Due picosecondi non bastano per invertire la magnetizzazione di un bit
La velocità massima alla quale possono essere memorizzati dati su un mezzo magnetico sarebbe almeno di mille volte inferiore a quanto si ritenesse in precedenza. Lo sostengono alcuni fisici russi e americani in un articolo pubblicato sulla rivista "Nature". La scoperta, ottenuta grazie a un fascio di elettroni di alta energia allo Stanford Linear Accelerator Center (SLAC), potrebbe avere forti implicazioni per eventuali futuri dispositivi di immagazzinamento dati a densità elevata.
La registrazione magnetica si basa sull'applicazione di un campo per invertire la magnetizzazione di un frammento di materiale magnetico. La velocità alla quale i dati possono essere scritti dipende da quanto rapidamente il campo applicato è in grado di invertire la magnetizzazione di un grano di materiale.
Joachim Stöhr dello Stanford Synchrotron Radiation Laboratory (SSRL) e i suoi colleghi dell'Istituto Landau di fisica teorica di Mosca hanno usato il campo magnetico associato con pacchetti molto corti di elettroni di alta energia prodotti dall'acceleratore lineare di Stanford per studiare questo meccanismo. I ricercatori hanno scoperto che la velocità media di inversione della magnetizzazione è molto inferiore al previsto: impulsi di due picosecondi (10-12 secondi) non sono sufficienti a memorizzare con efficienza un bit, e questo pone un limite superiore alla velocità di registrazione. I dati sono quelli caratteristici di un sistema caotico, un comportamento che ci si attendeva emergere solo alla scala dei femtosecondi (10-15 secondi).
La velocità massima alla quale possono essere memorizzati dati su un mezzo magnetico sarebbe almeno di mille volte inferiore a quanto si ritenesse in precedenza. Lo sostengono alcuni fisici russi e americani in un articolo pubblicato sulla rivista "Nature". La scoperta, ottenuta grazie a un fascio di elettroni di alta energia allo Stanford Linear Accelerator Center (SLAC), potrebbe avere forti implicazioni per eventuali futuri dispositivi di immagazzinamento dati a densità elevata.
La registrazione magnetica si basa sull'applicazione di un campo per invertire la magnetizzazione di un frammento di materiale magnetico. La velocità alla quale i dati possono essere scritti dipende da quanto rapidamente il campo applicato è in grado di invertire la magnetizzazione di un grano di materiale.
Joachim Stöhr dello Stanford Synchrotron Radiation Laboratory (SSRL) e i suoi colleghi dell'Istituto Landau di fisica teorica di Mosca hanno usato il campo magnetico associato con pacchetti molto corti di elettroni di alta energia prodotti dall'acceleratore lineare di Stanford per studiare questo meccanismo. I ricercatori hanno scoperto che la velocità media di inversione della magnetizzazione è molto inferiore al previsto: impulsi di due picosecondi (10-12 secondi) non sono sufficienti a memorizzare con efficienza un bit, e questo pone un limite superiore alla velocità di registrazione. I dati sono quelli caratteristici di un sistema caotico, un comportamento che ci si attendeva emergere solo alla scala dei femtosecondi (10-15 secondi).