uomo che aveva voluto misteriosi scavi in queste terre, sulle quali troneggiava anche il suo castello a due chilometri in linea d’aria da Rennes.
                                L’iscrizione di Bigou, che Sauniere distrusse ma che era stata copiata in precedenza, aveva delle correlazioni con i testi delle pergamene trovate sotto l’altare. In particolare, mettendo in fila solo le parole scritte tenendo conto di errori e spaziature sbagliate si arriva a comporre – secondo alcuni – la frase:

                                A RE DAGOBERTO II E A SION APPARTIENE QUESTO TESORO ED EGLI E’ LA MORTO

                                Re Dagoberto era un re merovingio, il riferimento al tesoro del Tempio di Gerusalemme è evidente. Del resto la pergamena fa riferimento al “Demone Guardiano” riportato nell’acquasantiera, il demone Asmodeo che faceva da guardiano al tesoro del Tempio.

                                Torre di Magdala. La torre-biblioteca dedicata alla Maddalena chiude il perimetro della casa e del piccolo parco voluti da Sauniere. Il sacerdote non volle mai spiegare perché aveva così tanto denaro a disposizione e non si fece sfuggire una parola neanche quando venne sospeso a divinis. Riammesso dalla Chiesa qualche anno prima della morte, Berengere Sauniere al momento di passare a miglior vita non risultò possessore di nulla. Tutto era intestato alla sua governante e forse anche amante: Marie Denardaud che visse nella lussuosa casa di Sauniere fino alla morte, nel gennaio 1953. Alla fine della Seconda Guerra mondiale, con l’introduzione dei nuovi franchi, veniva chiesto a chi voleva cambiare le vecchie monete con le nuove, la provenienza di quelle somme. La Denardaud non volle mai sottoporsi a questo interrogatorio e si racconta che avesse bruciato grossi mucchi di banconote in questo giardino. Anche lei si è portata il suo segreto nella tomba.

                                Ma né lei né Sauniere hanno fatto i conti col diario di un capomastro di Rennes che aveva svolto tutti i lavori per il ricco sacerdote, compresa la costruzione della torre di Magdala. Ebbene, nel diario di quel capomastro, gli eredi hanno trovato una nota in cui l’uomo racconta di aver ricevuto l’ordine da Sauniere di nascondere una cassa sotto questa torre. E successive indagini con il red scan hanno evidenziato che effettivamente sotto questa torre c’è un parallelepipedo (una cassa) ma ancora non è stata tirata fuori.
                                Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 21:37.

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