La prima spedizione di ricerca per osservare direttamente il fondale marino nei pressi dell'epicentro del terremoto che ha provocato il catastrofico tsunami nell'Oceano Indiano, nel dicembre del 2004, ha fornito risultati inaspettati che miglioreranno notevolmente le previsioni di futuri maremoti.
La prima spedizione di ricerca per osservare direttamente il fondale marino nei pressi dell'epicentro del terremoto che ha provocato il catastrofico tsunami nell'Oceano Indiano, nel dicembre del 2004, ha fornito risultati inaspettati che miglioreranno notevolmente le previsioni di futuri maremoti. I risultati scientifici della spedizione saranno presentati al convegno autunnale dell'American Geophysical Union a San Francisco (5-6 dicembre).
Un gruppo internazionale di 27 scienziati (biologi, sismologi, geologi e modellatori di tsunami), guidati da Kate Moran dell'Università di Rhode Island e da David Tappin del British Geological Survey, ha trascorso 17 giorni in mare, lo scorso maggio, esplorando il fondale marino al largo delle coste di Sumatra per comprendere meglio le deformazioni che hanno condotto al devastante fenomeno. I ricercatori hanno trovato differenze significative fra quello che si aspettavano (basandosi sulle osservazioni e i modelli di tsunami e terremoti) e quello che era effettivamente visibile sul fondo del mare.
Gli scienziati hanno infatti osservato molte meno frane sottomarine e una perturbazione del fondale generalmente meno estesa di quando ci si sarebbe aspettato, viste le dimensioni del terremoto. "Evidentemente - commenta Moran - il materiale in questo ambiente può dissipare l'energia sismica in maniera più efficace di quanto pensassimo".
Sfruttando i risultati di un sondaggio acustico della regione, condotto lo scorso febbraio da scienziati britannici per identificare le perturbazioni sul fondo del mare, i ricercatori hanno usato veicoli comandati a distanza e altre tecniche per capire se queste perturbazioni avessero svolto un ruolo nello tsunami. Una delle principali frane sottomarine esaminate si era probabilmente verificata oltre 1000 anni fa, ma altri spostamenti verticali del fondale sono risultati recenti e quasi certamente prodotti dal terremoto dello scorso 26 dicembre.
La prima spedizione di ricerca per osservare direttamente il fondale marino nei pressi dell'epicentro del terremoto che ha provocato il catastrofico tsunami nell'Oceano Indiano, nel dicembre del 2004, ha fornito risultati inaspettati che miglioreranno notevolmente le previsioni di futuri maremoti. I risultati scientifici della spedizione saranno presentati al convegno autunnale dell'American Geophysical Union a San Francisco (5-6 dicembre).
Un gruppo internazionale di 27 scienziati (biologi, sismologi, geologi e modellatori di tsunami), guidati da Kate Moran dell'Università di Rhode Island e da David Tappin del British Geological Survey, ha trascorso 17 giorni in mare, lo scorso maggio, esplorando il fondale marino al largo delle coste di Sumatra per comprendere meglio le deformazioni che hanno condotto al devastante fenomeno. I ricercatori hanno trovato differenze significative fra quello che si aspettavano (basandosi sulle osservazioni e i modelli di tsunami e terremoti) e quello che era effettivamente visibile sul fondo del mare.
Gli scienziati hanno infatti osservato molte meno frane sottomarine e una perturbazione del fondale generalmente meno estesa di quando ci si sarebbe aspettato, viste le dimensioni del terremoto. "Evidentemente - commenta Moran - il materiale in questo ambiente può dissipare l'energia sismica in maniera più efficace di quanto pensassimo".
Sfruttando i risultati di un sondaggio acustico della regione, condotto lo scorso febbraio da scienziati britannici per identificare le perturbazioni sul fondo del mare, i ricercatori hanno usato veicoli comandati a distanza e altre tecniche per capire se queste perturbazioni avessero svolto un ruolo nello tsunami. Una delle principali frane sottomarine esaminate si era probabilmente verificata oltre 1000 anni fa, ma altri spostamenti verticali del fondale sono risultati recenti e quasi certamente prodotti dal terremoto dello scorso 26 dicembre.