Xander True, bardo, poeta e cantore:
Per chiunque voglia trovar piacere all’udire del racconto d’un collezionista di pagine di storie d’ogni comun singolo viandante, Xander si permette di saziare la sua fame, oggi, voglio narrare la vita di un uomo comune, che vogliate starmi ad ascoltare per sopperire all’incapacità di trovare quelle tanto agognate soluzioni o meno, cominci la magia dell’atmosfera...
“Io... Tornerò... Te lo giuro...”
Sottile il menar tali destrieri a cavalcar l’aere, tosto che il rantolio di greve melodia sostituisca nota gelida del pronunciar sentenza per accarezzare, al fine celo di stringere nella morsa quella corda spessa che fia discesa per calar sipario a rabbuiar l’occhio velato dalla di tenebra foriera...
Marcia con armoniosa cadenza l’armata scissa del destino, onda ‘si violenta quanto all’occhio fragil’e’vorticoso scivolar d’una miriade tinta, marcia ora sfilando n’anzi ‘l giovane prono, vittima dello scherzo crudele fatto all’omo in procinto di prostrarsi ad altra vita...
Ricordo...
Colto da quel lume dal vivido tepore, più volte ruota il capo in cerca come di qualcosa... Cosi irreale... Uno sguardo allo specchio, cristallina fulgida parete fedele interprete della realtà ingannevole e sfuggente ch’alle spalle dell’osservatore s’erge... Ei d’innocenza gremito è presto a catturar l’attento, stupito, attonito di fronte a superficie vacua che par rifiutare il suo riflesso anche al lambire incredulo...
Di parole soffiate al vento, coscienza viene colmata mescolando a quel profumo di vita unto il sussurrare, perso, del cantore mai stanco... E ammirevole ei si volge, all’impatto quella lacrima d’amara dolcezza scivola attraversando l’anima per balenare vinta a mormorar nostalgico dolore...
Barlume d’amarezza da scintilla in fiamma muta tosto, atto a logorare ancora quella corda finemente tesa ad afferrar la vita... Socchiudersi delle palpebre ad accompagnar la stretta del pugno, sciapa...
Chinatosi a cacciar la memoria ostile, cade in ginocchio, frastornato dal confuso ritornello dei mille colori cangianti, dipinti ad agile pennellata dal fautor del fato sino a prendere forma e delineare quel luogo, cosi bello e familiare, cosi pieno di ricordi, quasi una carezza al desiderio di tornare indietro, tornare indietro prima che i toni ibridi della brillante valle assumano quel cupo andare ombroso dalla sfumatura d’un sudario scuro... Prima che le grida tornino insistenti a tuonare piovendo acqua gelida sull’anima in tumulto, padrone del ricordo a rammentare, riesumare quelle sensazioni, emozioni cucite dal sottile filo del timore tesso all’ira repressa dalla consapevolezza d’una palese impotenza, empia maschera plasmata a celar parziale l’amarezza insinuatasi predatrice fra’l sangue fluente.
Frivolo pragmatico ruscello, ei scivola danzando attimo ad attimo sin quando, morente l’arme rende... Semplice è il cammino di colui che del d’intorno non si cura, e come il ruscello scivola frivolo lungo la sua esistenza, inconscio dell’essenza dei fatti e perennemente ingannato dalla bugiarda entità delle Terre dell’inganno...
Nelle terre dove l’ingiustizia coltiva i suoi semi, li giace il giovane dal viso bagnato ormai in contemplazione di quel passato cosi duro, che l’ha reso cosi duro, un cuore costretto a difendersi sin dalla più tenera età non può che mutare in un cuore protetto e impenetrabile...
Ancora un lampo a tagliar le tele del cielo in modo tenue tenuto in lume dalla fiamma devastatrice...
Spirito viandante o anima leggiadra, alla sua vista imposta viene la cavalcata dello scrittore eterno, ‘si crudele e intangibile la sentenza inflitta dalla penna, inchiostro sanguigno dall’indelebile segnar la strada d’ogni uno, vuol esser traghettatore sullo Stige il libro dalle pagine ormai antiche...
Pungente, quel gelo che impertinente s’insinua a penetrar la carne e l’ossa rincorrendo l’anima per morderla, ammaliando con un abbraccio dall’ingannevole natura la vittima prescelta al nascere sul lontano orizzonte della vacua veste scucita, sempre più vicina foriera di timore... Un passo indietro... Un brivido... Nell’infinita maestosità della vuota essenza il condannato riconosce se stesso, ma è veramente ei, sotto tal aspetto ‘si mero, privato della maschera che ogni uomo disegna per proteggere se stesso...?
“Chi... Sei..?” appariva cosi... Cosi ignoto, cosi sconosciuto... Chi era il vecchio che lo guardava, con quell’espressione cosi curiosa..?
