Il 26 dicembre 2002 arriva un annuncio il cui effetto è quello di un botto di fine anno: alla faccia di ogni perplessità, è nata Eva, la prima bimba clone. La notizia, che viene
presa in considerazione dalla stampa di tutto il mondo, viene comunicata dalla dottoressa Brigitte Boisselier di Clonaid e membro dei Raeliani. La setta, secondo la quale l'uomo è stato creato dagli extraterrestri per clonazione, è riuscita a conquistarsi una presunta credibilità scientifica. Le prove reali dell'avvenuta clonazione non sono però ancora arrivate. Non si è vista la neonata, non sono comparsi campioni di Dna, non è stata offerta alla comunità scientifica internazionale la possibilità di verificare la veridicità dell'esperimento. Siamo davvero arrivati al punto di poter scegliere il genoma di ogni essere umano? E a cosa servirebbe avere numerose copie dello stesso individuo? Per capire, proviamo a ripercorrere le tappe della clonazione. Il primo clone ufficiale, quello di un animale, è comparso ufficialmente solo 6 anni fa.
Clone sexy
La pecora Dolly, il primo clone ufficiale, è venuta al mondo il 5 luglio 1996. È stata chiamata così in onore della superdotata attrice Dolly Parton: il materiale biologico utilizzato per realizzare la clonazione proveniva dalle mammelle di una pecora adulta. Ma nonostante il nome da sexy star, Dolly, e i cloni che sono venuti dopo di lei (nell'elenco ci sono topi, gatti, polli, mucche e mufloni), hanno segnato un punto di svolta. La riproduzione, una delle funzioni più importanti di ogni organismo, potrebbe cambiare drasticamente. E il sesso essere bandito per sempre.
La clonazione non è però una novità. In natura è piuttosto comune, anche se riguarda in genere gli organismi più semplici e non i mammiferi. Perché dunque, adesso che la scienza è riuscita a trovare il modo di clonare anche gli animali superiori, non potrebbe diventare la tecnica più comune di riproduzione, almeno per quanto riguarda il bestiame? Una volta individuato un animale con impeccabili credenziali genetiche basterà copiarlo all'infinito, clonandolo. E se lo si vorrà rendere ancora migliore, basterà inserire nel suo Dna i geni desiderati, e poi clonare ancora. L'industria agroalimentare ha investito miliardi in questo settore.
Oltre la morale
La clonazione però evidentemente ha dei limiti. Dolly è ancora viva e ha procreato, dimostrando di essere identica alle altre pecore. Ha però problemi di artrite, per alcuni la dimostrazione di un difetto strutturale dei cloni, l'invecchiamento precoce. E Ian Wilmut, lo scienziato che l'ha fatta nascere, ha dichiarato che i cloni hanno un'altissima percentuale di malformazioni.
Al di là delle obiezioni di carattere morale, che comunque hanno fatto sì che in molti Paesi venisse varata una legislazione che impedisce la ricerca sulla clonazione, il futuro dei cloni è ancora incerto.
Alla ricerca della perfezione
Dolly ha lo stesso patrimonio genetico della madre. E non è un caso che si tratti di una pecora. La clonazione serve per moltiplicare all'infinito un modello genetico particolarmente ben riuscito, e per non perderlo nel gioco della ricombinazione a cui sono sottoposti invece gli animali che si accoppiano: per fare un figlio, mescolano con l'altro genitore metà del loro patrimonio genetico, consegnando alla generazione successiva solo una parte delle informazioni.
Cosa si guadagna a clonare
I vantaggi economici della clonazione sono presto detti: se nelle stalle si potessero allevare capi di bestiame tutti identici e con le stesse particolari caratteristiche, si potrebbe garantire costantemente un prodotto di alta qualità. Una buona parte delle ricerche sui cloni effettuate finora riguardano per esempio gli animali manipolati geneticamente per produrre farmaci, e che potrebbero fornire principi attivi con una semplice mungitura. Ma gli obiettivi si sono presto spostati verso aspetti più pratici.
