YouTube - Odessa "Esilio" live at 70 Flowers Festival 2005
qualcuno conosce sto ''gruppetto'' italianissimo?
Io l'ho scoperto 2-3 giorni fa *_*
eccovi la recensione del loro ultimo album:
Odessa - The Final Day - Il Giorno Del Giudizio
Di acqua sotto i ponti ne è passata da quell'età dell'oro del rock progressivo italiano, che vide il suo culmine nei primi anni '70. Ancora oggi è ben chiara la percezione della portata storica di band quali Banco, Area, PFM e Orme, solo per citare le più note al grande pubblico. Non si spiegherebbe diversamente il sempre forte interesse proveniente dagli ascoltatori che, da ogni parte del mondo, si dedicano alla riscoperta di realtà musicali di quel periodo in cui nel belpaese fiorivano continuamente realtà musicali di primissimo rilievo.
Gli Odessa riprendono questa grande tradizione nostrana, ma il loro indiscusso merito è di saper adottare un sound molto personale. Nella musica dei nostri difatti gli Area sembrano fondersi con i Deep Purple, coagulandosi ad influenze jazz e soul, e il tutto scandito da un raffinatissimo gusto melodico di chiara matrice pop.
Dopo il debutto Stazione Getsemani, uscito ormai dieci anni orsono, e la partecipazione ai più importanti festival progressive d'europa, rieccoci tra la mani il loro nuovo lavoro.
Ci accorgiamo subito che non stiamo ascoltando il solito gruppo vintage; il buon gusto è quello che più caratterizza i quattro musicisti marchigiani, unito ad una eccellente preparazione in fase tecnico-compositiva. La loro dunque non è certo una semplice ricerca dei suoni "giusti". Su tutti spicca la voce potente e versatilissima di Lorenzo Giovagnoli, compositore e tastierista chiaramente devoto al mai abbastanza compianto Demetrio Stratos. Proprio come il suo grande maestro riusciva a fare, Giovagnoli è in grado di cambiare registro e intensità vocale in un batter d'occhio, e a piegare le proprie pliche vocali a qualunque capriccio enfatico-espressivo. Come il bravissimo Lorenzo sa volare sulle note delle sue composizioni, le quali risultano variegate e mai troppo prolisse, perlomeno una veloce citazione meritano anche il chitarrismo certosino ma metallizzato a dovere di Giulio Vampa, oltre alla elegantissima accoppiata De Angelis-Fabbri che sa svolgere un lavoro puntale e senza sbavature in ogni frangente.
Seppur è ancora evidente qualche momento poco a fuoco all'interno di questo The Final Day(Depèche Toi e Piccolo Mio Sole in primis) il lavoro viaggia su alti livelli di coinvolgimento: dalla travolgente e deepurpleiana title track alla malinconia raffinata di Viene La Sera. Taxi sa coniugare sapori pop con momenti più decisi, in cui i nostri sfoderano tutto il loro talento tecnico. Compra gioca le sue carte su di una ritmica rocciosa quanto avvolgente, uno dei pezzi forti dell'album senza dubbio, sia dal punto di vista esecutivo che da quello interpretativo. Dopo l'omaggio-rivisitazione degli Area con Cometa Rossa, la strumentale Senza Fiato ribadisce la portata musicale degli Odessa, tramite delle concatenazioni ritmico-melodiche che fanno letteralmente saltare il cuore in gola; virtuosismo puro. La parte finale dell'album risulta purtroppo un po' in calo, solo la soul e ammiccate Leila si salva in pieno; ma le cose sembrano andare meglio con la chiusura affidata all'hard rock grintoso di Going South.
Che dire, gli Odessa non possono ancora considerarsi i maggiori esponenti attuali del genere, ma la loro personalità è qualcosa di davvero notevole che, in un genere troppo spesso ridotto a semplice manierismo, direi che è davvero fondamentale.
Forse alcune melodie sono da comprimere, nel senso che andrebbe privilegiata la parte muscolare della loro musica che, in quei frangenti in cui si libera, non lascia davvero prigionieri. La promozione per questo disco rimane piena, poichè oggi è quantomai difficile ascoltare musica su così alti livelli espressivi.
Il progressive rock è ancora vivo, e nella sua vera accezione di progressione e crescita musicale.
