Ho sempre considerato me stesso come una delle anime più candide di questo mondo.
Non lo dico perchè manchi d'esperienza, sia ben inteso, quanto perchè vedo ancora tutto attraverso semplci colori, sensazioni immediate che scorrono non filtrate dai miei sensi sin alla mia essenza.
Non ho preconcetti, non ho timore dell'orrore giacchè so che il colore è ovunque.
Eppure...eppure ogni tanto sento in me dei periodi che definirei grigi.
Sì..il grigio è proprio la tonalità che userei per colorare sulla tavolozza della mia immaginazione quegli artigli adunchi che si arrampicano sulle mie percezioni e sulla mia gioia.
Se li lasciassi crescere (e quanto velocemente crescono, lasciati liberi!) probabilmente mi stritolerebbero in una morsa vincolante quanto l'utero materno eppure fredda come una grotta.
I frutti della disperazione hanno vari nomi e varie tonalità: la paranoia, grigia sfumata di rossiccio.
La tristezza, grigia sfumata nel giallo.
Il suicidio, grigio chiaro.
Ed infine la semplice negazione del colore, il grigio scuro tendente al nero.
Questi colori un uomo allegro e gioviale come me non vorrebbe mai poterli anche solo conoscere, eppure..eppure esistono e vanno contemplati, vanno combattuti, esorcizzati, scacciati.
Ed un uomo gioviale come io sono sa perfettamente dove si trova l'elisir in grado di scacciare quei fiori d'oblio..
Cosa è questa medicina mi chiedi, amico mio?
Ma una donna, ovviamente!
Nei giorni di guerra al grigiore è d'obbligo uscire dalla propria abitazione indossando i propri abiti migliori e riservando al prossimo, chiunque esso sia, i migliori modi appresi dai genitori o dai tutori stessi.
Si deve indossare un buon copricapo e si deve esser lesti nel disegnare sul proprio volto il miglior sorriso.
Il copricapo sarà necessario al fine di toglierselo nel rendere omaggio ad un fiore delicato, come ho fatto io.
Il sorriso sarà utile invece al far comprendere che oltre alla cortesia è insito il piacere d'averlo scorto, d'averlo contemplato e apprezzato.
Un fiore, una donna, possono avere entrambi nomi meravigliosi.
Quel fiore in particolare, il fiore primaverile al quale mi sono inchinato ha come nome Angelique.
Proprio come un fiore è delicata, la piccola Angelique, la piccola e delicata Angelique.
Come il miglior fiore, non era consapevole della propria bellezza, pertanto arrossiva ai miei complimenti e alle mie domande sulla sua condizione.
Un giovane, piccolo fiore di campagna, portato in città dai venti e dalle burrasche della vita.
Decisi che l'avrei colto e me lo sarei appuntato all'occhiello.
La volli, era lei l'elisir , era lei la panacea al mio male di vivere.
Con le mie più raffinate maniere la invitai ad unirsi a me per passeggiare lungo le vie soleggiate.
Le porsi il braccio al fine di non affaticarsi troppo.
Le proposi un piccolo, salutare banchetto alla taverna.
I migliori cibi, assolutamente i migliori per la mia piccola Angelique.
Una volta consumato il pasto ed i convenevoli, la proposta di incontrarsi nuovamente verso la sera per una cena altrettanto piacevole, nella mia abitazione.
Il lieve rossore sulle gote, quale carica di colore ha donato alla mia stessa essenza!
Finalmente, la sera.
Io e lei soli nel soggiorno lievemente rischiarato da candele impreziosite da aromi.
Una piccola e modesta composizione di fiori appena colti, belli sia alla luce del sole sia alla luce della luna, proprio come lei, Angelique.
Altro rossore sulle gote, altra mia gioia interiore.
La cena, leggera eppure carica di sapori ricercati, per questo devo render grazie al mio fedele maggiordomo, uomo dalle mille risorse e dalle mille descrizioni.
Un secondo padre, oserei dire, dotato di tutta la saggezza e della silenziosa autorità che tanto serve ai giovani spensierati come me.
