L'insabbiamento della fusione fredda
La storia che sto per scrivervi è veramente molto interessante, quindi concentratevi.
L'ha raccontata al convegno di Nexus il prof. Emilio Del Giudice ricercatore
di fisica teorica dell'INFM. Ricorderete la faccenda della fusione fredda:
nel 1989 due scienziati sfi.gati, Fleishman e Pons danno l'annuncio del fenomeno,
salvo poi essere derisi dai fisici teorici della comunità internazionale,
primo tra tutti Rubbia, perchè il processo non produceva l'emissione di
particelle previste dalla teoria (nel caso specifico neutroni, emessi dalla
fusione di 2 atomi di deuterio, isotopo dell'idrogeno).
Nel giro di pochi anni le condizioni dell'esperimento originale dei due
scopritori vengono riprodotte correttamente dai prof. Emilio del Giudice
e Giuliano Preparata, il quale, morto di tumore 2 anni fa, perse il Nobel
per la fisica in "elettrodinamica quantistica", a causa di questo suo sconveniente
interesse. Praticamente del Palladio, un metallo dalle peculiari caratteristiche,
viene caricato con idrogeno gassoso fino ad un limite di saturazione prestabilito,
oltre il quale si rileva una produzione di energia in eccesso tipica di
una reazione nucleare. I nostri due scienziati non solo dimostrano la realtà
del fenomeno con l'esperimento, ma forniscono anche un nuovo modello teorico
che dà spiegazione dei fenomeni misteriosi che fino a 10 anni fa non erano
comprensibili con la teoria delle forze nucleari.
Mi spiego: fino a ieri si pensava che l'unico modo per fare avvicinare 2
protoni tanto da vincere la repulsione elettromagnetica e fare agire il
campo delle forze nucleari che innescano la fusione, con la produzione di una
quantità enorme di energia, fosse il metodo dell'acceleratore, che lavora
a 100 milioni di °C (ben inteso nel nostro sole la temperatura è 2 milioni
di °C !). Oggi invece, grazie a queste ricerche svolte dall'INFM e dall'ENEA
(nel frattempo Rubbia rinsavito, si è accorto della bontà della cosa e ha
appoggiato i nostri due), è possibile ottenere la fusione a temperatura
ambiente! Dentro al cristallo di Palladio le molecole di idrogeno, in quelle
particolari condizioni di "saturazione", si comportano un po' come la struttura
solida circostante e, avvicinandosi molto, grazie ad una provvidenziale
"buca di potenziale", producono una particolare fusione, senza emissioni
radioattive, con produzione di elio (misurato nell'esperimento) e di un
eccesso di energia mai visto fino ad oggi in una reazione (se non ho capito
male 2 ordini di grandezza superiore all'energia in entrata, necessaria
a preparare le condizioni della reazione). Per completezza, si produce anche
la fissione del Palladio.
Quindi abbiamo già a disposizione un generatore di energia praticamente
illimitata e a costi contenutissimi; rimane solo da risolvere il problema
dell'intercettazione opportuna di questo surplus di energia. Nonostante
questa pazzesca rivoluzione, ad oggi, il prof. Del Giudice non è ancora
riuscito a farsi pubblicare la ricerca da Una rivista scientifica (ad es.:
Science ha rifiutato perchè "l'argomento è troppo tecnico").
Ma il bello viene adesso. E' ovvio capire i motivi economici alla base della
soppressione di una tecnologia quasi "free-energy". Ma non ci sono solo
quelli. Del Giudice ha formulato un'ipotesi inquietante. Tutta la faccenda
è partita da uno studio commissionato dalla Marina Militare Inglese a Fleishman
per indagare sui metalli più idonei ad immagazzinare l'idrogeno. I migliori
risultarono essere il Palladio e l'Uranio. Lo scienziato ovviamente sperimentò
sul Palladio, la cui fissione non produce danni; ma qualcuno era molto più
interessato all'Uranio. Immaginate cosa succederebbe se la matrice solida
in cui avviene la fusione fosse Uranio: si innescherebbe la fissione, e
quindi una esplosione atomica, anche con quantità molto inferiori alla necessaria
"massa critica" (che è qualche kg), date le nuove sorprendenti condizioni
di reazione. Si possono così fare esplodere delle micro-bombe atomiche di
potenza controllata (armi chirurgiche...) capaci per esempio di abbattere
un singolo palazzo invece di una città intera. Ecco così trovato un modo
per utilizzare utilmente tutto quell'Uranio che giace inutilizzato nelle
testate tattiche (a meno di non scatenare la guerra termonucleare globale,
s'intende), che con il disarmo va smantellato.
