Permettetemi di consigliarvi quest'album, che ha al suo interno solo due tracce: "The Creator has a Master Plan" che dura una mezzoretta e "Colors" un 5 minuti.
Un ascolto molto particolare, di certo molto difficile trovare dischi simili, o perlomeno di eguale bellezza: il sax di Pharoah Sanders con tutte le influenze Free Jazz derivate dalla gavetta con niente popò di meno che John Coltrane è qui al suo terzo disco solista, probabilmente il migliore. Multiphonics, overblowing, armonici, sovracuti, urla dal sax e l'esplorazione di tutto il "colore" del sax è la sua voce spirituale come non mai, su un tema modale di sue soli accordi.
Band ovviamente di altissimo livello, che segue tutte le impennate di Sanders e del cantante e autore dei testi Leon Thomas... Uno di quei cantanti che se non lo senti non ci credi.
Di Karma ho parlato molto nella mia tesi di laurea, avendolo scelto come "punto d'arrivo" per la piena maturità stilistica del sassofonista di cui ho trattato, per chi fosse interessato riporto qui sotto qualche estratto
Un ascolto molto particolare, di certo molto difficile trovare dischi simili, o perlomeno di eguale bellezza: il sax di Pharoah Sanders con tutte le influenze Free Jazz derivate dalla gavetta con niente popò di meno che John Coltrane è qui al suo terzo disco solista, probabilmente il migliore. Multiphonics, overblowing, armonici, sovracuti, urla dal sax e l'esplorazione di tutto il "colore" del sax è la sua voce spirituale come non mai, su un tema modale di sue soli accordi.
Band ovviamente di altissimo livello, che segue tutte le impennate di Sanders e del cantante e autore dei testi Leon Thomas... Uno di quei cantanti che se non lo senti non ci credi.
Di Karma ho parlato molto nella mia tesi di laurea, avendolo scelto come "punto d'arrivo" per la piena maturità stilistica del sassofonista di cui ho trattato, per chi fosse interessato riporto qui sotto qualche estratto
Karma contiene al suo interno solo due brani, The Creator has a Master Plan e Colors, rispettivamente della durata di più di mezzora il primo e poco più cinque minuti il secondo. La formazione coinvolta nella realizzazione di questo album è una sorta di sintesi di grande efficacia del grande ensemble coinvolto nel lavoro precedente, con Leon Thomas alla voce, Lonnie Liston Smith al piano, Nat Bettis alle percussioni, Reggie Workman, Richard Davis e Ron Carter che si alternano ai contrabbassi, Billy Hart e Freddie Waits che si alternano alla batteria, James Spaulding al flauto e Julius Watkins al corno francese. The Creator has a Master Plan è nato dalla collaborazione tra Sanders e Thomas, come ricorda quest'ultimo "Pharoah aveva questa canzone intitolata 'Pisces Moon'. Suonava questo tema ogni notte a New York, e mi chiese se avessi potuto metterci un testo sopra. Venni fuori con 'The Creator has a Master Plan', nacque un classico".
The Creator has a Master Plan si apre con un vigoroso preludio che vede Sanders al sax tenore impegnato a dispiegare l'energia vibrante del proprio suono sulle corone sospese e aritmiche della band. L'emotiva voce del sax si libra sul vivace e colorato sfondo di flauto, pianoforte e percussioni, un coerente risultato degli esperimenti sonori, coloristici e timbrici effettuati con Coltrane ai tempi di Kulu Sé Mama e Om. La potenza del preludio viene arrestata dall'ostinato proposto dal contrabbasso, che funge da pilastro incrollabile per gran parte del pezzo, rieccheggiando la struttura dell'Acknowledgment coltraniano in A Love Supreme. Si passa così ad una sezione modale cullante, su cui Sanders improvvisa mantenendo il proprio range limitato, esplorando tutti i colori possibili situati attorno alla potenzialità di ogni singola chiave del sax, raggiungendo vette di grande lirismo grazie all'integrazione perfetta con le morbide linee di flauto e corno francese di Spaulding e Watkins. Quando l'assolo di Sanders sfuma, fa il suo ingresso Leon Thomas, che comincia a dare una maggiore apertura al brano con il suo vocalizzo cantilenante, quasi un mantra. La versione registrata in Karma presenta solo il ritornello scritto da Leon Thomas "The creator has a master plan, peace and happiness for every man. / The creator has a working plan, peace and happiness for every man. / The creator makes but one demand, happiness through all the land", un canto dalla dolce melodia caratterizzato dalle gioiose e ottimistiche tematiche, usato dal cantante, in piena coerenza con la visione stilistica di Sanders riguardo il materiale tematico, come trampolino di lancio verso improvvisazioni che sembrano disancorarsi dalla realtà verso il mondo dell'emozione, come nel caso di questo festoso jodeling circondato dalle invenzioni della sezione ritmica. Il brano successivamente gioca sull'alternanza di livelli espressivi tra la potente struttura a corone del preludio e la mite struttura modale a due accordi sul pedale di contrabbasso: questi due piani si alternano più volte nel corso del brano, secondo le indicazioni di Sanders che