annuncio

Comprimi
Ancora nessun annuncio.

Compagnia Teatrale di Britain.

Comprimi
X
 
  • Filtro
  • Ora
  • Visualizza
Elimina tutto
nuovi messaggi

  • #16
    io vorre ifare macduff...re di scozia...avverti per quando ci saranno le prove

    Commenta


    • #17
      L'idea è veramente carina, fateci sapere se serve una mano sarò lieto di aiutare

      Commenta


      • #18
        Aggiunto come Macduff. Per le prove generali dell'atto primo proporrei venerdì 26 corrente mese alle ore 18:00 al moongate di Luna. Chinuque volesse presentarsi per assistere alle prove è libero di farlo. Se possibile vorrei fare tutto (effetti speciali compresi) senza l'aiuto dello staff. Chi comunque, Seer, GM, o Admin, volesse recitare o assistere, chiaramente è libero di farlo!
        Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

        Buonanotte.

        Commenta


        • #19
          UP.
          Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

          Buonanotte.

          Commenta


          • #20
            ok ci sono


            Gli amici mi chiamano Cip.... ma tu... bhe tu puoi chiamarmi Ciop

            Commenta


            • #21
              io avrei un paio di domande....come facciamo?asd
              poi ti volevo suipplikare di ritardare un po...ovvero verso le 7 di sera di venerdì....ke ne pensi?

              Commenta


              • #22
                Alle 7 e mezza ceno, quindi nulla. Comunque, non saranno le uniche prove che faremo, e chi non verrà a queste potrà partecipare la prossima volta senza problemi.
                Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                Buonanotte.

                Commenta


                • #23
                  Ok, abbiamo anche Lady Macbeth, per il primo atto bastiamo ed avanziamo, ma non per tutta l'opera, quindi invito chiunque volesse partecipare a postare. Se questa va in scena, sarà la prima di una, spero, lunga sequenza di rappresentazioni.
                  Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                  Buonanotte.

                  Commenta


                  • #24
                    io domenica parto... :< quindi per le prove ci sono prima di domenica, ma per la recita se si fà tra due settimane ci son, sennò amen
                    Ex giocatore di UO, now Painkillah & Mialeeh on CrAshridge WoW europe

                    Commenta


                    • #25
                      Ecco a tutti il copione.

                      Note del regista: per una maggiore fedeltà al testo originale, i nomi che sono stati in parte "italianizzati" in questa traduzione, verranno sostituiti con i nomi originali della versione inglese. Ecco l'elenco completo:

                      DUNCANO = DUNCAN
                      DONALBANO = DONALBAIN
                      FLEANTE = FLEANCE
                      SIWARD = SEYWARD



                      WILLIAM SHAKESPEARE

                      MACBETH

                      Tragedia in cinque atti.



                      Traduzione e note di Goffredo Raponi.



                      Titolo originale: MACBETH.



                      NOTE PRELIMINARI

                      Il testo inglese adottato per la traduzione è quello curato dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare - "The Complete Works", Collins, London & Glasgow, 1951/60, pagg. XXXII1370), con qualche variante suggerita da altri testi, in particolare quello dell'edizione dell' "Oxford Shakespeare" curata da G. Welles & G. Taylor per la Oxford University Press, New York, 1988/94.
                      Alcune didascalie ed indicazioni sceniche (stage instructions) sono state aggiunte dal traduttore per la migliore comprensione scenica alla lettura, cui questa traduzione è essenzialmente intesa ed ordinata. Si è lasciato comunque invariato, rispettivamente all'inizio ed alla fine di ciascuna scena - o all'entrata ed all'uscita dei personaggi nel corso della stessa scena - la rituale indicazione Exit / Exeunt, avvertendo peraltro che non sempre essa indica movimenti di entrata ed uscita, potendosi dare che i personaggi cui essa si riferisce o si trovino già in scena all'inizio di essa, o vi restino al termine.
                      Il metro è l'endecasillabo sciolto, alternato da settenari.
                      I nomi dei personaggi che si prestano alla italianizzazione (Duncano, Fleante) sono resi nella forma italiana.
                      Dalla citata edizione dell'Alexander è anche riprodotta la divisione in atti e scene (che, com' è noto, non si trova nell'in-folio, ma è stata elaborata, con l'elenco dei personaggi, da diversi curatori nel tempo, con varianti talvolta cospicue).
                      Per esigenze di metrica, i nomi propri inglesi di più sillabe, alla pronuncia inglese sdruccioli, bisdruccioli e perfino trisdruccioli (come tutte le parole di questa lingua monosillabica) sono accentati diversamente, secondo la cadenza nel verso (Màcbeth e Macbèth; Màcduff e Macdùff; Dùnsinane e Dunsinàne).



                      PERSONAGGI

                      DUNCANO, re di Scozia
                      MALCOLM
                      DONALBANO, suoi figli

                      MACBETH
                      BANQUO, generali dell'esercito del re
                      MACDUFF
                      LENNOX
                      ROSS
                      MENTEITH
                      ANGUS
                      CAITHNESS, nobili di Scozia

                      FLEANTE, figlio di Banquo
                      SIWARD, conte di Northumberland, generale dell'esercito inglese
                      SEYTON, ufficiale al servizio di Macbeth
                      Un ragazzo, figlio di Macduff
                      Un sergente
                      Un portiere
                      Un vecchio
                      Un medico inglese
                      Un medico scozzese

                      LADY MACBETH
                      LADY MACDUFF
                      Una dama al servizio di Lady Macbeth
                      Le Fatidiche sorelle
                      Lo spettro di Banquo e altre apparizioni
                      Lords, gentiluomini, ufficiali, soldati, sicari, persone del seguito e messi



                      LA SCENA: In Scozia ed in Inghilterra.


