Ginocchiere ipersensibili che proteggono le articolazioni, reggiseni che non fanno muovere il seno di un’atleta in corsa, ma anche pigiami e vestaglie in grado di controllare la traspirazione corporea e il battito cardiaco. Il futuro dell’abbigliamento pare essere davvero legato all’altissima tecnologia.
«Esistono due modi per fare dei vestiti intelligenti», sostiene Roshan Shishoo, direttore delle ricerche all’Ifp Research di Goteborg, in Svezia, un istituto specializzato proprio nelle tecnologie delle fibre e del tessile. «Nel primo caso le industrie tecnologiche stanno già collaborando con quelle tessili per inserire degli strumenti che consentano ai vestiti di seguire alcune funzioni. In un secondo caso, e questa è l’ipotesi più affascinante, ma anche la più remota, si pensa di lavorare allo sviluppo di veri e propri materiali intelligenti, e cioè i polimeri e i rilevatori interattivi».
Nella loro forma più semplice i polimeri sono delle fibre plastiche la cui capacità di conduzione dell’energia elettrica varia a seconda di fattori di carattere fisico, come per esempio il loro grado di resistenza allo stress, al riscaldamento o all’esposizione solare. Tessendo un filamento del genere è ipotizzabile creare alcune funzioni come per esempio il monitoraggio del battito cardiaco, l’ampiezza della respirazione, i movimenti di tutto il corpo e altre di questo genere.
L’Istituto di ricerca sui polimeri intelligenti di Wollongong, in Australia, per esempio ha messo a punto una calzamaglia che riesce a proteggere l’articolazione degli atleti quando, dopo aver compiuto un salto, riappoggiano il piede a terra. «Su una normale ginocchiera», spiega Julie Steel del Biomechanics Research Laboratory dell’Università di Wollongong, «abbiamo inserito uno speciale rilevatore interattivo che entra in funzione dopo che il tessuto supera una certa soglia di stiramento. Superata la soglia la ginocchiera si irrigidisce e in questo modo protegge tutta l’articolazione del ginocchio dalle eventuali ripercussioni che possono esserci con la caduta». Lo stesso vale per il reggiseno che si blocca e ferma in questo modo il seno delle atlete durante la corsa. Altre applicazioni delle nuove tecnologie potrebbero essere quelle legate ai vestiti da notte, e cioè pigiami e camicie da notte che non solo controllano il ritmo cardiaco, ma regolano anche la capacità di traspirazione dell’organismo in funzione dell’umidità esterna.
Non ci sono solo i vestiti intelligenti tra le caratteristiche che le industrie tessili stanno perseguendo come obiettivo per i prossimi anni. Un altro scopo è quello di avere tessuti sempre più resistenti e la soluzione potrebbe arrivare dai nanotubi di carbonio. Si tratta di piccolissimi (siamo a livello molecolare) tubi di atomi di carbonio che hanno una fortissima resistenza: cinquanta volte più dell'acciaio. Ma è ancora difficile riuscire a estrarne dei veri e propri tessuti. I ricercatori non sono ancora in grado di produrre con questo materiale un filo sufficientemente lungo da poter essere tessuto. «Oggi», spiega il professor Lars Hultman, docente di Fisica delle pellicole all'Università di Linkoping in Svezia, «possiamo solo pensare di intrecciare delle fibre non filate di nanotubi arrivando al massimo a ottenere dei tessuti molto simili per trama e consistenza ai vecchi fogli di papiro su cui scrivevano gli antichi egizi».
Ma i vestiti di domani saranno anche in grado di rimanere sempre bianchi, intonsi, come se fossero appena usciti dalla lavatrice. «Questo è un risultato», aggiunge Hultman, «che si può ottenere inserendo delle microfibre di titanio all'interno del tessuto. L'ossido di titanio ha infatti una forte capacità catalitica che gli consente di eliminare la polvere e lo smog che si depositano sopra i tessuti camminando in strada».
«Esistono due modi per fare dei vestiti intelligenti», sostiene Roshan Shishoo, direttore delle ricerche all’Ifp Research di Goteborg, in Svezia, un istituto specializzato proprio nelle tecnologie delle fibre e del tessile. «Nel primo caso le industrie tecnologiche stanno già collaborando con quelle tessili per inserire degli strumenti che consentano ai vestiti di seguire alcune funzioni. In un secondo caso, e questa è l’ipotesi più affascinante, ma anche la più remota, si pensa di lavorare allo sviluppo di veri e propri materiali intelligenti, e cioè i polimeri e i rilevatori interattivi».
Nella loro forma più semplice i polimeri sono delle fibre plastiche la cui capacità di conduzione dell’energia elettrica varia a seconda di fattori di carattere fisico, come per esempio il loro grado di resistenza allo stress, al riscaldamento o all’esposizione solare. Tessendo un filamento del genere è ipotizzabile creare alcune funzioni come per esempio il monitoraggio del battito cardiaco, l’ampiezza della respirazione, i movimenti di tutto il corpo e altre di questo genere.
L’Istituto di ricerca sui polimeri intelligenti di Wollongong, in Australia, per esempio ha messo a punto una calzamaglia che riesce a proteggere l’articolazione degli atleti quando, dopo aver compiuto un salto, riappoggiano il piede a terra. «Su una normale ginocchiera», spiega Julie Steel del Biomechanics Research Laboratory dell’Università di Wollongong, «abbiamo inserito uno speciale rilevatore interattivo che entra in funzione dopo che il tessuto supera una certa soglia di stiramento. Superata la soglia la ginocchiera si irrigidisce e in questo modo protegge tutta l’articolazione del ginocchio dalle eventuali ripercussioni che possono esserci con la caduta». Lo stesso vale per il reggiseno che si blocca e ferma in questo modo il seno delle atlete durante la corsa. Altre applicazioni delle nuove tecnologie potrebbero essere quelle legate ai vestiti da notte, e cioè pigiami e camicie da notte che non solo controllano il ritmo cardiaco, ma regolano anche la capacità di traspirazione dell’organismo in funzione dell’umidità esterna.
Non ci sono solo i vestiti intelligenti tra le caratteristiche che le industrie tessili stanno perseguendo come obiettivo per i prossimi anni. Un altro scopo è quello di avere tessuti sempre più resistenti e la soluzione potrebbe arrivare dai nanotubi di carbonio. Si tratta di piccolissimi (siamo a livello molecolare) tubi di atomi di carbonio che hanno una fortissima resistenza: cinquanta volte più dell'acciaio. Ma è ancora difficile riuscire a estrarne dei veri e propri tessuti. I ricercatori non sono ancora in grado di produrre con questo materiale un filo sufficientemente lungo da poter essere tessuto. «Oggi», spiega il professor Lars Hultman, docente di Fisica delle pellicole all'Università di Linkoping in Svezia, «possiamo solo pensare di intrecciare delle fibre non filate di nanotubi arrivando al massimo a ottenere dei tessuti molto simili per trama e consistenza ai vecchi fogli di papiro su cui scrivevano gli antichi egizi».
Ma i vestiti di domani saranno anche in grado di rimanere sempre bianchi, intonsi, come se fossero appena usciti dalla lavatrice. «Questo è un risultato», aggiunge Hultman, «che si può ottenere inserendo delle microfibre di titanio all'interno del tessuto. L'ossido di titanio ha infatti una forte capacità catalitica che gli consente di eliminare la polvere e lo smog che si depositano sopra i tessuti camminando in strada».