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Mistero del "Graal"

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  • Mistero del "Graal"



    Narrare la storia del Santo Graal è un po’ come ripercorrere la storia dell’uomo, con i suoi miti e le sue leggende, con i suoi culti e le sue usanze. Forse è proprio questa figura, al tempo stesso leggendaria e storica, a riunire in un unico filone, storie che tra loro sembrerebbero ben distanti: si parte dalla Roma antica per arrivare ai giorni nostri. E le domande che ci si è sempre posto sono rimaste pressappoco le stesse: cos’è il Santo Graal? Ma soprattutto: dove si trova oggi?

    Le diverse concezioni del Graal

    Prima di iniziare il viaggio nello spazio e nel tempo, è doveroso fare una premessa: l’origine del termine “Graal” si fa risalire al termine latino Gradalis, che vuol dire scudella lata et aliquantun profunda, cioè una scodella o un vaso: questi oggetti nella mitologia classica simboleggiavano il potere benefico delle forze superiori… basta pensare alla Cornucopia dei Greci e dei Romani. Ma cos’è fisicamente il Graal?
    Il primo a nominarlo fu Chretien de Troyes nella sua opera “Perceval le Gallois ou le Compte du Graal” nel 1190: viene visto come una coppa, ma non ci sono riferimenti di un suo legame con Gesù.
    Solamente nel 1202 Robert de Baron nella sua opera Joseph d’Arimathie legherà in maniera indissolubile il Graal con il calice dell’Ultima Cena, nel quale in seguito Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Gesù crocifisso.
    Verso il XIII secolo, la sua concezione muta radicalmente: il Graal viene addirittura associato ad un libro che scrisse Gesù stesso e che poteva essere letto solamente da qualcuno eletto da Dio. Questo perché le verità scritte se narrate agli uomini potevano sconvolgere i quattro elementi e scatenare un terribile potere!
    Intorno al 1210 si assiste ad una nuova rivisitazione del Graal: il tedesco Wolfram Von Eschenbach nella sua opera Parzifal lo descrive come una pietra purissima, chiamata lapis exillis: il suo potere era tale che “se un uomo continuasse a guardarla per duecento anni, il suo aspetto non cambierebbe: forse solo i suoi capelli diverrebbero grigi”. Leggendo questo incredibile potere si è pensato che il termine "lapis exillis" derivasse dal latino lapis ex coelis, cioè “pietra caduta dal cielo”.
    In seguito, però, la definitiva concezione del Santo Graal fu proprio quella che lo descriveva come il calice dove Gesù bevve durante l’Ultima Cena e dove in seguito venne raccolto il suo sangue dopo la crocifissione.

    Il Graal nella leggenda

    Ma adesso il dilemma è: come mai il Graal si ritrova proprio in Inghilterra? Perché la sua presenza è così continua nelle vicende legate al mitico Re Artù? Si narra che Gesù soggiornò per un breve periodo in Cornovaglia e qui ricevette in dono da un potente Druido convertito al Cristianesimo una coppa rituale che divenne per Lui un oggetto molto prezioso. Dopo la Crocifissione, Giuseppe d’Arimatea volle riportarla a colui che l’aveva regalata. Ebbene: questo Druido non era altro che Merlino, che diventa così il collegamento tra la cultura cristiana e quella celtica!
    Giuseppe, però, una volta arrivato in Inghilterra, affidò il calice ad un guardiano di nome Hebron, o Bron, parente stretto di Parsifal. Ecco che comincia l’intreccio tra i personaggi che sulla leggenda del Santo Graal costruiscono la loro intera esistenza.
    Dopo secoli, però, di Hebron si perdono le tracce, così come del Santo Graal, e sulla Britannia si scatena una terribile maledizione, chiamata dai Celti Wasteland. L’unico modo per porle fine, secondo Merlino, è quello di recuperare il Graal: Re Artù, allora, incarica il più meritevole dei suoi cavalieri di trovarlo: il prescelto è Parsifal.
    Questo eroe, dopo mille peripezie, riesce a trovare il mitico Castello del Graal, Corbenic, e giunge finalmente alla sua meta. Ma, secondo la leggenda, troppa è la sua precipitazione che non si pone neanche la domanda di cosa è realmente il Graal e qual è il suo vero potere: a causa di questo la sacra coppa viene nuovamente perduta.
    Parsifal allora, dopo alcuni anni passati in meditazione, riprende la ricerca e riesce nuovamente a trovarla. Questa volta però non commette gli errori precedenti e riesce a portare ad Artù il Graal, mettendo fine al Wasteland.
    Molto tempo dopo, in seguito alla morte di Artù e alla successiva scomparsa di Merlino nella sua tomba di cristallo, il Graal nel 540 viene portato in Medio Oriente dove se ne perdono le tracce: solo intorno al XII secolo se ne ricomincia a parlare associando la sua esistenza a quella dell’ordine dei Cavalieri Templari.
    Ultima modifica di LORD.ARAMUCK; 14-10-2003, 00:17.

  • #2
    I recenti studi sul Graal

    Le ipotesi sui luoghi dove il Graal possa essere stato riposto sono molteplici e, paradossalmente, per ogni località proposta sembrano esserci indizi inconfutabili e smentite altrettanto valide. Non bisogna inoltre dimenticare i personaggi che forse in questa storia hanno maggior rilevanza, e cioè i Cavalieri Templari, che verranno trattati nello specifico in seguito.
    Se si analizzano le varie vicende storiche che si sono succedute nel corso dei vari secoli, si trovano testimonianze della presenza del Santo Graal in Inghilterra, Francia, Scozia, Galles, Spagna, Iran, Italia… e persino a Oak Island, nella New England (USA)!! Come è facile intuire, seguire tutti gli spostamenti nei particolari in questa sede è pressoché impossibile: mi limito allora a citare le località dove si conoscono maggiormente fatti e accadimenti.

    Il Graal si trova nel Castello di Gisors?

    Nel periodo della repressione contro i Templari, durante un interrogatorio dell’Inquisizione, uno di loro, Jean de Chalon, avrebbe rivelato che poco prima dell’inizio della persecuzione da parte di Filippo il Bello, un convoglio formato da tre carri sarebbe partito in direzione della Manica, dove ad attenderlo c’era una flotta formata da almeno venti navi. Ma questo non arrivò mai a destinazione e sono in molti a credere che in realtà si sia fermato nella roccaforte di 'Gisors': un celebre occultista francese, Gerard De Sede, era infatti convinto che sotto il castello esistessero dei sotterranei segreti non segnati in nessuna mappa e che erano ideali per custodire un tesoro prezioso come il Santo Graal. Nonostante ci fosse intorno a queste dichiarazioni molta diffidenza, nel 1970 vennero effettuati degli scavi che portarono alla luce undicimila monete del XII secolo. Nel 1976 venne rintracciata una cripta rettangolare di circa 125 metri quadrati che però non era stata raffigurata in nessuna planimetria del castello. Dopo questa scoperta gli scavi ufficialmente vennero interrotti, ma il giardiniere di De Sede affermò di aver continuato le ricerche per conto suo e di aver rinvenuto una grande cappella contenente tredici statue, diciannove sarcofagi in pietra e trenta contenitori in metallo. La galleria scavata fu però immediatamente fatta interrare nessuno credette a questa scoperta, finché De Sede trovò delle prove inconfutabili della sua esistenza in un manoscritto del ‘600: qui veniva descritta la “Cappella di Santa Caterina”, contenente tredici statue e diciannove sarcofagi.Allora forse i trenta contenitori in metallo erano stati lasciati dai Cavalieri Templari, che decisero di nascondere nei segretissimi sotterranei di Gisors il loro tesoro, in attesa della fine della repressione e per impedire che il Graal cadesse nelle mani sbagliate.

