io vorre ifare macduff...re di scozia...avverti per quando ci saranno le prove
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Aggiunto come Macduff. Per le prove generali dell'atto primo proporrei venerdì 26 corrente mese alle ore 18:00 al moongate di Luna. Chinuque volesse presentarsi per assistere alle prove è libero di farlo. Se possibile vorrei fare tutto (effetti speciali compresi) senza l'aiuto dello staff. Chi comunque, Seer, GM, o Admin, volesse recitare o assistere, chiaramente è libero di farlo!Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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Alle 7 e mezza ceno, quindi nulla. Comunque, non saranno le uniche prove che faremo, e chi non verrà a queste potrà partecipare la prossima volta senza problemi.Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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Ok, abbiamo anche Lady Macbeth, per il primo atto bastiamo ed avanziamo, ma non per tutta l'opera, quindi invito chiunque volesse partecipare a postare. Se questa va in scena, sarà la prima di una, spero, lunga sequenza di rappresentazioni.Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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Ecco a tutti il copione.
Note del regista: per una maggiore fedeltà al testo originale, i nomi che sono stati in parte "italianizzati" in questa traduzione, verranno sostituiti con i nomi originali della versione inglese. Ecco l'elenco completo:
DUNCANO = DUNCAN
DONALBANO = DONALBAIN
FLEANTE = FLEANCE
SIWARD = SEYWARD
WILLIAM SHAKESPEARE
MACBETH
Tragedia in cinque atti.
Traduzione e note di Goffredo Raponi.
Titolo originale: MACBETH.
NOTE PRELIMINARI
Il testo inglese adottato per la traduzione è quello curato dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare - "The Complete Works", Collins, London & Glasgow, 1951/60, pagg. XXXII1370), con qualche variante suggerita da altri testi, in particolare quello dell'edizione dell' "Oxford Shakespeare" curata da G. Welles & G. Taylor per la Oxford University Press, New York, 1988/94.
Alcune didascalie ed indicazioni sceniche (stage instructions) sono state aggiunte dal traduttore per la migliore comprensione scenica alla lettura, cui questa traduzione è essenzialmente intesa ed ordinata. Si è lasciato comunque invariato, rispettivamente all'inizio ed alla fine di ciascuna scena - o all'entrata ed all'uscita dei personaggi nel corso della stessa scena - la rituale indicazione Exit / Exeunt, avvertendo peraltro che non sempre essa indica movimenti di entrata ed uscita, potendosi dare che i personaggi cui essa si riferisce o si trovino già in scena all'inizio di essa, o vi restino al termine.
Il metro è l'endecasillabo sciolto, alternato da settenari.
I nomi dei personaggi che si prestano alla italianizzazione (Duncano, Fleante) sono resi nella forma italiana.
Dalla citata edizione dell'Alexander è anche riprodotta la divisione in atti e scene (che, com' è noto, non si trova nell'in-folio, ma è stata elaborata, con l'elenco dei personaggi, da diversi curatori nel tempo, con varianti talvolta cospicue).
Per esigenze di metrica, i nomi propri inglesi di più sillabe, alla pronuncia inglese sdruccioli, bisdruccioli e perfino trisdruccioli (come tutte le parole di questa lingua monosillabica) sono accentati diversamente, secondo la cadenza nel verso (Màcbeth e Macbèth; Màcduff e Macdùff; Dùnsinane e Dunsinàne).
PERSONAGGI
DUNCANO, re di Scozia
MALCOLM
DONALBANO, suoi figli
MACBETH
BANQUO, generali dell'esercito del re
MACDUFF
LENNOX
ROSS
MENTEITH
ANGUS
CAITHNESS, nobili di Scozia
FLEANTE, figlio di Banquo
SIWARD, conte di Northumberland, generale dell'esercito inglese
SEYTON, ufficiale al servizio di Macbeth
Un ragazzo, figlio di Macduff
Un sergente
Un portiere
Un vecchio
Un medico inglese
Un medico scozzese
LADY MACBETH
LADY MACDUFF
Una dama al servizio di Lady Macbeth
Le Fatidiche sorelle
Lo spettro di Banquo e altre apparizioni
Lords, gentiluomini, ufficiali, soldati, sicari, persone del seguito e messi
LA SCENA: In Scozia ed in Inghilterra.
ATTO PRIMO
SCENA I
Luogo aperto. Tuoni e lampi.
Entrano tre STREGHE.
1ª STREGA - Quando noi tre ci rivedremo ancora?
Con tuono, lampo o pioggia? Quando, allora?
2ª STREGA - Quando sarà finito il parapiglia,
e sarà vinta o persa la battaglia.
3ª STREGA - Sarà al calar del sole, questa sera.
1ª STREGA - E il luogo?
2ª STREGA - Alla brughiera.
3ª STREGA - Laggiù dobbiamo andare
Macbeth ad incontrare.
1ª STREGA - Vengo, Gattaccio.
2ª STREGA - Ci chiama Ranocchio.
