In questa breve digressione cercheremo di mettere in evidenza alcuni elementi facenti parte del ricco mondo rappresentato nell’ opera di Tolkien “Il Signore degli Anelli”, recentemente comparso in versione cinematografica.
Senza avere la presunzione di sapere alcune verità né di avere perfettamente inteso il pensiero dell’ autore o la filosofia sottostante, proviamo a pensare per un attimo a come questa storia o meglio ancora quest’ epica, rifletta le possibili vicende salienti di un’ epoca precedente alla nostra, collocabile in un tempo anteriore a quel 10500 Avanti Cristo che secondo numerosi autori del nostro tempo corrisponde al diluvio universale o a uno di essi, suggellando così una separazione con il nostro momento storico.
Cerchiamo di vedere le vicende narrate non solo come degli avvenimenti realmente accaduti, ma anche e soprattutto da un punto di vista simbolico cogliendone alcuni significati.
Gli Hobbit, gli elfi, gli uomini, gli orchi e cosi via potrebbero indicare non solo alcune razze differenti tra loro per le rispettive caratteristiche, ma potrebbero mostrare, altresì, le differenze evolutive e spirituali esistenti tra gli individui esistenti sulla terra.
Ecco che gli Hobbit raffigurerebbero un popolo giovane d’animo, con una spiritualità ancora da sviluppare e un’ ingenua e immatura consapevolezza su ciò che sono e ciò che è la realtà. Questo lo possiamo intuire dai loro grandi piedi : il piede è il simbolo dell’ anima, poiché è quella parte del corpo che ti permette di camminare in posizione eretta e senza appoggiarsi a nulla (o a nessuno) se trattato in modo degno. I loro piedi –e la loro anima- sono ancora grossolani, non scolpiti e quindi privi di significato personale, contenuti profondi, maturità e indipendenza. Frodo fu scelto come portatore dell’ anello in base alla sua giovane e innocente anima che gli avrebbe permesso, inizialmente, di non sentire il peso del potere dell’ anello -come diversamente sarebbe potuto capitare agli altri pretendenti, compromettendo subito l’incarico -permettendogli di portare a compimento la sua missione: durante il suo viaggio o percorso di vita, il fardello del cimelio crescerà nel suo significato, il ragazzo allora si renderà sempre più conto di ciò che è la vita e delle sue relazioni, della responsabilità toccatagli, subendo, nel suo cuore, il pericolo e il fascino della tentazione, iniziando così a vacillare man mano che il cammino procede.
L’apparente rifiuto iniziale che Gandalf manifesta nel portare o eliminare l’ anello , non va interpretato come la semplice paura di cedere alle sue debolezze o al potere del cimelio, perché nella sua immortale saggezza (difficilmente prendeva avventate iniziative o si lasciava andare a giudizi affrettati, andando così oltre all’ immediatezza delle situazioni e cogliendone il loro divenire e il loro nucleo) sapeva che questa non era solamente la sua battaglia privata con Sauron o con il male ( non gli fu permesso di affrontare l’oscuro Signore del male direttamente), ma che ogni singola persona della storia dovesse giocare la sua partita e apprendere da essa, crescendo interiormente senza subire influenze indebite. Infatti Gandalf affronterà successivamente la sua battaglia personale, con il Balrog delle caverne di Moria : questo demone degli abissi della terra rappresenta quella parte più ostica, profonda della personalità che risiede in noi, e con la quale possiamo entrare in contatto solo dopo avere fatto un percorso di vite. Dopo questo scontro, il suo spirito si eleverà esponenzialmente in valore, divenendo Gandalf il Bianco.
L’immortalità che in questo racconto sembra appartenere soltanto ad alcune razze, su tutti gli Elfi, potrebbe intendersi come la loro raggiunta consapevolezza che la vita continui a esistere in eterno, ma questa conquista non avviene solamente con la fede cieca o credendo in alcuni dettami, ma passando obbligatoriamente per la via che prevede la ricerca interiore e l’assunzione delle nostre responsabilità: in questo consisterebbe la differenza con le altre razze “mortali”.
