Il rischio sembra aumentare a una velocità superiore a quanto finora stimato
La faglia di San Andreas sarebbe sottoposta a un livello di stress sufficiente a scatenare il “Big One”, un terremoto di magnitudo superiore a 7 – che interesserebbe le popolatissime regioni di Los Angeles e San Diego. Per quanto non sia possibile dire quando l’evento avverrà, esso appare certo e il rischio che esso si verifichi aumenta a una velocità superiore a quanto finora stimato. È questa la conclusione a cui è giunta una ricerca condotta da Yuri Fialko, geofisico della Scripps Institution of Oceanography presso l’Università della California a San Diego, che ne riferisce sul numero odierno della rivista “Nature”.
Dalle indagini condotte da Fialko – che per le sue ricerche ha utilizzato anche immagini ad alta risoluzione della zona riprese dai satelliti dell’ESA e i dati di posizionamento ottenuti con il sistema GPS – risulta in particolare che a essere sotto pressione è la parte più meridionale della faglia: la sua sezione centrale liberò parte dell’energia accumulata con il terremoto del 1857 e quella settentrionale con il famoso terremoto del 1906 che colpì San Francisco.
Nulla di simile è accaduto invece per la sezione meridionale, che sta accumulando energia da circa 300 anni. In base ai lenti spostamenti relativi della zolla pacifica e di quella nordamericana, nell’arco di questi 300 anni all’altezza della faglia si sarebbe accumulato un “deficit” di spostamento pari a 6-8 metri. Se esso venisse recuperato in un singolo evento, il terremoto corrisponderebbe a una magnitudo 8.
lescienze.it (22 Giugno 2006)
La faglia di San Andreas sarebbe sottoposta a un livello di stress sufficiente a scatenare il “Big One”, un terremoto di magnitudo superiore a 7 – che interesserebbe le popolatissime regioni di Los Angeles e San Diego. Per quanto non sia possibile dire quando l’evento avverrà, esso appare certo e il rischio che esso si verifichi aumenta a una velocità superiore a quanto finora stimato. È questa la conclusione a cui è giunta una ricerca condotta da Yuri Fialko, geofisico della Scripps Institution of Oceanography presso l’Università della California a San Diego, che ne riferisce sul numero odierno della rivista “Nature”.
Dalle indagini condotte da Fialko – che per le sue ricerche ha utilizzato anche immagini ad alta risoluzione della zona riprese dai satelliti dell’ESA e i dati di posizionamento ottenuti con il sistema GPS – risulta in particolare che a essere sotto pressione è la parte più meridionale della faglia: la sua sezione centrale liberò parte dell’energia accumulata con il terremoto del 1857 e quella settentrionale con il famoso terremoto del 1906 che colpì San Francisco.
Nulla di simile è accaduto invece per la sezione meridionale, che sta accumulando energia da circa 300 anni. In base ai lenti spostamenti relativi della zolla pacifica e di quella nordamericana, nell’arco di questi 300 anni all’altezza della faglia si sarebbe accumulato un “deficit” di spostamento pari a 6-8 metri. Se esso venisse recuperato in un singolo evento, il terremoto corrisponderebbe a una magnitudo 8.
lescienze.it (22 Giugno 2006)