Il mestiere del web designer appare sempre figo, quando ne parli con qualcuno.
«Che lavoro fai?», ti chiedono le persone dopo cinque minuti che le conosci.
«Sono web designer.»
«CHE FIGATA!!!»
La gran parte della gente, di solito, risponde così.
E anche tu lo pensavi, quando però non lo avevi ancora sperimentato sulla pelle, ma solo immaginato, per non dire sognato, per anni nella tua testa.
Ti vedevi seduto in una bella scrivania, con un armamentario della madonna sotto mano, sempre coinvolto in nuovi progetti pregni di creatività. Con i dirigenti, i capi e i responsabili che ti consideravano una persona capace di dar forma ad ogni idea che ti veniva in mente. Qualunque. E che per questo ti rispettavano ed erano fieri di te.
Ti immaginavi seduto in una sala riunioni all'avanguardia, insieme ad altri tre o quattro colleghi mentre pianificavi una campagna promozionale, con ognuno che diceva la sua e che ci si aiutava a vicenda.
Ti aspettavi uno stipendio dignitoso.
In realtà questo lavoro, o per lo meno quello svolto all'interno delle piccole aziende sviluppatesi in una regione principalmente agricola e meccanica, è poco diverso da una comune catena di produzione di una fabbrica, sia per la maniacalità che per la retribuzione. Anzi, forse stando a catena, nel corso degli anni guadagni di più. Anzi, togliamo il "forse".
E dire che mia madre mi ha sempre ripetuto di studiare e farmi una posizione per non finire in fabbrica.
L'unica differenza tra l'operaio a catena e il web designer è che nella prima situazione lavori in piedi, non puoi nè andare a fumare una sigaretta, nè a prendere un caffè quando vuoi, nè andare a pisciare senza prima avvertire, mentre nel secondo caso lavori seduto e puoi fare le altre cose quando vuoi. Per il resto hai continuamente lavori da svolgere, che all'inizio sembrano tutti diversi, ma che nel giro di qualche mese diventano talmente tanti da prosciugare ogni idea che persino la mente più elastica e creativa riuscirebbe a partorire. E dopo meno di due anni, finisci per diventare una fotocopiatrice umana.
Ogni campagna pubblicitaria, promozione, newsletter, email d'invito, tutto, ogni cazzo di progetto che ti consegnano, in breve non diventa altro che un maledetto replay di un qualcosa che hai già fatto.
Quando poi si tratta di giudicare un lavoro di un web designer, di colpo tutti diventano esperti di grafica. Persino la donna delle pulizie si sente in diritto di dire la sua.
Questa scritta è troppo accesa, disturba.
Questi colori sono troppo scuri, scoraggiano.
Questa foto è troppo grande, confonde.
Questo sfondo è troppo pesante, stanca.
Senti più stronzate in una web agency che a Montecitorio.
In una web agency, più sei ritardato, più ti danno credito. E, prerogativa fondamentale, devi assolutamente utilizzare un imbarazzante lessico per qualsiasi cosa, anche per spiegare i concetti più banali.
Prima di iniziare la DEM fai un briefing con il customer.
Decidete un business plan che abbia un call to action incisivo.
Prefissatevi un conversion rate sostanziale.
The pen is under the table, ti verrebbe da rispondergli.
E mentre ascolti l'ultima lingua di Babele uscire dalla bocca di un comunissimo rappresentante -ma devi chiamarlo sales manager- , dall'esterno giunge il catarroso rumore di un trattore, pieno di terra e letame, che fa manovra nel parcheggio e lo smadonnare del contadino che lo guida.
Sul tuo foglio per appunti scrivi "Il vero esperto di marketing è colui che sa farsi capire con parole semplici, non colui che usa l’inglese per darsi un tono" e lo sottolinei col pennarello rosso indelebile.
La nostra mission è sbaragliare i competitors.
The dog is brown. Coglione.