Chapeau.
qualcuno conosce sto ''gruppetto'' italianissimo?
Io l'ho scoperto 2-3 giorni fa *_*
eccovi la recensione del loro ultimo album:
Odessa - The Final Day - Il Giorno Del Giudizio
Di acqua sotto i ponti ne è passata da quell'età dell'oro del rock progressivo italiano, che vide il suo culmine nei primi anni '70. Ancora oggi è ben chiara la percezione della portata storica di band quali Banco, Area, PFM e Orme, solo per citare le più note al grande pubblico. Non si spiegherebbe diversamente il sempre forte interesse proveniente dagli ascoltatori che, da ogni parte del mondo, si dedicano alla riscoperta di realtà musicali di quel periodo in cui nel belpaese fiorivano continuamente realtà musicali di primissimo rilievo.
Gli Odessa riprendono questa grande tradizione nostrana, ma il loro indiscusso merito è di saper adottare un sound molto personale. Nella musica dei nostri difatti gli Area sembrano fondersi con i Deep Purple, coagulandosi ad influenze jazz e soul, e il tutto scandito da un raffinatissimo gusto melodico di chiara matrice pop.
Dopo il debutto Stazione Getsemani, uscito ormai dieci anni orsono, e la partecipazione ai più importanti festival progressive d'europa, rieccoci tra la mani il loro nuovo lavoro.
Ci accorgiamo subito che non stiamo ascoltando il solito gruppo vintage; il buon gusto è quello che più caratterizza i quattro musicisti marchigiani, unito ad una eccellente preparazione in fase tecnico-compositiva. La loro dunque non è certo una semplice ricerca dei suoni "giusti". Su tutti spicca la voce potente e versatilissima di Lorenzo Giovagnoli, compositore e tastierista chiaramente devoto al mai abbastanza compianto Demetrio Stratos. Proprio come il suo grande maestro riusciva a fare, Giovagnoli è in grado di cambiare registro e intensità vocale in un batter d'occhio, e a piegare le proprie pliche vocali a qualunque capriccio enfatico-espressivo. Come il bravissimo Lorenzo sa volare sulle note delle sue composizioni, le quali risultano variegate e mai troppo prolisse, perlomeno una veloce citazione meritano anche il chitarrismo certosino ma metallizzato a dovere di Giulio Vampa, oltre alla elegantissima accoppiata De Angelis-Fabbri che sa svolgere un lavoro puntale e senza sbavature in ogni frangente.
Seppur è ancora evidente qualche momento poco a fuoco all'interno di questo The Final Day(Depèche Toi e Piccolo Mio Sole in primis) il lavoro viaggia su alti livelli di coinvolgimento: dalla travolgente e deepurpleiana title track alla malinconia raffinata di Viene La Sera. Taxi sa coniugare sapori pop con momenti più decisi, in cui i nostri sfoderano tutto il loro talento tecnico. Compra gioca le sue carte su di una ritmica rocciosa quanto avvolgente, uno dei pezzi forti dell'album senza dubbio, sia dal punto di vista esecutivo che da quello interpretativo. Dopo l'omaggio-rivisitazione degli Area con Cometa Rossa, la strumentale Senza Fiato ribadisce la portata musicale degli Odessa, tramite delle concatenazioni ritmico-melodiche che fanno letteralmente saltare il cuore in gola; virtuosismo puro. La parte finale dell'album risulta purtroppo un po' in calo, solo la soul e ammiccate Leila si salva in pieno; ma le cose sembrano andare meglio con la chiusura affidata all'hard rock grintoso di Going South.
Che dire, gli Odessa non possono ancora considerarsi i maggiori esponenti attuali del genere, ma la loro personalità è qualcosa di davvero notevole che, in un genere troppo spesso ridotto a semplice manierismo, direi che è davvero fondamentale.
Forse alcune melodie sono da comprimere, nel senso che andrebbe privilegiata la parte muscolare della loro musica che, in quei frangenti in cui si libera, non lascia davvero prigionieri. La promozione per questo disco rimane piena, poichè oggi è quantomai difficile ascoltare musica su così alti livelli espressivi.
Il progressive rock è ancora vivo, e nella sua vera accezione di progressione e crescita musicale.
Chapeau.
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