Le piacevoli notizie su quel piccolo, ricercato fiore.
Una famigliola grande, come tutti i fiori di campo.
Una madre, un padre anziano, entrambi sperduti lontano, nella più fitta campagna.
Il suo parlare delle proprie origini con un misto di inconscio disprezzo, venato però da rosee pennellate di nostalgia.
Il suo rimproverarmi scherzosamente di non aver quasi toccato la mia cena, altro roseo colore.
Ah, quanto era piacevole solo contemplare questo fiore!
Finita la cena, il mio dire al maggiordomo di ritirarsi tranquillamente sino all'indomani.
Il suo battito del cuore che aumentava, impercettibilmente.
La sua fragranza che saliva sino ad inembriarmi i sensi.
La sua speranza, sentita come una parola detta a voce e non con la sola mente, di esser scelta come fidanzata da questo ricco e gentile giovin signore.
Ah, i fiori di campagna sanno sempre così poco dell'uomo che li coglie!
La sua espressione smarrita mentre estraevo metodicamente la siringa di anestetico, sempre pronta per casi come questo.
La sua presa di coscienza, tardiva ahimè, di essere stata ormai strappata dalla terra nutriente.
Il suo dibattersi, il suo colore capace di raggiungere nuove vette di purezza e di selvatica vitalità nell'opporre resistenza all'inevitabile.
I suoi occhi, me ne ero quasi scordato! che imperdonabile errore.
Un verde dalle tonalità chiare, fluido durante le lacrime e le implorazioni, scurito una volta avviatosi il naturale effetto dell'anestetico.
Il suo corpo inerte con indosso solamente la sua gonna migliore e la sua camicetta meno lisa.
Un vero peccato doverli tagliare per applicare a dovere le morse a gambe, braccia, torso.
Un altro autentico spreco dover incidere la pelle dell'addome ripiegandone a lato i lembi per poter vedere meglio gli stami di quel fiore.
Una totale imperdonabile malvagità il dover risvegliare coi sali il piccolo fiore di campagna.
Ma si sa, la corruzione e il consumarsi della materia esistono proprio per glorificarne l'apice dello sviluppo.
Angelique, il piccolo fiore in procinto di raggiungere la sua funzione suprema, l'essere adorata.
Angelique e le sue urla, Angelique e gli sforzi della sua flessibile, scattante muscolatura, ora ben visibile.
Vedi, caro amico, di tanto in tanto mi son trovato a maledire gli insegnamenti di chirurgia ricevuti.
Sai, perdere il piacere dell'ignoranza, il piacere di non sapere..eppure se non conoscessi i segreti del corpo umano come avrei mai fatto a conoscere questa impagabile alchimia?
Ora, qui, seduto a questo tavolo, ti voglio raccontare di come la sua mente abbia tentato di fuggire al primo colpo, quel che i medici chiamano semplicemente shock, e di come io l'abbia riportata al suo dovere col sapiente uso di un coltellino sul suo volto.
Un piccolo dolore può togliere l'attenzione da un grande dolore, temporaneamente.
Voglio raccontarti di come i colori abbiano iniziato a fluire in mè una volta scoperti i petali del fiore.
Il rosso delle vene soprasanti, lo scarlatto delle arterie, il rosato della sue pelle cosparsa dal suo stesso sangue, e di come nonostante l'evidente dolore i suoi piccoli, rosei capezzoli fossero inturgiditi.
La scoperta, gialla e verde e azzurra, della sua interiorità.
Intestino, qual lunghezza e quali tonalità può assumere se portato alla luce da mani esperte.
Il sapore degli intestini e la sensazione di essere nutrito come da una madre amorevole, io e lei agganciati da questo ritrovato cordone ombelicale.
Lo scavarmi arditamente ma non senza perizia la strada verso gli organi più soffici e nutrienti.
Il fegato, la sua piccola ghiandola integra e perfettamente funzionante.
Lo stomaco, carico dei sapori di lei congiunti ai sapori degli aromi di cui si era da poco nutrita.