3ª STREGA - Veniamo subito, in un batter d'occhio!
TUTTE E TRE - "Per noi il bello è brutto, il brutto è bello"
fra la nebbia planiamo e l'aer fello.
(Svaniscono nell'aria)
SCENA II
Campo presso Forres. Segnale d'allarme all'interno.
Entrano RE DUNCANO, MALCOLM, DONALBANO, LENNOX, gente del seguito del re. S'incontrano con un soldato tutto sanguinante per le ferite.
DUNCANO - Chi è quest'uomo così insanguinato?
A giudicar da come si presenta,
ci può informar sugli ultimi sviluppi
della rivolta.
MALCOLM - Questo è l'ufficiale
che da bravo soldato s'è battuto
per evitare che mi catturassero.
Salve, mio prode amico!
Di' al re quello che sai della battaglia,
come tu l'hai lasciata.
UFFICIALE - Incerte erano ancora le sue sorti,
come due nuotatori che, sfiniti,
cercano d'avvinghiarsi l'uno all'altro,
affogando la loro abilità.
Lo spietato Macdonwald
(che sembra fatto per esser ribelle
perché son tante le scelleratezze
che natura gli fa sciamare addosso)
aveva ricevuto dei rinforzi
di kerni e galloglassi provenienti
dall'isole a occidente,
e talmente arrideva la Fortuna
alla dannata sua contestazione,
che sembrava la ganza d'un ribelle.
Ma non gli è valso nulla; ché Macbeth,
il prode - e di tal titolo è ben degno -
a spregio della sorte, spada in pugno,
di cruenti massacri ancor fumante,
quasi fosse il pupillo della Gloria,
s'apre un varco nel mezzo della mischia
fino a trovarsi quel ribaldo a fronte;
né gli porse saluto né congedo
finché non l'ebbe tutto dilaccato
dall'ombelico in giù fino alle chiappe,
infiggendone poi la testa mozza
sui nostri spalti, alla vista di tutti.
DUNCANO - Prode cugino! Degno cavaliere!
UFFICIALE - Senonché, come avviene che dal punto
dove il sole s'irradia sulla terra
si scatenano i grossi fortunali
che squassano le navi,
e balenano i fulmini tremendi,
così accadde che proprio dalla fonte
donde sembrava venirci sollievo,
traboccò lo sconforto. Ascolta, ascolta,
o re di Scozia: non sì tosto il braccio
della giustizia, armato di valore,
avea costretto i saltellanti kerni
ad affidarsi alle loro calcagna,
che il signor di Norvegia,
valutando il momento favorevole,
decide di sferrare un nuovo assalto
con truppe fresche ed armi ben forbite.
DUNCANO - E questo non ha forse scoraggiato
Banquo e Macbeth, i nostri generali?
UFFICIALE - Sì, come un passero scoraggia un'aquila
e una lepre un leone.
A voler dire quello che sembravano,
eran due colubrine a doppia carica,
tanti erano i lor colpi, sempre doppi
e raddoppiati menati al nemico.
Salvo che non avessero intenzione
di farsi il bagno in fumanti ferite
e far rivivere un nuovo Golgota,
non saprei proprio dire... Ma io svengo,
le mie ferite gridano al soccorso.
DUNCANO - Queste parole bene ti si addicono,
come le tue ferite: l'une e l'altre
traspirano valore...
(A quelli del seguito)
Andate, voi,
a procurargli subito un dottore.
(Esce l'ufficiale, sorretto da soldati)
Chi viene?
Entrano ROSS e ANGUS
MALCOLM - Il nobile Thane di Ross.
LENNOX - Che urgenza nel suo sguardo!
Come di chi abbia fretta d'annunciare
chissà quali notizie strabilianti.
ROSS - (Inchinandosi a Duncano) Dio salvi il nostro re!
DUNCANO - Degno Thane di Ross, da dove vieni?
ROSS - Da Fife, augusto sire
dove i vessilli norvegesi insultano
il nostro cielo e il loro svolazzare
raggela l'animo del nostro popolo.
Forte di un grosso esercito, il Norvegia
aiutato da quel gran traditore,
del thane di Cawdòr, sferrò un attacco
che minacciava d'esser disastroso,
finché quel giovin di Bellona sposo
armato a tutta prova,
non l'affrontò da solo, punta a punta
e braccio di ribelle contro braccio,
piegando infine il suo smodato orgoglio.
In breve, nostra è stata la vittoria.
DUNCANO - Oh, gran ventura!
ROSS - Ed ora il norvegese
re Sveno, chiede di scendere a patti;
e noi nemmeno gli avremmo concesso
di dare sepoltura ai suoi caduti,
se prima, all'isola di Santa Colma,
non ci avesse sborsato, uno sull'altro,
pel nostro erario, diecimila talleri.
DUNCANO - Avrà finito, quel Thane di Cawdor,
di recar danno agli interessi nostri.
Sia condannato ad immediata morte,
e si saluti Macbeth col suo titolo.
