A tre anni dal poco fortunato "Horror Show", tornano in scena quelli che considero i migliori esponenti del power metal made in USA.
Il loro ritorno con questo "The Gloroius Burden" e' a dire il vero un po in sordina, considerando il fatto che il carismatico Matt Barlow, devastante voce del gruppo, se n'e' andato dalla band.
Il gravoso onere (e onore) di sostituirlo e' toccato al signor Ripper Owens, gia noto ai piu' per la sua militanza nei Judas Priest del dopo-Halford. Nota positiva e' senz'altro il fatto che nel gruppo oramai vive in pianta stabile la batteria che fui dei grandi Death e dei Control Denied, e cioe' Richard Christy. Alla band si sono aggiunti, oltre a Christy, Owens, e il fondatore Jon Schaffer, anche Ralph Santolla (gia' nei Death anche lui) e James McDonough. Per lui un ritorno, dopo che il suo posto e' stato occupato dal mostro sacro Steve Di Giorgio. Detto questo parto con la recensione, precisando che sto parlando dell'edizione limitata in digipack, quella che comprende, oltre al classico cd, anche il mini "Gettysburg".
Il lavoro e' un concept basato un po' su alcuni fatti storici (soprattutto guerre e battaglie), incentrate in modo particolare su quelle americane, voluta da Schaffer in seguito ai fatti dell'11 Settembre. E non poteva esserci inizio piu patriottico di "The Star-Spangled Banner", ovvero l'inno nazionale degli USA. Gia mi piace in versione normale, figurarsi in versione metal. Bello, potente, pestato.
Attaccato all'inno, parte il primo pezzo, "Declaration Day". Bello anche questo, un bel mid energico. Ma gia dall'inizio qualcosa salta subito all'orecchio. Per prima cosa la voce. Owens e' bravo, ma Barlow era di un'altro pianeta. Piu carismatico, piu espressivo, piu teatrale, piu presente. Owens si lancia anche in un paio dei suoi acuti, ma l'impressione e' quella di sentire Halford che canta con gli Iced Earth. Seconda cosa, i cori nel ritornello. Sara' un'impressione, ma a me sanno molto di BlindGuardian style, anche se non cosi pomposi. Fatto sta che la canzone e' bella, scorre via, ma non e' nulla piu che un buon mid-power.
A seguire c'e' la prima ballad, "Where the Eagles Cry", altro titolo molto patriottico. La solita ballad a cui ci hanno abituato gli Iced Earth. Intro acustico, voce di Owens che qua sembra quella di Dickinson, solita esplosione per il ritornello. Ma ben lontana da "Melancholy" o da "A Question of Heaven".
Poi e' il turno di "The Reckoning". Qua le chitarre fanno quello che hanno sempre saputo fare meglio nei cd degli Iced Earth, e non e' un caso che questo sia stato il singolo scelto negli USA. Poi attacca a cantare Owens, ed ecco che sembra tutto un'altro gruppo. Che dire, sto Owens finora non m'e' piaciuto granche'.
"Greenface" e' un'altro pezzo alla classica maniera degli Iced, senza lode e senza infamia. Il successivo "Attila" (che c'entra poi con la storia USA?) parte decisamente epico, cadenzato, per poi subire la classica accelerazione. Carina, ma niente di piu.
La successiva "Red Baron/Blue Max" e' una delle piu riuscite. Ancora nel classico stile del gruppo, ma qua almeno la voce di Owens sembra meno Judasiana del solito.
Tocca poi alla seconda ballad, "Hollow Man", che ricorda molto "The Ghost of Freedom" di Horror Show. Solita esplosione potente nel ritornello, ma meglio della prima.
In "Valley Forge" le chitarre fanno secondo me il lavoro migliore, con continui intrecci fra acustico e distorto molto piacevoli. Positiva.
Poi c'e' la versione unplugged di "Where the Eagles Cry", prima della chiusura, che e' per Waterloo, altro pezzo senza lode e senza infamia.
Il mini ha tre pezzi, per un totale di 35 minuti, molto piu epici ed elaborati del primo disco. Quasi quasi merita piu questo secondo cd del full.......
Insomma, che dire. Mi aspettavo decisamente di piu dal cd che attendevo con ansia da tre anni. La dipartita di Barlow non ha fatto bene agli IE, cosi come quella di Tarnowsky. Non so, il cd e' bello, ma non va oltre il 6+. Da un gruppo che ha saputo tirare fuori due capolavori del calibro di "Dark Saga" e "Something wicked..." mi aspettavo decisamente di piu.
Oltretutto hanno posticipato il tour europeo a data da destinarsi, quindi non potro' avere nemmeno la riprova live.
Barlow ripensaci, per favore, caccia via quell'Halford-clone di Owens........
Per carita', e' un bravissimo cantante, nulla da eccepire, ma con gli IE non ci azzecca nulla. Non si mette la maionese sulla cioccolata.
