^_^ Lo mando subito anche all'indirizzo postato nel "conciglio dei lord". Lo metto qui solo per farvi vedere com'e', fatemi qualche commento se vi va.
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Buio.
Un'oscurita' dominata da un fuoco tremulo, un fuoco di tanto in tanto mosso da un bastoncino ormai annerito dall'uso, annerito quanto l'anima di colui che lo padroneggia. Odore di rum che impregna l'aria. Urla, strepitii, risate, rumore di acciaio contro acciaio, forte odore di donna. Ma colui che osserva perso il baglione nell'oscurita, non ode, non vede, non accusa gli odori. Due occhi penetranti da felino lo fissano dall'altra parte del focolare.
"In cosa credi, tu?"
La domanda saetta nell'aria come una freccia ghiacciata, andando a colpire la parte piu' intima dell'uomo che giocherellava col bastoncino, perso nei meandri della sua mente. Cio' che lui e suoi compagni avevano passato nell'ultimo anno aveva distolto la sua attenzione da cio' che viene chiamato "ideale", o da alcuni "sogno"... La loro meditazione e' stata duramente provata dalla fame, dal freddo, dal sangue versato, dalla fatica... Dal rimorso... Dalla nostalgia. Nostalgia per una casa e una terra che non c'era piu', bruciata nel gorgo degli anni dall'animo corrotto dell'uomo stesso. Il regno di di Injzian, la roccaforte del Lorderon meridionale in cui era nato, aveva resistito a tutto: guerre ad orchi e draghi, l'avvento dell'orda e della legione infuocata che avevano distrutto mondi interi non erano riusciti a piegare le roccie della citta', e si ricordo' come da bambino cio' lo avesse riempito di orgoglio e di amore per la giustizia, di una speranza di poter cambiare il mondo che credeva non avrebbe perso mai. Ma si sbagliava. Era passati solo dei mesi, eppure il tempo in cui egli abitava ad Injzian sembrava appartenere ad un'altra era. Un tempo lontano, in cui egli aveva un nome... Un nome...
Le pesanti porte della sala reale della citta' di Injzian si spalancarono di botto, i cardini quasi portati alla rottura. Due uomini ed un nano, portanti tutti e tre l'armatura argentea, entrarono a grandi passi nella sala, facendo riecheggiare il rumore delle pesanti armature, i cui pezzi cozzavano l'uno contro l'altro. Le armature erano di una fattura sublime, interamente in argento lavorato con fini decorazioni e intarsi runici, tesi a rafforzare le difese del materiale. Sul petto e sulla schiena dominava il bassorilievo di un grande dragone, il simbolo del regno del Lorderon, mentre le spalle dell'armatura avevano intarsiato in roccia lavica la "S", simbolo del Silver Order, la guardia giurata del regno. Solo un attento esame avrebbe potuto pero' rivelare questi dettagli; il bellissimo colore dell'argento era infatti difficilmente identificabile sotto il sangue che ricopriva quasi interamente le armature.
I tre avanzarono nella sala regale deserta, e si fermarono nei pressi del trono, inginocchiandosi e rialzandosi. Si osservarono l'uno con l'altro, in un silenzio di pietra che nessuno osava interrompere...
"Questa situazione non puo' andare avanti" disse improvvisamente uno degli uomini, con l'armatura piu' pesante e scalfita. Il nano si sedette per terra con un sospiro, e prese a ad asciugare la spada intaccata dalle viscere di decine di sfortunati.
"Cosa vuoi dire?" Una domanda retorica. Il dolore albergava negli occhi di entrambi gli uomini.
"Lo sai benissimo. E' la terza rivolta questo mese. Da quando la legione infuocata e' stata scacciata dalle nostre terre, le persone sono cambiate. Il vizio alberga in ogni dove, l'opulenza ha reso debole e grassa una piccola parte della popolazione... E sta facendo morire la restante di fame."
L'uomo con l'armatura leggera distolse lo sguardo, fece alcuni, stanchi passi e si sedette pesantemente sul trono del sovrano. Poi disse:
"Facciamo unicamente il nostro dovere. A nessuno puo' piacere uccidere degli innocenti affamati, ma e' cio' che il re ci ha ordinato. La nostra fedelta' e' da sempre totale, l'hai dimenticato?"