ROSS - Provvederò che sia fatto senz'altro.
DUNCANO - Quello ch'egli oggi ha perso
il valoroso Macbeth l'ha acquistato.
(Escono)Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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SCENA III
Una brughiera. Vento e tuoni.
Entrano le TRE STREGHE
1ª STREGA - Dove sei stata di bello, sorella?
2ª STREGA - A scannar maialetti.
3ª STREGA - E tu, sorella?
1ª STREGA - La moglie d'un capitano di mare
aveva in grembo un bel po' di castagne,
e masticava e poi rimasticava:
"Dammene" - dico - "Via, strega, va'via!",
grida quella rognosa naticona.
Il marito è salpato per Aleppo
al comando d'un barco a nome "Tigre";
e lo farò, lo farò, lo farò!
2ª STREGA - Io ti do il vento.
1ª STREGA - Grazie. Sei gentile.
3ª STREGA - E io un'altro.
1ª STREGA - Grazie pure a te.
Tutti gli altri li ho io al mio comando,
ed anche tutti i porti dove soffiano,
e le quarte che sono a loro note
segnate sulle mappe delle rotte.
Voglio ridurlo secco come fieno
e far che mai sulle sue stracche ciglia
discenda sonno, né giorno ne notte;
deve vivere come un fuorilegge,
stanco ed affranto; dopo aver vegliato
novantanove volte sette notti,
dovrà languir di fame, allampanato,
da ridursi allo stremo delle forze;
sarà squassato da mille burrasche.
(Mostra loro qualche cosa)
Guardate qui che ho.
2ª STREGA - Sì, sì, vediamo.
1ª STREGA - È il dito pollice d'un timoniere
naufragato nel suo ritorno a casa.
(Rullo di tamburo all'interno)
3ª STREGA - Un tamburo! È Macbeth!
TUTTE E TRE - (In ridda)
"Così le tre fatidiche sorelle
"la mano nella mano,
"per mare e terra van girovagando,
"in giro, giro tondo,
"tre volte intorno a te,
"tre volte intorno a me,
"e per far nove ancor tre volte tre".
Silenzio!... Il sortilegio s'è compiuto!
Entrano MACBETH e BANQUO
MACBETH - Un giorno brutto e bello come questo
non l'avevo mai visto.
BANQUO - A che distanza saremo da Forres?
(Vedendo le streghe)
Oh, diamine, che esseri son quelli,
così grinzi e selvatici d'aspetto
da non avere alcuna somiglianza
con gli esseri che vivon sulla terra
sulla quale si trovan tuttavia?
(Alle streghe)
Siete viventi? Siete voi qualcosa
cui si possa rivolgere domanda?
Sembra che abbiate inteso,
se ciascuna s'è posto il dito scarno
con ratta mossa sulle labbra vizze.
Alla vista, dovreste essere femmine,
ma quelle vostre barbe
mi fan pensare che non siete tali.
1ª STREGA - Salute a te, Macbeth, Thane di Glamis!
2ª STREGA - Salute a te, Macbeth, Thane di Cawdor!
3ª STREGA - Salute a te, Macbeth, futuro re!
BANQUO - (A Macbeth)
Mio signore, ti vedo trasalire
ed anche in preda ad un certo timore
a udir sì grati annunci. Perché mai?
(Alle streghe)
In nome della santa verità,
siete immagini della fantasia,
o siete proprio quello che apparite?
Salutate il mio nobile compagno
col suo titolo attuale, e col preannuncio
d'un più elevato stato nobiliare,
e di speranze di regalità,
si ch'egli sembra come andato in estasi.
E a me non dite niente.
Se davvero potete penetrare
entro i semi del tempo,
e predire qual grano cresca, o no,
parlate a me, che né chiedo né temo
da parte vostra odio o simpatia.
1ª STREGA - Onore a te!
2ª STREGA - Onore!
3ª STREGA - Onore a te!
1ª STREGA - Minore di Macbeth, eppur più grande!
2ª STREGA - Non sì felice, eppure più felice.
3ª STREGA - Padre di re, se pur non re tu stesso.
Così, salute a Voi, Banquo e Macbeth!
1ª STREGA - Banquo e Macbeth, salute!
MACBETH - Rimanete, incompiute parlatrici,
e ditemi di più. Thane di Glamis
io so già d'essere, erede di Simel;
ma perché lo sarei anche di Cawdor?
Il signore di Cawdor vive a prospera,
e quanto ad esser re,
è prospettiva fuori del credibile,
come dell'essere io Thane di Cawdor.
Dite, a qual fonte siete debitrici
di queste singolari predizioni?
E perché su quest'arida brughiera
venite ad arrestare i nostri passi
con un tale profetico saluto?
Parlate, insomma, dite, ve lo impongo!
(Le streghe svaniscono nell'aria)
BANQUO - Bolle d'aria ha la terra, come l'acqua.
Tali eran queste. Dove son svanite?
MACBETH - Nell'aria, e ciò che d'esse aveva corpo
s'è dissolto, come respiro al vento.
