Phoenix, la sonda che ha rivelato all’umanità la presenza di acqua sul pianeta rosso si è spenta per mancanza di energia. Ma per la Nasa la missione è compiuta
Batterie scariche. La diagnosi suona quasi beffarda per un marchingegno costato quasi mezzo miliardo di dollari. Eppure la realtà è questa, come ammette la stessa Nasa: in questa stagione, nella zona artica di Marte non c’è luce a sufficienza per caricare i moduli solari della sonda e, dunque, per consentire il funzionamento della sua strumentazione.
Risultato: Phoenix, il lander lanciato dalla Nasa per verificare l’eventuale presenza di acqua (e di vita) sul suolo di Marte ha smesso di dare notizie. E anche se si cercherà di ristabilire in tutti i modi il contatto attraverso alcuni satelliti orbitanti, le chance di riportarlo in vita sono praticamente nulle. La sonda si trova infatti in una zona particolarmente impervia del pianeta, corrispondente al nostro Polo Nord. Anche da quelle parti l’inverno è particolarmente rigido; il Sole declina presto all’orizzonte, e con esso se ne va l’unica fonte energetica che permette a Phoenix di alimentare i propri circuiti.
La stessa sorte potrebbe toccare anche a Spirit, il rover che insieme al gemello Opportunity passeggia su Marte da quasi cinque anni, che - a giudicare dalle utlime notizie - non se la passa troppo bene, anche se in questo caso la migliore collocazione (in prossimità dell’equatore marziano) lascia qualche speranza in più.
A dire il vero, Phoenix il suo dovere l’aveva già fatto, andando persino oltre le aspettative della Nasa, che inizialmente aveva previsto una missione di tre mesi. Lanciato il 4 agosto dello scorso anno, la sonda ha toccato terra, anzi Marte, lo scorso 25 maggio. Per cinque mesi ha scavato, analizzato, annusato e assaggiato il suolo del pianeta, inviandoci anche 25.000 foto scattate con un precisissimo microscopio atomico. Ma soprattutto ci ha mostrato le prove dell’esistenza di acqua e di ghiaccio, cosa che ha alimentato l’ipotesi di vita marziana.
Missione compiuta, dunque. E allora – come ironizza Doug McCuistion, il responsabile che dirige il programma di esplorazione Mars al quartier generale della Nasa – meglio preparare una veglia irlandese più che un funerale.
Fonte- mytech.it
Batterie scariche. La diagnosi suona quasi beffarda per un marchingegno costato quasi mezzo miliardo di dollari. Eppure la realtà è questa, come ammette la stessa Nasa: in questa stagione, nella zona artica di Marte non c’è luce a sufficienza per caricare i moduli solari della sonda e, dunque, per consentire il funzionamento della sua strumentazione.
Risultato: Phoenix, il lander lanciato dalla Nasa per verificare l’eventuale presenza di acqua (e di vita) sul suolo di Marte ha smesso di dare notizie. E anche se si cercherà di ristabilire in tutti i modi il contatto attraverso alcuni satelliti orbitanti, le chance di riportarlo in vita sono praticamente nulle. La sonda si trova infatti in una zona particolarmente impervia del pianeta, corrispondente al nostro Polo Nord. Anche da quelle parti l’inverno è particolarmente rigido; il Sole declina presto all’orizzonte, e con esso se ne va l’unica fonte energetica che permette a Phoenix di alimentare i propri circuiti.
La stessa sorte potrebbe toccare anche a Spirit, il rover che insieme al gemello Opportunity passeggia su Marte da quasi cinque anni, che - a giudicare dalle utlime notizie - non se la passa troppo bene, anche se in questo caso la migliore collocazione (in prossimità dell’equatore marziano) lascia qualche speranza in più.
A dire il vero, Phoenix il suo dovere l’aveva già fatto, andando persino oltre le aspettative della Nasa, che inizialmente aveva previsto una missione di tre mesi. Lanciato il 4 agosto dello scorso anno, la sonda ha toccato terra, anzi Marte, lo scorso 25 maggio. Per cinque mesi ha scavato, analizzato, annusato e assaggiato il suolo del pianeta, inviandoci anche 25.000 foto scattate con un precisissimo microscopio atomico. Ma soprattutto ci ha mostrato le prove dell’esistenza di acqua e di ghiaccio, cosa che ha alimentato l’ipotesi di vita marziana.
Missione compiuta, dunque. E allora – come ironizza Doug McCuistion, il responsabile che dirige il programma di esplorazione Mars al quartier generale della Nasa – meglio preparare una veglia irlandese più che un funerale.
Fonte- mytech.it
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