Fanta-politica? Forse invece è già realtà. Consideriamo i proiettili rivestiti
con quello che ci viene venduto come "uranio impoverito". Guardiamo le foto
dei carri armati iracheni distrutti nella guerra del golfo: un foro di entrata,
una carcassa di acciaio fusa (dal calore!) e i cadaveri dei soldati anneriti
(non carbonizzati, ma irradiati da una esplosione fortissima e localizzata di
raggi gamma). Non ci sarebbe niente di più facile, sostiene Del Giudice,
nel rivestire un proiettile di cannone o un missile con un strato di uranio
caricato da idrogeno fino quasi al limite critico. L'impatto con il bersaglio
e la sovrapressione sarebbero sufficienti a innescare la fusione fredda
e la conseguente fissione dell'uranio, con annessa esplosione atomica. Incredibile!
La fonte ideale di energia pulita per tutta l'umanità usata come spoletta
per l'innesco di una bombetta atomica! (il contrario di quello che avviene
con la bomba H, in cui una fissione innesca la fusione distruttiva dell'idrogeno).
Inoltre spot di altissima radioattività localizzati nei campi di battaglia
sono la spiegazione ideale per i sintomi della sindrome del Golfo e quella
dei Balcani: la prima riscontrata esclusivamente tra i soldati anglo-americani
(i primi a raggiungere le zone bombardate durante le operazioni in Iraq),
la seconda invece osservata solo su italiani e tedeschi, a cui sono state
destinate le zone bombardate in Bosnia e Kosovo dal vertice NATO, dopo aver
fatto l'esperienza nel Golfo.
Fusione a freddo
La misteriosa reazione nucleare, che avviene con la fusione di atomi leggeri,
viene ancora oggi studiata in molte parti del mondo. Perchè è stata tanto
ostacolata? A quali risultati sono arrivati i ricercatori? In questa breve
rassegna, ipotesi e speranze per la risoluzione dei problemi energetici
ed ecologici del pianeta Terra.
Il 25 marzo 1989 è la data storica in cui due coraggiosi ricercatori dell'Università
di Salt Lake City (Utah - USA), Martin Fleischmann e Stanley Pons, annunciarono
alla stampa l'aver trovato un modo molto semplice e poco costoso per produrre
energia pulitissima: l'energia derivata dalla fusione di atomi di deuterio
(isotopo dell'idrogeno) a bassa temperatura. In sostanza l'energia del
futuro. Nonostante che i due scienziati disponessero di risultati ben documentati,
successivamente riprodotti in più di duecento laboratori sparsi in tutto
il mondo, si innescò una inconcepibile serie di polemiche ed anche qualcosa
di più. Una campagna di disprezzo, in particolare, venne imbastita dai loro
colleghi, studiosi della fusione calda , così denominata perchè necessita
di milioni di gradi di temperatura ed inoltre di ingenti risorse economiche.
Ed anche la stampa e le riviste specializzate rivolsero pesanti critiche
al loro operato. Il risultato fu che, dopo il terremoto scatenato dall'entusiasmo
per l'annuncio rivoluzionario, seguì un crescente scetticismo, sconfinato
in precise minacce per i due ricercatori. Essi scomparvero per alcuni mesi,
fino a quando approdarono a Nizza. Qui stanno ancora lavorando per il loro
progetto in un laboratorio privato finanziato con nove milioni di dollari
dalla IMRA Europe S.A., impresa affiliata alla giapponese Toyota. Nella
titanica lotta di interessi di ogni tipo, il movimento scientifico scaturito
dalla fusione fredda è ancora vivo e i risultati raggiunti sono da tenere
veramente nella più alta considerazione, nonostante che essi producano energia
La storia che sto per scrivervi è veramente molto interessante, quindi concentratevi.