E il suo respiro, appena percettibile, il suo battito cardiaco, pompa capace di convogliare il sangue rimanente da lei a me, suo figlio e suo adoratore.
In momenti come questi si riconosce un autentico signore da un villico istruito in malo modo.
Il signore non si fa mai prendere dalla fretta, o dalla brama.
E' fondamentale, a metà del pasto, contemplare con dovizia ciò che ancora vi è rimasto, congiuntamente alla situazione generale, congiuntamente alle piccole contingenze che variano da fiore a fiore.
Il verde dei suoi occhi, il rosso roseo delle sue labbra, in me quei colori componevano arazzi di meraviglioso splendore.
La sua lingua, come l'abbia presa in me baciando la bocca privata delle labbra, strappando coi miei stessi denti curati quella viscida e piacevole protuberanza carnosa.
I suoi seni, ancora integri e rosei di virginalità, il suo sesso, tesoro mai trovato prima da alcuno.
Tutto in me da carne diveniva colore.
Ma purtroppo, come tutte le meraviglie della vita, sono destinate a durar poco, giusto il tempo di essere apprezzate da chi, come me, ne ha la sensibilità.
Pertanto, quando ho visto che il suo corpo aveva smesso di respirare e rantolare, ho abbandonato la sala da pranzo per cambiarmi d'abito ed indossare una vaporosa vestaglia da notte (nonchè per darmi una ripulita, un nobiluomo deve sempre essere presentabile, anche di notte).
Una volta ho sentito dire da un vecchio facchino che "le cose belle vivono nel ricordo" e devo dire che, nonostante l'eccessivo candore di quanto attestato , mi ritrovo d'accordo con lui.
Pertanto ho lasciato scritto al mio fidato maggiordomo che l'indomani, invece di gettare semplicemente nell'inceneritore i rimasugli del piccolo fiore, mi avrebbe fatto una cortesia personale nel rimuovere dal tronco gli arti superiori ed inferiori, tenendoli sotto sale e servendomeli alla cena dell'indomani, possibilmente non speziati.
Il grigiore? E' destinato a soccombere ancora ed ancora, almeno finchè esisteranno persone come me.
Non lo dico perchè manchi d'esperienza, sia ben inteso, quanto perchè vedo ancora tutto attraverso semplci colori, sensazioni immediate che scorrono non filtrate dai miei sensi sin alla mia essenza.
Non ho preconcetti, non ho timore dell'orrore giacchè so che il colore è ovunque.
Eppure...eppure ogni tanto sento in me dei periodi che definirei grigi.
Sì..il grigio è proprio la tonalità che userei per colorare sulla tavolozza della mia immaginazione quegli artigli adunchi che si arrampicano sulle mie percezioni e sulla mia gioia.
Se li lasciassi crescere (e quanto velocemente crescono, lasciati liberi!) probabilmente mi stritolerebbero in una morsa vincolante quanto l'utero materno eppure fredda come una grotta.
I frutti della disperazione hanno vari nomi e varie tonalità: la paranoia, grigia sfumata di rossiccio.
La tristezza, grigia sfumata nel giallo.
Il suicidio, grigio chiaro.
Ed infine la semplice negazione del colore, il grigio scuro tendente al nero.
Questi colori un uomo allegro e gioviale come me non vorrebbe mai poterli anche solo conoscere, eppure..eppure esistono e vanno contemplati, vanno combattuti, esorcizzati, scacciati.
Ed un uomo gioviale come io sono sa perfettamente dove si trova l'elisir in grado di scacciare quei fiori d'oblio..
Cosa è questa medicina mi chiedi, amico mio?
Ma una donna, ovviamente!
Nei giorni di guerra al grigiore è d'obbligo uscire dalla propria abitazione indossando i propri abiti migliori e riservando al prossimo, chiunque esso sia, i migliori modi appresi dai genitori o dai tutori stessi.
Si deve indossare un buon copricapo e si deve esser lesti nel disegnare sul proprio volto il miglior sorriso.
Il copricapo sarà necessario al fine di toglierselo nel rendere omaggio ad un fiore delicato, come ho fatto io.