                      ATTO PRIMO

                      SCENA I

                      Luogo aperto. Tuoni e lampi.

                      Entrano tre STREGHE.

                      1ª STREGA - Quando noi tre ci rivedremo ancora?
                      Con tuono, lampo o pioggia? Quando, allora?

                      2ª STREGA - Quando sarà finito il parapiglia,
                      e sarà vinta o persa la battaglia.

                      3ª STREGA - Sarà al calar del sole, questa sera.

                      1ª STREGA - E il luogo?

                      2ª STREGA - Alla brughiera.

                      3ª STREGA - Laggiù dobbiamo andare
                      Macbeth ad incontrare.

                      1ª STREGA - Vengo, Gattaccio.

                      2ª STREGA - Ci chiama Ranocchio.

                      3ª STREGA - Veniamo subito, in un batter d'occhio!

                      TUTTE E TRE - "Per noi il bello è brutto, il brutto è bello"
                      fra la nebbia planiamo e l'aer fello.
                      (Svaniscono nell'aria)


                      SCENA II

                      Campo presso Forres. Segnale d'allarme all'interno.

                      Entrano RE DUNCANO, MALCOLM, DONALBANO, LENNOX, gente del seguito del re. S'incontrano con un soldato tutto sanguinante per le ferite.

                      DUNCANO - Chi è quest'uomo così insanguinato?
                      A giudicar da come si presenta,
                      ci può informar sugli ultimi sviluppi
                      della rivolta.

                      MALCOLM - Questo è l'ufficiale
                      che da bravo soldato s'è battuto
                      per evitare che mi catturassero.
                      Salve, mio prode amico!
                      Di' al re quello che sai della battaglia,
                      come tu l'hai lasciata.

                      UFFICIALE - Incerte erano ancora le sue sorti,
                      come due nuotatori che, sfiniti,
                      cercano d'avvinghiarsi l'uno all'altro,
                      affogando la loro abilità.
                      Lo spietato Macdonwald
                      (che sembra fatto per esser ribelle
                      perché son tante le scelleratezze
                      che natura gli fa sciamare addosso)
                      aveva ricevuto dei rinforzi
                      di kerni e galloglassi provenienti
                      dall'isole a occidente,
                      e talmente arrideva la Fortuna
                      alla dannata sua contestazione,
                      che sembrava la ganza d'un ribelle.
                      Ma non gli è valso nulla; ché Macbeth,
                      il prode - e di tal titolo è ben degno -
                      a spregio della sorte, spada in pugno,
                      di cruenti massacri ancor fumante,
                      quasi fosse il pupillo della Gloria,
                      s'apre un varco nel mezzo della mischia
                      fino a trovarsi quel ribaldo a fronte;
                      né gli porse saluto né congedo
                      finché non l'ebbe tutto dilaccato
                      dall'ombelico in giù fino alle chiappe,
                      infiggendone poi la testa mozza
                      sui nostri spalti, alla vista di tutti.

                      DUNCANO - Prode cugino! Degno cavaliere!

                      UFFICIALE - Senonché, come avviene che dal punto
                      dove il sole s'irradia sulla terra
                      si scatenano i grossi fortunali
                      che squassano le navi,
                      e balenano i fulmini tremendi,
                      così accadde che proprio dalla fonte
                      donde sembrava venirci sollievo,
                      traboccò lo sconforto. Ascolta, ascolta,
                      o re di Scozia: non sì tosto il braccio
                      della giustizia, armato di valore,
                      avea costretto i saltellanti kerni
                      ad affidarsi alle loro calcagna,
                      che il signor di Norvegia,
                      valutando il momento favorevole,
                      decide di sferrare un nuovo assalto
                      con truppe fresche ed armi ben forbite.

                      DUNCANO - E questo non ha forse scoraggiato
                      Banquo e Macbeth, i nostri generali?

                      UFFICIALE - Sì, come un passero scoraggia un'aquila
                      e una lepre un leone.
                      A voler dire quello che sembravano,
                      eran due colubrine a doppia carica,
                      tanti erano i lor colpi, sempre doppi
                      e raddoppiati menati al nemico.
                      Salvo che non avessero intenzione
                      di farsi il bagno in fumanti ferite
                      e far rivivere un nuovo Golgota,
                      non saprei proprio dire... Ma io svengo,
                      le mie ferite gridano al soccorso.

                      DUNCANO - Queste parole bene ti si addicono,
                      come le tue ferite: l'une e l'altre
                      traspirano valore...

                      (A quelli del seguito)

                      Andate, voi,
                      a procurargli subito un dottore.
                      (Esce l'ufficiale, sorretto da soldati)

                      Chi viene?

                      Entrano ROSS e ANGUS

                      MALCOLM - Il nobile Thane di Ross.

                      LENNOX - Che urgenza nel suo sguardo!
                      Come di chi abbia fretta d'annunciare
                      chissà quali notizie strabilianti.

                      ROSS - (Inchinandosi a Duncano) Dio salvi il nostro re!

                      DUNCANO - Degno Thane di Ross, da dove vieni?

                      ROSS - Da Fife, augusto sire
                      dove i vessilli norvegesi insultano
                      il nostro cielo e il loro svolazzare
                      raggela l'animo del nostro popolo.
                      Forte di un grosso esercito, il Norvegia
                      aiutato da quel gran traditore,
                      del thane di Cawdòr, sferrò un attacco
                      che minacciava d'esser disastroso,
                      finché quel giovin di Bellona sposo
                      armato a tutta prova,
                      non l'affrontò da solo, punta a punta
                      e braccio di ribelle contro braccio,
                      piegando infine il suo smodato orgoglio.
                      In breve, nostra è stata la vittoria.