    Il Graal si trova a Montségur?

    Montségur era una delle più importanti fortezze Catare in Francia: i Catari erano i membri di una setta che basava le sue dottrine al culto di Zoroastro. Insediatisi in Francia intorno al XII secolo, vennero giustamente combattuti e sterminati nella “Crociata degli Albigesi”. I Catari avrebbero portato con loro il Graal durante le loro peregrinazioni e lo avrebbero nascosto nei sotterranei del castello durante il periodo di repressione: infatti la tradizione dice che il Graal sarebbe stato portato nel Castello di Munsalvaesche, che significa “Morte Salvato”, o “Monte Sicuro”, cioè Montségur stessa! A rafforzare ulteriormente questa ipotesi è la storia più recente del colonnello delle SS tedesche Otto Rahn e del filosofo Nazista Alfred Rosemberg, che intorno al 1930 intrapresero delle ricerche a Montségur per conto di Hitler nella ricerca del Graal: Hitler, infatti era un uomo altamente superstizioso e credente al sovrannaturale. Durante le ricerche, però, Otto Rahn scomparve misteriosamente: alcune voci dicono sia stato rinchiuso in un campo di concentramento perché “sapeva troppo”!

    Il Graal si trova a Oak Island, in America?

    Oak Island è una piccola isola situata nella regione della Nuova Scozia, famosa per essere sede di uno dei più costosi scavi archeologici esistenti tuttora. Essa deve la sua celebrità ad un pozzo chiamato “Money Pit”, cioè “il pozzo del denaro”, che secondo alcuni sarebbe addirittura il luogo dove venne nascosto il Santo Graal! La nascita di questa leggenda si fa risalire al 1795, quando un giovane, di nome Daniel McGinnis, mentre passeggiava per Oak Park si vide di fronte ad una profonda depressione del terreno. Sopra la buca c’era una grande quercia e su un suo ramo una vecchia carrucola. Siccome sull’isola circolavano molte leggende sui pirati e i loro tesori, McGinnis chiamò alcuni amici e cominciò uno scavo di ricerca. Scoprirono un primo strato di pietre e, a circa 3 metri di profondità, un secondo strato di legno di quercia. Il lavoro però cominciava a diventare troppo per loro e decisero di interromperlo in attesa di avere aiuti da altre persone. La difficoltà di reperire dei supporti fece loro abbandonare lo scavo fino al secolo dopo, quando furono contattati da un uomo d’affari, Simeon Lynds. I lavori vennero ripresi intorno al 1805: vennero ritrovati a distanze regolari strati formati da legno di quercia, argilla e un materiale particolare che venne poi identificato come il guscio di noci di cocco. A causa di tutte queste coincidenze si rafforzò l’ipotesi che quel pozzo era un’opera dell’uomo e che per la sua complessità dovesse necessariamente contenere qualcosa di prezioso, ipotesi avvalorata ulteriormente dal ritrovamento a circa 30 metri di profondità di una pietra che riportava una iscrizione indecifrabile. In seguito, esplorando il terreno sottostante, si localizzò qualcosa che poteva essere identificato come uno scrigno di legno: i lavori vennero interrotti per la notte, ma il giorno dopo tutto il pozzo per una profondità di 60 metri fu ritrovato completamente allagato! Pur cercando di svuotarlo con i secchi ci si accorgeva che il livello dell’acqua rimaneva invariato e gli scavi dovettero essere necessariamente abbandonati. Solo nel 1849 un altro gruppo, la Truro Company, decise di riprendere i lavori: una volta incontrata l’acqua, decisero di continuare gli scavi con una trivella che riportò alla luce, oltre ad altri strati di argilla e legno marcio, anche tre anelli di una catena d’oro, che vennero presi come prova inconfutabile della presenza di un tesoro. Vennero scavati anche altri pozzi nelle vicinanze ma tutti dovettero essere abbandonati a causa dell’acqua, e così i lavori vennero sospesi solamente un anno dopo. Molti altri tentativi vennero fatti in seguito: opere di prosciugamento, scavi paralleli, ma non si riuscì mai nell’impresa, finché nel 1987 il pozzo fu aperto ai turisti e lo scavo definitamene abbandonato.
    Naturalmente, tutte queste difficoltà non fecero altro che rafforzare la leggenda del tesoro inestimabile: infatti si pensava che una protezione così arcigna e l’immenso lavoro di progettazione e di costruzione del tunnel che portava l’acqua nel pozzo a difesa dovevano essere necessariamente al prova della presenza di qualcosa di estremamente prezioso. Ma perché venne nominato proprio il Graal? Come poteva veramente trovarsi nel Nuovo Mondo? I sostenitori di questa teoria si basano su alcune leggende che sorsero intorno ai Templari: si narra che il 12 settembre del 1307, anno in cui questi vennero ricercati e arrestati dall’Inquisizione, due ore prima che Filippo il Bello facesse partire l’ordine di cattura, una flotta salpò dal porto di La Rochelle verso una destinazione sconosciuta. Sarebbe poi arrivata in Scozia, dove in seguito i Templari si unirono a Robert Bruce per sconfiggere le armate inglesi di Re Edoardo. Con il loro auto, il Principe di Scozia costruì una cappella, la Rosslyn Chapel, che contiene moltissimi simboli relativi ai Cavalieri Templari e al Graal. Partendo da questo fatto, Andrew Sinclair affermò che i Templari, intorno al 1398, organizzarono una nuova spedizione in direzione del Nuovo Mondo, quasi un secolo prima di Cristoforo Colombo! Il loro obiettivo era quello di creare una nuova Gerusalemme. Essi avrebbero formato due colonie: una a Newport nel Rhode Island, e una a Louisburg, in Nova Scotia. Proprio qui avrebbero poi scavato il Money Pit, riponendo sul fondo il loro tesoro, nel quale era presente il Santo Graal.
    Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 19:58.

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    • #3
      Il Graal si trova a Torino?

