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-Studio- La musica che rimane nella nostra testa..

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  • -Studio- La musica che rimane nella nostra testa..

    Quella canzone che non riusciamo più a toglierci dalla testa non è più un mistero. O meglio: continuerà a tornarci in mente, questo sì, ma almeno sappiamo perché ciò accade.



    Ce lo spiega uno studio anglo-statunitense, pubblicato sulla rivista Nature, che ha individuato le aree del cervello dalla quale deriva la sensazione di continuare a sentire una determinata melodia. Una è la cosiddetta 'area uditiva di Brodmann' dove vengono immagazzinate percezioni sonore che richiedono l'attivazione delle funzioni cognitive; l'altra è la corteccia uditiva primaria, vengono conservate le musiche 'strumentali' prive di parole.

    ''Queste aree - spiegano gli scienziati - si attivano automaticamente per colmare eventuali silenzi (quando in realtà la musica non c'é più), dando l'impressione di ascoltare realmente le parti mancanti. Quindi - aggiunge - è probabile che, quando si ha l'impressione di continuare a sentire una certa canzone o un certo brano musicale, ciò accada per l'attivazione spontanea di queste due aree''.
    I ricercatori hanno analizzato l'attività cerebrale di alcuni volontari, ai quali venivano fatti ascoltare dei brani musicali. Si trattava di canzoni e pezzi strumentali molto noti, come 'Satisfaction' dei Rolling Stones o come il tema del film 'La pantera rosa' in cui venivano casualmente inserite delle 'pause' di silenzio di 2-5 secondi.
    La risonanza magnetica funzionale (fMRI) ha rivelato che durante le pause, solo se le canzoni erano conosciute, si attivava l'area uditiva di Brodmann, deputata all'analisi 'raffinata' dei suoni.
    Invece, se si trattava di un brano strumentale conosciuto si attivava la corteccia auditiva primaria. In entrambi i casi, comunque, i volontari riferivano di non essersi accorti dei silenzi. Secondo i ricercatori, la melodia era stata percepita come ininterrotta perché il cervello aveva 'riempito' le pause, ricostruendo le parti mancanti in base ai dati memorizzati dal soggetto nelle due aree.
    Raffaele Lepore
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