L'ha raccontata al convegno di Nexus il prof. Emilio Del Giudice ricercatore
di fisica teorica dell'INFM. Ricorderete la faccenda della fusione fredda:
nel 1989 due scienziati sfi.gati, Fleishman e Pons danno l'annuncio del fenomeno,
salvo poi essere derisi dai fisici teorici della comunità internazionale,
primo tra tutti Rubbia, perchè il processo non produceva l'emissione di
particelle previste dalla teoria (nel caso specifico neutroni, emessi dalla
fusione di 2 atomi di deuterio, isotopo dell'idrogeno).
Nel giro di pochi anni le condizioni dell'esperimento originale dei due
scopritori vengono riprodotte correttamente dai prof. Emilio del Giudice
e Giuliano Preparata, il quale, morto di tumore 2 anni fa, perse il Nobel
per la fisica in "elettrodinamica quantistica", a causa di questo suo sconveniente
interesse. Praticamente del Palladio, un metallo dalle peculiari caratteristiche,
viene caricato con idrogeno gassoso fino ad un limite di saturazione prestabilito,
oltre il quale si rileva una produzione di energia in eccesso tipica di
una reazione nucleare. I nostri due scienziati non solo dimostrano la realtà
del fenomeno con l'esperimento, ma forniscono anche un nuovo modello teorico
che dà spiegazione dei fenomeni misteriosi che fino a 10 anni fa non erano
comprensibili con la teoria delle forze nucleari.
Mi spiego: fino a ieri si pensava che l'unico modo per fare avvicinare 2
protoni tanto da vincere la repulsione elettromagnetica e fare agire il
campo delle forze nucleari che innescano la fusione, con la produzione di una
quantità enorme di energia, fosse il metodo dell'acceleratore, che lavora
a 100 milioni di °C (ben inteso nel nostro sole la temperatura è 2 milioni
di °C !). Oggi invece, grazie a queste ricerche svolte dall'INFM e dall'ENEA
(nel frattempo Rubbia rinsavito, si è accorto della bontà della cosa e ha
appoggiato i nostri due), è possibile ottenere la fusione a temperatura
ambiente! Dentro al cristallo di Palladio le molecole di idrogeno, in quelle
particolari condizioni di "saturazione", si comportano un po' come la struttura
solida circostante e, avvicinandosi molto, grazie ad una provvidenziale
"buca di potenziale", producono una particolare fusione, senza emissioni
radioattive, con produzione di elio (misurato nell'esperimento) e di un
eccesso di energia mai visto fino ad oggi in una reazione (se non ho capito
male 2 ordini di grandezza superiore all'energia in entrata, necessaria
a preparare le condizioni della reazione). Per completezza, si produce anche
la fissione del Palladio.
Quindi abbiamo già a disposizione un generatore di energia praticamente
illimitata e a costi contenutissimi; rimane solo da risolvere il problema
dell'intercettazione opportuna di questo surplus di energia. Nonostante
questa pazzesca rivoluzione, ad oggi, il prof. Del Giudice non è ancora
riuscito a farsi pubblicare la ricerca da Una rivista scientifica (ad es.:
Science ha rifiutato perchè "l'argomento è troppo tecnico").
Ma il bello viene adesso. E' ovvio capire i motivi economici alla base della
soppressione di una tecnologia quasi "free-energy". Ma non ci sono solo
quelli. Del Giudice ha formulato un'ipotesi inquietante. Tutta la faccenda
è partita da uno studio commissionato dalla Marina Militare Inglese a Fleishman
per indagare sui metalli più idonei ad immagazzinare l'idrogeno. I migliori
risultarono essere il Palladio e l'Uranio. Lo scienziato ovviamente sperimentò
sul Palladio, la cui fissione non produce danni; ma qualcuno era molto più
interessato all'Uranio. Immaginate cosa succederebbe se la matrice solida
in cui avviene la fusione fosse Uranio: si innescherebbe la fissione, e
quindi una esplosione atomica, anche con quantità molto inferiori alla necessaria
"massa critica" (che è qualche kg), date le nuove sorprendenti condizioni
di reazione. Si possono così fare esplodere delle micro-bombe atomiche di
potenza controllata (armi chirurgiche...) capaci per esempio di abbattere
un singolo palazzo invece di una città intera. Ecco così trovato un modo
per utilizzare utilmente tutto quell'Uranio che giace inutilizzato nelle
testate tattiche (a meno di non scatenare la guerra termonucleare globale,
s'intende), che con il disarmo va smantellato.