Come vorrei che fossero restate!
BANQUO - Ma davvero eran qui, davanti a noi,
quelle cose di cui stiamo parlando?
O non avremmo noi forse mangiato
una qualche malefica radice
che ci tien prigioniera la ragione?
MACBETH - Saranno re i tuoi figli...
BANQUO E re tu stesso, ed anche Thane di Cawdor...
Non è così che han detto quelle tre?
MACBETH - Così, stesse parole, stesso accento.
Ma chi è che ci viene adesso incontro?
Entrano ROSS e ANGUS
ROSS - Macbeth, il re con grande gioia ha appreso
la notizia del tuo grande successo;
e a legger della tua intrepidezza
in questa guerra contro i rivoltosi
stupore e lode in lui sono in conflitto
per stabilire quale sia per te,
quale per lui; e mentre ripercorre,
ammutolito in questo interno dubbio,
l'ultime fasi di quella giornata
ti rivede combattere frammezzo
alle agguerrite schiere norvegesi,
inpavido, per nulla intimidito
da ciò che tu facevi di tua mano,
straordinarie immagini di morte.
A lui giugevano messi dal campo
l'un dopo l'altro, fitti come grandine,
ciascun recando di te nuove lodi
sulla fiera difesa del suo regno,
e tutte riversandole ai suoi piedi.
ANGUS - E noi siam qui mandati
a nome del regal nostro signore,
per porgerti i suoi ringraziamenti;
d'alcun altro compenso incaricati,
che quello d'annunciarti alla sua vista.
ROSS - Però come arra di più grandi onori,
il re mi incaricò si salutarti
per suo decreto thane di Cawdor;
e con tal titolo, che adesso è tuo,
nobilissimo thane, io ti saluto.
BANQUO - Che! Può dunque il demonio dire il vero?
MACBETH - Il Thane di Cawdor vive e respira;
perché dovrei vestire abito altrui?
ANGUS - Vive e respira il fu Thane di Cawdor,
che trascina però, sotto il fardello
d'una condanna a morte, un'esistenza
il cui filo ben merita di perdere.
S'egli sia stato in sotterranee intese
con quelli di Norvegia,
o s'abbia dato man forte ai ribelli
fornendo aiuti per traverse vie,
e se in entrambi i modi abbia tramato
alla rovina del proprio paese,
non so, ma capitale tradimento
confessato e provato, l'ha spacciato.
MACBETH - Tra sé)
Glamis e Thane di Cawdòr... e dietro,
l'onore massimo..
(A Ross e Angus)
Signori miei,
grazie del vostro premuroso annuncio.
(A Banquo)
Non hai tu la speranza
che i figli tuoi saranno fatti re,
se quelle stesse tre
ch'han salutato te Thane di Cawdor
hanno non meno ad essi preannunciato?
BANQUO - Quella lor previsione,
se da te fosse creduta verace,
potrebbe pure accenderti nel cuore
oltre al Thane di Cawdor, la corona.
Però che stravaganza
che spesso gli strumenti della Tenebra
per trarci alla rovina
si servono dei più innocenti trucchi,
per poi tradirci in più serio malanno...
(A Ross e Angus)
Cugini, per favore, una parola.
(Si appartano)
MACBETH - (Tra sé)
Due verità sono state enunciate,
quasi augurali prologhi d'un tema
il cui crescendo culmina nel trono...
(Forte)
Signori, vi ringrazio.
(Tra sé)
Questo presagio soprannaturale
non può essere tristo,
non può essere buono; ché, se tristo,
perché darmi già un pegno di successo
cominciando con una verità?
Giacchè vero è ch'io son Thane di Cawdor.
Se buono, perché cede la mia anima
ad una suggestione, la cui immagine
mi fa drizzare i capelli sul capo
e fa che questo mio pur saldo cuore
si metta a sbatacchiare tra le costole
in una innaturale agitazione?
L'orrore per qualcosa di visibile
ha sull'animo nostro meno presa
che non quello per ciò che uno immagina.
Il mio pensiero, dove l'assassinio
è sol fantasticato, scuote già
a tal punto la mia essenza d'uomo,
da soffocarne quasi ogni funzione
nel fumo d'un idea senza contorni;
e nulla è, tranne ciò che non è.
BANQUO - (A Ross e Angus)
Guardate il mio compagno: com'è assorto,
quasi rapito nel fantasticare.
MACBETH - (Sempre tra sé)
Se il fato vuole ch'io diventi re,
ebbene il fato mi può incoronare,
senza ch'io abbia a muovere un sol dito.
BANQUO - (c.s.)
Gli onori che gli son piovuti addosso
gli stanno come a noi certi vestiti,
che non s'adattan bene alla vita
se non con l'uso.
MACBETH - (Sempre tra sé)
Vada come vada,
il tempo e l'ore trascorron lo stesso
anche lungo il più ruvido dei giorni.