                      DUNCANO - Oh, gran ventura!
                      ROSS - Ed ora il norvegese
                      re Sveno, chiede di scendere a patti;
                      e noi nemmeno gli avremmo concesso
                      di dare sepoltura ai suoi caduti,
                      se prima, all'isola di Santa Colma,
                      non ci avesse sborsato, uno sull'altro,
                      pel nostro erario, diecimila talleri.

                      DUNCANO - Avrà finito, quel Thane di Cawdor,
                      di recar danno agli interessi nostri.
                      Sia condannato ad immediata morte,
                      e si saluti Macbeth col suo titolo.

                      ROSS - Provvederò che sia fatto senz'altro.
                      DUNCANO - Quello ch'egli oggi ha perso
                      il valoroso Macbeth l'ha acquistato.
                      (Escono)
                      Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                      Buonanotte.

                      Commenta


                      • #26
                        SCENA III

                        Una brughiera. Vento e tuoni.
                        Entrano le TRE STREGHE

                        1ª STREGA - Dove sei stata di bello, sorella?
                        2ª STREGA - A scannar maialetti.

                        3ª STREGA - E tu, sorella?

                        1ª STREGA - La moglie d'un capitano di mare
                        aveva in grembo un bel po' di castagne,
                        e masticava e poi rimasticava:
                        "Dammene" - dico - "Via, strega, va'via!",
                        grida quella rognosa naticona.
                        Il marito è salpato per Aleppo
                        al comando d'un barco a nome "Tigre";
                        e lo farò, lo farò, lo farò!

                        2ª STREGA - Io ti do il vento.

                        1ª STREGA - Grazie. Sei gentile.

                        3ª STREGA - E io un'altro.

                        1ª STREGA - Grazie pure a te.
                        Tutti gli altri li ho io al mio comando,
                        ed anche tutti i porti dove soffiano,
                        e le quarte che sono a loro note
                        segnate sulle mappe delle rotte.
                        Voglio ridurlo secco come fieno
                        e far che mai sulle sue stracche ciglia
                        discenda sonno, né giorno ne notte;
                        deve vivere come un fuorilegge,
                        stanco ed affranto; dopo aver vegliato
                        novantanove volte sette notti,
                        dovrà languir di fame, allampanato,
                        da ridursi allo stremo delle forze;
                        sarà squassato da mille burrasche.
                        (Mostra loro qualche cosa)
                        Guardate qui che ho.

                        2ª STREGA - Sì, sì, vediamo.

                        1ª STREGA - È il dito pollice d'un timoniere
                        naufragato nel suo ritorno a casa.
                        (Rullo di tamburo all'interno)

                        3ª STREGA - Un tamburo! È Macbeth!

                        TUTTE E TRE - (In ridda)
                        "Così le tre fatidiche sorelle
                        "la mano nella mano,
                        "per mare e terra van girovagando,
                        "in giro, giro tondo,
                        "tre volte intorno a te,
                        "tre volte intorno a me,
                        "e per far nove ancor tre volte tre".
                        Silenzio!... Il sortilegio s'è compiuto!
                        Entrano MACBETH e BANQUO

                        MACBETH - Un giorno brutto e bello come questo
                        non l'avevo mai visto.

                        BANQUO - A che distanza saremo da Forres?
                        (Vedendo le streghe)
                        Oh, diamine, che esseri son quelli,
                        così grinzi e selvatici d'aspetto
                        da non avere alcuna somiglianza
                        con gli esseri che vivon sulla terra
                        sulla quale si trovan tuttavia?
                        (Alle streghe)
                        Siete viventi? Siete voi qualcosa
                        cui si possa rivolgere domanda?
                        Sembra che abbiate inteso,
                        se ciascuna s'è posto il dito scarno
                        con ratta mossa sulle labbra vizze.
                        Alla vista, dovreste essere femmine,
                        ma quelle vostre barbe
                        mi fan pensare che non siete tali.

                        1ª STREGA - Salute a te, Macbeth, Thane di Glamis!

                        2ª STREGA - Salute a te, Macbeth, Thane di Cawdor!

                        3ª STREGA - Salute a te, Macbeth, futuro re!

                        BANQUO - (A Macbeth)
                        Mio signore, ti vedo trasalire
                        ed anche in preda ad un certo timore
                        a udir sì grati annunci. Perché mai?
                        (Alle streghe)
                        In nome della santa verità,
                        siete immagini della fantasia,
                        o siete proprio quello che apparite?
                        Salutate il mio nobile compagno
                        col suo titolo attuale, e col preannuncio
                        d'un più elevato stato nobiliare,
                        e di speranze di regalità,
                        si ch'egli sembra come andato in estasi.
                        E a me non dite niente.
                        Se davvero potete penetrare
                        entro i semi del tempo,
                        e predire qual grano cresca, o no,
                        parlate a me, che né chiedo né temo
                        da parte vostra odio o simpatia.

                        1ª STREGA - Onore a te!

                        2ª STREGA - Onore!

                        3ª STREGA - Onore a te!

                        1ª STREGA - Minore di Macbeth, eppur più grande!

                        2ª STREGA - Non sì felice, eppure più felice.

                        3ª STREGA - Padre di re, se pur non re tu stesso.
                        Così, salute a Voi, Banquo e Macbeth!
                        1ª STREGA - Banquo e Macbeth, salute!

                        MACBETH - Rimanete, incompiute parlatrici,
                        e ditemi di più. Thane di Glamis
                        io so già d'essere, erede di Simel;
                        ma perché lo sarei anche di Cawdor?
                        Il signore di Cawdor vive a prospera,
                        e quanto ad esser re,
                        è prospettiva fuori del credibile,
                        come dell'essere io Thane di Cawdor.
                        Dite, a qual fonte siete debitrici
                        di queste singolari predizioni?
                        E perché su quest'arida brughiera
                        venite ad arrestare i nostri passi
                        con un tale profetico saluto?
                        Parlate, insomma, dite, ve lo impongo!