Il sorriso sarà utile invece al far comprendere che oltre alla cortesia è insito il piacere d'averlo scorto, d'averlo contemplato e apprezzato.
Un fiore, una donna, possono avere entrambi nomi meravigliosi.
Quel fiore in particolare, il fiore primaverile al quale mi sono inchinato ha come nome Angelique.
Proprio come un fiore è delicata, la piccola Angelique, la piccola e delicata Angelique.
Come il miglior fiore, non era consapevole della propria bellezza, pertanto arrossiva ai miei complimenti e alle mie domande sulla sua condizione.
Un giovane, piccolo fiore di campagna, portato in città dai venti e dalle burrasche della vita.
Decisi che l'avrei colto e me lo sarei appuntato all'occhiello.
La volli, era lei l'elisir , era lei la panacea al mio male di vivere.
Con le mie più raffinate maniere la invitai ad unirsi a me per passeggiare lungo le vie soleggiate.
Le porsi il braccio al fine di non affaticarsi troppo.
Le proposi un piccolo, salutare banchetto alla taverna.
I migliori cibi, assolutamente i migliori per la mia piccola Angelique.
Una volta consumato il pasto ed i convenevoli, la proposta di incontrarsi nuovamente verso la sera per una cena altrettanto piacevole, nella mia abitazione.
Il lieve rossore sulle gote, quale carica di colore ha donato alla mia stessa essenza!
Finalmente, la sera.
Io e lei soli nel soggiorno lievemente rischiarato da candele impreziosite da aromi.
Una piccola e modesta composizione di fiori appena colti, belli sia alla luce del sole sia alla luce della luna, proprio come lei, Angelique.
Altro rossore sulle gote, altra mia gioia interiore.
La cena, leggera eppure carica di sapori ricercati, per questo devo render grazie al mio fedele maggiordomo, uomo dalle mille risorse e dalle mille descrizioni.
Un secondo padre, oserei dire, dotato di tutta la saggezza e della silenziosa autorità che tanto serve ai giovani spensierati come me.
Le piacevoli notizie su quel piccolo, ricercato fiore.
Una famigliola grande, come tutti i fiori di campo.
Una madre, un padre anziano, entrambi sperduti lontano, nella più fitta campagna.
Il suo parlare delle proprie origini con un misto di inconscio disprezzo, venato però da rosee pennellate di nostalgia.
Il suo rimproverarmi scherzosamente di non aver quasi toccato la mia cena, altro roseo colore.
Ah, quanto era piacevole solo contemplare questo fiore!
Finita la cena, il mio dire al maggiordomo di ritirarsi tranquillamente sino all'indomani.
Il suo battito del cuore che aumentava, impercettibilmente.
La sua fragranza che saliva sino ad inembriarmi i sensi.
La sua speranza, sentita come una parola detta a voce e non con la sola mente, di esser scelta come fidanzata da questo ricco e gentile giovin signore.
Ah, i fiori di campagna sanno sempre così poco dell'uomo che li coglie!
La sua espressione smarrita mentre estraevo metodicamente la siringa di anestetico, sempre pronta per casi come questo.
La sua presa di coscienza, tardiva ahimè, di essere stata ormai strappata dalla terra nutriente.
Il suo dibattersi, il suo colore capace di raggiungere nuove vette di purezza e di selvatica vitalità nell'opporre resistenza all'inevitabile.
I suoi occhi, me ne ero quasi scordato! che imperdonabile errore.
Un verde dalle tonalità chiare, fluido durante le lacrime e le implorazioni, scurito una volta avviatosi il naturale effetto dell'anestetico.
Il suo corpo inerte con indosso solamente la sua gonna migliore e la sua camicetta meno lisa.
Un vero peccato doverli tagliare per applicare a dovere le morse a gambe, braccia, torso.
Un altro autentico spreco dover incidere la pelle dell'addome ripiegandone a lato i lembi per poter vedere meglio gli stami di quel fiore.
Una totale imperdonabile malvagità il dover risvegliare coi sali il piccolo fiore di campagna.
Ma si sa, la corruzione e il consumarsi della materia esistono proprio per glorificarne l'apice dello sviluppo.