BANQUO - Macbeth,noi siamo qui in attesa
del tuo buon gradimento.
MACBETH - Chiedo scusa.
Il mio cervello s'era avviluppato
distrattamente in cose trapassate.
Cortesi amici, le vostre premure
son tutte debitamente annotate
in un registro di cui ogni giorno
sfoglio le pagine, e le rileggo.
Andiamo insieme ad incontrare il re.
(A Banquo, a parte)
Ripensa a quello che ci è capitato;
a miglior tempo ne riparleremo
e ne discuteremo a cuore aperto,
dopo che avremo avuto tempo e modo
di soppesarlo.
BANQUO - Certo, con piacere.
MACBETH - Fino ad allora, silenzio assoluto!
(Forte, agli altri due)
Venite, amici, andiamo incontro al re.
(Escono)Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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SCENA IV
Forres. Il palazzo di Banquo.
Squillo di tromba.
Entrano DUNCANO, MALCOLM, DONALBANO, LENNOX e seguito
DUNCANO - La condanna di Cawdor fu eseguita?
E coloro che n'ebbero l'incarico
sono tornati?
MALCOLM - Non ancora, Sire.
Ma ho parlato con uno ch'era lì
al momento che è stato giustiziato,
ed ho saputo ch'egli ha confessato
apertamente il proprio tradimento
implorando in extremis il perdono
dalle mani di vostra maestà,
mostrandosi contrito nel profondo.
Nulla, nella sua vita, l'ha onorato
come il modo col quale l'ha lasciata:
è morto come uno che in sua morte
sapesse di gettare via da sé
la cosa più preziosa in suo possesso,
e di gettarla via come un nonnulla.
DUNCANO - Non c'è arte che valga ad insegnare
a scoprir l'altrui animo dal volto.
Ed io avea riposto su quell'uomo
la fiducia più piena ed assoluta.
Entrano MACBETH, BANQUO, ROSS e ANGUS
Oh, glorioso cugino!
Già mi pesa sulla coscienza, sempre,
il peccato dell'irriconoscenza
verso la tua persona;
ma adesso tu ti levi così in alto
che a raggiungerti ormai non basta più
l'ala del più veloce guiderdone.
Se avessi tu meritato di meno,
il rapporto fra merito e compenso
sarebbe volto ancora a mio favore;
ma ora non mi resta altro da dire
se non che t'è dovuto per compenso
assai di più di quanto io possa darti.
MACBETH - Il dovere e la fedeltà di suddito
ch'io vi debbo hanno già il lor compenso
nel fatto stesso d'esservi prestati.
Vostra parte è ricevere da noi
i servigi dovuti; e quei servigi
sono soltanto figli e servitori
del trono e dello Stato, che son vostri;
e non fanno che adempiere ad un dovere
nel fare tutto ciò che sia motivo
d'affetto e lode dalla vostra parte.
DUNCANO - Benvenuto tra noi. Ho messo già
dentro di me a dimora la tua pianta
e farò del mio meglio, t'assicuro,
perch'essa cresca sana e rigogliosa.
E tu, nobile Banquo,
che non hai acquistato minor merito,
né devi meritare minor fama
di quanta spetti a quello che hai compiuto,
ch'io t'abbracci e ti stringa forte al cuore!
BANQUO - Se la mia pianta darà qui il suo frutto,
a voi spetta il raccolto.
DUNCANO - La gioia che trabocca dal mio cuore,
da troppa plenitudine inebriata,
vuol celarsi tra gocciole di pianto.
Figli, congiunti, e voi, Thani di Scozia,
che per rango mi siete più vicini,
sappiatelo: è la nostra volontà
che il regno vada al nostro primogenito
Malcolm, che chiameremo, d'ora innanzi,
col titolo di Principe di Cumberland;
la quale dignità, ciònondimeno,
non resterà una nomina isolata
ad investir la sua sola persona;
segni di nobiltà dovran rifulgere
come altrettante stelle
su tutti che ne siano meritevoli.
(A Macbeth)
E adesso ce ne andremo ad Inverness
per stringere con te più saldi nodi.
MACBETH - Il riposo è fatica,
se non è usato al fine di servirvi.
Io stesso vi farò da battistrada,
ad allietar l'orecchio di mia moglie
con l'annuncio di questa vostra visita.
Umilmente perciò prendo congedo.
DUNCANO - Nobile Cawdor!
MACBETH - (Tra sé)
Principe di Cumberland!...
Un gradino su cui dovrò inciampare,
o dovrò superarlo con un balzo,
perché si piazzerà sul mio cammino.
Stelle, oscurate il vostro fiammegiare,
che la luce non penetri i segreti
dei neri, tenebosi miei propositi!
L'occhio non veda quel che fa la mano;
ma si compia quell'atto che, compiuto,
l'occhio avrà orrore pur di riguardare!
(Esce)
DUNCANO - È vero, degno Banquo, egli è quel prode
che tu descrivi, e a sentirlo elogiare
io nutro di delizia la mia anima
come seduto ad un grande banchetto.