      Tra le località italiane candidate a custodire il Santo Graal, Torino è sicuramente quella più plausibile, o almeno questo è ciò che disse inizialmente Giuditta Dembech, una giornalista appassionata di esoterismo. I suoi argomenti partono da una supposizione tanto semplice quanto reale: “Se la Sacra Sindone, cioè il lenzuolo che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù dopo la Crocifissione, è presente nella città, perché non potrebbe esserlo anche il Graal?”. Infatti, giunto insieme alla Sindone a Torino, il Sacro Calice sarebbe stato nascosto nel tempio della Santa Madre. Naturalmente sono molte le incongruenze che tendono a sminuire queste affermazioni: innanzitutto sembra molto strano che il casato dei Savoia, pur essendo in possesso di entrambe le reliquie, abbia deciso di rendere pubblica solo la Sindone. Infatti, nel caso in cui avesse trovato anche una reliquia associabile al Graal, sicuramente l’avrebbe usata come segno tangibile di una particolare benedizione divina sulla loro famiglia e sul loro operato. Inoltre è priva di fondamento anche l’ipotesi che le statue del tempio della Santa Madre siano una guida per arrivare al nascondiglio del Graal. Infatti ce n’è una, la Statua della Fede, che è assistita da un angelo e tiene nella mano destra un libro aperto e con la sinistra innalza al cielo un calice: la tradizione vuole che questa statua indirizzi lo sguardo proprio verso il nascondiglio del Graal. L’ipotesi effettivamente ha un proprio fascino… se non fosse per un particolare: la mancanza delle pupille impedisce di capire dove sia diretto lo sguardo! Si è anche arrivati a dire che fosse la statua stessa il nascondiglio del Graal: questo infatti sarebbe stato camuffato e fatto diventare il pezzo della statua che lo raffigura.

      Il Graal si trova a Rennes-le-Château?

      Questo è forse il mistero più intrigante della storia del Graal, in quanto è l’unico dove si hanno degli effettivi riscontri storici.

      Tutto comincia il 1° giugno del 1885, quando nel villaggio di Rennes-le-Château viene nominato un nuovo parroco: Bérenger Saunière. A quei tempi Rennes-le-Château era un piccolo villaggio che poteva contare al massimo duecento abitanti e rappresentava un duro colpo alla carriera ecclesiastica di Saunière, che era un uomo molto intelligente e ambizioso ma per questi motivi malvisto dalla maggioranza delle personalità che risiedevano nelle più alte sfere della Chiesa. Tra il 1885 e io 1891 il reddito medio di Saunière era molto basso: ammontava a circa 6 sterline l’anno, una cifra che non bastava sicuramente per vivere nel lusso ma bastava per il sostentamento di un curato di un piccolo paese. Quest’ultimo, inoltre, confinava con alcune costruzioni storicamente molto importanti: a pochi chilometri a sud-est di Rennes-le-Château su un’alta vetta chiamata Bézu, sorgevano le rovine di una fortezza medievale che aveva ospitato una comunità di Cavalieri Templari, mentre a due chilometri a est sorgeva il castello di Blanchefort, antica dimora di Bertrand de Blanchefort, quarto Gran Maestro dei Templari che aveva presieduto l’Ordine intorno al XII secolo. La stessa Rennes-le-Château faceva parte di un antico percorso di pellegrinaggio che portava dall’Europa Settentrionale a Santiago de Compostela in Spagna. Saunière aveva in programma da molto tempo di restaurare la chiesa di Rennes-le-Château, che era sorta nel 1059 sulle fondamenta di un’antica costruzione visigota e ora andata quasi in rovina. I lavori cominciarono nel 1891, e Saunière non avendo sicuramente la somma necessaria per finanziarli aveva deciso per un intervento molto modesto, potendo contare anche su un piccolo aiuto dai fondi comunali. Durante i lavori rimosse la mensa dell’altare dagli antichi pilastri visigoti che la sorreggevano: uno di questo era cavo e dentro vennero rinvenute quattro antiche pergamene. Secondo la tradizione, due di queste contenevano delle genealogie che portavano le date del 1244 e 1644; le altre due erano documenti fatti risalire al 1870 e redatte dall’abate Antoine Bigou, un predecessore di Saunière. Le due pergamene ad una prima analisi riportavano dei passo del Vangelo, ma in una le parole erano scritte incoerentemente, senza nessuno spazio tra loro, e vi erano inserite numerose lettere superflue. Quello che ne veniva fuori dai vari tentativi di decifrazione erano frasi incomprensibili alternate ad altre la cui interpretazione era più che ovvia: si andava da frasi del tipo:

      Pastora, nessuna tentazione. Che Poussin, Teniers, detengono la chiave: pace DCLXXXI. Per la croce e questo cavallo di Dio, io anniento questo demone di guardiano a mezzogiorno. Mele azzurre

      ad altre del tipo:

      A Re Dagoberto II e a Sion appartiene questo tesoro ed egli è là morto.
      Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:02.

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      • #4
        Saunière pur non essendo in grado di capire i codici più difficili, comprese di essersi imbattuto in qualcosa di molto importante: infatti, il Vescovo stesso decise, una volta viste le pergamene, di mandare Saunière a Parigi a sue spese per presentare gli scritti alle autorità ecclesiastiche. Durante il suo soggiorno a Parigi, Saunière fece anche varie volte visita al Louvre, dove vedeva sempre gli stessi tre quadri, di cui si era procurato già a Rennes-le-Château delle riproduzioni: sembra che uno fosse il ritratto di Celestino V fatto da un autore sconosciuto, un altro era un’opera di David Teniers, e il terzo era l’opera di Nicolas Poussin “Les bergers d’Arcadie”. Ritornato a Rennes-le-Château, Saunière continuò i restauri della chiesa, mente nel frattempo si dedicava a faccende che a molti sembravano alquanto bizzarre: ad esempio concentrò le sue attenzioni sulla lapide del sepolcro di Marie, marchesa d’Hautpoul de Blanchefort. Questa era stata commissionata da Atonie Bigou: riportava un’iscrizione che conteneva numerosi errori nella spaziatura e nell’ortografia, e anagrammata dava le stesse scritture riportate nelle pergamene, e che ho riportato come esempio poche righe sopra. Cominciò a fare delle lunghe passeggiate nelle vicinanze del paese, a volte raccogliendo pietre apparentemente prive di valore, e iniziò un voluminoso scambio di corrispondenza con personaggi sconosciuti, in Francia, Austria, Italia, Germania e Svizzera. Raccoglieva una grande quantità di francobolli anche questi privi un particolare valore e, cosa ancora più strana, iniziò ad intavolare misteriose trattative con numerose banche europee. Le spese che sostenne erano impensabili per lo stipendio di un curato di un piccolo paese: si calcola che nel 1917, quando morì, [iaveva speso diversi milioni di sterline! Una parte di queste ricchezze era stata usata per delle importanti opere di carattere pubblico: una nuova strada di accesso al villaggio, impianti d’acqua corrente. La chiesa venne totalmente restaurata e anche rinnovata con decorazioni a volte enigmatiche: sull’architrave dell’ingresso principale fece porre un’iscrizione latina che diceva:

        TERRIBILIS EST LOCUS ESTE
        (questo luogo è terribile)

        Appena dopo l’entrata, venne posta una statua orribile rappresentante il demone Asmodeo, custode dei tesori nascosti, secondo le leggende giudaiche, costruttore del Tempio di Salomone. Sulle pareti della chiesa vennero poste delle nuove stazioni della Via Crucis, ma ognuna era caratterizzata da strani particolari: ad esempio, nella VIII stazione c’è un bambino avvolto in stoffe scozzesi, nella XIV stazione, dove si vede il corpo di Gesù portato nella tomba, lo sfondo è rappresentato da un buio cielo notturno, dominato da una grande luna piena. Il mistero della vita di Saunière e delle sue stravaganti azioni era ormai diventato un incubo per le autorità ecclesiastiche: si dice che quando era sul letto di morte, fu chiamato un prete dalla parrocchia vicina per somministrargli l’estrema unzione. Il prete arrivò e lo confessò: poco dopo uscì visibilmente sconvolto. C’è che disse che questo non sorrise mai più, chi invece che cadde in uno stato di profonda depressione da cui si riprese solamente dopo parecchi mesi: ma tutti sono d’accordo nell’affermare che dopo la confessione non somministrò l’estrema unzione a Saunière, che morì poi nel 1917 senza i comfort religiosi. Un altro prelato che lo confessò nei primi del 1900, venne misteriosamente assassinato.