Fanta-politica? Forse invece è già realtà. Consideriamo i proiettili rivestiti
con quello che ci viene venduto come "uranio impoverito". Guardiamo le foto
dei carri armati iracheni distrutti nella guerra del golfo: un foro di entrata,
una carcassa di acciaio fusa (dal calore!) e i cadaveri dei soldati anneriti
(non carbonizzati, ma irradiati da una esplosione fortissima e localizzata di
raggi gamma). Non ci sarebbe niente di più facile, sostiene Del Giudice,
nel rivestire un proiettile di cannone o un missile con un strato di uranio
caricato da idrogeno fino quasi al limite critico. L'impatto con il bersaglio
e la sovrapressione sarebbero sufficienti a innescare la fusione fredda
e la conseguente fissione dell'uranio, con annessa esplosione atomica. Incredibile!
La fonte ideale di energia pulita per tutta l'umanità usata come spoletta
per l'innesco di una bombetta atomica! (il contrario di quello che avviene
con la bomba H, in cui una fissione innesca la fusione distruttiva dell'idrogeno).
Inoltre spot di altissima radioattività localizzati nei campi di battaglia
sono la spiegazione ideale per i sintomi della sindrome del Golfo e quella
dei Balcani: la prima riscontrata esclusivamente tra i soldati anglo-americani
(i primi a raggiungere le zone bombardate durante le operazioni in Iraq),
la seconda invece osservata solo su italiani e tedeschi, a cui sono state
destinate le zone bombardate in Bosnia e Kosovo dal vertice NATO, dopo aver
fatto l'esperienza nel Golfo.
Fusione a freddo
La misteriosa reazione nucleare, che avviene con la fusione di atomi leggeri,
viene ancora oggi studiata in molte parti del mondo. Perchè è stata tanto
ostacolata? A quali risultati sono arrivati i ricercatori? In questa breve
rassegna, ipotesi e speranze per la risoluzione dei problemi energetici
ed ecologici del pianeta Terra.
Il 25 marzo 1989 è la data storica in cui due coraggiosi ricercatori dell'Università
di Salt Lake City (Utah - USA), Martin Fleischmann e Stanley Pons, annunciarono
alla stampa l'aver trovato un modo molto semplice e poco costoso per produrre
energia pulitissima: l'energia derivata dalla fusione di atomi di deuterio
(isotopo dell'idrogeno) a bassa temperatura. In sostanza l'energia del
futuro. Nonostante che i due scienziati disponessero di risultati ben documentati,
successivamente riprodotti in più di duecento laboratori sparsi in tutto
il mondo, si innescò una inconcepibile serie di polemiche ed anche qualcosa
di più. Una campagna di disprezzo, in particolare, venne imbastita dai loro
colleghi, studiosi della fusione calda , così denominata perchè necessita
di milioni di gradi di temperatura ed inoltre di ingenti risorse economiche.
Ed anche la stampa e le riviste specializzate rivolsero pesanti critiche
al loro operato. Il risultato fu che, dopo il terremoto scatenato dall'entusiasmo
per l'annuncio rivoluzionario, seguì un crescente scetticismo, sconfinato
in precise minacce per i due ricercatori. Essi scomparvero per alcuni mesi,
fino a quando approdarono a Nizza. Qui stanno ancora lavorando per il loro
progetto in un laboratorio privato finanziato con nove milioni di dollari
dalla IMRA Europe S.A., impresa affiliata alla giapponese Toyota. Nella
titanica lotta di interessi di ogni tipo, il movimento scientifico scaturito
dalla fusione fredda è ancora vivo e i risultati raggiunti sono da tenere
veramente nella più alta considerazione, nonostante che essi producano energia
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