                        (Le streghe svaniscono nell'aria)

                        BANQUO - Bolle d'aria ha la terra, come l'acqua.
                        Tali eran queste. Dove son svanite?

                        MACBETH - Nell'aria, e ciò che d'esse aveva corpo
                        s'è dissolto, come respiro al vento.
                        Come vorrei che fossero restate!

                        BANQUO - Ma davvero eran qui, davanti a noi,
                        quelle cose di cui stiamo parlando?
                        O non avremmo noi forse mangiato
                        una qualche malefica radice
                        che ci tien prigioniera la ragione?

                        MACBETH - Saranno re i tuoi figli...

                        BANQUO E re tu stesso, ed anche Thane di Cawdor...
                        Non è così che han detto quelle tre?

                        MACBETH - Così, stesse parole, stesso accento.
                        Ma chi è che ci viene adesso incontro?

                        Entrano ROSS e ANGUS

                        ROSS - Macbeth, il re con grande gioia ha appreso
                        la notizia del tuo grande successo;
                        e a legger della tua intrepidezza
                        in questa guerra contro i rivoltosi
                        stupore e lode in lui sono in conflitto
                        per stabilire quale sia per te,
                        quale per lui; e mentre ripercorre,
                        ammutolito in questo interno dubbio,
                        l'ultime fasi di quella giornata
                        ti rivede combattere frammezzo
                        alle agguerrite schiere norvegesi,
                        inpavido, per nulla intimidito
                        da ciò che tu facevi di tua mano,
                        straordinarie immagini di morte.
                        A lui giugevano messi dal campo
                        l'un dopo l'altro, fitti come grandine,
                        ciascun recando di te nuove lodi
                        sulla fiera difesa del suo regno,
                        e tutte riversandole ai suoi piedi.


                        ANGUS - E noi siam qui mandati
                        a nome del regal nostro signore,
                        per porgerti i suoi ringraziamenti;
                        d'alcun altro compenso incaricati,
                        che quello d'annunciarti alla sua vista.

                        ROSS - Però come arra di più grandi onori,
                        il re mi incaricò si salutarti
                        per suo decreto thane di Cawdor;
                        e con tal titolo, che adesso è tuo,
                        nobilissimo thane, io ti saluto.

                        BANQUO - Che! Può dunque il demonio dire il vero?

                        MACBETH - Il Thane di Cawdor vive e respira;
                        perché dovrei vestire abito altrui?

                        ANGUS - Vive e respira il fu Thane di Cawdor,
                        che trascina però, sotto il fardello
                        d'una condanna a morte, un'esistenza
                        il cui filo ben merita di perdere.
                        S'egli sia stato in sotterranee intese
                        con quelli di Norvegia,
                        o s'abbia dato man forte ai ribelli
                        fornendo aiuti per traverse vie,
                        e se in entrambi i modi abbia tramato
                        alla rovina del proprio paese,
                        non so, ma capitale tradimento
                        confessato e provato, l'ha spacciato.

                        MACBETH - Tra sé)
                        Glamis e Thane di Cawdòr... e dietro,
                        l'onore massimo..
                        (A Ross e Angus)
                        Signori miei,
                        grazie del vostro premuroso annuncio.
                        (A Banquo)
                        Non hai tu la speranza
                        che i figli tuoi saranno fatti re,
                        se quelle stesse tre
                        ch'han salutato te Thane di Cawdor
                        hanno non meno ad essi preannunciato?

                        BANQUO - Quella lor previsione,
                        se da te fosse creduta verace,
                        potrebbe pure accenderti nel cuore
                        oltre al Thane di Cawdor, la corona.
                        Però che stravaganza
                        che spesso gli strumenti della Tenebra
                        per trarci alla rovina
                        si servono dei più innocenti trucchi,
                        per poi tradirci in più serio malanno...
                        (A Ross e Angus)
                        Cugini, per favore, una parola.
                        (Si appartano)

                        MACBETH - (Tra sé)
                        Due verità sono state enunciate,
                        quasi augurali prologhi d'un tema
                        il cui crescendo culmina nel trono...
                        (Forte)
                        Signori, vi ringrazio.
                        (Tra sé)
                        Questo presagio soprannaturale
                        non può essere tristo,
                        non può essere buono; ché, se tristo,
                        perché darmi già un pegno di successo
                        cominciando con una verità?
                        Giacchè vero è ch'io son Thane di Cawdor.
                        Se buono, perché cede la mia anima
                        ad una suggestione, la cui immagine
                        mi fa drizzare i capelli sul capo
                        e fa che questo mio pur saldo cuore
                        si metta a sbatacchiare tra le costole
                        in una innaturale agitazione?
                        L'orrore per qualcosa di visibile
                        ha sull'animo nostro meno presa
                        che non quello per ciò che uno immagina.
                        Il mio pensiero, dove l'assassinio
                        è sol fantasticato, scuote già
                        a tal punto la mia essenza d'uomo,
                        da soffocarne quasi ogni funzione
                        nel fumo d'un idea senza contorni;
                        e nulla è, tranne ciò che non è.

                        BANQUO - (A Ross e Angus)
                        Guardate il mio compagno: com'è assorto,
                        quasi rapito nel fantasticare.

                        MACBETH - (Sempre tra sé)
                        Se il fato vuole ch'io diventi re,
                        ebbene il fato mi può incoronare,
                        senza ch'io abbia a muovere un sol dito.

                        BANQUO - (c.s.)
                        Gli onori che gli son piovuti addosso
                        gli stanno come a noi certi vestiti,
                        che non s'adattan bene alla vita
                        se non con l'uso.