Aragorn aveva scelto l’esilio, ma non solo per il peso della sua discendenza, ma perché isolandosi in se stesso e isolandosi da ciò che lo avrebbe potuto facilmente aiutare nella conquista di qualche traguardo (quindi un finto miglioramento), è riuscito a crescere in mezzo ad altri stimoli ed esperienze, guardando, risolvendo e innalzando quelle parti di sé che necessitavano questo lavoro, divenendo così il Re designato fin dalla nascita, ma realizzatosi nel tempo e nelle lotte (ecco la caratteristica principale presente nella sua persona, che lo differenzia da tutte quelle che troppo spesso invece, indicano gli Altri come i probabili responsabili dei loro problemi – una tematica ben presente anche nel nostro tempo).
La storia mette in rilievo non un unico protagonista, non un solo salvatore che si faccia carico dei nostri debiti, ma una compagnia, un gruppo ( senza sfociare però in un collettivismo banale o pervasivo che annulla l’individuo e la sua libera scelta come in molte sfaccettature delle nostre religioni, organizzazioni e strutture della nostra società oppure in qualche altra interpretazione newage o simili che ridicolizzano la o le persone, staccandosi irresponsabilmente dal piano reale) in cui chi vuole crescere e rispettare la condizione altrui troverà la sua posizione e vittoria in un esercito, e chi si opporrà o la penserà diversamente troverà posto nell’ esercito avversario capeggiato da Sauron, senza neppure rendersene conto: questo perché la scelta prevede in modo particolare il peso della condizione della nostra parte inconsapevole, quello che abbiamo dentro e non solo le nostre belle parole, ma principalmente i suoni che le nutrono.
Naturalmente Gandalf e Aragorn spiccano su tutti per la loro forza interiore, e diverranno i coordinatori (cosi definiti perché riconosciuti per le loro capacità intime e la loro lungimiranza e quindi non visti come i cosiddetti capi), di quella rivoluzione dello stato delle cose ove il disequilibrio,la confusione e disonestà saranno capovolti.
Il nuovo Re degli umani ha numerosi legami con il Re o uno dei rarissimi di questa nostra epoca, cioè Gesù Cristo: troppe volte però trattati come dei supereroi con poteri paranormali, più che per individui il cui lavoro di vite ha dato quell’ incredibile forza, potere e merito che normalmente le persone cercano di ottenere biecamente e inutilmente passando da fuori e imbrogliando se stessi e gli altri ( Saruman è l’esempio per eccellenza di quest’atteggiamento, mentre Gandalf rappresenta il suo opposto).
Sauron ovviamente è l’emblema, la prospettiva di quelle parti sporche che risiedono in noi e che ogni giorno facciamo finta di non possedere, ecco perché ci vede con il suo occhio e aggirando la nostra finta bontà che risiede in quegli atteggiamenti precostituiti, nelle nostre parole, nei nostri vestiti, nella nostra ostinata e superficiale ricerca estetica, ci coglie per ciò che siamo veramente e ci assolda come suoi soldati perché in qualche modo e da qualche parte rispondiamo alla sua chiamata. Questa è la sorte capitata a Saruman e agli Orchi: quest’ultimi erano Elfi che in preda al loro sottovaluto sporco interiore si sono trasformati in persone irriconoscibili, ritrovandosi preda di loro stessi, rassomiglianti anche fisicamente alle loro mostruosità (compromettendo noi stessi pregiudicheremo le nostre scelte).
Oltre a tutto questo, l’atmosfera del racconto ci tramanda l’esistenza di altre razze oltre la nostra nell’universo. Esseri di altri mondi che rinascono in forma umana per crescere e per farci crescere. Diviene facile intuire chi esse siano per via delle loro origini.
La terra di mezzo potrebbe indicare il nostro pianeta in un’ altra epoca storica, le terre d’oriente riguardano(al di là di qualsiasi riferimento geografico, politico eccetera con la nostra situazione sociale e culturale odierna) il caos , il disordine, le terre finite (in pratica senza quel significato di infinito ed eternità che pervade l’ atmosfera, i pensieri e la vita dell’ occidente, ma con la tristezza che alla fine tutto finisca biecamente e senza risposte -perché così si è voluto), il regno di coloro che hanno voluto seguire questa strada indipendentemente dal fatto che essi siano umani o provenienti da altri mondi; infine l’ occidente si riferirebbe alle terre imperiture e a quel mondo coordinato da entità intelligenti, con una grande prospettiva di ciò che accade e accadrà: rappresenta il mondo di quegli alieni equilibrati e la possibile dimora di quegli uomini meritevoli nello spirito.
tratto da: http://www.acam.it/signoredeglianelli.htm
Senza avere la presunzione di sapere alcune verità né di avere perfettamente inteso il pensiero dell’ autore o la filosofia sottostante, proviamo a pensare per un attimo a come questa storia o meglio ancora quest’ epica, rifletta le possibili vicende salienti di un’ epoca precedente alla nostra, collocabile in un tempo anteriore a quel 10500 Avanti Cristo che secondo numerosi autori del nostro tempo corrisponde al diluvio universale o a uno di essi, suggellando così una separazione con il nostro momento storico.
