vi riporto integralmente la notizia Ansa, perchè ovviamente i 30 secondi dei TG non hanno spiegato tutto il fatto:
ROMA - E' meno grave lo stupro di una minorenne - anche se si tratta di una ragazzina di quattordici anni - se la vittima ha già "avuto rapporti sessuali". Perché "é lecito ritenere" che siano più 'lievi' i danni che la violenza sessuale provoca in chi ha già avuto rapporti, con altri uomini, prima dell'incontro con il violentatore. E' questa l'opinione della Terza sezione penale della Cassazione. In sostanza i supremi giudici pensano - anzi ne sono più che sicuri, tanto che hanno accolto questo punto di vista (sostenuto dall'autore delle stupro) - che sia di più modeste proporzioni l'impatto devastante della violenza sessuale quando a subirlo è una adolescente non più vergine.
Questo perché - spiegano gli 'ermellini' - "la sua personalità, dal punto di vista sessuale" è "molto più sviluppata di quanto ci si può normalmente aspettare da una ragazza della sua età".
Così chi violenta una minorenne - come quella del caso affrontato dalla Cassazione - vissuta in un ambiente socialmente degradato e difficile, e della quale abusa essendo per di più il convivente della madre, può ottenere il riconoscimento della "attenuante" del "fatto di minore gravita" invocato in nome della perduta illibatezza della vittima.
In particolare la Suprema Corte ha accolto il ricorso di Marco T., un quarantenne con un passato di tossicodipendenza, condannato in primo grado (30 novembre 2001) a tre anni e quattro mesi di reclusione per violenza sessuale e minacce nei confronti della figlia quattordicenne della sua convivente. La ragazzina aveva acconsentito ad avere un rapporto orale dopo aver rifiutato un "rapporto completo", richiestogli con minaccia, ritenendo quello orale "meno rischioso" essendo la ragazzina "consapevole" dei problemi che il 'patrigno' aveva avuto con la droga.
Questo contesto, dicono gli 'ermellini', non "elimina la riprovevolezza della condotta dell'imputato, che in realtà si é avvalso dello stato di soggezione in cui la giovane vittima si trovava nei suoi confronti per essere inserita nello stesso nucleo familiare da lui costituito con la di lei madre convivente". Fatta questa premessa, la Terza sezione penale di Piazza Cavour spiega che "non sembra possa convenirsi con la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Cagliari (25 novembre 2003) laddove afferma la gravità dell'episodio".
I magistrati cagliaritani avevano, infatti, rifiutato di concedere l'attenuante del "fatto di minore gravità" considerando le "modalità innaturali del rapporto" (perpetrato da un 'patrigno'), e le "relative conseguenze indotte da questo rapporto sullo sviluppo sessuale della minore". Questa affermazione non è stata condivisa dalla Suprema Corre che l'ha trovata "apodittica in quanto trascura di considerare" che "la ragazza già a partire dall'età di 13 anni aveva avuto numerosi rapporti sessuali con uomini di ogni età di guisa che è lecito ritenere che già al momento dell'incontro con l'imputato la sua personalità, dal punto di vista sessuale, fosse molto più sviluppata di quanto ci si può normalmente aspettare da una ragazza della sua età". Alla stregua di queste "considerazioni" e "tenendone in debito conto" la Corte di Appello di Cagliari - ha disposto la Cassazione - "dovrà valutare se il diniego della attenuante in parola possa essere deciso con il supporto di una motivazione diversa da quella testé censurata".
E' stato pertanto "accolto" il motivo di ricorso avanzato dal violentatore che ha chiesto una pena più mite facendo presente che "si è trattato di un unico rapporto, pacificamente acconsentito dalla ragazza che si era rifiutata ad un rapporto completo ma aveva optato senza difficoltà per un coito orale e che infine fin dall'età di 13 anni la stessa aveva avuto rapporti con giovani ed adulti".
Solo per remissione di querela, in secondo grado, era caduta nei confronti di Marco T. l'ulteriore accusa di "percosse". Anche il Sostituto procuratore generale Mario Fraticelli aveva chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza d'appello "limitatamente all'attenuante del fatto lieve". Il collegio che ha emesso questo 'verdetto' è stato presieduto da Umberto Papadia, il consigliere relatore è stato Franco Mancini, gli altri togati sono Amedeo Postiglione, Mario gentile e Giovanni Amoroso.
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A mio parere, ciò non toglie che al massimo considererei la verginità della vittima come un'aggravante del reato "base" di stupro, non la "non verginità" come una attenuante...
