Il terror, i preserver, l’arme, gli amori,
il male, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passò il Cataclisma
d’orror la terra, e in Sosaria nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’un Paladin del male: Drakus il suo manto.
Dirò di Drakus in un medesimo tratto
cosa non detta in prosa mai né in rima:
che per vendetta venne in furore matto
d’uom che sì saggio era stimato prima,
di vendicar la defunta Kana
sua ragion di vita, raggiante Britaniana.
L’alto valore e’ chiari gesti suoi
vi farò udir, se voi mi date orecchio,
e vostri pensier cedino un poco,
sì che tra lor i miei versi abbiano loco.
Drakus, che per quattro lustri
studiò l’Arte della guerra co’ suoi maestri
capì i segreti degli avi molesti,
studiando sui libri,
sconfiggendo i nemici,
compiva miracoli co’ semplici gesti.
Quel che animava la sua vita vana
era la donna nel suo cuor: Kana.
Passano gli anni,
ma otto son lunghi,
e Drakus ne ha fatto di strada,
per ritrovare tra i monti e i deserti
Kana, rapita da ignoti fetenti.
Desio di risposta al suo grande cruccio
scopre in realtà che l’ignoto e sol’uno,
un Drako : bastardo, fiero, crudele e oscuro
il suo nome e Kolkas ma non lo sa nessuno.
E così Drakus arrivò quivi al punto,
ma tosto si penti d’esservi giunto,
che vi fu tolta la sua donna poi:
ecco lo giudicio umano come spesso erra!
Kolkas lo vide, e senza pudorè,
tolse a Kana le restanti ore.
E mentre la terra bevea lo sangue di lei,
Drakus urlò forte, ‘sìttanto lo udiron puro li dei.
Quel che seguì tra questi due superbi
vo’ che per l’altra strofa si riserbi.
-Guerra e morte avrai- disse Kolkas –io non rifiuto
darlati,se la cerchi- e fermo attende.
Manco termina codesta frase
che Drakus è ormai tutto fuori di fase,
muove le membra, pronunzia favella:
E MORTE SIA! Poi gli và addosso e lo sbudella.
E mentre gli schiaccia pur le cervella
gli torna alla mente l’amata puella.
D’un bel pallore ha il bianco volto asperso,
come a’ gigli sarian miste viole,
e gli occhi al cielo affissa, e in lei converso
sembrà per la pietà il cielo e il sole;
e la man nuda e fredda alzando verso
il preserver in vece di parole,
gli dà pegno d’eterno amore.
I’ che vedetti la scena in toto
m‘avvicinai a quell’uomo stravolto,
che tenendo in grembo lei che trapassa
non si cura di me e mal si sconquassa:
in sé mal vivo e morto in lei ch’è morta.
Po’ cadde, al suolo riverso
col volto tutto di sudore terso
e il suo pensiero nell’oblio disperso.
Al suo risveglio
ne’ suoi occhi non avea luce alcuna,
E la sua armor divenne d’un color asperso,occhi dorati e squame son la sua maledizione
Sittanto a Guardian rivolse le sue parole,e con ghigno di gelo e freddo terrore
Dal loco si diparte,con manto d’orrore…
Di forte lega e col cor sittanto puro
di malvagità l’aria fendea,
con scopo avverso dagli dei,e impuro
e la vendetta le sue spoglie cingea.
Cantilenò con sono graffiante
Quel che la mente non potea capire ne comprendere.
Tanto che di magia l’aria avvolgea:
VOI SIETE LA CAUSA,NON MERITATE AMORE NE LODE ALCUNA!
ED IO,QUA LO PROMETTO E MAI PIU’ LO NEGO:
DI VOI LA FINE SARA’ PIU’ CRUA:
della vostra distruzione io mi faccio capo
e da cotanto loco di sangue colgo la preghiera:
“Paladin di morte e morte come cavalcatura io son,
per voi, guardar sì da vostri screzi dipartite finchè siete ancor in tempo,
perché non vi è più pericol per voi che me….”
Fu poi il nobil infranto, cinto e scomparso nel vento.
Il sangue suo a terra nero trasmutò, e di crepe cingea il terreo asperso.
Le sue membra oscur metallo avolgea,
e grige ali spiegò alla notte,
sittanto il cielo avvolgea.
E i giorni in cui la tenebra trama da padrone
Sittanto intonano i demoni un coro
La fiera belva oscura il sole
Là vi è un drako dagli occhi d’oro,
Là è Drakus che ferma il tuo cuore…
Io sono Egwene, e qui mi congedo, poiché egli è partito e mai più lo vedo...
il male, l’audaci imprese io canto,
che furo al tempo che passò il Cataclisma
d’orror la terra, e in Sosaria nocquer tanto,
seguendo l’ire e i giovenil furori
d’un Paladin del male: Drakus il suo manto.
