La prima parte la trovate qui http://forum.gamesnet.it/showthread.php?t=337541
Anno ignoto, strane presenze erano presenti in tutto il globo, dal giorno del ritrovamento delle Rune universali, una setta di maghi e stregoni riuscirono ad aprire i cancelli delle dimensioni vicine, nuovi mondi, nuove persone e creature adesso girovagavano per tutte le 4 dimensioni conosciute. Ma un’entità era diversa dalle altre, si parlava di un uomo, senza volto con gli occhi di una luce rossa, un demonio alla vista di molti, eroe sotto quella di altri.
Egli era Etienne Navar, un nome ormai dimenticato in quelle terre da tanto tempo. Solo come lo è sempre stato, in cerca di qualche cosa, che neppure lui sapeva distinguere, una sensazione che orami torbida nel suo cuore lottava, con tutta la sua forza, di non cadere nel baratro di solitudine che albergava dentro di lui. Girovagava, senza meta con l’idea di proteggere i deboli.
Era notte fonda, egli nei pressi di un villaggio di poche anime, cercava un posto dove passare la notte, ormai stanco di dormire all’aperto, cercava un posto dove riposarsi e rifocillarsi.
Vide in lontananza, una vecchia casa, malconcia, piena di buchi e con pochi vetri ancora intatti nelle finestre. Decise di passare la notte li, dove sicuramente nessuna persona o cosa lo avrebbe disturbato. Apri la porta e con grande stupore egli si trova davanti a se una dozzina di bambini, nessuno di loro superava i 10 anni, seduti vicino al caminetto quasi spento, che ascoltavano una favola da una fanciulla la più grande di tutti.
Presi dalla paura alla vista di quest’estraneo intruso, scapparono tutti dietro la ragazza, che senza alcun timore guardava dritto negli occhi il viaggiatore.
Erano dei bambini, affamati e impauriti, allora mise a terra la sua sacca, e prese dal suo interno tutta la carne secca che aveva con se; con sguardo tenero e rassicurante porse il cibo dinnanzi ai bambini. La più piccola di tutte si avvicinò prese un pezzo di carne e iniziò a addentarla come se non mangiasse da giorni. Dopo di lei accorsero tutti vicino al viaggiatore che dava un pezzo di carne a tutti, nessuno escluso. Rimasto un solo pezzo egli si avvicina alla ragazza ancora insicura della natura dell’uomo, ma allegra alla vista dei bambini che mangiavano; l’uomo diede il trancio di carne alla donna che lo ringrazia con tutto il cuore.
Ad un tratto la piccina di nome Evey afferrò il mantello di Etienne, chiamandolo affettuosamente “Zio”, allora egli chiese se potesse rimanere a dormire per la notte, pagando ovviamente. I bambini, ormai tutti nel letto a dormire erano sereni. Vicino al fuoco che nel frattempo era stato ravvivato da Etienne con della legna asciutta, iniziò a parlare con la ragazza, Isabeau era il suo nome; venne a sapere che lei era un’orfana come lo erano tutti i bambini, i loro tutori furono uccisi da una banda di ladri che pretendevano un pagamento per la protezione, cosi divenne lei la tutrice, la sorella maggiore che curava tutti i bambini.
Dormivano tutti, tranne Etienne, stupito dalla volontà di vivere dei bambini, delle condizioni di vita alle quali erano sottoposti. Allora usci di casa, si tlose il mantello, gli mise dentro tutte le sue armi, l’armatura, e con indosso solo i pantaloni e la casacca, scavò un buco profondo vicino ad una grande quercia proprio a due passi da quella catapecchia e mise tutto li dentro.
Ormai giorno da un pezzo, si svegliarono tutti, e al loro risveglio c’era latte, pane per tutti. Etienne era andato in città e con i suoi soldi aveva pagato tutto e preparato la tavola. Poi ad alta voce disse “e se lo Zio rimanesse con voi per un po’ di tempo?” con le mani al cielo tutti i bambini urlarono “Siiii”.