Ora conviene metterci in cammino
sulla sua scia, poichè la sua premura
l'ha fatto andare per arrivar prima
e darci il benvenuto a casa sua.
È davvero un cugino impareggiabile!
(Squillo di tromba. - Escono)
SCENA V
Inverness. Il castello di Macbeth.
Entra LADY MACBETH, leggendo una lettera
LADY MACBETH - (Legge)
"Mi si son fatte incontro
"il giorno stesso della mia vittoria,
"ed ho appreso, da fonte assai credibile,
"ch'hanno in sé facoltà di conoscenza
"al dilà dell'umano.
"Ma allor che più mi sentivo bruciare
"dalla voglia d'interrogarle ancora,
"si mutarono in aria, dissolvendosi.
"Ero ancora stordito, sbigottito
"dallo stupore per un tal prodigio,
"quando giungon dal re dei messageri
"che mi salutano Thane di Cawdor:
"con quello stesso titolo, poc'anzi,
"m'ero pure sentito salutare
"da quelle tre fatidiche sorelle,
"che, alludendo al futuro, aveano aggiunto:
"Salute al re che tu diventerai!"
"Di tutto ciò ho creduto di informarti,
"mia diletta compagna di grandezza,
"affinchè tu non sia per restar priva
"della parte di gioia che ti spetta,
"restando ignara dell'augusta sorte
"che t'è stata promessa.
"Serba, per ora, questo nel tuo cuore,
"e stammi bene. Addio."
Glamis sei ora, e Cawdor: sarai presto
tutto quello che t'è stato promesso.
Ma non mi fido della tua natura:
troppo latte d'umana tenerezza
ci scorre, perché tu sappia seguire
la via più breve. Brama d'esser grande
tu l'hai e l'ambizione non ti manca;
ma ti manca purtroppo la perfidia
che a quella si dovrebbe accompagnare.
Quello che brami tanto ardentemente
tu vorresti ottenerlo santamente:
non sei disposto a giocare di falso,
eppur vorresti vincere col torto.
Vorresti, insomma, avere, grande Glamis,
chi fosse lì a gridarti:
"Devi fare così, per ottenerlo!";
quando ciò che vorresti fosse fatto
hai più paura tu stesso di farlo
che desiderio che non venga fatto.
Ma affrettati a tornare,
ch'io possa riversarti nelle orecchie
i demoni che ho dentro,
e con l'intrepidezza della lingua
cacciar via a frustate
ogni intralcio tra te e quel cerchio d'oro
onde il destino e un sovrumano aiuto
ti voglion, come sembra, incoronato.
Entra un Messo
Ebbene, che notizie?
MESSO Il re stasera sarà qui, signora.
LADY MACBETH - Che dici, sei impazzito?
Non sta forse con lui il tuo padrone?
M'avrebbe certamente già avvertita,
per preparare.
MESSO - È così, se vi piaccia.
Il nostro Thane sta venendo qui.
Un mio compagno, spedito d'urgenza
innanzi a lui, è qui arrivato per ora,
quasi sfinito per la grande corsa,
e con appena il fiato sufficiente
a dar l'annuncio.
LADY MACBETH - Dategli ristoro.
Ci ha recato una splendida notizia.
(Esce il messo)
Anche il corvo, con la sua voce rauca,
gracchia il fatale ingresso di Duncano
sotto i miei spalti... O spiriti
che v'associate ai pensieri di morte,
venite, snaturate in me il mio sesso,
e colmatemi fino a traboccare,
dalla più disumana crudeltà.
Fatemi denso il sangue;
sbarratemi ogni acesso alla pietà,
e che nessuna visita
di contriti e pietosi sentimenti
venga a scrollare il mio pietoso intento
e a frapporre un sol attimo di tregua
tra esso e l'atto che dovrà eseguirlo.
Accostatevi ai miei seni di donna,
datemi fiele al posto del mio latte,
voi che siete ministri d'assassinio,
e che, invisibili nella sostanza,
siete al servizio delle malefatte
degli uomini, dovunque consumate.
Vieni, o notte profonda, e fatti un manto
del più tetro vapore dell'inferno,
così che l'affilato mio coltello
non veda la ferita che produce,
e non si sporga il cielo
dalla coltre della notturna tenebra
a gridare al mio braccio:"Ferma! Ferma!"
Entra MACBETH
O grande Glamis! O nobile Cawdor!
E ancor più grande di questi due titoli,
secondo quel profetico saluto!
Il tuo scritto m'ha tratto oltre i confini
dell'ignaro presente,
ed io già sento il futuro dell'attimo.
MACBETH - Amore mio carissimo,
Duncano sarà qui da noi stasera.
LADY MACBETH - Per ripartire quando?
MACBETH - Domani...almeno questa è l'intenzione.
LADY MACBETH - Oh, quel domani non vedrà mai il sole!
La tua faccia, mio Thane, è un libro aperto,
dove ognuno può legger strane cose.