Il National Institute of Science americano ha finanziato con 4,7 milioni di dollari un ambizioso progetto per la clonazione di polli che crescono in fretta, con poco cibo, e soprattutto sono resistenti alle malattie. E poco dopo il successo di una èquipe italiana nella clonazione di un muflone, animale a rischio di estinzione, partendo da cellule di un animale adulto già morto, è nata una mucca, clone di un'altra alla quale la cellula donatrice è stata prelevata 48 ore dopo la morte. L'attesa è stata necessaria perché la qualità della carne si può stabilire solo quando il capo è già stato macellato. Finora era stato possibile clonare solo animali vivi.
presa in considerazione dalla stampa di tutto il mondo, viene comunicata dalla dottoressa Brigitte Boisselier di Clonaid e membro dei Raeliani. La setta, secondo la quale l'uomo è stato creato dagli extraterrestri per clonazione, è riuscita a conquistarsi una presunta credibilità scientifica. Le prove reali dell'avvenuta clonazione non sono però ancora arrivate. Non si è vista la neonata, non sono comparsi campioni di Dna, non è stata offerta alla comunità scientifica internazionale la possibilità di verificare la veridicità dell'esperimento. Siamo davvero arrivati al punto di poter scegliere il genoma di ogni essere umano? E a cosa servirebbe avere numerose copie dello stesso individuo? Per capire, proviamo a ripercorrere le tappe della clonazione. Il primo clone ufficiale, quello di un animale, è comparso ufficialmente solo 6 anni fa.
Clone sexy
La pecora Dolly, il primo clone ufficiale, è venuta al mondo il 5 luglio 1996. È stata chiamata così in onore della superdotata attrice Dolly Parton: il materiale biologico utilizzato per realizzare la clonazione proveniva dalle mammelle di una pecora adulta. Ma nonostante il nome da sexy star, Dolly, e i cloni che sono venuti dopo di lei (nell'elenco ci sono topi, gatti, polli, mucche e mufloni), hanno segnato un punto di svolta. La riproduzione, una delle funzioni più importanti di ogni organismo, potrebbe cambiare drasticamente. E il sesso essere bandito per sempre.
La clonazione non è però una novità. In natura è piuttosto comune, anche se riguarda in genere gli organismi più semplici e non i mammiferi. Perché dunque, adesso che la scienza è riuscita a trovare il modo di clonare anche gli animali superiori, non potrebbe diventare la tecnica più comune di riproduzione, almeno per quanto riguarda il bestiame? Una volta individuato un animale con impeccabili credenziali genetiche basterà copiarlo all'infinito, clonandolo. E se lo si vorrà rendere ancora migliore, basterà inserire nel suo Dna i geni desiderati, e poi clonare ancora. L'industria agroalimentare ha investito miliardi in questo settore.
Oltre la morale
La clonazione però evidentemente ha dei limiti. Dolly è ancora viva e ha procreato, dimostrando di essere identica alle altre pecore. Ha però problemi di artrite, per alcuni la dimostrazione di un difetto strutturale dei cloni, l'invecchiamento precoce. E Ian Wilmut, lo scienziato che l'ha fatta nascere, ha dichiarato che i cloni hanno un'altissima percentuale di malformazioni.
Al di là delle obiezioni di carattere morale, che comunque hanno fatto sì che in molti Paesi venisse varata una legislazione che impedisce la ricerca sulla clonazione, il futuro dei cloni è ancora incerto.
Alla ricerca della perfezione
Dolly ha lo stesso patrimonio genetico della madre. E non è un caso che si tratti di una pecora. La clonazione serve per moltiplicare all'infinito un modello genetico particolarmente ben riuscito, e per non perderlo nel gioco della ricombinazione a cui sono sottoposti invece gli animali che si accoppiano: per fare un figlio, mescolano con l'altro genitore metà del loro patrimonio genetico, consegnando alla generazione successiva solo una parte delle informazioni.
Cosa si guadagna a clonare
I vantaggi economici della clonazione sono presto detti: se nelle stalle si potessero allevare capi di bestiame tutti identici e con le stesse particolari caratteristiche, si potrebbe garantire costantemente un prodotto di alta qualità. Una buona parte delle ricerche sui cloni effettuate finora riguardano per esempio gli animali manipolati geneticamente per produrre farmaci, e che potrebbero fornire principi attivi con una semplice mungitura. Ma gli obiettivi si sono presto spostati verso aspetti più pratici.
Il National Institute of Science americano ha finanziato con 4,7 milioni di dollari un ambizioso progetto per la clonazione di polli che crescono in fretta, con poco cibo, e soprattutto sono resistenti alle malattie. E poco dopo il successo di una èquipe italiana nella clonazione di un muflone, animale a rischio di estinzione, partendo da cellule di un animale adulto già morto, è nata una mucca, clone di un'altra alla quale la cellula donatrice è stata prelevata 48 ore dopo la morte. L'attesa è stata necessaria perché la qualità della carne si può stabilire solo quando il capo è già stato macellato. Finora era stato possibile clonare solo animali vivi.
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