“Dormi da molto, devi aver preso una brutta botta, hai perso molto sangue... Credo tu debba ritenerti fortunato”
“Dove sono..?”
“Benvenuto a Britain, ragazzo, io sono Shidra Orwish, un taglialegna come un altro...”
“E... La valle... E quell’uomo in armatura..?”
“Ragazzo, stai delirando, meglio che inizi a prepararti qualcosa da mangiare...”
Cosi confuso, facile preda di quello scherzo arguto, divertimento del ramingo errante...
Ancora una volta sfiora la superficie dello specchio, stavolta piena della sua immagine... Tanti ricordi, cosi confusi... Solo immagini senza significato, un nome dimenticato nell’oblio... E adesso doveva scoprire la verità... Quella spada cosi affilata che pendeva al suo fianco, era sparita...
Glebur Heln, cosi si fece chiamare ei che del suo passato era fiero ricercatore, costui lasciò Britain molto presto, fin troppo presto, senza una meta, ma vessillo errante di un’esistenza maltrattata... Gregario di una carovana, armato di un vecchio ferro e di un bagliore intenso che animava il suo spirito forte e invulnerabile, il giovane senza origini partì alla ricerca di se stesso, fiero accompagnatore di un timido mercante ei suoi burberi mercenari.
Durante i suoi viaggi con diverse carovane, Glebur resta particolarmente segnato dagli insegnamenti che sanno dargli il mercenario Illir Ythil e suo fratello Savandor Ythil, i due sembrano prendere la vita con una calma e una fermezza quasi irritante, e non appaiono curarsi di quello che accade al di fuori della loro piccola cerchia di interessi, un modo di pensare poco ambizioso, che spinge il giovane a riflettere sui suoi obiettivi... Già... Probabilmente il vecchio se stesso era ormai acqua passata, probabilmente era giusto proseguire per quello che voleva diventare, proseguire lungo l’arduo cammino che il fato riservava a chi nascondeva bene, o mostrava apertamente la sua meta: diventare il migliore e tornare a vendicarsi di un destino ingiustamente avverso.
Cosi si chiude il mio racconto, il ragazzo ormai uomo, non so più cos’abbia fatto, dall’ultima volta... Ma credo che sentirò ancora parlare di lui, e allora sarò pronto a catturare quel che segue alla sua tormentata esistenza, cosi deciderò se mostrarvi un lieto fine o dedicarvi una morale...
Per chiunque voglia trovar piacere all’udire del racconto d’un collezionista di pagine di storie d’ogni comun singolo viandante, Xander si permette di saziare la sua fame, oggi, voglio narrare la vita di un uomo comune, che vogliate starmi ad ascoltare per sopperire all’incapacità di trovare quelle tanto agognate soluzioni o meno, cominci la magia dell’atmosfera...
“Io... Tornerò... Te lo giuro...”
Sottile il menar tali destrieri a cavalcar l’aere, tosto che il rantolio di greve melodia sostituisca nota gelida del pronunciar sentenza per accarezzare, al fine celo di stringere nella morsa quella corda spessa che fia discesa per calar sipario a rabbuiar l’occhio velato dalla di tenebra foriera...
Marcia con armoniosa cadenza l’armata scissa del destino, onda ‘si violenta quanto all’occhio fragil’e’vorticoso scivolar d’una miriade tinta, marcia ora sfilando n’anzi ‘l giovane prono, vittima dello scherzo crudele fatto all’omo in procinto di prostrarsi ad altra vita...
Ricordo...
Colto da quel lume dal vivido tepore, più volte ruota il capo in cerca come di qualcosa... Cosi irreale... Uno sguardo allo specchio, cristallina fulgida parete fedele interprete della realtà ingannevole e sfuggente ch’alle spalle dell’osservatore s’erge... Ei d’innocenza gremito è presto a catturar l’attento, stupito, attonito di fronte a superficie vacua che par rifiutare il suo riflesso anche al lambire incredulo...
Di parole soffiate al vento, coscienza viene colmata mescolando a quel profumo di vita unto il sussurrare, perso, del cantore mai stanco... E ammirevole ei si volge, all’impatto quella lacrima d’amara dolcezza scivola attraversando l’anima per balenare vinta a mormorar nostalgico dolore...
Barlume d’amarezza da scintilla in fiamma muta tosto, atto a logorare ancora quella corda finemente tesa ad afferrar la vita... Socchiudersi delle palpebre ad accompagnar la stretta del pugno, sciapa...