Per ingannare l'ora,
è necessario assumerne l'aspetto:
il benvenuto portalo negli occhi,
portalo nella mano, sulla lingua;
datti l'aria d'un innocente fiore,
ma sii la serpe che si cela sotto.
Colui che sta per giungere
va ricevuto come si conviene;
stasera affiderai alle mie mani
la grande impresa che dovrà ottenere
alle future nostre notti e giorni
il dominio e la signoria sovrana.
MACBETH - Bisognerà che ne parliamo ancora.
LADY MACBETH - Sì, ma vedi di stare più sereno:
mutar colore è segno di paura.
E per il resto lascia fare a me.
(Escono)Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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SCENA VI
Inverness. Davanti al castello di Macbeth.
Entrano DUNCANO, MALCOM, DON ALBANO, BANQUO, LENNOX, MACDUFF, ROSS, ANGUS, e seguito
DUNCANO - Questo castello è posto in sito ameno;
L'aria s'accorda, dolce carezzevole,
ai nostri molli sensi.
BANQUO - La rondine, quest'ospite d'estate,
che sceglie a sua dimora questo sito
è la conferma che il celeste effluvio
s'effonde qui odoroso ed allettante:
non v'è sporgenza, fregio, contrafforte,
o cantuccio che appena sembri adatto,
dove l'uccello non abbia intessuto
con grande amore il suo pendulo letto
e n'abbia fatto una feconda culla;
ed ho osservato che ove questi uccelli
fanno il lor nido e figliano,
l'aria intorno è più dolce e più leggera.
Entra LADY MACBETH
DUNCANO - Chi vedo: l'onorata ospite nostra!
L'amore che ci muove e ci accompagna
spesso è importuno, ma è pur sempre amore,
e come amore grati lo accogliamo:
voglio con ciò insegnarvi
come dobbiate voi pregare Iddio
che ci ripaghi di questa molestia,
e ringraziare noi
per il disagio che qui vi arrechiamo.
LADY MACBETH - Tutto che noi facciamo per servirvi,
anche se a volta a volta raddoppiato,
sarebbe sempre una misera cosa
a confronto dei vasti ed alti onori
di cui la maestà vostra ha ricolmato
la nostra casa: per quelli passati,
e per le più recenti dignità
che son venute ad aggiungersi ad essi,
vi restiamo devoti zelatori.
DUNCANO - Dov'è il Thane di Cawdor?
Noi gli siamo venuti alle calcagna
col proposito d'essere noi stessi
i suoi forieri; ma cavalca bene,
ed il suo grande affetto
affilato non meno del suo sprone,
l'ha portato sicuramente a casa
prima di noi...Mia bella castellana,
stanotte noi saremo ospiti vostri.
LADY MACBETH - I vostri servitori, che noi siamo,
hanno anch'essi la loro servitù;
e le loro persone e i loro averi
sono sempre alla vostra discrezione,
sì da renderne conto a Vostra Altezza
quando e dove gli sia di gradimento,
pronti a rendere a voi quello che è vostro.
DUNCANO Porgetemi la mano,
e vogliate condurmi dal mio ospite.
Gli vogliamo un gran bene,
e gli seguiteremo a conservare
le nostre grazie. Con licenza vostra....
(Escono)
SCENA VII
Inverness. Il castello di Macbeth.
Suoni d'oboe. - Torce accese. - Un maggiordomo con alcuni servitori recano piatti e vivande, traversando a vicenda la scena; poi entra MACBETH
MACBETH - Se il fatto, quando fosse consumato,
restasse in sé conchiuso,
tanto varrebbe consumarlo subito.
Se l'assassinio una volta compiuto,
potesse intramagliar tutti i suoi effetti,
e, finito, ghermire il suo obbiettivo,
e questo solo colpo
fosse l'inizio e la fine di tutto,
qui, su quest'arida proda del tempo,
noi rischieremmo la vita a venire.
Ma sempre in questi casi
andiamo incontro alla condanna eterna,
ché non facciamo che insegnare sangue,
ed il sangue insegnato torna sempre
ad infettar colui che l'ha insegnato.
Questa giustizia dalla mano equanime
ritorce sulle nostre stesse labbra
gli ingredienti che abbiamo misturato
nel calice che abbiamo avvelenato.
Egli si trova qui, sotto il mio tetto,
protetto da una duplice fiducia:
primo, perché gli son parente e suddito,
e son già questi due buoni motivi
perch'io rifugga dal compiere l'atto;
secondo, perché, come suo ospitante,
dovrei io stesso sbarrare l'ingresso
a chiunque volesse assassinarlo;
e non brandire io, tra le mie mani,
il coltello che lo dovrebbe uccidere.
Eppoi, questo Duncano, in verità,
è stato un tal benevolo sovrano,
dotato d'un tal senso di giustizia
nell'esercizio del suo alto ufficio,
che arringheran per lui le sue virtù
come tube celesti in bocca agli angeli,
a chieder la più nera dannazione
per chi avesse attentato alla sua vita;
e la pietà, come un puttino nudo
che cavalcasse in groppa all'uragano,
e i cherubini dal cielo, in arcione
ai corsieri invisibile dell'etere,
soffieranno negli occhi della gente
così forte l'orribile misfatto,
che le lacrime affogheranno il vento.
