ROMA - Definito in passato addirittura un 'UFO ginecologico', il 'punto G' adesso è stato 'avvistato', e per la prima volta 'fotografato' sulla parete che separa la cavità dell'uretra da quella della vagina. E per la prima volta arriva con la forza la conferma della scienza che non tutte le donne possono contare su questa parte del corpo, bensì solo coloro che presentano questa parete più ispessita. E infatti solo queste donne, ha scoperto Emmanuele Angelo Jannini Docente di Sessuologia Medica, Università degli Studi de L'Aquila, risultano 'ammesse' alle gioie dell'orgasmo vaginale. Di certo, spiega Jannini, ghiandole, nervi e corpi cavernosi si 'concentrano' in questo ispessimento per infiammare di piacere.
La differenza anatomica è stata osservata per la prima volta su un campione di donne con un semplicissimo strumento di uso routinario nella diagnostica, l'ecografia transvaginale. Pubblicato su una delle riviste mondiali assolutamente più prestigiose nel campo della sessuologia, il Journal of Sexual Medicine, lo studio dimostra che è in questa sede il 'fulcro del piacere' e che, spiega Jannini, "come diceva Freud, 'l'anatomia è il destinò, infatti l'aspetto anatomico trovato suggerisce che avere o meno il punto G è una condizione congenita".
"Come dimostrato dalla pubblicazione su una rivista prestigiosa, si tratta di risultati interessanti e importanti - commenta Chiara Simonelli, sessuologa e psicologa dell'Università La Sapienza di Roma - che confermano la collocazione del punto G a lungo sospettata tanto che in passato si suggerivano addirittura degli esercizi per localizzarlo, ma occorrono ulteriori approfondimenti per conferme definitive". Alcuni anni fa, ricorda Jannini, in uno studio di anatomia su cadaveri "avevamo per la prima volta osservato delle differenze cricollegandole al punto G".
Questo studio è totalmente nuovo ed eseguito in modo semplicissimo ma assolutamente impeccabile dal punto di vista scientifico: "chiedendo a un gruppo di giovani se avessero o meno orgasmi vaginali - racconta Jannini - e osservandone l'anatomia della vagina con l'ecografia transvaginale". Nove donne avevano dichiarato di avere orgasmi vaginali, 11 no. Nelle prime si riscontra una conformazione più ispessita della parete tra uretra e vagina, spiega Jannini, fatta di corpi cavernosi (come quelli del pene) della parte interna del clitoride, ghiandole (i 'resti evolutivi' della ghiandola prostatica), terminazioni nervose che usano il meccanismo biochimico dell'eccitazione maschile.
"Ci siamo fatti dirigere per la prima volta dalla donna alla ricerca del punto G", aggiunge l'esperto raccontando una curiosità del lavoro: una ragazza che aveva detto di non avere orgasmi vaginali, presentava invece l'ispessimento e dopo lo studio ha compreso di poterne avere, a conferma della tesi di Jannini. "Nessuno prima d'ora aveva usato l'ecografia per indagare questo aspetto ancora così poco conosciuto dell'anatomia femminile - fa notare Jannini - e questo la dice lunga sul ritardo culturale sulla sessualità femminile. Sul punto G abbiamo preferito un dibattito fatto di opinioni e non di scienza, io stesso ho tenuto per due anni i miei risultati nel cassetto prima di pubblicarli".
Della stessa opinione la Simonelli che però sottolinea: "la direzione da prendere per approfondire e confermare questi dati è un attento esame istologico sulla natura cellulare di questa zona". L'equipe di Jannini in parte lo sta già facendo con alcune indagini sull'effetto del testosterone, da sempre associato anche nelle donne a maggior desiderio sessuale, sull'anatomia di questa struttura.
La differenza anatomica è stata osservata per la prima volta su un campione di donne con un semplicissimo strumento di uso routinario nella diagnostica, l'ecografia transvaginale. Pubblicato su una delle riviste mondiali assolutamente più prestigiose nel campo della sessuologia, il Journal of Sexual Medicine, lo studio dimostra che è in questa sede il 'fulcro del piacere' e che, spiega Jannini, "come diceva Freud, 'l'anatomia è il destinò, infatti l'aspetto anatomico trovato suggerisce che avere o meno il punto G è una condizione congenita".
"Come dimostrato dalla pubblicazione su una rivista prestigiosa, si tratta di risultati interessanti e importanti - commenta Chiara Simonelli, sessuologa e psicologa dell'Università La Sapienza di Roma - che confermano la collocazione del punto G a lungo sospettata tanto che in passato si suggerivano addirittura degli esercizi per localizzarlo, ma occorrono ulteriori approfondimenti per conferme definitive". Alcuni anni fa, ricorda Jannini, in uno studio di anatomia su cadaveri "avevamo per la prima volta osservato delle differenze cricollegandole al punto G".
Questo studio è totalmente nuovo ed eseguito in modo semplicissimo ma assolutamente impeccabile dal punto di vista scientifico: "chiedendo a un gruppo di giovani se avessero o meno orgasmi vaginali - racconta Jannini - e osservandone l'anatomia della vagina con l'ecografia transvaginale". Nove donne avevano dichiarato di avere orgasmi vaginali, 11 no. Nelle prime si riscontra una conformazione più ispessita della parete tra uretra e vagina, spiega Jannini, fatta di corpi cavernosi (come quelli del pene) della parte interna del clitoride, ghiandole (i 'resti evolutivi' della ghiandola prostatica), terminazioni nervose che usano il meccanismo biochimico dell'eccitazione maschile.
"Ci siamo fatti dirigere per la prima volta dalla donna alla ricerca del punto G", aggiunge l'esperto raccontando una curiosità del lavoro: una ragazza che aveva detto di non avere orgasmi vaginali, presentava invece l'ispessimento e dopo lo studio ha compreso di poterne avere, a conferma della tesi di Jannini. "Nessuno prima d'ora aveva usato l'ecografia per indagare questo aspetto ancora così poco conosciuto dell'anatomia femminile - fa notare Jannini - e questo la dice lunga sul ritardo culturale sulla sessualità femminile. Sul punto G abbiamo preferito un dibattito fatto di opinioni e non di scienza, io stesso ho tenuto per due anni i miei risultati nel cassetto prima di pubblicarli".
Della stessa opinione la Simonelli che però sottolinea: "la direzione da prendere per approfondire e confermare questi dati è un attento esame istologico sulla natura cellulare di questa zona". L'equipe di Jannini in parte lo sta già facendo con alcune indagini sull'effetto del testosterone, da sempre associato anche nelle donne a maggior desiderio sessuale, sull'anatomia di questa struttura.
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