                        MACBETH - (Sempre tra sé)
                        Vada come vada,
                        il tempo e l'ore trascorron lo stesso
                        anche lungo il più ruvido dei giorni.
                        BANQUO - Macbeth,noi siamo qui in attesa
                        del tuo buon gradimento.

                        MACBETH - Chiedo scusa.
                        Il mio cervello s'era avviluppato
                        distrattamente in cose trapassate.
                        Cortesi amici, le vostre premure
                        son tutte debitamente annotate
                        in un registro di cui ogni giorno
                        sfoglio le pagine, e le rileggo.
                        Andiamo insieme ad incontrare il re.
                        (A Banquo, a parte)
                        Ripensa a quello che ci è capitato;
                        a miglior tempo ne riparleremo
                        e ne discuteremo a cuore aperto,
                        dopo che avremo avuto tempo e modo
                        di soppesarlo.

                        BANQUO - Certo, con piacere.

                        MACBETH - Fino ad allora, silenzio assoluto!

                        (Forte, agli altri due)
                        Venite, amici, andiamo incontro al re.

                        (Escono)
                        Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                        Buonanotte.

                        Commenta


                        • #27
                          SCENA IV

                          Forres. Il palazzo di Banquo.

                          Squillo di tromba.
                          Entrano DUNCANO, MALCOLM, DONALBANO, LENNOX e seguito

                          DUNCANO - La condanna di Cawdor fu eseguita?
                          E coloro che n'ebbero l'incarico
                          sono tornati?

                          MALCOLM - Non ancora, Sire.
                          Ma ho parlato con uno ch'era lì
                          al momento che è stato giustiziato,
                          ed ho saputo ch'egli ha confessato
                          apertamente il proprio tradimento
                          implorando in extremis il perdono
                          dalle mani di vostra maestà,
                          mostrandosi contrito nel profondo.
                          Nulla, nella sua vita, l'ha onorato
                          come il modo col quale l'ha lasciata:
                          è morto come uno che in sua morte
                          sapesse di gettare via da sé
                          la cosa più preziosa in suo possesso,
                          e di gettarla via come un nonnulla.

                          DUNCANO - Non c'è arte che valga ad insegnare
                          a scoprir l'altrui animo dal volto.
                          Ed io avea riposto su quell'uomo
                          la fiducia più piena ed assoluta.

                          Entrano MACBETH, BANQUO, ROSS e ANGUS

                          Oh, glorioso cugino!
                          Già mi pesa sulla coscienza, sempre,
                          il peccato dell'irriconoscenza
                          verso la tua persona;
                          ma adesso tu ti levi così in alto
                          che a raggiungerti ormai non basta più
                          l'ala del più veloce guiderdone.
                          Se avessi tu meritato di meno,
                          il rapporto fra merito e compenso
                          sarebbe volto ancora a mio favore;
                          ma ora non mi resta altro da dire
                          se non che t'è dovuto per compenso
                          assai di più di quanto io possa darti.

                          MACBETH - Il dovere e la fedeltà di suddito
                          ch'io vi debbo hanno già il lor compenso
                          nel fatto stesso d'esservi prestati.
                          Vostra parte è ricevere da noi
                          i servigi dovuti; e quei servigi
                          sono soltanto figli e servitori
                          del trono e dello Stato, che son vostri;
                          e non fanno che adempiere ad un dovere
                          nel fare tutto ciò che sia motivo
                          d'affetto e lode dalla vostra parte.

                          DUNCANO - Benvenuto tra noi. Ho messo già
                          dentro di me a dimora la tua pianta
                          e farò del mio meglio, t'assicuro,
                          perch'essa cresca sana e rigogliosa.
                          E tu, nobile Banquo,
                          che non hai acquistato minor merito,
                          né devi meritare minor fama
                          di quanta spetti a quello che hai compiuto,
                          ch'io t'abbracci e ti stringa forte al cuore!

                          BANQUO - Se la mia pianta darà qui il suo frutto,
                          a voi spetta il raccolto.

                          DUNCANO - La gioia che trabocca dal mio cuore,
                          da troppa plenitudine inebriata,
                          vuol celarsi tra gocciole di pianto.
                          Figli, congiunti, e voi, Thani di Scozia,
                          che per rango mi siete più vicini,
                          sappiatelo: è la nostra volontà
                          che il regno vada al nostro primogenito
                          Malcolm, che chiameremo, d'ora innanzi,
                          col titolo di Principe di Cumberland;
                          la quale dignità, ciònondimeno,
                          non resterà una nomina isolata
                          ad investir la sua sola persona;
                          segni di nobiltà dovran rifulgere
                          come altrettante stelle
                          su tutti che ne siano meritevoli.
                          (A Macbeth)
                          E adesso ce ne andremo ad Inverness
                          per stringere con te più saldi nodi.

                          MACBETH - Il riposo è fatica,
                          se non è usato al fine di servirvi.
                          Io stesso vi farò da battistrada,
                          ad allietar l'orecchio di mia moglie
                          con l'annuncio di questa vostra visita.
                          Umilmente perciò prendo congedo.

                          DUNCANO - Nobile Cawdor!