        Le domande e i dubbi che circondano la figura di questo prete sono molti: da dove venivano tutte quelle ricchezze? Si calcola che abbia speso in totale una somma pari al corrispondente di 30 miliardi dei giorni nostri tant’è che, secondo molti, Saunière aveva trovato un tesoro, cosa altamente plausibile: non bisogna dimenticare che Rennes-le-Château si trovava in un territorio presidiato in passato dai Cavalieri Templari, quindi poteva aver ritrovato alcuni nascondigli che custodivano le loro immense ricchezze. Ma il fatto è che, oltre al probabile tesoro, Saunière era venuto a conoscenza di un segreto, la cui importanza è quantificabile nella grande difficoltà dei codici con cui erano scritte le parti delle pergamene… un segreto che addirittura impedì al prete confessore di somministrargli l’estrema unzione! Se questo “segreto” fosse stato veramente il Santo Graal allora sarebbero spiegate molte cose: il suo viaggio a Parigi, la fitta corrispondenza con persone sconosciute, ma soprattutto l’accesa controversia con le alte sfere ecclesiastiche, che naturalmente non potevano accettare che un piccolo ma ambizioso prete di provincia divenisse il più potente uomo sulla Terra. Particolare è anche l’attaccamento di Saunière ai tre quadri nominati in precedenza, dei quali aveva voluto delle riproduzioni e che aveva anche visto dal vivo: tra questi spicca l’opera di Poussin “Les bergers d’Arcadie”. Raffigura tre pastori e una pastora in primo piano radunati intorno ad una grande tomba con su scritta l’incisione “ET IN ARCADIA EGO”; sullo sfondo un movimentato paesaggio montuoso, particolare molto ricorrente nelle opere di Poussin. Secondo i critici del tempo, tutto il quadro era nato dall’immaginazione dell’artista,ma poco dopo il 1970 fu scoperta una tomba identica a quella raffigurata nel quadro: stesse proporzioni, forma, dimensioni, vegetazione che la circonda. La tomba si trovava nella periferia di Arques, un villaggio ad una decina di chilometri da Rennes-le-Château: se ci si mette in modo da avere la stessa visuale del quadro, si nota che una delle vette raffigurate nel quadro è proprio Rennes-le-Château! Ma ancora più misteriosa era l’iscrizione: sulla tomba reale, se era presente, le intemperie l’avevano inesorabilmente cancellata, ma una frase di stampo latino senza verbo come quella era molto strana… Se però, prendendo ad esempio le pergamene di Saunière, si anagrammano le lettere si può ottenere una frase con un senso molto preciso: “I TEGO ARCANA DEI” (vattene! Io celo i segreti di Dio). Che Saunière avesse veramente trovato il “segreto di Dio”? Che avesse rinvenuto, magari proprio in quella tomba il Santo Graal? Questo spiegherebbe la particolare attenzione che aveva nei riguardi del dipinto.
        Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:09.

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        • #5
          Guarda, a Bruge in una città-paese vicino Bruxelles, in Belgio, sostengono di possedere il Santo Graal. E' una chiesetta piuttosto piccola, dove il parroco, peraltro persona molto gentile, recita preghiere in tantissime lingue diverse. E poi si passa ad adorare "l'oggetto". Io l'ho visto e più che una coppa è un'ampolla. Certo non so se sia vero ma so che là giungono persone da tutto il mondo e c'è un'atmosfera molto caratteristica.

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          • #6
            Dove hai letto quelle informazioni?Sono curioso di approfondire ANCHE questo fatto...

            Cmq spero che quel prete non sia di fede cristiana e che non idolatri un oggetto "X" xke andrebbe proprio contro le stesse regole della sua religione
            Ultima modifica di Ospite; 21-07-2003, 03:28.

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            • #7
              Originally posted by MalKav
              Dove hai letto quelle informazioni?Sono curioso di approfondire ANCHE questo fatto...

              Cmq spero che quel prete non sia di fede cristiana e che non idolatri un oggetto "X" xke andrebbe proprio contro le stesse regole della sua religione
              Sai era venuto anche a me questo dubbio...cmq credo proprio che sia di fede cristiana!
              Le informazioni non le ho lette, ci sono stato personalmente! Anch'io ho partecipato "all'adorazione" del Graal cmq magari c'è un'altra storia, io non so, perchè era scritto tutto in francese...
              E cmq sono sicurissimo che la chiesa fosse Cristiana, le preghiere pure, ha persino accettato di recitare il Padre Nostro in italiano in onore del nostro piccolo gruppo di turisti italiani!
              Non mi permetto però giudizi materialistici perchè ho conosciuto quelle persone e mi sono sembrate tutto fuorchè animate da intenti malvagi e/o di arricchimento.

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              • #8
                Il cristianesimo ha molte sfaccettature, ci sono state anche religioni "figlie del Cristianesimo" che professavano la poligamia visto che nel vecchio testamento ci sono casi che si avvicinano ad essa, quindi sapere che è "cristiana" penso sia un po' poco, no?
                - Mongomeri -
                UFO, MISTERI&PARANORMALE ex Moderator
                SCIENZA, NUOVE TECNOLOGIE & PROGRESSO ex Moderator

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                • #9
                  Originally posted by Mongomeri
                  Il cristianesimo ha molte sfaccettature, ci sono state anche religioni "figlie del Cristianesimo" che professavano la poligamia visto che nel vecchio testamento ci sono casi che si avvicinano ad essa, quindi sapere che è "cristiana" penso sia un po' poco, no?
                  si ma visto che non si voleva cadere OT si è preferito non entrare in certi argomenti
                  non c'e solo quella sfaccettatura ma mille e poi mille altre deviazioni che vengono considerate come dici te "figlie del Cristianesimo" ma non sto ad elencarle tutte xke non finirei più...

                  Una richiesta al Moderatore la vorrei fare: non è che me cerchi materiale sul santo Graal (intendo come misteri) xke io ho cercato in internet e ho trovato solo qualche file in pdf (ed è quello che ho scritto sopra),ma altre cose non le ho trovate (se non fatti che raccontano di Gesù cristo ecc ecc ecc ecc ....

                  poi giuro che vengo a casa tua per pagarti
                  Ultima modifica di Ospite; 21-07-2003, 03:28.

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                  • #10
                    Originally posted by Mongomeri
                    Il cristianesimo ha molte sfaccettature, ci sono state anche religioni "figlie del Cristianesimo" che professavano la poligamia visto che nel vecchio testamento ci sono casi che si avvicinano ad essa, quindi sapere che è "cristiana" penso sia un po' poco, no?
                    Si, può darsi ma ripeto non capivo perchè era scritto in francese! Cmq forse non erano Cristiani cattolici (poligami non credo proprio!). Poi può darsi che la tua storia non sia completa?

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                    • #11
                      Il Graal a Oak Island?secondo me no..

