Cosa mi sapete dire a proposito degli Zombie?!
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La voce viene da Haiti e riguarda le credenze Vudu. Gli zombie sono le anime dei morti di morte violenta che vagano come fantasmi per tutto il tempo che erano destinati a vivere.
Successivamente, lo zombie diviene sinonimo di morto vivente, indicando quegli uomini, morti o apparentemente morti, che vengono riportati in vita da uno stregone che li usa come schiavi. In questo stato gli zombie sono caratterizzati da un'estrema mitezza, dalla faccia inespressiva, dall'assenza di sguardo. La credenza risale all'inizio del ventesimo secolo quando venivano procurati operai per la raccolta delle canne da zucchero con questi requisiti, dovuti forse all'effetto di droghe. La figura di questi lavoratori che sostituiscono gli uomini, simile a quella del Golem e dell'automa, è stata completamente snaturata dalla moderna cinematografia, che l'ha trasformata in senso sanguinario, terrificante e orrorifico
*io personalmente non credo affatto al tema zombie*Ultima modifica di LORD.ARAMUCK; 19-09-2003, 14:09.
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Originally posted by HellDevil
La voce viene da Haiti e riguarda le credenze Vudu. Gli zombie sono le anime dei morti di morte violenta che vagano come fantasmi per tutto il tempo che erano destinati a vivere.
Successivamente, lo zombie diviene sinonimo di morto vivente, indicando quegli uomini, morti o apparentemente morti, che vengono riportati in vita da uno stregone che li usa come schiavi. In questo stato gli zombie sono caratterizzati da un'estrema mitezza, dalla faccia inespressiva, dall'assenza di sguardo. La credenza risale all'inizio del ventesimo secolo quando venivano procurati operai per la raccolta delle canne da zucchero con questi requisiti, dovuti forse all'effetto di droghe. La figura di questi lavoratori che sostituiscono gli uomini, simile a quella del Golem e dell'automa, è stata completamente snaturata dalla moderna cinematografia, che l'ha trasformata in senso sanguinario, terrificante e orrorifico
*io personalmente non credo affatto al tema zombie*
E sui Golem?
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Zombie
Una figura caratteristica ed inquietante della cornice dei riti Voodoo haitiani, da sempre presenti nella mitologia popolare di quelle isole è lo zombie, il non-morto. A differenza delle descrizioni letterarie e cinematografiche che lo hanno dipinto in vari modi, il vero morto vivente haitiano ha connotazioni molto più reali, ma non per questo meno inquietanti. Responsabile del risveglio dal mondo dei morti e della trasformazione in zombie è il bokor, una specie di sciamano malvagio (adoratore dei Petro, le Forze Oscure) che compie una serie di riti di magia nera in grado di "risvegliare" il cadavere. Dopo aver placato la furia del Signor dei Cimiteri con offerte alla Croce Nera, egli passa sotto il naso del futuro zombie una bottiglietta contenente la sua "anima", chiamandolo per nome a voce alta. Quest'ultimo risponderà al richiamo alzandosi dalla sua bara e seguendo a passi malfermi il bokor.
Lo zombie richiamato alla vita è sotto il completo controllo dello sciamano ed è ovviamente privo di coscienza e volontà, buono soltanto per eseguire lavori pesanti. Alcuni bianchi dissero di avere visto in parecchie piantagioni haitiane dei gruppi di individui con lo sguardo vitreo e dall'andatura barcollante, indifferenti alle lunghe giornate sotto il sole cocente, instancabili mentre raccoglievano i frutti della terra o scaricavano dai camion delle pesantissime casse.
Gli haitiani per evitare che i malvagi bokor si impossessino dei corpi dei loro defunti, generalmente "uccidono" una seconda volta il cadavere, sparandogli un colpo in testa e cucendogli la bocca in modo che non possa rispondere al richiamo dello stregone durante l'evocazione. Altri seppelliscono i propri morti a faccia in giù, con in mano un coltello. Non appena verrà riportato nel modo dei vivi, lo zombie ucciderà il bokor a colpi di pugnale.
Ci sono stati parecchi studi sul fenomeno degli zombie (ricordiamo almeno il trattato di William Seabrook L'Ile Magique e il libro autobiografico del professor Wade Davis The Serpent and the Rainbow, da cui è stato tratto l'omonimo film) condotti da eminenti antropologi europei, che cercano di spiegare il fenomeno tramite potenti droghe che vengono impiegate dai bokor su vittime "vive" che cadono in uno stato di morte apparente, vengono sepolte e risvegliate qulache ora più tardi, rese in questo modo schiave del malvagio stregone.