                          MACBETH - (Tra sé)
                          Principe di Cumberland!...
                          Un gradino su cui dovrò inciampare,
                          o dovrò superarlo con un balzo,
                          perché si piazzerà sul mio cammino.
                          Stelle, oscurate il vostro fiammegiare,
                          che la luce non penetri i segreti
                          dei neri, tenebosi miei propositi!
                          L'occhio non veda quel che fa la mano;
                          ma si compia quell'atto che, compiuto,
                          l'occhio avrà orrore pur di riguardare!
                          (Esce)

                          DUNCANO - È vero, degno Banquo, egli è quel prode
                          che tu descrivi, e a sentirlo elogiare
                          io nutro di delizia la mia anima
                          come seduto ad un grande banchetto.
                          Ora conviene metterci in cammino
                          sulla sua scia, poichè la sua premura
                          l'ha fatto andare per arrivar prima
                          e darci il benvenuto a casa sua.
                          È davvero un cugino impareggiabile!
                          (Squillo di tromba. - Escono)



                          SCENA V

                          Inverness. Il castello di Macbeth.

                          Entra LADY MACBETH, leggendo una lettera

                          LADY MACBETH - (Legge)
                          "Mi si son fatte incontro
                          "il giorno stesso della mia vittoria,
                          "ed ho appreso, da fonte assai credibile,
                          "ch'hanno in sé facoltà di conoscenza
                          "al dilà dell'umano.
                          "Ma allor che più mi sentivo bruciare
                          "dalla voglia d'interrogarle ancora,
                          "si mutarono in aria, dissolvendosi.
                          "Ero ancora stordito, sbigottito
                          "dallo stupore per un tal prodigio,
                          "quando giungon dal re dei messageri
                          "che mi salutano Thane di Cawdor:
                          "con quello stesso titolo, poc'anzi,
                          "m'ero pure sentito salutare
                          "da quelle tre fatidiche sorelle,
                          "che, alludendo al futuro, aveano aggiunto:
                          "Salute al re che tu diventerai!"
                          "Di tutto ciò ho creduto di informarti,
                          "mia diletta compagna di grandezza,
                          "affinchè tu non sia per restar priva
                          "della parte di gioia che ti spetta,
                          "restando ignara dell'augusta sorte
                          "che t'è stata promessa.
                          "Serba, per ora, questo nel tuo cuore,
                          "e stammi bene. Addio."
                          Glamis sei ora, e Cawdor: sarai presto
                          tutto quello che t'è stato promesso.
                          Ma non mi fido della tua natura:
                          troppo latte d'umana tenerezza
                          ci scorre, perché tu sappia seguire
                          la via più breve. Brama d'esser grande
                          tu l'hai e l'ambizione non ti manca;
                          ma ti manca purtroppo la perfidia
                          che a quella si dovrebbe accompagnare.
                          Quello che brami tanto ardentemente
                          tu vorresti ottenerlo santamente:
                          non sei disposto a giocare di falso,
                          eppur vorresti vincere col torto.
                          Vorresti, insomma, avere, grande Glamis,
                          chi fosse lì a gridarti:
                          "Devi fare così, per ottenerlo!";
                          quando ciò che vorresti fosse fatto
                          hai più paura tu stesso di farlo
                          che desiderio che non venga fatto.
                          Ma affrettati a tornare,
                          ch'io possa riversarti nelle orecchie
                          i demoni che ho dentro,
                          e con l'intrepidezza della lingua
                          cacciar via a frustate
                          ogni intralcio tra te e quel cerchio d'oro
                          onde il destino e un sovrumano aiuto
                          ti voglion, come sembra, incoronato.

                          Entra un Messo

                          Ebbene, che notizie?

                          MESSO Il re stasera sarà qui, signora.
                          LADY MACBETH - Che dici, sei impazzito?
                          Non sta forse con lui il tuo padrone?
                          M'avrebbe certamente già avvertita,
                          per preparare.

                          MESSO - È così, se vi piaccia.
                          Il nostro Thane sta venendo qui.
                          Un mio compagno, spedito d'urgenza
                          innanzi a lui, è qui arrivato per ora,
                          quasi sfinito per la grande corsa,
                          e con appena il fiato sufficiente
                          a dar l'annuncio.

                          LADY MACBETH - Dategli ristoro.
                          Ci ha recato una splendida notizia.
                          (Esce il messo)
                          Anche il corvo, con la sua voce rauca,
                          gracchia il fatale ingresso di Duncano
                          sotto i miei spalti... O spiriti
                          che v'associate ai pensieri di morte,
                          venite, snaturate in me il mio sesso,
                          e colmatemi fino a traboccare,
                          dalla più disumana crudeltà.
                          Fatemi denso il sangue;
                          sbarratemi ogni acesso alla pietà,
                          e che nessuna visita
                          di contriti e pietosi sentimenti
                          venga a scrollare il mio pietoso intento
                          e a frapporre un sol attimo di tregua
                          tra esso e l'atto che dovrà eseguirlo.
                          Accostatevi ai miei seni di donna,
                          datemi fiele al posto del mio latte,
                          voi che siete ministri d'assassinio,
                          e che, invisibili nella sostanza,
                          siete al servizio delle malefatte
                          degli uomini, dovunque consumate.
                          Vieni, o notte profonda, e fatti un manto
                          del più tetro vapore dell'inferno,
                          così che l'affilato mio coltello
                          non veda la ferita che produce,
                          e non si sporga il cielo
                          dalla coltre della notturna tenebra
                          a gridare al mio braccio:"Ferma! Ferma!"

                          Entra MACBETH

                          O grande Glamis! O nobile Cawdor!
                          E ancor più grande di questi due titoli,
                          secondo quel profetico saluto!
                          Il tuo scritto m'ha tratto oltre i confini
                          dell'ignaro presente,
                          ed io già sento il futuro dell'attimo.

