E’ una “rete segreta di alleanze” il meccanismo che consente alle cellule staminali di essere e rimanere “cellule bambine” ad uno stato indifferenziato, almeno fino a un contrordine che trasmette l’input di “crescere”, trasformandosi per esempio in una cellula di osso o di fegato.
La notizia, apparsa sulla rivista Cell, consentirà agli scienziati di comprendere più a fondo il comportamento delle “cellule bambine” e, quindi, di usarle a scopo terapeutico. I ricercatori del Whitehead Institute for Biomedical Research di Cambridge, coordinati da Richard Young, hanno infatti usato staminali di embrioni umani per identificare il network di geni che controllano la vita di una staminale, impedendo o permettendo la sua maturazione. In un embrione di pochi giorni le cellule staminali iniziano ad indirizzarsi verso un percorso di sviluppo che le porterà ad assumere sembianze precise e a perdere la pluripotenza. Tuttavia, se prima che ciò avvenga queste cellule sono isolate dall'embrione e messe a crescere in colture di laboratorio, queste possono conservare il proprio carattere indifferenziato teoricamente per sempre.
Comprendere quali segnali aiutino le staminali a trasformarsi in un determinato tipo di cellule significa avere la possibilità di arrivare un giorno a manovrarle arbitrariamente, a seconda del bisogno del paziente. Ma per capire come utilizzare a piacimento una staminale bisogna prima capire quali meccanismi la mantengono bambina. L'equipe di Young si è concentrata sull'esame di tre geni già conosciuti e indispensabili perché una cellula si possa considerare bambina. Si chiamano Oct4, Sox2, e Nanog, e regolano l’attività di una grande quantità di altri geni. Usando sofisticate tecnologie di analisi genetica, i ricercatori hanno scoperto come questa tripletta di geni conservi la pluripotenza di una cellula staminale. In particolare, gli esperti Usa hanno scoperto due gruppi di geni, uno che serve per la moltiplicazione cellulare, l'altro che viene invece represso ed è indispensabile allo sviluppo embrionale. Questi due set di geni a loro volta controllano altri geni che rispettivamente impediscono e favoriscono la formazione dei tessuti. Il lavoro si annuncia lungo e complesso, ma studiando uno a uno questi due gruppi di geni appena identificati si avrà un quadro preciso di che cosa mantenga tale una staminale, e contemporaneamente di come modificarla a piacere a seconda delle esigenze cliniche.
La notizia, apparsa sulla rivista Cell, consentirà agli scienziati di comprendere più a fondo il comportamento delle “cellule bambine” e, quindi, di usarle a scopo terapeutico. I ricercatori del Whitehead Institute for Biomedical Research di Cambridge, coordinati da Richard Young, hanno infatti usato staminali di embrioni umani per identificare il network di geni che controllano la vita di una staminale, impedendo o permettendo la sua maturazione. In un embrione di pochi giorni le cellule staminali iniziano ad indirizzarsi verso un percorso di sviluppo che le porterà ad assumere sembianze precise e a perdere la pluripotenza. Tuttavia, se prima che ciò avvenga queste cellule sono isolate dall'embrione e messe a crescere in colture di laboratorio, queste possono conservare il proprio carattere indifferenziato teoricamente per sempre.
Comprendere quali segnali aiutino le staminali a trasformarsi in un determinato tipo di cellule significa avere la possibilità di arrivare un giorno a manovrarle arbitrariamente, a seconda del bisogno del paziente. Ma per capire come utilizzare a piacimento una staminale bisogna prima capire quali meccanismi la mantengono bambina. L'equipe di Young si è concentrata sull'esame di tre geni già conosciuti e indispensabili perché una cellula si possa considerare bambina. Si chiamano Oct4, Sox2, e Nanog, e regolano l’attività di una grande quantità di altri geni. Usando sofisticate tecnologie di analisi genetica, i ricercatori hanno scoperto come questa tripletta di geni conservi la pluripotenza di una cellula staminale. In particolare, gli esperti Usa hanno scoperto due gruppi di geni, uno che serve per la moltiplicazione cellulare, l'altro che viene invece represso ed è indispensabile allo sviluppo embrionale. Questi due set di geni a loro volta controllano altri geni che rispettivamente impediscono e favoriscono la formazione dei tessuti. Il lavoro si annuncia lungo e complesso, ma studiando uno a uno questi due gruppi di geni appena identificati si avrà un quadro preciso di che cosa mantenga tale una staminale, e contemporaneamente di come modificarla a piacere a seconda delle esigenze cliniche.
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