Guardando le statistiche non ci sono dubbi sul fatto che l'Italia sovvenzioni molto poco le attività scientifiche rispetto agli altri paesi: siamo scesi sotto l'1% del Prodotto Interno Lordo (Pil) contro il 2,5% della media europea e il quasi 3% di nazioni come la Germania, la Francia e l'Inghilterra. La conseguenza è che senza il finanziamento della ricerca di base un paese è poi costretto a comperare i brevetti dagli altri, con costi molto più elevati. E' quello che succede in Italia, dove la ricerca da sempre ha ricevuto poca attenzione da parte dello Stato -per non parlare dei privati- e non è mai stata considerata una priorità nazionale o un elemento strategico: i politici non ritengono che il finanziamento della ricerca e dell'università pubblica sia un buon argomento elettorale e quindi si crea un circolo vizioso. La causa di ciò è una mentalità tipicamente italiana ancora impregnata delle idee di Benedetto Croce, secondo cui la cultura umanistica deve essere considerata prioritaria, anzi l'unica vera e propria cultura: la scienza di conseguenza viene declassata a forma intellettuale di serie B, un sapere tecnico a cui si chiede di produrre risultati e non conoscenza pura, come invece avviene per le discipline umanistiche.
Da Qualcosa di Inaspettato, Margherita Hack, pp. 144-145
Voi cosa pensate dopo avere letto questo passo tratto dall'ultimo libro dell'astrofisica Margherita Hack?
Ritenete che la cultura scientifica e quella umanistica siano d'importanza diversa o eguale?
Credete che in Italia siano ritenute eguali, oppure siano ancora affermate delle differenze sia a livello idologico che a livello economico/finanziario?
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