Altro sprone non ho,
da conficcar nei fianchi al mio proposito
se non la volteggiante mia ambizione
che, nella smania di balzare in sella,
rischia di male misurar lo slancio,
e andare a ricader dall'altra parte.
Entra LADY MACBETH
Ebbene?
LADY MACBETH - Sta finendo di cenare.
Ma perché sei uscito dalla stanza?
MACBETH - M'ha cercato?
LADY MACBETH - Dovevi pur saperlo.
MACBETH - Non s'ha da andare avanti in questo affare.
M'ha ricolmato ancora d'altri onori;
e, grazie a lui, mi sono conquistata
una fama preziosa come l'oro
presso la gente d'ogni condizione.
LADY MACBETH - Era dunque l'effetto d'una sbornia
la speranza di cui ti sei vestito
fino a questo momento?
S'era assopita ed ora si ridesta
per riguardar con quella cèra pallida
ciò ch'è stata sì pronta a concepire?
Da qui innanzi farò lo stesso conto
dell'amor tuo. Ti fa tanta paura
mostrarti nell'azione e nel coraggio
quello stesso che sei nel desiderio?
Tu vuoi avere quello che consideri
l'ornamento di tutta un'esistenza,
e intanto vuoi continuare a vivere
stimandoti un ingnobile vigliacco,
lasciando che il "non oso"
sia sempre agli ordini dell'"io vorrei",
come il povero gatto della favola?
MACBETH - Taci, ti prego: so d'aver coraggio
quanto basta per fare nella vita
quel che s'addice a un uomo;
chi ardisce più di questo, non è uomo.
LADY MACBETH - Davvero? E allora che bestia era quella
che ti indusse a svelarmi il tuo disegno?
Uomo, sì, tu lo eri
quando avevi il coraggio di eseguirlo!
E tanto più tu lo saresti adesso,
se dimostrassi d'esser più d'allora,
quando non t'erano così propizi
né il momento né il luogo,
e tu te li volevi render tali;
ed ora che ti si offrono da soli
a te propizi, e il fatto che lo sono
ti deprime e ti priva di coraggio.
Ho allattato, e conosco la dolcezza
d'amare il bimbo che ti succhia il seno;
e tuttavia, mentr'egli avesse fiso
sul mio viso il faccino sorridente,
avrei strappato a forza il mio capezzolo
dalle sue nude tenere gengive,
e gli avrei fatto schizzare il cervello,
se mai ne avessi fatto giuramento,
come tu m'hai giurato di far questo!
MACBETH - E se poi non riesce?
LADY MACBETH - Non riuscire?
Ti basterà avvitare il tuo coraggio
e un solido sostegno, e riusciremo.
Quando Duncano sarà sprofondato
in un sonno pesante,
come è molto probabile lo inviti
la fatica del viaggio, io dal vino
e dalla crapula farò troncare
la fibra di quei due che son di scorta
alla sua camera sì che in entrambi
la memoria, guardiana del cervello
abbia a svanire come andata in fumo
e l'abitacolo della ragione
sia ridotto ad un semplice alambicco.
E quando l'affogata lor natura
s'affonderà in un maialesco sonno,
un sonno molto simile alla morte,
che cosa non potremo, tu ed io,
sul corpo incustodito di Duncano?
E che cosa non addossare, dopo,
a quelle spugne dei suoi guardacamera,
si'da accollare tutta su di loro
la colpa di quel nostro grande scempio?
MACBETH - Tu devi partorire solo maschi!
Ché solo a maschi potrebbe dar forma
la tua matrice di femmina indomita!...
Sì, quando avremo imbrattato di sangue
quei due che dormono nella sua camera,
dopo che avremo usato per ucciderlo
le stesse loro spade,
chi può dire che a compiere quell'atto
non siano stati proprio loro due?
LADY MACBETH - E chi oserebbe pensare altrimenti,
quando ci veda ruggir di dolore
e lacrimare sopra la sua morte?
MACBETH - Bene, ho deciso. Tutte le mie forze
sono sottese a questo orribil atto.
Ma adesso andiamo ad ingannar l'ambiente
dandoci un'apparenza di lietezza.
E celi un falso volto un falso cuore.
(Escono)Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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Questo è il primo atto che proveremo venerdì, e finchè non lo metteremo in scena come si deve. A seguire gli altri quattro atti. Per dovere di cronaca, verranno rappresentati in cinque giornate diverse per motivi di tempo.Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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COME PRECEDENTEMENTE ANNUNCIATO, ORE 18:00 PROVE GENERALI ATTO PRIMO. RITROVO AL MOONGATE DI LUNA. PRESENTATEVI SE POTETE.Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.
Buonanotte.
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