Un'opzione Cai per il Milan
Rumors. Per dedicarsi alla politica Berlusconi sarebbe pronto a cedere il club garantendo che la proprietà resti italiana. L'acquirente c'è già, è Michele Ferrero, l'uomo più ricco d'Italia. Ma per un'operazione del genere era necessario tenere il brasiliano e gli altri campioni.
Un'opzione Cai per il Milan. Potrebbe essere questo, secondo voci che circolano nei mercati finanziari, l'escamotage di Silvio Berlusconi per abbandonare l'onerosa proprietà del club rossonero, concentrando se stesso sulla politica senza condizionamenti e soprattutto la holding di famiglia nel vero core business del futuro: la guerra del digitale e l'assalto di Murdoch al duopolio Rai-Mediaset. Un'azione che permetta di scaricare quel "giocattolo costoso" - stando al giudizio che del club avrebbe dato Marina Berlusconi, numero uno di Mediaset e da sempre favorevole alla vendita - garantendo però che la proprietà resti italiana e il club di via Turati non divenga la prima vittima illustre del cannibalismo calcistico-finanziario di sceicchi e fondi sovrani.
Chi potrebbe essere apertamente interessato all'operazione, da concretizzarsi entro massimo due anni, è Michele Ferrero, patron della multinazionale dolciaria nonché uomo più ricco d'Italia (68mo al mondo) in base alla classica di Forbes 2008. Stando ai bene informati il suo destino sarebbe quello del Colaninno della situazione.
Una decisione di questo tipo spiegherebbe perfettamente il tira e molla del caso Kakà, prima ritenuto cedibile e poi bloccato a furor di popolo. La spiegazione è semplice: per attirare soci potenziali occorre mettere in vendita un Milan concorrenziale e senza l'asso brasiliano l'unico, vero campione sarebbe rimasto Pato. Il quale, se Kakà fosse stato venduto, a giugno sarebbe diventato l'oggetto del desiderio di molti club pronti a fare spesa nel supermarket Milan. Gli altri giocatori, pur buoni, hanno un mercato e un appeal limitato sia per l'età ormai avanzata sia per le mire sempre più alte dei grandi club. Andava preservata la spendibilità del prodotto Milan, altro che cuore, tifosi e valori.
In senso contrario la vulgata complottista, non a caso sobillata dal telegiornale di Sky alla vigilia del giorno della verità per la cessione di Kakà, basava le proprie certezze riguardo la vendita sul fatto che il 2 per cento di Mediaset appartiene, da anni, al fondo sovrano di Abu Dhabi, originariamente nelle mani del padre dello sceicco Mansour e ora in quelle del fratello. Inoltre il proprietario del Manchester City è intervenuto pochi mesi fa per salvare una delle più importanti banche inglesi, la Barclays, di cui ora possiede il 16,5 per cento delle azioni. E, guarda caso, la Barclays è - dopo la famiglia Berlusconi - il più forte azionista di Mediaset con il 5 per cento. Quindi, a conti fatti, Sky spiegava ai telespettatori che lo sceicco Mansour controlla, direttamente o indirettamente, il 7 per cento di Mediaset, che a sua volta controlla il Milan. Impossibile, quindi, uno sgarbo simile da parte del premier. Peccato che, piaccia o meno l'uomo, Silvio Berlusconi non sia imprenditore venuto giù con la piena, come si dice a Milano: sa benissimo che Barclays, anche ieri crollata alla Borsa di Londra, verrà nazionalizzata - almeno parzialmente - per evitare il default, schiacciata com'è da un'esposizione con leva di leverage pari solo a quella di Deutsche Bank, altro grande malato d'Europa. E quando lo Stato entra nella cabina di regia è ovvio che la prima operazione di cui si rende responsabile è l'eliminazione di asset pericolosi, non particolarmente fruttuosi o comunque non core. Occorre quindi concentrarsi nella lotta che Murdoch ha deciso di scatenare, arruolando grandi nomi, adottando una strategia molto aggressiva e ponendosi in condizione di essere un player capace di muovere interessi a tutti i livelli: insomma, i nemici di Berlusconi sono tanti e Sky non è più la tv che ti fa vedere solo i film e le partite. L'informazione è diventata centrale e informazione significa potere.
L'operazione, quindi, avrebbe visto Silvio Berlusconi stretto in un angolo da Marina e Pier Silvio, da sempre molto tiepidi verso il gioiellino di famiglia, soprattutto ora che occorre passare alla controffensiva e che il brand Milan, causa mancanza di vittorie e assenza dalla Champions quest'anno, appare un po' appannato e non più trainante per tutto il gruppo che vi sta dietro. Per ora sono ipotesi, staremo a vedere.
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