Zender R. Velkyn
Il loro ritorno con questo "The Gloroius Burden" e' a dire il vero un po in sordina, considerando il fatto che il carismatico Matt Barlow, devastante voce del gruppo, se n'e' andato dalla band.
Il gravoso onere (e onore) di sostituirlo e' toccato al signor Ripper Owens, gia noto ai piu' per la sua militanza nei Judas Priest del dopo-Halford. Nota positiva e' senz'altro il fatto che nel gruppo oramai vive in pianta stabile la batteria che fui dei grandi Death e dei Control Denied, e cioe' Richard Christy. Alla band si sono aggiunti, oltre a Christy, Owens, e il fondatore Jon Schaffer, anche Ralph Santolla (gia' nei Death anche lui) e James McDonough. Per lui un ritorno, dopo che il suo posto e' stato occupato dal mostro sacro Steve Di Giorgio. Detto questo parto con la recensione, precisando che sto parlando dell'edizione limitata in digipack, quella che comprende, oltre al classico cd, anche il mini "Gettysburg".
Il lavoro e' un concept basato un po' su alcuni fatti storici (soprattutto guerre e battaglie), incentrate in modo particolare su quelle americane, voluta da Schaffer in seguito ai fatti dell'11 Settembre. E non poteva esserci inizio piu patriottico di "The Star-Spangled Banner", ovvero l'inno nazionale degli USA. Gia mi piace in versione normale, figurarsi in versione metal. Bello, potente, pestato.
Attaccato all'inno, parte il primo pezzo, "Declaration Day". Bello anche questo, un bel mid energico. Ma gia dall'inizio qualcosa salta subito all'orecchio. Per prima cosa la voce. Owens e' bravo, ma Barlow era di un'altro pianeta. Piu carismatico, piu espressivo, piu teatrale, piu presente. Owens si lancia anche in un paio dei suoi acuti, ma l'impressione e' quella di sentire Halford che canta con gli Iced Earth. Seconda cosa, i cori nel ritornello. Sara' un'impressione, ma a me sanno molto di BlindGuardian style, anche se non cosi pomposi. Fatto sta che la canzone e' bella, scorre via, ma non e' nulla piu che un buon mid-power.
A seguire c'e' la prima ballad, "Where the Eagles Cry", altro titolo molto patriottico. La solita ballad a cui ci hanno abituato gli Iced Earth. Intro acustico, voce di Owens che qua sembra quella di Dickinson, solita esplosione per il ritornello. Ma ben lontana da "Melancholy" o da "A Question of Heaven".
Poi e' il turno di "The Reckoning". Qua le chitarre fanno quello che hanno sempre saputo fare meglio nei cd degli Iced Earth, e non e' un caso che questo sia stato il singolo scelto negli USA. Poi attacca a cantare Owens, ed ecco che sembra tutto un'altro gruppo. Che dire, sto Owens finora non m'e' piaciuto granche'.
"Greenface" e' un'altro pezzo alla classica maniera degli Iced, senza lode e senza infamia. Il successivo "Attila" (che c'entra poi con la storia USA?) parte decisamente epico, cadenzato, per poi subire la classica accelerazione. Carina, ma niente di piu.
La successiva "Red Baron/Blue Max" e' una delle piu riuscite. Ancora nel classico stile del gruppo, ma qua almeno la voce di Owens sembra meno Judasiana del solito.
Tocca poi alla seconda ballad, "Hollow Man", che ricorda molto "The Ghost of Freedom" di Horror Show. Solita esplosione potente nel ritornello, ma meglio della prima.
In "Valley Forge" le chitarre fanno secondo me il lavoro migliore, con continui intrecci fra acustico e distorto molto piacevoli. Positiva.
Poi c'e' la versione unplugged di "Where the Eagles Cry", prima della chiusura, che e' per Waterloo, altro pezzo senza lode e senza infamia.
Il mini ha tre pezzi, per un totale di 35 minuti, molto piu epici ed elaborati del primo disco. Quasi quasi merita piu questo secondo cd del full.......
Insomma, che dire. Mi aspettavo decisamente di piu dal cd che attendevo con ansia da tre anni. La dipartita di Barlow non ha fatto bene agli IE, cosi come quella di Tarnowsky. Non so, il cd e' bello, ma non va oltre il 6+. Da un gruppo che ha saputo tirare fuori due capolavori del calibro di "Dark Saga" e "Something wicked..." mi aspettavo decisamente di piu.
Oltretutto hanno posticipato il tour europeo a data da destinarsi, quindi non potro' avere nemmeno la riprova live.
Barlow ripensaci, per favore, caccia via quell'Halford-clone di Owens........
Per carita', e' un bravissimo cantante, nulla da eccepire, ma con gli IE non ci azzecca nulla. Non si mette la maionese sulla cioccolata.
Zender R. Velkyn
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