dirige la progressione emotiva suonando riferimenti prestabiliti che il gruppo segue, in qualsiasi direzione egli si voglia muovere; Sanders costruisce delle dinamiche che vengono elaborate dalla band, variando diversi gradi di invenzione timbrica. L'alternarsi tra violento impatto sonoro e misurata pacatezza è causa di un continuo crescendo emotivo, finché i due approcci si fondono dando una spinta propulsiva inarrestabile. Ogni intervento di Sanders origina un aumento in intensità sull'intero gruppo: la ricerca di musicisti con i quali "costruire un unico grande assolo" ha dato qui i suoi migliori frutti. L'aumentare della tensione porta ad un climax improvvisativo in cui tutti i musicisti suonano con abbandono, in una gioiosa orgia di suoni. Thomas dà all'insieme un fondamentale contributo emotivo grazie alle straordinarie possibilità offerte dal proprio canto egoless "Chiamo ciò che faccio “Egoless” perchè proviene dall'inconscio. Può essere un gemito, un urlo, una lacrima, o può essere un grande e grosso sospiro. Non bisogna limitarsi a ciò che consciamente si pensa o si prova, è necessario allentare tutto questo". L'intero gruppo raggiunge una completa libertà espressiva, come se fosse in estasi all'interno di un livello emotivo completamente privo di modo e struttura intervallare, caratterizzato solo da un intenso lirismo di puro suono: Sanders, Spaulding e Watkins soffiano nei proprio strumenti con tutto il fiato che hanno in corpo, Thomas grida, le percussioni, il piano e il basso sono un unico magma di impulsi ritmici. Quasi come per ricomporsi, i musicisti chiudono (quando il brano ha già superato la mezzora), facendo ritorno al tema esposto dalla voce di Leon Thomas, diventata roca per lo sforzo. La traccia seguente, Colors, risulta eccessivamente breve per poter fare un paragone con la precedente: mancano gli assolo e non c'è progressione emotiva. Il testo di Leon Thomas, così come la melodia, è naïf; ritengo che la funzione del brano, con le sue lunghe note sospese, sia quella di raffreddare gli animi dopo l'abbandono totale udito in The Creator has a Master Plan.
Karma è il disco che ho voluto utilizzare come punto di arrivo di questa tesi, in quanto realizzazione del progetto musicale di Pharoah Sanders sotto molti punti di vista: se l'obiettivo a partire da Tauhid era quello di dare prova della propria autonomia stilistica, è con Karma che questo aspetto viene più largamente soddisfatto. Tauhid è ancora un prototipo, benché di notevole interesse: è da una parte il primo disco in cui Sanders abbia cercato da sé dei musicisti con cui condividere la propria visione musicale (ricordiamo che l'unico disco pubblicato a proprio nome prima di questo è Pharoah's First, disco che presenta solo alcuni indizi di ciò che sarebbe stato suonato successivamente, e che ha un impianto ritmico ancora decisamente tradizionale), un esempio per tutti è quello di Sonny Sharrock, strumentista e ricercatore di nuove sonorità per il proprio strumento proprio come Sanders, ma rimane tuttavia un lavoro non sufficientemente coerente, che si perde nelle lunghe suite con improvvisazioni collettive suonate senza troppa convinzione, passando ansiosamente da un tema all'altro, da uno strumento all'altro, da un mood all'altro, scivolando talvolta in un orientalismo che Giampiero Cane definisce "rispecchiamento di un mondo turistico, cartolinesco, da club mediterranée". Anche Izipho Zam non si può ritenere completamente soddisfacente, in quanto costituisce uno sguardo indietro al principio di Ascension secondo cui l'importanza del musicista singolo è solo secondaria, a favore delle macro-strutture del suono totale. C'è interesse da parte di Sanders al raggiungimento di una libera emotività all'interno della propria musica, questo è certo, ma in Izipho Zam ritengo ci sia un eccesso di stimolazioni che sfavoriscono sia il singolo musicista, sia il suono complessivo: il fatto che brani di questo genere non abbiano una conclusione, ma vengano interrotti da un fade out è a mio parere un segno di debolezza strutturale. È con Karma che l'equilibrio viene raggiunto, grazie alla perfetta alchimia dei componenti della formazione: l'alleanza tra Pharoah Sanders e Leon Thomas, che in Izipho Zam non riesce a essere sfruttata nel migliore dei modi, in Karma risulta particolarmente felice e merita a mio parere un posto nell'Olimpo delle più riuscite collaborazioni tra sax tenore e voce della storia del jazz, a fianco di John Coltrane con Johnny Hartman e Lester Young con Billie Holiday. Karma è la realizzazione del progetto sonoro di Pharoah Sanders, in quanto raccoglitore di suggestioni di tutte le principali esperienze della propria formazione rielaborate in chiave personale: gli esperimenti sonori, coloristici e timbrici effettuati con Coltrane in Om, Meditations e Kulu sé Mama, il rapporto con il materiale tematico utilizzato come oggetto sonoro da cui svincolarsi in direzione di una improvvisazione guidata dall'emotività, l'alternare il registro