                      Il Graal a Oak Island?

                      Oak Island è una piccola isoletta canadese situata presso la Mahone Bay, in Nova Scotia.Immagine dell'isola

                      E' meta ogni anno di ricercatori di tesori e appassionati del mistero, ed è definita sui moltissimi libri che la riguardano come sede della più lunga e costosa ricerca al tesoro, di uno dei più profondi e costosi scavi archeologici, o ancora come il più celebre mistero canadese e addirittura come uno dei più grandi misteri della terra.

                      Essa deve la sua celebrità principalmente a un pozzo che ha preso il nome di "Money Pit" ("pozzo del denaro"), e che riassume in sé il principale enigma dell'isola.
                      La leggenda del Money Pit di Oak Island racconta che nel 1795 un giovanotto di nome Daniel McInnis (o McGinnis) s'imbatté in una profonda depressione del terreno mentre passeggiava per l'isola. Sopra la buca, appesa al ramo di una grande quercia, si trovava una vecchia carrucola. McInnis tornò sul posto il giorno successivo con due amici che conoscevano molto bene le leggende locali sui pirati e sui tesori. Insieme, decisero di intraprendere uno scavo. Non riuscirono, però, a trovare nessuno disponibile a dar loro una mano, un po' per lo scetticismo e un po' per il timore superstizioso della popolazione locale. Il supposto nascondiglio fu abbandonato fino al principio del secolo successivo, quando il trio fu contattato da un uomo d'affari, tale Simeon Lynds, proveniente dalla città di Onslow. Le sue intenzioni erano quelle di realizzare un consorzio di cercatori di tesori chiamato Onslow Company. I lavori presso il pozzo cominciarono tra il 1803 e il 1804 (una fonte dice 1810). Trovarono diversi strati di legno di quercia a intervalli esatti di dieci piedi (3 metri) l'uno dall'altro, oltre che strati di argilla, carbone e un materiale fibroso identificato con il guscio delle noci di cocco. Quindi, a novanta piedi (27,4 metri) dissero d'aver trovato una pietra piatta recante un'indecifrabile iscrizione. Subito dopo, esplorando il terreno sottostante con un piede di porco, colpirono qualcosa di duro che poteva essere uno scrigno di legno. A questo punto i lavori vennero interrotti perché si stava facendo notte. La mattina dopo, però, il pozzo venne trovato allagato per sessanta metri di profondità. Pur cercando di svuotare lo scavo con l'uso di secchi, si accorsero che il livello dell'acqua rimaneva sempre lo stesso, e furono costretti ad abbandonare definitivamente gli scavi.

                      Diverse organizzazioni si susseguirono nei lavori: la Truro Company nel 1849, la Oak Island Association e la Oak Island Eldorado Company nel 1866, la Oak Island Treasure Company nel 1897, fino alla Triton Alliance nel 1966, tutti senza risultati significativi. Una volta che fu aperto ai turisti, il sito fu praticamente abbandonato.
                      Nei secoli la leggenda di un possibile tesoro ha attirato l'attenzione di rabdomanti, scrittori automatici, chiaroveggenti, medium, lettori di Tarocchi, interpreti di sogni, psicometristi e molti altri visionari e veggenti, oltre che eccentrici inventori di oggetti come il "Raggio a onde minerali" e l'aeroplano dotato di un "rivelatore di tesori".
                      E' evidente che al crescere delle difficoltà nell'opera di scavo, crescevano anche le aspettative nei confronti del contenuto del pozzo: si pensava che una protezione del genere sarebbe stata messa in atto per proteggere qualcosa di estremamente prezioso. Si sosteneva, infatti, che l'immenso lavoro richiesto per costruire il pozzo e per predisporre il tunnel dal quale proveniva l'acqua fosse la prova del fatto che sul fondo non si trovasse soltanto il bottino di qualche pirata, ma addirittura il tesoro della corona francese, i manoscritti originali di Shakespeare, i segreti del Continente Perduto di Atlantide, il "tesoro perduto" dei Cavalieri Templari o addirittura il Sacro Graal.
                      Dove finisce la leggenda e comincia la storia documentata? La complessa leggenda di Oak Island è stata affrontata da Joe Nickell su "Skeptical Inquirer" del Marzo 2000.Nel suo studio, Nickell analizza in dettaglio i vari avvenimenti legati alla leggenda di Oak Island proponendo uno scenario molto più verosimile, che non scomoda tesori perduti o trappole segrete appositamente predisposte, ma si limita a considerare con occhio critico gli elementi che compongono la vicenda del Money Pit.
                      Sorgono dubbi già sul resoconto che fu dato della scoperta della depressione del terreno, fatta nel 1795 da Daniel McInnis. Potrebbe essere apocrifo il particolare della vecchia carrucola penzolante sopra il cratere: esso si baserebbe sull'ipotesi - sorta successivamente - che all'interno del pozzo sottostante fosse stato calato un tesoro. Nondimeno alcuni autori sono insolitamente precisi nel descrivere le caratteristiche della carrucola. Secondo alcuni, la vecchia carrucola proveniva da una nave, era stata appesa a un ramo di quercia biforcato ed era stata fissata su un chiodo di legno disposto tra le due estremità della biforcazione, a formare un piccolo triangolo. Altri sostengono che sull'albero ci fossero incisi alcuni strani segni. Al contrario di quanto affermato da costoro, è asssolutamente impensabile che pirati o chiunque desiderasse nascondere un tesoro lasciasse dei segni così evidenti che avrebbero tradito in modo così palese la presenza di un nascondiglio. Anche il fatto che a intervalli regolari di dieci passi di profondità si fossero trovate da nove a undici piattaforme viene riportato da resoconti molto successivi ai primi scavi, e sembra più che altro essere il risultato di un mosaico eterogeneo di voci e notizie che si sono accumulate negli anni.
                      Nel 1911 un ingegnere di nome Henry L. Bowdoin, che aveva a lungo scavato sull'isola, giunse alla conclusione che non vi fosse alcun tesoro. Mise in dubbio l'autenticità di diversi presunti reperti e attribuì la conformazione del Money Pit a fenomeni naturali. Altri affermarono che in realtà il leggendario pozzo non fosse altro che una gola causata dal naturale cedimento delle rocce sottostanti.
                      Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:14.