"Assolutamente no" si affretto' a rispondere "La nostra fedelta' al regno e' indiscussa, noi siamo l'Ordine d'Argento, e da oltre mille anni siamo i difensori delle mura cittadine!"
Il nano sbotto' in una risata silenziosa. Gli uomini lo guardarono stancamente.
"Tuttavia, l'attacco al tempio... E' stato strano..."
Entrambi alzarono gli occhi a fissare l'uomo con l'armatura pesante. Sapevano di cosa stava parlando. Un manipolo di affamati aveva attaccato il tempio in onore dell'Enziano in cerca di cibo e denaro, e i sacerdoti non avevano opposto alcuna resistenza.
In piu' di mille anni di storia, nessun tempio Enziano era mai stato violato. Il Maestro aveva sempre aiutato i suoi sacerdoti, li aveva resi forti e veloci, aveva reso piu' robuste le mura dell'edificio... Ma stavolta no. I sacerdoti avevano lasciato passare la gente, il tempio sembrava come morto. Una fatto di questo genere era, agli occhi di molti, passato inosservato. Ma per i tre che avevano passato la vita a difendere le leggi della citta' e dei templi, non era cosi'.
"Comincio a temere" continuo' l'uomo "che il nostro mondo stia andando verso il disastro. Senza accorgersene. Come un grifone cieco che va a suicidarsi contro una parete di montagna. Il re e' debole e morente, i suoi figli non sanno trovare un accordo per la successione poiche' troppo avidi; i nobili combattenti sono diventati dei mercanti ricchi e debosciati, in grado solo di soddisfare i propri luridi vizi. E i nobili nani delle antiche casate..." fece una pausa per osservare i tristi occhi della bassa figura accanto a lui "... Se ne sono andati tutti. Forse la loro vista e' stata piu' lunga della nostra." Il ricordo torno, con una fitta di dolore, al suo tutore Nicolae... Non era stato diverso dal solito, quel giorno. Scherzoso come sempre.... Ma se ne stava andando. Non erano mai le parole, in lui, a parlare. Erano sempre stati i fatti. Se n'era andato, senza voltarsi.
"Forse" concluse ripensando alla giornata appena vissuta "l'Enziano stesso di ha abbandonati."
Nessuno disse niente per confermare quell'idea, che si era tristemente radicata nell'animo di ciascuno di loro.
----- Fine prima parte
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Buio.
Un'oscurita' dominata da un fuoco tremulo, un fuoco di tanto in tanto mosso da un bastoncino ormai annerito dall'uso, annerito quanto l'anima di colui che lo padroneggia. Odore di rum che impregna l'aria. Urla, strepitii, risate, rumore di acciaio contro acciaio, forte odore di donna. Ma colui che osserva perso il baglione nell'oscurita, non ode, non vede, non accusa gli odori. Due occhi penetranti da felino lo fissano dall'altra parte del focolare.
"In cosa credi, tu?"
La domanda saetta nell'aria come una freccia ghiacciata, andando a colpire la parte piu' intima dell'uomo che giocherellava col bastoncino, perso nei meandri della sua mente. Cio' che lui e suoi compagni avevano passato nell'ultimo anno aveva distolto la sua attenzione da cio' che viene chiamato "ideale", o da alcuni "sogno"... La loro meditazione e' stata duramente provata dalla fame, dal freddo, dal sangue versato, dalla fatica... Dal rimorso... Dalla nostalgia. Nostalgia per una casa e una terra che non c'era piu', bruciata nel gorgo degli anni dall'animo corrotto dell'uomo stesso. Il regno di di Injzian, la roccaforte del Lorderon meridionale in cui era nato, aveva resistito a tutto: guerre ad orchi e draghi, l'avvento dell'orda e della legione infuocata che avevano distrutto mondi interi non erano riusciti a piegare le roccie della citta', e si ricordo' come da bambino cio' lo avesse riempito di orgoglio e di amore per la giustizia, di una speranza di poter cambiare il mondo che credeva non avrebbe perso mai. Ma si sbagliava. Era passati solo dei mesi, eppure il tempo in cui egli abitava ad Injzian sembrava appartenere ad un'altra era. Un tempo lontano, in cui egli aveva un nome... Un nome...