Cerchiamo di vedere le vicende narrate non solo come degli avvenimenti realmente accaduti, ma anche e soprattutto da un punto di vista simbolico cogliendone alcuni significati.
Gli Hobbit, gli elfi, gli uomini, gli orchi e cosi via potrebbero indicare non solo alcune razze differenti tra loro per le rispettive caratteristiche, ma potrebbero mostrare, altresì, le differenze evolutive e spirituali esistenti tra gli individui esistenti sulla terra.
Ecco che gli Hobbit raffigurerebbero un popolo giovane d’animo, con una spiritualità ancora da sviluppare e un’ ingenua e immatura consapevolezza su ciò che sono e ciò che è la realtà. Questo lo possiamo intuire dai loro grandi piedi : il piede è il simbolo dell’ anima, poiché è quella parte del corpo che ti permette di camminare in posizione eretta e senza appoggiarsi a nulla (o a nessuno) se trattato in modo degno. I loro piedi –e la loro anima- sono ancora grossolani, non scolpiti e quindi privi di significato personale, contenuti profondi, maturità e indipendenza. Frodo fu scelto come portatore dell’ anello in base alla sua giovane e innocente anima che gli avrebbe permesso, inizialmente, di non sentire il peso del potere dell’ anello -come diversamente sarebbe potuto capitare agli altri pretendenti, compromettendo subito l’incarico -permettendogli di portare a compimento la sua missione: durante il suo viaggio o percorso di vita, il fardello del cimelio crescerà nel suo significato, il ragazzo allora si renderà sempre più conto di ciò che è la vita e delle sue relazioni, della responsabilità toccatagli, subendo, nel suo cuore, il pericolo e il fascino della tentazione, iniziando così a vacillare man mano che il cammino procede.
L’apparente rifiuto iniziale che Gandalf manifesta nel portare o eliminare l’ anello , non va interpretato come la semplice paura di cedere alle sue debolezze o al potere del cimelio, perché nella sua immortale saggezza (difficilmente prendeva avventate iniziative o si lasciava andare a giudizi affrettati, andando così oltre all’ immediatezza delle situazioni e cogliendone il loro divenire e il loro nucleo) sapeva che questa non era solamente la sua battaglia privata con Sauron o con il male ( non gli fu permesso di affrontare l’oscuro Signore del male direttamente), ma che ogni singola persona della storia dovesse giocare la sua partita e apprendere da essa, crescendo interiormente senza subire influenze indebite. Infatti Gandalf affronterà successivamente la sua battaglia personale, con il Balrog delle caverne di Moria : questo demone degli abissi della terra rappresenta quella parte più ostica, profonda della personalità che risiede in noi, e con la quale possiamo entrare in contatto solo dopo avere fatto un percorso di vite. Dopo questo scontro, il suo spirito si eleverà esponenzialmente in valore, divenendo Gandalf il Bianco.
L’immortalità che in questo racconto sembra appartenere soltanto ad alcune razze, su tutti gli Elfi, potrebbe intendersi come la loro raggiunta consapevolezza che la vita continui a esistere in eterno, ma questa conquista non avviene solamente con la fede cieca o credendo in alcuni dettami, ma passando obbligatoriamente per la via che prevede la ricerca interiore e l’assunzione delle nostre responsabilità: in questo consisterebbe la differenza con le altre razze “mortali”.