meditativo e impulsivo, ossia veri e propri spazi sonori all'interno di un unico e lungo brano come sperimentato in Tauhid, l'improvvisazione collettiva che rispetto a Izipho Zam viene mantenuta sotto stretto controllo dalle indicazioni sonore di Sanders. La musica è ricondotta alla sacralità, ci si allontana dal quotidiano attraverso una ricerca estatica di purezza, in cui trovano posto solo il bene e il bello. Le parti tematiche sono degli artefatti fantasma ai quali abbandonarsi, che se solo fossero sostenute da un'orchestrazione convenzionale potrebbero aspirare all'inserimento nella rosa dei best-sellers pop. Del resto per Sanders l'utilizzo di temi scelti in funzione del proprio fascino evocativo rappresenta un irrinunciabile tratto stilistico.
The Creator has a Master Plan si apre con un vigoroso preludio che vede Sanders al sax tenore impegnato a dispiegare l'energia vibrante del proprio suono sulle corone sospese e aritmiche della band. L'emotiva voce del sax si libra sul vivace e colorato sfondo di flauto, pianoforte e percussioni, un coerente risultato degli esperimenti sonori, coloristici e timbrici effettuati con Coltrane ai tempi di Kulu Sé Mama e Om. La potenza del preludio viene arrestata dall'ostinato proposto dal contrabbasso, che funge da pilastro incrollabile per gran parte del pezzo, rieccheggiando la struttura dell'Acknowledgment coltraniano in A Love Supreme. Si passa così ad una sezione modale cullante, su cui Sanders improvvisa mantenendo il proprio range limitato, esplorando tutti i colori possibili situati attorno alla potenzialità di ogni singola chiave del sax, raggiungendo vette di grande lirismo grazie all'integrazione perfetta con le morbide linee di flauto e corno francese di Spaulding e Watkins. Quando l'assolo di Sanders sfuma, fa il suo ingresso Leon Thomas, che comincia a dare una maggiore apertura al brano con il suo vocalizzo cantilenante, quasi un mantra. La versione registrata in Karma presenta solo il ritornello scritto da Leon Thomas "The creator has a master plan, peace and happiness for every man. / The creator has a working plan, peace and happiness for every man. / The creator makes but one demand, happiness through all the land", un canto dalla dolce melodia caratterizzato dalle gioiose e ottimistiche tematiche, usato dal cantante, in piena coerenza con la visione stilistica di Sanders riguardo il materiale tematico, come trampolino di lancio verso improvvisazioni che sembrano disancorarsi dalla realtà verso il mondo dell'emozione, come nel caso di questo festoso jodeling circondato dalle invenzioni della sezione ritmica. Il brano successivamente gioca sull'alternanza di livelli espressivi tra la potente struttura a corone del preludio e la mite struttura modale a due accordi sul pedale di contrabbasso: questi due piani si alternano più volte nel corso del brano, secondo le indicazioni di Sanders che dirige la progressione emotiva suonando riferimenti prestabiliti che il gruppo segue, in qualsiasi direzione egli si voglia muovere; Sanders costruisce delle dinamiche che vengono elaborate dalla band, variando diversi gradi di invenzione timbrica. L'alternarsi tra violento impatto sonoro e misurata pacatezza è causa di un continuo crescendo emotivo, finché i due approcci si fondono dando una spinta propulsiva inarrestabile. Ogni intervento di Sanders origina un aumento in intensità sull'intero gruppo: la ricerca di musicisti con i quali "costruire un unico grande assolo" ha dato qui i suoi migliori frutti. L'aumentare della tensione porta ad un climax improvvisativo in cui tutti i musicisti suonano con abbandono, in una gioiosa orgia di suoni. Thomas dà all'insieme un fondamentale contributo emotivo grazie alle straordinarie possibilità offerte dal proprio canto egoless "Chiamo ciò che faccio “Egoless” perchè proviene dall'inconscio. Può essere un gemito, un urlo, una lacrima, o può essere un grande e grosso sospiro. Non bisogna limitarsi a ciò che consciamente si pensa o si prova, è necessario allentare tutto questo". L'intero gruppo raggiunge una completa libertà espressiva, come se fosse in estasi all'interno di un livello emotivo completamente privo di modo e struttura intervallare, caratterizzato solo da un intenso lirismo di puro suono: Sanders, Spaulding e Watkins soffiano nei proprio strumenti con tutto il fiato che hanno in corpo, Thomas grida, le percussioni, il piano e il basso sono un unico magma di impulsi ritmici. Quasi come per ricomporsi, i musicisti chiudono (quando il brano ha già superato la mezzora), facendo ritorno al tema esposto dalla voce di Leon Thomas, diventata roca per lo sforzo. La traccia seguente, Colors, risulta eccessivamente breve per poter fare un paragone con la precedente: mancano gli assolo e non c'è progressione emotiva. Il testo di Leon Thomas, così come la melodia, è naïf; ritengo che la funzione del brano, con le sue lunghe note sospese, sia quella di raffreddare gli animi dopo l'abbandono totale udito in The Creator has a Master Plan.