Le pesanti porte della sala reale della citta' di Injzian si spalancarono di botto, i cardini quasi portati alla rottura. Due uomini ed un nano, portanti tutti e tre l'armatura argentea, entrarono a grandi passi nella sala, facendo riecheggiare il rumore delle pesanti armature, i cui pezzi cozzavano l'uno contro l'altro. Le armature erano di una fattura sublime, interamente in argento lavorato con fini decorazioni e intarsi runici, tesi a rafforzare le difese del materiale. Sul petto e sulla schiena dominava il bassorilievo di un grande dragone, il simbolo del regno del Lorderon, mentre le spalle dell'armatura avevano intarsiato in roccia lavica la "S", simbolo del Silver Order, la guardia giurata del regno. Solo un attento esame avrebbe potuto pero' rivelare questi dettagli; il bellissimo colore dell'argento era infatti difficilmente identificabile sotto il sangue che ricopriva quasi interamente le armature.
I tre avanzarono nella sala regale deserta, e si fermarono nei pressi del trono, inginocchiandosi e rialzandosi. Si osservarono l'uno con l'altro, in un silenzio di pietra che nessuno osava interrompere...
"Questa situazione non puo' andare avanti" disse improvvisamente uno degli uomini, con l'armatura piu' pesante e scalfita. Il nano si sedette per terra con un sospiro, e prese a ad asciugare la spada intaccata dalle viscere di decine di sfortunati.
"Cosa vuoi dire?" Una domanda retorica. Il dolore albergava negli occhi di entrambi gli uomini.
"Lo sai benissimo. E' la terza rivolta questo mese. Da quando la legione infuocata e' stata scacciata dalle nostre terre, le persone sono cambiate. Il vizio alberga in ogni dove, l'opulenza ha reso debole e grassa una piccola parte della popolazione... E sta facendo morire la restante di fame."
L'uomo con l'armatura leggera distolse lo sguardo, fece alcuni, stanchi passi e si sedette pesantemente sul trono del sovrano. Poi disse:
"Facciamo unicamente il nostro dovere. A nessuno puo' piacere uccidere degli innocenti affamati, ma e' cio' che il re ci ha ordinato. La nostra fedelta' e' da sempre totale, l'hai dimenticato?"
"Assolutamente no" si affretto' a rispondere "La nostra fedelta' al regno e' indiscussa, noi siamo l'Ordine d'Argento, e da oltre mille anni siamo i difensori delle mura cittadine!"
Il nano sbotto' in una risata silenziosa. Gli uomini lo guardarono stancamente.
"Tuttavia, l'attacco al tempio... E' stato strano..."
Entrambi alzarono gli occhi a fissare l'uomo con l'armatura pesante. Sapevano di cosa stava parlando. Un manipolo di affamati aveva attaccato il tempio in onore dell'Enziano in cerca di cibo e denaro, e i sacerdoti non avevano opposto alcuna resistenza.
In piu' di mille anni di storia, nessun tempio Enziano era mai stato violato. Il Maestro aveva sempre aiutato i suoi sacerdoti, li aveva resi forti e veloci, aveva reso piu' robuste le mura dell'edificio... Ma stavolta no. I sacerdoti avevano lasciato passare la gente, il tempio sembrava come morto. Una fatto di questo genere era, agli occhi di molti, passato inosservato. Ma per i tre che avevano passato la vita a difendere le leggi della citta' e dei templi, non era cosi'.
"Comincio a temere" continuo' l'uomo "che il nostro mondo stia andando verso il disastro. Senza accorgersene. Come un grifone cieco che va a suicidarsi contro una parete di montagna. Il re e' debole e morente, i suoi figli non sanno trovare un accordo per la successione poiche' troppo avidi; i nobili combattenti sono diventati dei mercanti ricchi e debosciati, in grado solo di soddisfare i propri luridi vizi. E i nobili nani delle antiche casate..." fece una pausa per osservare i tristi occhi della bassa figura accanto a lui "... Se ne sono andati tutti. Forse la loro vista e' stata piu' lunga della nostra." Il ricordo torno, con una fitta di dolore, al suo tutore Nicolae... Non era stato diverso dal solito, quel giorno. Scherzoso come sempre.... Ma se ne stava andando. Non erano mai le parole, in lui, a parlare. Erano sempre stati i fatti. Se n'era andato, senza voltarsi.
"Forse" concluse ripensando alla giornata appena vissuta "l'Enziano stesso di ha abbandonati."
Nessuno disse niente per confermare quell'idea, che si era tristemente radicata nell'animo di ciascuno di loro.
----- Fine prima parte
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