Angelique, il piccolo fiore in procinto di raggiungere la sua funzione suprema, l'essere adorata.
Angelique e le sue urla, Angelique e gli sforzi della sua flessibile, scattante muscolatura, ora ben visibile.
Vedi, caro amico, di tanto in tanto mi son trovato a maledire gli insegnamenti di chirurgia ricevuti.
Sai, perdere il piacere dell'ignoranza, il piacere di non sapere..eppure se non conoscessi i segreti del corpo umano come avrei mai fatto a conoscere questa impagabile alchimia?
Ora, qui, seduto a questo tavolo, ti voglio raccontare di come la sua mente abbia tentato di fuggire al primo colpo, quel che i medici chiamano semplicemente shock, e di come io l'abbia riportata al suo dovere col sapiente uso di un coltellino sul suo volto.
Un piccolo dolore può togliere l'attenzione da un grande dolore, temporaneamente.
Voglio raccontarti di come i colori abbiano iniziato a fluire in mè una volta scoperti i petali del fiore.
Il rosso delle vene soprasanti, lo scarlatto delle arterie, il rosato della sue pelle cosparsa dal suo stesso sangue, e di come nonostante l'evidente dolore i suoi piccoli, rosei capezzoli fossero inturgiditi.
La scoperta, gialla e verde e azzurra, della sua interiorità.
Intestino, qual lunghezza e quali tonalità può assumere se portato alla luce da mani esperte.
Il sapore degli intestini e la sensazione di essere nutrito come da una madre amorevole, io e lei agganciati da questo ritrovato cordone ombelicale.
Lo scavarmi arditamente ma non senza perizia la strada verso gli organi più soffici e nutrienti.
Il fegato, la sua piccola ghiandola integra e perfettamente funzionante.
Lo stomaco, carico dei sapori di lei congiunti ai sapori degli aromi di cui si era da poco nutrita.
E il suo respiro, appena percettibile, il suo battito cardiaco, pompa capace di convogliare il sangue rimanente da lei a me, suo figlio e suo adoratore.
In momenti come questi si riconosce un autentico signore da un villico istruito in malo modo.
Il signore non si fa mai prendere dalla fretta, o dalla brama.
E' fondamentale, a metà del pasto, contemplare con dovizia ciò che ancora vi è rimasto, congiuntamente alla situazione generale, congiuntamente alle piccole contingenze che variano da fiore a fiore.
Il verde dei suoi occhi, il rosso roseo delle sue labbra, in me quei colori componevano arazzi di meraviglioso splendore.
La sua lingua, come l'abbia presa in me baciando la bocca privata delle labbra, strappando coi miei stessi denti curati quella viscida e piacevole protuberanza carnosa.
I suoi seni, ancora integri e rosei di virginalità, il suo sesso, tesoro mai trovato prima da alcuno.
Tutto in me da carne diveniva colore.
Ma purtroppo, come tutte le meraviglie della vita, sono destinate a durar poco, giusto il tempo di essere apprezzate da chi, come me, ne ha la sensibilità.
Pertanto, quando ho visto che il suo corpo aveva smesso di respirare e rantolare, ho abbandonato la sala da pranzo per cambiarmi d'abito ed indossare una vaporosa vestaglia da notte (nonchè per darmi una ripulita, un nobiluomo deve sempre essere presentabile, anche di notte).
Una volta ho sentito dire da un vecchio facchino che "le cose belle vivono nel ricordo" e devo dire che, nonostante l'eccessivo candore di quanto attestato , mi ritrovo d'accordo con lui.
Pertanto ho lasciato scritto al mio fidato maggiordomo che l'indomani, invece di gettare semplicemente nell'inceneritore i rimasugli del piccolo fiore, mi avrebbe fatto una cortesia personale nel rimuovere dal tronco gli arti superiori ed inferiori, tenendoli sotto sale e servendomeli alla cena dell'indomani, possibilmente non speziati.
Il grigiore? E' destinato a soccombere ancora ed ancora, almeno finchè esisteranno persone come me.
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