                          MACBETH - Amore mio carissimo,
                          Duncano sarà qui da noi stasera.
                          LADY MACBETH - Per ripartire quando?
                          MACBETH - Domani...almeno questa è l'intenzione.
                          LADY MACBETH - Oh, quel domani non vedrà mai il sole!
                          La tua faccia, mio Thane, è un libro aperto,
                          dove ognuno può legger strane cose.
                          Per ingannare l'ora,
                          è necessario assumerne l'aspetto:
                          il benvenuto portalo negli occhi,
                          portalo nella mano, sulla lingua;
                          datti l'aria d'un innocente fiore,
                          ma sii la serpe che si cela sotto.
                          Colui che sta per giungere
                          va ricevuto come si conviene;
                          stasera affiderai alle mie mani
                          la grande impresa che dovrà ottenere
                          alle future nostre notti e giorni
                          il dominio e la signoria sovrana.

                          MACBETH - Bisognerà che ne parliamo ancora.

                          LADY MACBETH - Sì, ma vedi di stare più sereno:
                          mutar colore è segno di paura.
                          E per il resto lascia fare a me.
                          (Escono)
                          Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                          Buonanotte.

                          Commenta


                          • #28
                            SCENA VI

                            Inverness. Davanti al castello di Macbeth.

                            Entrano DUNCANO, MALCOM, DON ALBANO, BANQUO, LENNOX, MACDUFF, ROSS, ANGUS, e seguito

                            DUNCANO - Questo castello è posto in sito ameno;
                            L'aria s'accorda, dolce carezzevole,
                            ai nostri molli sensi.

                            BANQUO - La rondine, quest'ospite d'estate,
                            che sceglie a sua dimora questo sito
                            è la conferma che il celeste effluvio
                            s'effonde qui odoroso ed allettante:
                            non v'è sporgenza, fregio, contrafforte,
                            o cantuccio che appena sembri adatto,
                            dove l'uccello non abbia intessuto
                            con grande amore il suo pendulo letto
                            e n'abbia fatto una feconda culla;
                            ed ho osservato che ove questi uccelli
                            fanno il lor nido e figliano,
                            l'aria intorno è più dolce e più leggera.

                            Entra LADY MACBETH

                            DUNCANO - Chi vedo: l'onorata ospite nostra!
                            L'amore che ci muove e ci accompagna
                            spesso è importuno, ma è pur sempre amore,
                            e come amore grati lo accogliamo:
                            voglio con ciò insegnarvi
                            come dobbiate voi pregare Iddio
                            che ci ripaghi di questa molestia,
                            e ringraziare noi
                            per il disagio che qui vi arrechiamo.

                            LADY MACBETH - Tutto che noi facciamo per servirvi,
                            anche se a volta a volta raddoppiato,
                            sarebbe sempre una misera cosa
                            a confronto dei vasti ed alti onori
                            di cui la maestà vostra ha ricolmato
                            la nostra casa: per quelli passati,
                            e per le più recenti dignità
                            che son venute ad aggiungersi ad essi,
                            vi restiamo devoti zelatori.

                            DUNCANO - Dov'è il Thane di Cawdor?
                            Noi gli siamo venuti alle calcagna
                            col proposito d'essere noi stessi
                            i suoi forieri; ma cavalca bene,
                            ed il suo grande affetto
                            affilato non meno del suo sprone,
                            l'ha portato sicuramente a casa
                            prima di noi...Mia bella castellana,
                            stanotte noi saremo ospiti vostri.

                            LADY MACBETH - I vostri servitori, che noi siamo,
                            hanno anch'essi la loro servitù;
                            e le loro persone e i loro averi
                            sono sempre alla vostra discrezione,
                            sì da renderne conto a Vostra Altezza
                            quando e dove gli sia di gradimento,
                            pronti a rendere a voi quello che è vostro.

                            DUNCANO Porgetemi la mano,
                            e vogliate condurmi dal mio ospite.
                            Gli vogliamo un gran bene,
                            e gli seguiteremo a conservare
                            le nostre grazie. Con licenza vostra....

                            (Escono)



                            SCENA VII

                            Inverness. Il castello di Macbeth.

                            Suoni d'oboe. - Torce accese. - Un maggiordomo con alcuni servitori recano piatti e vivande, traversando a vicenda la scena; poi entra MACBETH

                            MACBETH - Se il fatto, quando fosse consumato,
                            restasse in sé conchiuso,
                            tanto varrebbe consumarlo subito.
                            Se l'assassinio una volta compiuto,
                            potesse intramagliar tutti i suoi effetti,
                            e, finito, ghermire il suo obbiettivo,
                            e questo solo colpo
                            fosse l'inizio e la fine di tutto,
                            qui, su quest'arida proda del tempo,
                            noi rischieremmo la vita a venire.
                            Ma sempre in questi casi
                            andiamo incontro alla condanna eterna,
                            ché non facciamo che insegnare sangue,
                            ed il sangue insegnato torna sempre
                            ad infettar colui che l'ha insegnato.
                            Questa giustizia dalla mano equanime
                            ritorce sulle nostre stesse labbra
                            gli ingredienti che abbiamo misturato
                            nel calice che abbiamo avvelenato.
                            Egli si trova qui, sotto il mio tetto,
                            protetto da una duplice fiducia:
                            primo, perché gli son parente e suddito,
                            e son già questi due buoni motivi
                            perch'io rifugga dal compiere l'atto;
                            secondo, perché, come suo ospitante,
                            dovrei io stesso sbarrare l'ingresso
                            a chiunque volesse assassinarlo;
                            e non brandire io, tra le mie mani,
                            il coltello che lo dovrebbe uccidere.
                            Eppoi, questo Duncano, in verità,
                            è stato un tal benevolo sovrano,
                            dotato d'un tal senso di giustizia
                            nell'esercizio del suo alto ufficio,
                            che arringheran per lui le sue virtù
                            come tube celesti in bocca agli angeli,
                            a chieder la più nera dannazione
                            per chi avesse attentato alla sua vita;
                            e la pietà, come un puttino nudo
                            che cavalcasse in groppa all'uragano,
                            e i cherubini dal cielo, in arcione
                            ai corsieri invisibile dell'etere,
                            soffieranno negli occhi della gente
                            così forte l'orribile misfatto,
                            che le lacrime affogheranno il vento.
                            Altro sprone non ho,
                            da conficcar nei fianchi al mio proposito
                            se non la volteggiante mia ambizione
                            che, nella smania di balzare in sella,
                            rischia di male misurar lo slancio,
                            e andare a ricader dall'altra parte.