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                      • #12
                        Effettivamente la falda che si estende sotto Oak Island è composta principalmente da calcare e anidrite, la cui presenza spesso si accompagna con la formazione di grotte e anfratti. L'aspetto superficiale di queste caverne sotterranee è costituito oltre che da crepe anche da depressioni o gole. A conferma di ciò si può riportare il fatto che il Money Pit non sia l'unica depressione sull'isola: nel 1878 Sophia Sellers stava arando quando improvvisamente il terreno sprofondò sotto il suo bue. Lo stesso geologo E. Rudolph Faribault trovò numerose gole naturali nei territori di fronte all'isola, e in un rapporto stilato nel 1911 concluse che c'erano "forti elementi" a sostegno del fatto che le presunte strutture artificiali di Oak Island fossero in realtà cavità naturali.
                        E' ancora Nickell a far notare come diversi elementi che compongono lo scenario appena presentato sembrino avere qualche riferimento alla storia della Massoneria, una società segreta fondata a Londra nel 1717 che si diffuse in pochi anni in Europa e in America. Generalmente ispirata agli ideali illuministici di tolleranza religiosa, libertà di pensiero ed eguaglianza sociale, si è arricchita nel corso dei secoli di un complesso sistema allegorico-simbolico, che fa spesso riferimento alla costruzione del Tempio di Re Salomone. Una di queste allegorie parla di una cripta segreta, nella quale Salomone avrebbe fatto custodire dei preziosi segreti. Si racconta di tre pellegrini che, trovandosi presso le rovine del Tempio, avrebbero scoperto la stanza sotterranea e trovato una cassetta contenente l'Arca dell'Alleanza. L'immagine della cripta segreta è stata utilizzata da diversi scrittori, e così il suo simbolismo che fa riferimento a segreti perduti e tesori nascosti. Uno per tutti Sir Arthur Conan Doyle, massone dichiarato, che in diverse storie di Sherlock Holmes fece allusioni alla cripta. In "The Adventure of Shoscombe Old Place" il detective raggiunge una vecchia cappella di proprietà degli Shoscombe, e passando attraverso un muro cedevole (nel testo originale "masonry", che significa anche "massoneria") percorre una scalinata che scende verso una cripta. Per il suo cliente, non a caso chiamato "Mister Mason", Holmes trova la chiave che gli permette di risolvere una serie di strani misteri.
                        Diventano ora evidenti le connessioni tra i racconti ispirati a questa simbologia massonica e la leggenda di Oak Island: il Money Pit sembra essere direttamente collegato con l'immagine della cripta segreta. Le strane iscrizioni che sarebbero state trovate sulla quercia nei pressi del pozzo ricordano l'iconografia massonica. I tre giovani che scoprirono il Money Pit sembrano far riferimento ai tre pellegrini che scoprirono la cripta segreta di Salomone. Esiste un particolare rituale massonico per il quale il candidato viene calato con una corda giù per un pozzo, attraverso una serie di botole: è notevole la somiglianza di questo rito con i racconti sugli operai che si calarono nel Money Pit incontrando le presunte piattaforme di legno a intervalli regolari. Durante la cerimonia, il candidato porta con sé vanga, piccone e palanchino, strumenti da lavoro simbolici di un particolare grado della massoneria. Altri elementi si ricollegano direttamente ai rituali massoni: si racconta che nel 1803 gli operai analizzarono il fondo del pozzo con un piede di porco e colpirono quello che pensavano si trattasse di uno scrigno; la descrizione è identica a quella relativa alla leggenda della cripta segreta, rinvenuta colpendo il terreno con un piede di porco. La pietra morbida, il carbone e l'argilla trovate nel pozzo si rifanno implicitamente ai tre elementi citati nel rituale massone del grado dell'Entered Apprentice, "Gesso, Carbone e Argilla", che rappresenterebbero le tre virtù "libertà, entusiasmo e zelo".
                        Gli stessi artefatti trovati nel pozzo o nei suoi pressi non sono probabilmente altro che resti degli antichi abitanti dell'isola. E' innegabile comunque la natura sospetta di alcuni di essi: secondo un resoconto, gli anelli della catena d'oro rinvenuti nel 1849 furono portati sul posto dagli stessi operai, per incoraggiare ulteriori scavi.
                        Da qualunque parte li si osservi, tutti i fatti relativi all'enigma di Oak Island sembrano indicare una stretta implicazione della Massoneria. Le conclusioni cui si può ragionevolmente giungere sono due: in primo luogo il "Money Pit" e i cosiddetti "tunnel dei pirati" non sono altro che naturali formazioni; in secondo luogo, moltissimi dei resoconti fatti su ciò che avvenne su Oak Island sono basati sulla simbologia massone, e trovano innumerevoli punti di contatto con l'allegoria della "cripta segreta". Sarà forse impossibile capire con esattezza se elementi massonici si siano appoggiati su una preesistente leggenda riguardante un tesoro o se invece sia stata la Massoneria stessa a generare la leggenda. I contorni della vicenda sono, comunque, chiari: nessun tesoro riposa sul fondo del Money Pit.
                        Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:17.

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                        • #13
                          Il Graal a Torino?

                          Il Graal a Torino?

                          Tra le città candidate come sede ultima del Santo Graal viene frequentemente citata Torino. La prima motivazione portata a sostegno di questo fatto è la presenza – nella stessa città – della Sindone, il lenzuolo che secondo la tradizione avrebbe avvolto il Corpo di Gesù dopo la morte. L’argomento viene spesso presentato in questo modo: se la Sindone si è conservata duemila anni ed è custodita nel capoluogo piemontese, perché non potrebbe esserci anche il Graal?
                          Queste “voci” intorno alla presenza della reliquia sotto la Mole non sono molto antiche; affondano le loro radici in un libro scritto nel 1978 da una giornalista appassionata di esoterismo, Giuditta Dembech, che propose la teoria sul primo volume di Torino Città Magica.
                          Nel capitolo intitolato “Torino e il Graal” dapprima cita la storia tradizionale dell’oggetto: fu usato come calice durante l’Ultima Cena e al suo interno Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue sparso sulla croce. In seguito alla risurrezione di Cristo, Giuseppe raggiunse una città chiamata Sarras, dove fece costruire un tempio per custodire la coppa.
                          Al termine del racconto la Dembech trasforma il Graal in un oggetto evanescente, dalla luce accecante. Cita Albrecht von Sharffenbergh che, nel 1270, così lo descrive: “Il Graal allora non aveva una sede fissa, ma vagava invisibile nell’aria”. Ovviamente non si tratta più della reliquia della Passione, ma di un oggetto magico, ricettacolo di forze cosmiche e simbolo di ordine ed armonia. Non è chiaro in quale preciso momento della storia avvenga questa “elezione” del Graal da semplice coppa a oggetto prodigioso: la Dembech non lo dice esplicitamente. E’ ovvio, però, che questa sua natura gli permette di trovarsi in più luoghi contemporaneamente, in quanto prodotto della mente più che oggetto dalle precise caratteristiche archeologiche. Siamo in presenza di un salto, neanche troppo velato, tra la Linea Archeologica e quella Simbolica: la Dembech scrive, infatti, che “il messaggio esoterico del Graal è in fondo quello della ricerca della restaurazione di un ordine, di un’armonia poi andata distrutta”.
                          Esso, inoltre, sarebbe il “sigillo invisibile” della Sindone, e dunque nel corso dei secoli ne avrebbe seguite le vicende. Oggi “il Graal veglia su di essa dall’altro della cupola del Guarini”.
                          Le considerazioni a carattere simbolico possono affascinare ma non ci conducono verso alcuna identificazione precisa del luogo che custodirebbe il Graal. Eppure il libro della Dembech ebbe sull’opinione pubblica l’effetto di trasporre sul piano fisico le considerazioni ch’ella aveva fatto ad un livello simbolico. Ancora recentemente (26 febbraio 1998) Cesare Medail scrisse sul Corriere della Sera:

                          "Se si tratta di un oggetto e non di un simbolo, dove potrebbe essere il Graal? A Torino. Giunto nel capoluogo insieme alla Sindone, sarebbe nascosto nel tempio della Gran Madre."