ROMA - E' meno grave lo stupro di una minorenne - anche se si tratta di una ragazzina di quattordici anni - se la vittima ha già "avuto rapporti sessuali". Perché "é lecito ritenere" che siano più 'lievi' i danni che la violenza sessuale provoca in chi ha già avuto rapporti, con altri uomini, prima dell'incontro con il violentatore. E' questa l'opinione della Terza sezione penale della Cassazione. In sostanza i supremi giudici pensano - anzi ne sono più che sicuri, tanto che hanno accolto questo punto di vista (sostenuto dall'autore delle stupro) - che sia di più modeste proporzioni l'impatto devastante della violenza sessuale quando a subirlo è una adolescente non più vergine.
Questo perché - spiegano gli 'ermellini' - "la sua personalità, dal punto di vista sessuale" è "molto più sviluppata di quanto ci si può normalmente aspettare da una ragazza della sua età".
Così chi violenta una minorenne - come quella del caso affrontato dalla Cassazione - vissuta in un ambiente socialmente degradato e difficile, e della quale abusa essendo per di più il convivente della madre, può ottenere il riconoscimento della "attenuante" del "fatto di minore gravita" invocato in nome della perduta illibatezza della vittima.
In particolare la Suprema Corte ha accolto il ricorso di Marco T., un quarantenne con un passato di tossicodipendenza, condannato in primo grado (30 novembre 2001) a tre anni e quattro mesi di reclusione per violenza sessuale e minacce nei confronti della figlia quattordicenne della sua convivente. La ragazzina aveva acconsentito ad avere un rapporto orale dopo aver rifiutato un "rapporto completo", richiestogli con minaccia, ritenendo quello orale "meno rischioso" essendo la ragazzina "consapevole" dei problemi che il 'patrigno' aveva avuto con la droga.
Questo contesto, dicono gli 'ermellini', non "elimina la riprovevolezza della condotta dell'imputato, che in realtà si é avvalso dello stato di soggezione in cui la giovane vittima si trovava nei suoi confronti per essere inserita nello stesso nucleo familiare da lui costituito con la di lei madre convivente". Fatta questa premessa, la Terza sezione penale di Piazza Cavour spiega che "non sembra possa convenirsi con la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Cagliari (25 novembre 2003) laddove afferma la gravità dell'episodio".
I magistrati cagliaritani avevano, infatti, rifiutato di concedere l'attenuante del "fatto di minore gravità" considerando le "modalità innaturali del rapporto" (perpetrato da un 'patrigno'), e le "relative conseguenze indotte da questo rapporto sullo sviluppo sessuale della minore". Questa affermazione non è stata condivisa dalla Suprema Corre che l'ha trovata "apodittica in quanto trascura di considerare" che "la ragazza già a partire dall'età di 13 anni aveva avuto numerosi rapporti sessuali con uomini di ogni età di guisa che è lecito ritenere che già al momento dell'incontro con l'imputato la sua personalità, dal punto di vista sessuale, fosse molto più sviluppata di quanto ci si può normalmente aspettare da una ragazza della sua età". Alla stregua di queste "considerazioni" e "tenendone in debito conto" la Corte di Appello di Cagliari - ha disposto la Cassazione - "dovrà valutare se il diniego della attenuante in parola possa essere deciso con il supporto di una motivazione diversa da quella testé censurata".
E' stato pertanto "accolto" il motivo di ricorso avanzato dal violentatore che ha chiesto una pena più mite facendo presente che "si è trattato di un unico rapporto, pacificamente acconsentito dalla ragazza che si era rifiutata ad un rapporto completo ma aveva optato senza difficoltà per un coito orale e che infine fin dall'età di 13 anni la stessa aveva avuto rapporti con giovani ed adulti".
Solo per remissione di querela, in secondo grado, era caduta nei confronti di Marco T. l'ulteriore accusa di "percosse". Anche il Sostituto procuratore generale Mario Fraticelli aveva chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza d'appello "limitatamente all'attenuante del fatto lieve". Il collegio che ha emesso questo 'verdetto' è stato presieduto da Umberto Papadia, il consigliere relatore è stato Franco Mancini, gli altri togati sono Amedeo Postiglione, Mario gentile e Giovanni Amoroso.
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A mio parere, ciò non toglie che al massimo considererei la verginità della vittima come un'aggravante del reato "base" di stupro, non la "non verginità" come una attenuante...
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