Chinatosi a cacciar la memoria ostile, cade in ginocchio, frastornato dal confuso ritornello dei mille colori cangianti, dipinti ad agile pennellata dal fautor del fato sino a prendere forma e delineare quel luogo, cosi bello e familiare, cosi pieno di ricordi, quasi una carezza al desiderio di tornare indietro, tornare indietro prima che i toni ibridi della brillante valle assumano quel cupo andare ombroso dalla sfumatura d’un sudario scuro... Prima che le grida tornino insistenti a tuonare piovendo acqua gelida sull’anima in tumulto, padrone del ricordo a rammentare, riesumare quelle sensazioni, emozioni cucite dal sottile filo del timore tesso all’ira repressa dalla consapevolezza d’una palese impotenza, empia maschera plasmata a celar parziale l’amarezza insinuatasi predatrice fra’l sangue fluente.
Frivolo pragmatico ruscello, ei scivola danzando attimo ad attimo sin quando, morente l’arme rende... Semplice è il cammino di colui che del d’intorno non si cura, e come il ruscello scivola frivolo lungo la sua esistenza, inconscio dell’essenza dei fatti e perennemente ingannato dalla bugiarda entità delle Terre dell’inganno...
Nelle terre dove l’ingiustizia coltiva i suoi semi, li giace il giovane dal viso bagnato ormai in contemplazione di quel passato cosi duro, che l’ha reso cosi duro, un cuore costretto a difendersi sin dalla più tenera età non può che mutare in un cuore protetto e impenetrabile...
Ancora un lampo a tagliar le tele del cielo in modo tenue tenuto in lume dalla fiamma devastatrice...
Spirito viandante o anima leggiadra, alla sua vista imposta viene la cavalcata dello scrittore eterno, ‘si crudele e intangibile la sentenza inflitta dalla penna, inchiostro sanguigno dall’indelebile segnar la strada d’ogni uno, vuol esser traghettatore sullo Stige il libro dalle pagine ormai antiche...
Pungente, quel gelo che impertinente s’insinua a penetrar la carne e l’ossa rincorrendo l’anima per morderla, ammaliando con un abbraccio dall’ingannevole natura la vittima prescelta al nascere sul lontano orizzonte della vacua veste scucita, sempre più vicina foriera di timore... Un passo indietro... Un brivido... Nell’infinita maestosità della vuota essenza il condannato riconosce se stesso, ma è veramente ei, sotto tal aspetto ‘si mero, privato della maschera che ogni uomo disegna per proteggere se stesso...?
“Chi... Sei..?” appariva cosi... Cosi ignoto, cosi sconosciuto... Chi era il vecchio che lo guardava, con quell’espressione cosi curiosa..?
“Dormi da molto, devi aver preso una brutta botta, hai perso molto sangue... Credo tu debba ritenerti fortunato”
“Dove sono..?”
“Benvenuto a Britain, ragazzo, io sono Shidra Orwish, un taglialegna come un altro...”
“E... La valle... E quell’uomo in armatura..?”
“Ragazzo, stai delirando, meglio che inizi a prepararti qualcosa da mangiare...”
Cosi confuso, facile preda di quello scherzo arguto, divertimento del ramingo errante...
Ancora una volta sfiora la superficie dello specchio, stavolta piena della sua immagine... Tanti ricordi, cosi confusi... Solo immagini senza significato, un nome dimenticato nell’oblio... E adesso doveva scoprire la verità... Quella spada cosi affilata che pendeva al suo fianco, era sparita...
Glebur Heln, cosi si fece chiamare ei che del suo passato era fiero ricercatore, costui lasciò Britain molto presto, fin troppo presto, senza una meta, ma vessillo errante di un’esistenza maltrattata... Gregario di una carovana, armato di un vecchio ferro e di un bagliore intenso che animava il suo spirito forte e invulnerabile, il giovane senza origini partì alla ricerca di se stesso, fiero accompagnatore di un timido mercante ei suoi burberi mercenari.
Durante i suoi viaggi con diverse carovane, Glebur resta particolarmente segnato dagli insegnamenti che sanno dargli il mercenario Illir Ythil e suo fratello Savandor Ythil, i due sembrano prendere la vita con una calma e una fermezza quasi irritante, e non appaiono curarsi di quello che accade al di fuori della loro piccola cerchia di interessi, un modo di pensare poco ambizioso, che spinge il giovane a riflettere sui suoi obiettivi... Già... Probabilmente il vecchio se stesso era ormai acqua passata, probabilmente era giusto proseguire per quello che voleva diventare, proseguire lungo l’arduo cammino che il fato riservava a chi nascondeva bene, o mostrava apertamente la sua meta: diventare il migliore e tornare a vendicarsi di un destino ingiustamente avverso.
Cosi si chiude il mio racconto, il ragazzo ormai uomo, non so più cos’abbia fatto, dall’ultima volta... Ma credo che sentirò ancora parlare di lui, e allora sarò pronto a catturare quel che segue alla sua tormentata esistenza, cosi deciderò se mostrarvi un lieto fine o dedicarvi una morale...
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