Immaginate il silenzio di una notte tropicale, rotto dal suono ritmico ed ossessivo di tamburi cerimoniali. Donne e uomini dalla pelle d'ebano, lucida di sudore, danzano ossessivamente, officiando riti blasfemi e violenti. Siamo di fronte alla celebrazione di un rito di Voodoo (che significa Dei nella lingua dei Fon, un popolo del Golfo della Guinea).
Originariamente africano, il voodoo fu importato nella Antille dagli schiavi negri, originari del Dahomey. La Mecca di questa religione e' la Repubblica di Haiti, dove risiede il leggendario Baron Samedi.
Nella tradizione del voodoo il sacerdote che pratica la magia nera viene chiamato Bokor. Il Bokor e' in grado di parlare con i morti, e' a meta' tra uno spirito ed un mortale. Questo sacerdote del voodoo ha il potere di dare la morte ai mortali ed anche quello di trasformarli in zombie. Due sono le ragioni principali per cui il Bokor decide di creare uno zombie: per vendetta o per speculazione. Nel primo caso, per pura soddisfazione personale; nel secondo caso, per avere a disposizione uno schiavo fedele per l'eternita'.
La tradizione vuole che, una volta scelta la vittima, il Bokor arrivi a cavallo fino alla casa del futuro zombie. Accostando la bocca ad una fessura della porta, egli aspira l'anima dello sventurato, chiudendola in una bottiglia, che poi provvedera' a chiudere ermeticamente. La vittima, priva del proprio spirito, morira' dopo pochi giorni.
La notte successiva alle esequie, il Bokor si rechera' al cimitero, dissotterrera' il cadavere e lo chiamera' nome. Il morto sara' obbligato a rispondere con un cenno al possessore della sua anima.
Il Bokor procedera' sniffando dalla bottiglia l'anima del suo schiavo, concludendo il rituale di trasformazione in zombie. Da quel momento potra' contare su un servitore instancabile e fedele, privo di intelligenza e volonta', pronto a servire come sicario o come lavoratore in una piantagione.
Per restare in semi-vita, lo zombie non dovra' mai mangiare ne' carne ne' sale, altrimenti riacquisterebbe coscienza della propria condizione di morto vivente e si ribellerebbe al padrone. Il Bokor solitamente sfama i propri schiavi con minestre di granoturco e banane bollite. Nel clan Samedi, gli zombie vengono Abbracciati donando allo zombie una goccia del sangue del Baron Samedi, in modo che il morto vivente riacquisti coscienza ma sia sempre fedele al sangue del suo creatore.
Gli Haitiani non aderenti alle sette voodoo, hanno trovato alcuni rimedi contro le azioni dei Bokor. La prima e' quella di seppellire il defunto vicino a casa o in luoghi molto frequentati, in modo che il sacerdote non possa avere il tempo di fare il rituale per paura di essere scoperto. Un altro modo e' quello di sparare in testa al cadavere, oppure di spezzargli l'osso del collo. Altri ancora cuciono la bocca del defunto, impedendogli cosi' di rispondere al richiamo del Bokor.
Per difendersi da un attacco di uno zombie sara' necessario tagliarli la testa con una qualsiasi lama oppure bruciarlo e gettare le ceneri in mare. Essi non sono molto rapidi negli spostamenti, ma hanno una forza tremenda, il che suggerisce di non tentare un duello corpo a corpo, dove colui che perira' sara' certamente il mortale
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Golem
La leggenda del Golem è fatalmente connessa con un luogo dello spirito che è anche un luogo reale, cosa insolita e per questo tanto più affascinante: la città di Praga, o meglio il ghetto e la Sinagoga Vecchio-Nuova che caratterizzano la capitale ceca come uno dei centri più demònici d’Europa. Golem in ebraico significa zolla di terra, materia amorfa e senza vita: nel Salmo 139 indica un grumo informe, un pezzo di creta. Si potrebbe dire la materia allo stato puro, passivo, senza soffio vitale. Così come il Dio ebraico forgia il primo uomo, Adam Qadmon, con la polvere a cui è destinato a ritornare, allo stesso modo un rabbino creerà un uomo artificiale, un uomo d’argilla, un uomo senz’anima che serve pedissequamente il suo padrone. E, come nel racconto della Shelley, anche nella leggenda del Golem il servo si ribella al padrone per ritornare da ultimo e ciclicamente alla terra da cui egli (esso?) proviene.