Karma è il disco che ho voluto utilizzare come punto di arrivo di questa tesi, in quanto realizzazione del progetto musicale di Pharoah Sanders sotto molti punti di vista: se l'obiettivo a partire da Tauhid era quello di dare prova della propria autonomia stilistica, è con Karma che questo aspetto viene più largamente soddisfatto. Tauhid è ancora un prototipo, benché di notevole interesse: è da una parte il primo disco in cui Sanders abbia cercato da sé dei musicisti con cui condividere la propria visione musicale (ricordiamo che l'unico disco pubblicato a proprio nome prima di questo è Pharoah's First, disco che presenta solo alcuni indizi di ciò che sarebbe stato suonato successivamente, e che ha un impianto ritmico ancora decisamente tradizionale), un esempio per tutti è quello di Sonny Sharrock, strumentista e ricercatore di nuove sonorità per il proprio strumento proprio come Sanders, ma rimane tuttavia un lavoro non sufficientemente coerente, che si perde nelle lunghe suite con improvvisazioni collettive suonate senza troppa convinzione, passando ansiosamente da un tema all'altro, da uno strumento all'altro, da un mood all'altro, scivolando talvolta in un orientalismo che Giampiero Cane definisce "rispecchiamento di un mondo turistico, cartolinesco, da club mediterranée". Anche Izipho Zam non si può ritenere completamente soddisfacente, in quanto costituisce uno sguardo indietro al principio di Ascension secondo cui l'importanza del musicista singolo è solo secondaria, a favore delle macro-strutture del suono totale. C'è interesse da parte di Sanders al raggiungimento di una libera emotività all'interno della propria musica, questo è certo, ma in Izipho Zam ritengo ci sia un eccesso di stimolazioni che sfavoriscono sia il singolo musicista, sia il suono complessivo: il fatto che brani di questo genere non abbiano una conclusione, ma vengano interrotti da un fade out è a mio parere un segno di debolezza strutturale. È con Karma che l'equilibrio viene raggiunto, grazie alla perfetta alchimia dei componenti della formazione: l'alleanza tra Pharoah Sanders e Leon Thomas, che in Izipho Zam non riesce a essere sfruttata nel migliore dei modi, in Karma risulta particolarmente felice e merita a mio parere un posto nell'Olimpo delle più riuscite collaborazioni tra sax tenore e voce della storia del jazz, a fianco di John Coltrane con Johnny Hartman e Lester Young con Billie Holiday. Karma è la realizzazione del progetto sonoro di Pharoah Sanders, in quanto raccoglitore di suggestioni di tutte le principali esperienze della propria formazione rielaborate in chiave personale: gli esperimenti sonori, coloristici e timbrici effettuati con Coltrane in Om, Meditations e Kulu sé Mama, il rapporto con il materiale tematico utilizzato come oggetto sonoro da cui svincolarsi in direzione di una improvvisazione guidata dall'emotività, l'alternare il registro meditativo e impulsivo, ossia veri e propri spazi sonori all'interno di un unico e lungo brano come sperimentato in Tauhid, l'improvvisazione collettiva che rispetto a Izipho Zam viene mantenuta sotto stretto controllo dalle indicazioni sonore di Sanders. La musica è ricondotta alla sacralità, ci si allontana dal quotidiano attraverso una ricerca estatica di purezza, in cui trovano posto solo il bene e il bello. Le parti tematiche sono degli artefatti fantasma ai quali abbandonarsi, che se solo fossero sostenute da un'orchestrazione convenzionale potrebbero aspirare all'inserimento nella rosa dei best-sellers pop. Del resto per Sanders l'utilizzo di temi scelti in funzione del proprio fascino evocativo rappresenta un irrinunciabile tratto stilistico.
Commenta