Dirò di Drakus in un medesimo tratto
cosa non detta in prosa mai né in rima:
che per vendetta venne in furore matto
d’uom che sì saggio era stimato prima,
di vendicar la defunta Kana
sua ragion di vita, raggiante Britaniana.
L’alto valore e’ chiari gesti suoi
vi farò udir, se voi mi date orecchio,
e vostri pensier cedino un poco,
sì che tra lor i miei versi abbiano loco.
Drakus, che per quattro lustri
studiò l’Arte della guerra co’ suoi maestri
capì i segreti degli avi molesti,
studiando sui libri,
sconfiggendo i nemici,
compiva miracoli co’ semplici gesti.
Quel che animava la sua vita vana
era la donna nel suo cuor: Kana.
Passano gli anni,
ma otto son lunghi,
e Drakus ne ha fatto di strada,
per ritrovare tra i monti e i deserti
Kana, rapita da ignoti fetenti.
Desio di risposta al suo grande cruccio
scopre in realtà che l’ignoto e sol’uno,
un Drako : bastardo, fiero, crudele e oscuro
il suo nome e Kolkas ma non lo sa nessuno.
E così Drakus arrivò quivi al punto,
ma tosto si penti d’esservi giunto,
che vi fu tolta la sua donna poi:
ecco lo giudicio umano come spesso erra!
Kolkas lo vide, e senza pudorè,
tolse a Kana le restanti ore.
E mentre la terra bevea lo sangue di lei,
Drakus urlò forte, ‘sìttanto lo udiron puro li dei.
Quel che seguì tra questi due superbi
vo’ che per l’altra strofa si riserbi.
-Guerra e morte avrai- disse Kolkas –io non rifiuto
darlati,se la cerchi- e fermo attende.
Manco termina codesta frase
che Drakus è ormai tutto fuori di fase,
muove le membra, pronunzia favella:
E MORTE SIA! Poi gli và addosso e lo sbudella.
E mentre gli schiaccia pur le cervella
gli torna alla mente l’amata puella.
D’un bel pallore ha il bianco volto asperso,
come a’ gigli sarian miste viole,
e gli occhi al cielo affissa, e in lei converso
sembrà per la pietà il cielo e il sole;
e la man nuda e fredda alzando verso
il preserver in vece di parole,
gli dà pegno d’eterno amore.
I’ che vedetti la scena in toto
m‘avvicinai a quell’uomo stravolto,
che tenendo in grembo lei che trapassa
non si cura di me e mal si sconquassa:
in sé mal vivo e morto in lei ch’è morta.
Po’ cadde, al suolo riverso
col volto tutto di sudore terso
e il suo pensiero nell’oblio disperso.
Al suo risveglio
ne’ suoi occhi non avea luce alcuna,
E la sua armor divenne d’un color asperso,occhi dorati e squame son la sua maledizione
Sittanto a Guardian rivolse le sue parole,e con ghigno di gelo e freddo terrore
Dal loco si diparte,con manto d’orrore…
Di forte lega e col cor sittanto puro
di malvagità l’aria fendea,
con scopo avverso dagli dei,e impuro
e la vendetta le sue spoglie cingea.
Cantilenò con sono graffiante
Quel che la mente non potea capire ne comprendere.
Tanto che di magia l’aria avvolgea:
VOI SIETE LA CAUSA,NON MERITATE AMORE NE LODE ALCUNA!
ED IO,QUA LO PROMETTO E MAI PIU’ LO NEGO:
DI VOI LA FINE SARA’ PIU’ CRUA:
della vostra distruzione io mi faccio capo
e da cotanto loco di sangue colgo la preghiera:
“Paladin di morte e morte come cavalcatura io son,
per voi, guardar sì da vostri screzi dipartite finchè siete ancor in tempo,
perché non vi è più pericol per voi che me….”
Fu poi il nobil infranto, cinto e scomparso nel vento.
Il sangue suo a terra nero trasmutò, e di crepe cingea il terreo asperso.
Le sue membra oscur metallo avolgea,
e grige ali spiegò alla notte,
sittanto il cielo avvolgea.
E i giorni in cui la tenebra trama da padrone
Sittanto intonano i demoni un coro
La fiera belva oscura il sole
Là vi è un drako dagli occhi d’oro,
Là è Drakus che ferma il tuo cuore…
Io sono Egwene, e qui mi congedo, poiché egli è partito e mai più lo vedo...
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