                          La stessa Giuditta Dembech giocò sull’ambiguità di quanto da lei affermato sul primo volume di Torino Città Magica aggiungendo, su un secondo volume, ulteriori elementi allo scenario. Dapprima citò un’intervista da lei tenuta con due esponenti di un’organizzazione segreta torinese ispirata agli “Esseni”, i cui membri si ritenevano depositari di una tradizione iniziatica. Ecco un frammento del loro dialogo:

                          “Le rivelazioni secondo cui il Graal potrebbe trovarsi a Torino sono attendibili?”
                          “Lo sono molto più di quanto possa sembrare all’apparenza”.
                          “Allora è vera la teoria secondo cui la città che detiene la Sindone possiede anche il Graal?”
                          “Posso confermare che il Graal è qui a Torino ”
                          “Chi può possedere e nascondere un tesoro del genere?”
                          “Secondo lei, a chi spetterebbe di diritto?”
                          “Gli Esseni? Ma è vero, lo avete voi?”
                          “Non lo teniamo nascosto, ma neppure esposto al pubblico…”


                          Pur non possedendo alcun carattere di prova, un’intervista del genere è certamente ricca di allusioni e risonanze, che – lungi dal chiarire la distinzione tra Oggetto e Simbolo – sembrano suggerire implicitamente che l’ipotesi di una coppa celata da qualche parte in Torino non sia così inverosimile. La Dembech è comunque onesta nell’aggiungere:

                          "Mi sembra assurdo che la mistica coppa cercata per duemila anni in mezzo mondo, mi venga offerta così, su un vassoio d’argento. E’ troppo semplice, troppo a portata di mano per poterlo credere. Meglio peccare di diffidenza che di credulità. Probabilmente, questi esseni redivivi, non si riferiscono ad un oggetto reale, tangibile. Ho quali la certezza che il “loro” Graal sia qualcosa di metafisico."

                          Nel capitolo A proposito del Santo Graal la giornalista riprende il tema, descrivendo un oggetto che sembra possedere precise caratteristiche fisiche:

                          "Giuseppe d’Arimatea è il primo a vederlo nella sua realtà fisica, come una coppa che collocherà all’interno di un’Arca."

                          Ad esso sono associati poteri straordinari: esso sarebbe in grado di emettere luci meravigliose, dare visioni angeliche ed emanare commoventi musiche celestiali. Per tutto il periodo in cui il Graal viene custodito all’interno dell’Arca, si palesano prodigi di ogni genere: guarigioni, visioni, rivelazioni sul futuro…
                          In un periodo imprecisato, poi, il calice viene rapito in cielo e portato nella Gerusalemme Celeste, dalla quale non tornerà più sulla terra. E’ qui che si palesa il passaggio da una confusa Linea Archeologica che sembrava voler proporre la Dembech ad una Linea più esplicitamente Simbolica. Scrive:

                          "Il Graal ormai, è soltanto un simbolo, non lasciamoci incantare dalla letteratura romantica o avventurosa alla “Indiana Jones”.La Coppa in quanto tale, non esiste più. Inutile cercarla nel mondo materiale a tre dimensioni. "

                          E, confutando le voci sorte intorno alla possibile presenza del Graal in Torino, aggiunge:

                          "In tutti questi anni, dopo aver divulgato le notizie di un legame fra la città di Torino ed il Graal, e soprattutto, fra la chiesa della Gran Madre ed il Graal, ho ricevuto centinaia di lettere da persone più o meno lucide mentalmente.Qualcuno ha scritto che il Graal è sepolto nei sotterranei della Gran Madre, quindi, scavando, prima o poi verrà fuori. Altri ancora mi hanno contattata per raccontarmi che il Graal si trova all’interno della scultura, nella coppa che la statua dinanzi alla chiesa porge verso il cielo. Anche questa è una follia pericolosa.Insomma, si è scatenata la giostra delle ipotesi più strampalate.Il Graal è un simbolo immateriale, nessuno l’ha mai più custodito o catturato.Escludiamo dunque l’ipotesi di un Graal sepolto o murato da qualche parte, a Torino o altrove.Come simbolo in effetti, potrebbe trovarsi a Torino, come oggetto no!"

                          Basterebbero queste parole da parte di colei che ha dato il via alla leggenda per chiudere una volta per tutte la questione. Ma ci sono diversi altri elementi che rendono poco verosimile l’ipotesi di un calice nascosto in città.
                          Innanzitutto sarebbe assurdo che i Savoia, in possesso di entrambe le reliquie – Sindone e Graal – avessero reso pubblico solo il telo sindonico, organizzandone periodiche ostensioni. Se avessero rinvenuto una qualche reliquia associabile al Graal l’avrebbero certo mostrata come ulteriore segno della particolare benevolenza divina nei confronti della nobile famiglia.
                          E’ inoltre inverosimile l’idea che la disposizione delle statue della Chiesa della Gran Madre di Dio possano indicare quale sia il nascondiglio; una di queste, la Statua della Fede, è assistita da un angelo, tiene nella mano destra un libro aperto, e nella sinistra un calice levato verso il cielo. L’idea che stia guardando verso il nascondiglio del Graal, avanzata da alcuni, non è certo priva di un suo fascino, ma la mancanza di pupille sui suoi occhi rende oltremodo difficile il calcolo di una qualunque coordinata a partire dalla direzione dei suoi occhi.
                          C’è anche chi ha cercato di recuperare la teoria della Dembech proponendo una identificazione tra la Sindone di Torino e il Graal, entrambe reliquie che, in qualche modo, “raccolsero” il sangue di Cristo dopo la Crocifissione. E’ il caso di Noel Currer-Briggs che nel suo The Holy Grail and the Shroud of Christ - The Quest Renewed del 1984 segnalò un gran numero di possibili punti di contatto tra la leggenda del Graal come veniva raccontata nei romanzi medioevali e la storia del mandylion di Edessa, un piccolo telo sul quale era riprodotto il volto di Gesù.
                          E’ lo stesso Pier Luigi Baima Bollone ad affermare sul suo Sindone o no:

                          "Il Graal non sarebbe una coppa, ma il contenitore della Sindone."

                          Questa teoria ha però diversi punti di debolezza. Innanzitutto essa dà per scontata l’identificazione tra il mandylion di Edessa e la Sindone di Torino, che è invece oggetto di discussione e per gran parte degli storici non sembra essere verosimile. E se anche la presenza di un tessuto recante l’immagine di Cristo in Oriente avrebbe potuto influenzare in qualche modo le leggende sul Graal, l’ipotesi di una totale identificazione tra coppa e lenzuolo pare un po’ forzata. Allo stesso modo non si può attribuire alla scoperta di una syndon a Costantinopoli l’improvvisa nascita delle leggende del Graal nell’Europa medioevale: una visione così ingenua non tiene conto del contesto archetipico di quell’epoca, in cui i calderoni celtici e le cornucopie dell’abbondanza erano già così carichi di significati mistico-religiosi.
                          Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:28.

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                          • #14
                            I vari studi citati, inoltre, non sono affatto concordi: secondo alcuni il Graal sarebbe in realtà la Sindone, perché entrambi “reliquia del sangue di Cristo”, secondo altri – tra cui Baima Bollone – il Graal sarebbe il contenitore della Sindone, vero “contenitore del sangue di Cristo” impresso sul telo sindonico, a seconda che i vari brani tratti dai romanzi sul Graal sembrino alludere alla prima o alla seconda forma.