Lo Zio aveva il suo da fare in quella casetta, iniziò con le riparazioni, andava a caccia, insegnava tutto quello che sapeva ai ragazzini; mentre Isabeau pensava alle pulizie, cucinare e badare ai bambini più piccoli.
Dopo un paio di mesi, le voci si sparsero nel villaggio, la casa era quasi finita, ed un giorno iniziarono a far visita una ad una, tutte le famiglie del villaggio, portando utensili, vestiti usati, giocattoli e molte altre cose. Stava andando tutto alla perfezione; ma Etienne aveva un dubbio, come mai quest’attenzione, se prima c’era tanta indifferenza? Non se lo sapeva spiegare.
Dopo qualche anno, quasi tutti i bambini erano ormai uomini, che avevano imparato tutto quello che lo Zio gli aveva insegnato, e le bambine erano diventate delle donne. Ma soprattutto Etienne aveva raggiunto un suo equilibrio, era sereno e passava le sue giornate lavorando con gli orfani ormai visti come “figli”. Fra Etienne e Isabeau nacque un sentimento particolare, erano in sincronia su tutto, si scambiavano tenere carezze e ogni giorno al ritorno a casa dal lavoro lei lo abbracciava invitandolo ad entrare in casa e a togliersi gli scarponi. Questo sentimento si tramutò in Amore e nessuno dei due era spaventato da ciò che sentivano.
Nessuno era informato del suo passato, della sua vera natura, non invecchiava, non era mai affaticato. Era contento di questo, mallo stesso tempo aveva vergogna per il fatto di tenere nascosta questa cosa, in un qualche modo gli tradiva, ed era una cosa che non voleva fare, ma necessaria.
Ormai la vita in paese era cosa di tutti i giorni, una volta non ci mettevano neanche piede, invece adesso, erano i ben venuti, e spesso c’erano dei piccoli lavori da fare o baratti, ormai anche senza l’aiuto dello Zio quei ragazzi sarebbero riusciti ad andare avanti da soli.
Anno ignoto, strane presenze erano presenti in tutto il globo, dal giorno del ritrovamento delle Rune universali, una setta di maghi e stregoni riuscirono ad aprire i cancelli delle dimensioni vicine, nuovi mondi, nuove persone e creature adesso girovagavano per tutte le 4 dimensioni conosciute. Ma un’entità era diversa dalle altre, si parlava di un uomo, senza volto con gli occhi di una luce rossa, un demonio alla vista di molti, eroe sotto quella di altri.
Egli era Etienne Navar, un nome ormai dimenticato in quelle terre da tanto tempo. Solo come lo è sempre stato, in cerca di qualche cosa, che neppure lui sapeva distinguere, una sensazione che orami torbida nel suo cuore lottava, con tutta la sua forza, di non cadere nel baratro di solitudine che albergava dentro di lui. Girovagava, senza meta con l’idea di proteggere i deboli.
Era notte fonda, egli nei pressi di un villaggio di poche anime, cercava un posto dove passare la notte, ormai stanco di dormire all’aperto, cercava un posto dove riposarsi e rifocillarsi.
Vide in lontananza, una vecchia casa, malconcia, piena di buchi e con pochi vetri ancora intatti nelle finestre. Decise di passare la notte li, dove sicuramente nessuna persona o cosa lo avrebbe disturbato. Apri la porta e con grande stupore egli si trova davanti a se una dozzina di bambini, nessuno di loro superava i 10 anni, seduti vicino al caminetto quasi spento, che ascoltavano una favola da una fanciulla la più grande di tutti.
Presi dalla paura alla vista di quest’estraneo intruso, scapparono tutti dietro la ragazza, che senza alcun timore guardava dritto negli occhi il viaggiatore.