Il Golem è senza dubbio il simbolo vivente più famoso della Qabbalah e, in quanto simbolo, ha acquistato i significati più diversi e controversi.
Per fabbricare un golem bisogna prima di tutto purificarsi. Non v’è simbologia esoterica o anche solo ascetica che non insista su questo punto fondamentale: la verità non si concede agli impuri, né tanto meno agli schiavi della materia, in quanto per dominare quest’ultima occorre esser giunti a un livello superiore di dominio di sé. Si impasti dunque un fantoccio con terra vergine, si giri attorno ad esso più volte recitando le lettere cabalistiche del tetragramma. Si scriva sulla sua fronte la parola Emet, Verità (in altre versioni della leggenda il rabbino poneva in bocca al pupazzo lo schem hameforasch, vale a dire il foglietto col nome impronunciabile di Dio), e soprattutto si creda nell’assoluta corrispondenza tra suono e realtà, senza la quale ogni tentativo di dominare la natura, e dunque se stessi, è mera illusione.
Il potere della Parola infatti (del Verbo, diremmo noi cristiani avvezzi al Vangelo di Giovanni) è il potere della Mente, e il potere della Mente non può che esprimersi attraverso il linguaggio razionale: ma mentre per gli antichi greci ciò portava a una fiducia quasi religiosa nella capacità del linguaggio di decifrare i misteri della natura, per la mentalità e oserei dire per lo spirito ebraico tale fiducia rivela allo stesso tempo il potere dell’uomo di creare copie di se stesso, con tutti i pericoli e con tutte le tentazioni che ciò inevitabilmente comporta.
Ma torniamo a noi, o meglio al rabbino Löw, matematico, fisico, astronomo ed erudito inarrivabile che nel febbraio del 1592 trova udienza persino presso Rodolfo II, anch’egli appassionato di studi esoterici o comunque iniziatici. Pare che Löw abbia evocato davanti all’imperatore e alla sua corte le ombre dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe e dei suoi dodici figli. Dunque il mondo “altro” non era un mondo segreto per questo strano Faust ebreo. Nel romanzo Il Golem del viennese Gustav Meyrink, pubblicato durante la Grande Guerra, si dice che il rabbi aveva ideato l’omuncolo “perché lo aiutasse a suonare le campane della sinagoga”. Negli studiosi (o appassionati che dir si voglia) di discipline esoteriche, tali reticenze o ingenuità non sono infrequenti, e mi pare tradiscano soltanto il loro timore che alcune verità possano essere fraintese.
Comunque sia, l’opera di Meyrink rimane il tentativo letterario più famoso di dar vita estetica, diciamo così, al simbolo della Qabbalah per antonomasia: il Golem. «Ogni rumore nel nostro mondo di realtà è accompagnato dalla propria eco, così come ogni oggetto proietta la propria grande ombra insieme a molte altre più piccole.» Siano i rami delle Sephirôt ovvero quelli reali di un albero, i simboli acquistano significato soltanto in rapporto ad altri simboli, ad altre ombre, ad altre effigi, in modo tale che il mondo intero non è che uno specchio del mondo divino. Le corrispondenze in tal senso sono infinite, come infinito è l’universo.
Il Golem di Meyrink non è un’ombra senza coscienza come nella leggenda che ho tentato, in poche parole, di evocare. Il Golem del teosofo Meyrink è uno Spuk, uno spettro, una presenza enigmatica e sfuggente che si rifà vivo ogni 33 anni nel ghetto praghese, come se ciclicamente una sorta di malattia spirituale potesse e dovesse ammorbare gli ebrei tramite l’incarnazione dei loro timori più reconditi. Come se la Qabbalah e il Buddhismo, le due bussole interiori dello scrittore austriaco, identificassero il Golem con l’Ebreo errante, l’Eterno Ebreo che, come Cristo, vive o ritorna ogni 33 anni.
Immergendosi nella contemplazione dei simboli, delle lettere e delle combinazioni, il cabalista dunque svuotava il proprio spirito di tutte le forme materiali che potevano “disturbare” la sua concentrazione sulle cose celesti, sugli archetipi celesti. Ecco perché le lettere con le quali sono stati composti i testi sacri e con le quali si crea o si distrugge il Golem non sono semplici simboli arbitrari o convenzionali, ma vere e proprie espressioni della potenza divina. E in quanto tali hanno e acquistano significati occulti e magici. Ricercare i nomi di Dio o costruire un fantoccio imitando in tal modo Dio non sono che due tentativi di strappare allo Spirito il suo segreto.
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