                            Sembra, dunque, che nemmeno questo tentato “recupero” abbia avuto i suoi frutti.
                            Giuditta Dembech cita ancora l’autore di un libro di esoterismo su Torino, che sosterrebbe di conoscere un luogo in città ove si troverebbe un fantomatico “pozzo del Graal”. Solo lui, però, sarebbe a conoscenza dell’esatta locazione di tale nascondiglio.
                            Di fronte ad una affermazione del genere, chi più di colei che creò la leggenda può indicarci l’atteggiamento da seguire? E’ la stessa giornalista ad ammonire:

                            "Non diamo credito a coloro che scavano, o cercano in luoghi sotterranei e nascosti, fra ruderi e rovine del passato."
                            Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:30.

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                            • #15
                              E ancora..il Graal a Rennes le Chateau

                              Rennes le Chateau

                              Tra il 1972 e il 1981 il programma storico e archeologico della BBC “Chronicle” propose tre documentari dai titoli affascinanti: The Lost Treasure of Jerusalem? (“Il tesoro perduto di Gerusalemme”), The Priest, the Painter and the Devil (“Il prete, il pittore e il diavolo”) e The Shadow of the Templars (“L’ombra dei Templari”).
                              Realizzati dal giornalista inglese Henry Lincoln, che per il terzo si avvalse della collaborazione di Richard Leigh, romanziere appassionato di esoterismo, e di Michael Baigent, giornalista e psicologo, provocarono notevole scalpore ed assicurarono al libro che raccoglieva gli studi presentati delle vendite da capogiro.
                              The Holy Blood and the Holy Grail (“Il Sacro Sangue e il Sacro Graal”) fu pubblicato anche in Italia, con il titolo di Il Santo Graal, una catena di misteri lunga duemila anni.
                              Secondo i tre autori le parole che erano in origine utilizzate per riferirsi al Graal, “Sangraal” e “Sangreal”, erano state divise in modo errato come “San Graal” o “San Greal”; l’esatta etimologia sarebbe stata, invece, “Sang Raal” o “Sang Réal”, o – per usare l’ortografia moderna – Sang Royal, sangue reale.
                              Poiché il Graal era associato al sangue di Cristo, il “sangue reale” doveva riferirsi ad una “linea di sangue”, ad un lignaggio di Gesù stesso. Ma poiché i Vangeli non dicono che egli ebbe dei figli, i tre giornalisti furono costretti a costruire un’ipotesi molto ardita:

                              Forse la Maddalena era in realtà la moglie di Gesù. Forse dalla loro unione erano nati dei figli. Dopo la Crocifissione, forse, la Maddalena, insieme a un figlio almeno, fu portata clandestinamente in Gallia, dove già esistevano comunità ebree e dove, di conseguenza, avrebbe potuto trovare rifugio. Forse c’era, insomma, una stirpe ereditaria discesa direttamente da Gesù. Forse questa stirpe, il supremo “sang réal”, si era perpetuata, intatta e in incognito, per circa quattrocento anni. Forse vi furono matrimoni dinastici non soltanto con le altre famiglie ebree, ma anche con famiglie romane e visigote. E forse nel V secolo la stirpe di Gesù si alleò per matrimonio con la casa reale dei Franchi, fondando così la dinastia merovingia.
                              Essi sostennero, inoltre, che forse Gesù non era affatto morto in croce, ma aveva accompagnato i suoi familiari a Marsiglia, dove sarebbe morto di vecchiaia. E che forse il suo corpo mummificato si trova tuttora sepolto nei pressi di un piccolo paesino francese sui Pirenei, Rennes-le-Château. Da che cosa erano supportate queste ipotesi così sorprendenti? E perché proprio Rennes-le-Château?
                              Henry Lincoln afferma nell’introduzione a The Holy Blood and the Holy Grail di aver dato il via ai suoi studi dopo la lettura di un giallo tascabile di Gérard de Sède, intitolato Le trésor maudit. Nella finzione del romanzo, il “tesoro maledetto” del titolo era stato trovato intorno al 1890 da un parroco di paese grazie alla decifrazione di alcuni documenti rinvenuti nella sua chiesa.
                              I fatti narrati da de Sède non erano interamente frutto della fantasia: Lincoln scoprì che il sacerdote protagonista del ritrovamento, Bérenger Saunière (1852-1917), era realmente esistito, e propose nel suo libro la sua versione dei fatti.
                              Secondo gli autori di The Holy Blood and the Holy Grail Bérenger Saunière aveva raggiunto nel 1885 il minuscolo villaggio di Rennes-le-Château all’età di trentatré anni. Il paese conta oggi una quarantina di abitanti, ma all’epoca la popolazione raggiungeva almeno le duecento unità.


                              Rennes le Chateau

                              Appollaiato in vetta ad una collina, Rennes sorge ad una quarantina di chilometri da Carcassonne.
                              La chiesa parrocchiale, dedicata alla Maddalena, si trovava in condizioni di avanzato degrado. Così, raccolto il denaro necessario per i restauri, il sacerdote diede il via ai lavori nel 1891. Si occupò prima di tutto dell’altare: la lastra di marmo che ne costituiva il piano venne staccata dal muro cui era cementata e sollevata dalla colonna che la sosteneva. In una cavità al suo interno, Saunière trovò quattro pergamene.
                              Due di queste, risalenti rispettivamente al 1244 e al 1644, contenevano genealogie. Gli altri due documenti erano stati redatti non più di venti anni prima dall’abate Antoine Bigou, e contenevano delle scritte enigmatiche che, opportunamente decifrate, avrebbero fornito degli strani messaggi. Uno dei messaggi più importanti, riportati da Lincoln e soci, è questo:

                              A DAGOBERT II ROI ET A SION EST CE TRESOR ET IL EST LA MORT
                              (“A Re Dagoberto II e a Sion appartiene questo tesoro, ed egli è morto là”)

                              Il parroco mostrò queste pergamene al vescovo di Carcassonne e ottenne il permesso (e il denaro) per raggiungere a Parigi dove fece esaminare i manoscritti da uno specialista. Vi rimase per quasi un mese, durante il quale visitò più volte il Louvre e acquistò le riproduzioni di vari quadri, tra cui un dipinto di Nicholas Poussin intitolato Pastori d'Arcadia.

                              La tela, del 1640, rappresentava un sarcofaco con l’iscrizione “ET IN ARCADIA EGO”. Il sarcofago esisteva veramente a poca distanza da Rennes-le-Château, e fu identificato confrontando il paesaggio sullo sfondo del quadro con quello reale.
                              Intanto i lavori alla parrocchia proseguivano; sotto il pavimento fu rinvenuta una lapide di pietra che fu rimossa, ma solo Saunière ebbe modo di vedere cosa celava. Da quel momento il parroco cominciò a compiere lunghe esplorazioni nei luoghi circostanti, finché, qualche tempo dopo, i lavori di restauro ripresero. Ma, questa volta, il denaro sembrava non finire più. Saunière acquistò molti terreni circostanti, costruì una passeggiata a semicerchio, e fece edificare una torre che chiamò Tour Magdala in onore di Maria Maddalena.
                              Ultima modifica di Ospite; 24-09-2003, 20:35.

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