Erano dei bambini, affamati e impauriti, allora mise a terra la sua sacca, e prese dal suo interno tutta la carne secca che aveva con se; con sguardo tenero e rassicurante porse il cibo dinnanzi ai bambini. La più piccola di tutte si avvicinò prese un pezzo di carne e iniziò a addentarla come se non mangiasse da giorni. Dopo di lei accorsero tutti vicino al viaggiatore che dava un pezzo di carne a tutti, nessuno escluso. Rimasto un solo pezzo egli si avvicina alla ragazza ancora insicura della natura dell’uomo, ma allegra alla vista dei bambini che mangiavano; l’uomo diede il trancio di carne alla donna che lo ringrazia con tutto il cuore.
Ad un tratto la piccina di nome Evey afferrò il mantello di Etienne, chiamandolo affettuosamente “Zio”, allora egli chiese se potesse rimanere a dormire per la notte, pagando ovviamente. I bambini, ormai tutti nel letto a dormire erano sereni. Vicino al fuoco che nel frattempo era stato ravvivato da Etienne con della legna asciutta, iniziò a parlare con la ragazza, Isabeau era il suo nome; venne a sapere che lei era un’orfana come lo erano tutti i bambini, i loro tutori furono uccisi da una banda di ladri che pretendevano un pagamento per la protezione, cosi divenne lei la tutrice, la sorella maggiore che curava tutti i bambini.
Dormivano tutti, tranne Etienne, stupito dalla volontà di vivere dei bambini, delle condizioni di vita alle quali erano sottoposti. Allora usci di casa, si tlose il mantello, gli mise dentro tutte le sue armi, l’armatura, e con indosso solo i pantaloni e la casacca, scavò un buco profondo vicino ad una grande quercia proprio a due passi da quella catapecchia e mise tutto li dentro.
Ormai giorno da un pezzo, si svegliarono tutti, e al loro risveglio c’era latte, pane per tutti. Etienne era andato in città e con i suoi soldi aveva pagato tutto e preparato la tavola. Poi ad alta voce disse “e se lo Zio rimanesse con voi per un po’ di tempo?” con le mani al cielo tutti i bambini urlarono “Siiii”.
Lo Zio aveva il suo da fare in quella casetta, iniziò con le riparazioni, andava a caccia, insegnava tutto quello che sapeva ai ragazzini; mentre Isabeau pensava alle pulizie, cucinare e badare ai bambini più piccoli.
Dopo un paio di mesi, le voci si sparsero nel villaggio, la casa era quasi finita, ed un giorno iniziarono a far visita una ad una, tutte le famiglie del villaggio, portando utensili, vestiti usati, giocattoli e molte altre cose. Stava andando tutto alla perfezione; ma Etienne aveva un dubbio, come mai quest’attenzione, se prima c’era tanta indifferenza? Non se lo sapeva spiegare.
Dopo qualche anno, quasi tutti i bambini erano ormai uomini, che avevano imparato tutto quello che lo Zio gli aveva insegnato, e le bambine erano diventate delle donne. Ma soprattutto Etienne aveva raggiunto un suo equilibrio, era sereno e passava le sue giornate lavorando con gli orfani ormai visti come “figli”. Fra Etienne e Isabeau nacque un sentimento particolare, erano in sincronia su tutto, si scambiavano tenere carezze e ogni giorno al ritorno a casa dal lavoro lei lo abbracciava invitandolo ad entrare in casa e a togliersi gli scarponi. Questo sentimento si tramutò in Amore e nessuno dei due era spaventato da ciò che sentivano.
Nessuno era informato del suo passato, della sua vera natura, non invecchiava, non era mai affaticato. Era contento di questo, mallo stesso tempo aveva vergogna per il fatto di tenere nascosta questa cosa, in un qualche modo gli tradiva, ed era una cosa che non voleva fare, ma necessaria.
Ormai la vita in paese era cosa di tutti i giorni, una volta non ci mettevano neanche piede, invece adesso, erano i ben venuti, e spesso c’erano dei piccoli lavori da fare o baratti, ormai anche senza l’aiuto dello Zio quei ragazzi sarebbero riusciti ad andare avanti da soli.
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