Aragorn aveva scelto l’esilio, ma non solo per il peso della sua discendenza, ma perché isolandosi in se stesso e isolandosi da ciò che lo avrebbe potuto facilmente aiutare nella conquista di qualche traguardo (quindi un finto miglioramento), è riuscito a crescere in mezzo ad altri stimoli ed esperienze, guardando, risolvendo e innalzando quelle parti di sé che necessitavano questo lavoro, divenendo così il Re designato fin dalla nascita, ma realizzatosi nel tempo e nelle lotte (ecco la caratteristica principale presente nella sua persona, che lo differenzia da tutte quelle che troppo spesso invece, indicano gli Altri come i probabili responsabili dei loro problemi – una tematica ben presente anche nel nostro tempo).
La storia mette in rilievo non un unico protagonista, non un solo salvatore che si faccia carico dei nostri debiti, ma una compagnia, un gruppo ( senza sfociare però in un collettivismo banale o pervasivo che annulla l’individuo e la sua libera scelta come in molte sfaccettature delle nostre religioni, organizzazioni e strutture della nostra società oppure in qualche altra interpretazione newage o simili che ridicolizzano la o le persone, staccandosi irresponsabilmente dal piano reale) in cui chi vuole crescere e rispettare la condizione altrui troverà la sua posizione e vittoria in un esercito, e chi si opporrà o la penserà diversamente troverà posto nell’ esercito avversario capeggiato da Sauron, senza neppure rendersene conto: questo perché la scelta prevede in modo particolare il peso della condizione della nostra parte inconsapevole, quello che abbiamo dentro e non solo le nostre belle parole, ma principalmente i suoni che le nutrono.
Naturalmente Gandalf e Aragorn spiccano su tutti per la loro forza interiore, e diverranno i coordinatori (cosi definiti perché riconosciuti per le loro capacità intime e la loro lungimiranza e quindi non visti come i cosiddetti capi), di quella rivoluzione dello stato delle cose ove il disequilibrio,la confusione e disonestà saranno capovolti.
Il nuovo Re degli umani ha numerosi legami con il Re o uno dei rarissimi di questa nostra epoca, cioè Gesù Cristo: troppe volte però trattati come dei supereroi con poteri paranormali, più che per individui il cui lavoro di vite ha dato quell’ incredibile forza, potere e merito che normalmente le persone cercano di ottenere biecamente e inutilmente passando da fuori e imbrogliando se stessi e gli altri ( Saruman è l’esempio per eccellenza di quest’atteggiamento, mentre Gandalf rappresenta il suo opposto).
Sauron ovviamente è l’emblema, la prospettiva di quelle parti sporche che risiedono in noi e che ogni giorno facciamo finta di non possedere, ecco perché ci vede con il suo occhio e aggirando la nostra finta bontà che risiede in quegli atteggiamenti precostituiti, nelle nostre parole, nei nostri vestiti, nella nostra ostinata e superficiale ricerca estetica, ci coglie per ciò che siamo veramente e ci assolda come suoi soldati perché in qualche modo e da qualche parte rispondiamo alla sua chiamata. Questa è la sorte capitata a Saruman e agli Orchi: quest’ultimi erano Elfi che in preda al loro sottovaluto sporco interiore si sono trasformati in persone irriconoscibili, ritrovandosi preda di loro stessi, rassomiglianti anche fisicamente alle loro mostruosità (compromettendo noi stessi pregiudicheremo le nostre scelte).
Oltre a tutto questo, l’atmosfera del racconto ci tramanda l’esistenza di altre razze oltre la nostra nell’universo. Esseri di altri mondi che rinascono in forma umana per crescere e per farci crescere. Diviene facile intuire chi esse siano per via delle loro origini.
La terra di mezzo potrebbe indicare il nostro pianeta in un’ altra epoca storica, le terre d’oriente riguardano(al di là di qualsiasi riferimento geografico, politico eccetera con la nostra situazione sociale e culturale odierna) il caos , il disordine, le terre finite (in pratica senza quel significato di infinito ed eternità che pervade l’ atmosfera, i pensieri e la vita dell’ occidente, ma con la tristezza che alla fine tutto finisca biecamente e senza risposte -perché così si è voluto), il regno di coloro che hanno voluto seguire questa strada indipendentemente dal fatto che essi siano umani o provenienti da altri mondi; infine l’ occidente si riferirebbe alle terre imperiture e a quel mondo coordinato da entità intelligenti, con una grande prospettiva di ciò che accade e accadrà: rappresenta il mondo di quegli alieni equilibrati e la possibile dimora di quegli uomini meritevoli nello spirito.
tratto da: http://www.acam.it/signoredeglianelli.htm