                            Entra LADY MACBETH

                            Ebbene?

                            LADY MACBETH - Sta finendo di cenare.
                            Ma perché sei uscito dalla stanza?

                            MACBETH - M'ha cercato?

                            LADY MACBETH - Dovevi pur saperlo.

                            MACBETH - Non s'ha da andare avanti in questo affare.
                            M'ha ricolmato ancora d'altri onori;
                            e, grazie a lui, mi sono conquistata
                            una fama preziosa come l'oro
                            presso la gente d'ogni condizione.

                            LADY MACBETH - Era dunque l'effetto d'una sbornia
                            la speranza di cui ti sei vestito
                            fino a questo momento?
                            S'era assopita ed ora si ridesta
                            per riguardar con quella cèra pallida
                            ciò ch'è stata sì pronta a concepire?
                            Da qui innanzi farò lo stesso conto
                            dell'amor tuo. Ti fa tanta paura
                            mostrarti nell'azione e nel coraggio
                            quello stesso che sei nel desiderio?
                            Tu vuoi avere quello che consideri
                            l'ornamento di tutta un'esistenza,
                            e intanto vuoi continuare a vivere
                            stimandoti un ingnobile vigliacco,
                            lasciando che il "non oso"
                            sia sempre agli ordini dell'"io vorrei",
                            come il povero gatto della favola?

                            MACBETH - Taci, ti prego: so d'aver coraggio
                            quanto basta per fare nella vita
                            quel che s'addice a un uomo;
                            chi ardisce più di questo, non è uomo.

                            LADY MACBETH - Davvero? E allora che bestia era quella
                            che ti indusse a svelarmi il tuo disegno?
                            Uomo, sì, tu lo eri
                            quando avevi il coraggio di eseguirlo!
                            E tanto più tu lo saresti adesso,
                            se dimostrassi d'esser più d'allora,
                            quando non t'erano così propizi
                            né il momento né il luogo,
                            e tu te li volevi render tali;
                            ed ora che ti si offrono da soli
                            a te propizi, e il fatto che lo sono
                            ti deprime e ti priva di coraggio.
                            Ho allattato, e conosco la dolcezza
                            d'amare il bimbo che ti succhia il seno;
                            e tuttavia, mentr'egli avesse fiso
                            sul mio viso il faccino sorridente,
                            avrei strappato a forza il mio capezzolo
                            dalle sue nude tenere gengive,
                            e gli avrei fatto schizzare il cervello,
                            se mai ne avessi fatto giuramento,
                            come tu m'hai giurato di far questo!

                            MACBETH - E se poi non riesce?

                            LADY MACBETH - Non riuscire?

                            Ti basterà avvitare il tuo coraggio
                            e un solido sostegno, e riusciremo.
                            Quando Duncano sarà sprofondato
                            in un sonno pesante,
                            come è molto probabile lo inviti
                            la fatica del viaggio, io dal vino
                            e dalla crapula farò troncare
                            la fibra di quei due che son di scorta
                            alla sua camera sì che in entrambi
                            la memoria, guardiana del cervello
                            abbia a svanire come andata in fumo
                            e l'abitacolo della ragione
                            sia ridotto ad un semplice alambicco.
                            E quando l'affogata lor natura
                            s'affonderà in un maialesco sonno,
                            un sonno molto simile alla morte,
                            che cosa non potremo, tu ed io,
                            sul corpo incustodito di Duncano?
                            E che cosa non addossare, dopo,
                            a quelle spugne dei suoi guardacamera,
                            si'da accollare tutta su di loro
                            la colpa di quel nostro grande scempio?

                            MACBETH - Tu devi partorire solo maschi!
                            Ché solo a maschi potrebbe dar forma
                            la tua matrice di femmina indomita!...
                            Sì, quando avremo imbrattato di sangue
                            quei due che dormono nella sua camera,
                            dopo che avremo usato per ucciderlo
                            le stesse loro spade,
                            chi può dire che a compiere quell'atto
                            non siano stati proprio loro due?

                            LADY MACBETH - E chi oserebbe pensare altrimenti,
                            quando ci veda ruggir di dolore
                            e lacrimare sopra la sua morte?

                            MACBETH - Bene, ho deciso. Tutte le mie forze
                            sono sottese a questo orribil atto.
                            Ma adesso andiamo ad ingannar l'ambiente
                            dandoci un'apparenza di lietezza.
                            E celi un falso volto un falso cuore.
                            (Escono)
                            Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                            Buonanotte.

                            Commenta


                            • #29
                              Questo è il primo atto che proveremo venerdì, e finchè non lo metteremo in scena come si deve. A seguire gli altri quattro atti. Per dovere di cronaca, verranno rappresentati in cinque giornate diverse per motivi di tempo.
                              Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                              Buonanotte.

                              Commenta


                              • #30
                                COME PRECEDENTEMENTE ANNUNCIATO, ORE 18:00 PROVE GENERALI ATTO PRIMO. RITROVO AL MOONGATE DI LUNA. PRESENTATEVI SE POTETE.
                                Di fianco a me, morente anch'esso, giace il fallimento, avversario subdolo, ma apprezzabile per la sua tenacia. Oggi sono stato io il più forte, mio antico rivale.

                                Buonanotte.

                                Commenta

                                Sto operando...
                                X