Con i suoi sessant'anni suonati, il direttore generale, che anch'egli partecipa a questa farsa, non c'ha capito un emerito cazzo. E sfido, io. Parla malapena l'italiano, figuriamoci questa fastidiosa e maccheronica cacofonia.
Ma siccome le parole a lui gli suonano fighe, pensa bene di dare a quell'idiota il suo pieno appoggio e la massima fiducia. E lo promuove Direttore Vendite.
Giuro che è così.
Parola di lupetto.
Ciò comporta che tu, povero grafico da quattro soldi (e scusate l'eufemismo), debba lavorare secondo le direttive di un perfetto cialtrone, che non solo non ha la più pallida idea di quanto ci voglia a progettare una banale comunicazione, ma ignora totalmente come si costruisca una pagina html o php, come si fotoritocchi un'immagine, come si crei uno script per un comune modulo di contatto e quanto tempo ci voglia per montare il tutto con una grafica accattivante.
Insomma dirige un progetto che non gli compete e di cui non ne è all'altezza.
Chiaro. È un rappresentante, per dio.
Ha passato la maggior parte della sua vita a cercare di convincere un titolare di un'azienda a stipulare un contratto promettendogli cose infattibili, che cazzo ne sa di come si pianifica una campagna pubblicitaria?
Però le spara grosse, le spara mistoinglese e sui vegliardi questo fa sempre effetto. E beata l'ignoranza.
Questo meccanismo, ti rende psicologicamente tre volte in trappola.
Per la quantità di cazzate spesso irrealizzabili -ma che spetta a te rendere possibili- che il sales manager propina al cliente di turno, stratagemma che naturalmente adotta solo per garantirsi la provvigione.
Per la quantità di cazzate che ipnotizzano il capo e che di rimando ti costringe all'obbedienza di deliranti indicazioni.
Per la quantità di cazzate che sei costretto a sentire, ogni volta che il sales manager è convinto di aver trovato la "chave di volta" della buona riuscita della campagna. Almeno dieci e tutte diverse, nel giro di uno o due giorni.
E a fine mese, un tozzo di pane e una crosta di formaggio nella busta paga.
Non è per niente frustrante.
(segue)
«Che lavoro fai?», ti chiedono le persone dopo cinque minuti che le conosci.
«Sono web designer.»
«CHE FIGATA!!!»
La gran parte della gente, di solito, risponde così.
E anche tu lo pensavi, quando però non lo avevi ancora sperimentato sulla pelle, ma solo immaginato, per non dire sognato, per anni nella tua testa.
Ti vedevi seduto in una bella scrivania, con un armamentario della madonna sotto mano, sempre coinvolto in nuovi progetti pregni di creatività. Con i dirigenti, i capi e i responsabili che ti consideravano una persona capace di dar forma ad ogni idea che ti veniva in mente. Qualunque. E che per questo ti rispettavano ed erano fieri di te.
Ti immaginavi seduto in una sala riunioni all'avanguardia, insieme ad altri tre o quattro colleghi mentre pianificavi una campagna promozionale, con ognuno che diceva la sua e che ci si aiutava a vicenda.
Ti aspettavi uno stipendio dignitoso.
In realtà questo lavoro, o per lo meno quello svolto all'interno delle piccole aziende sviluppatesi in una regione principalmente agricola e meccanica, è poco diverso da una comune catena di produzione di una fabbrica, sia per la maniacalità che per la retribuzione. Anzi, forse stando a catena, nel corso degli anni guadagni di più. Anzi, togliamo il "forse".
E dire che mia madre mi ha sempre ripetuto di studiare e farmi una posizione per non finire in fabbrica.
L'unica differenza tra l'operaio a catena e il web designer è che nella prima situazione lavori in piedi, non puoi nè andare a fumare una sigaretta, nè a prendere un caffè quando vuoi, nè andare a pisciare senza prima avvertire, mentre nel secondo caso lavori seduto e puoi fare le altre cose quando vuoi. Per il resto hai continuamente lavori da svolgere, che all'inizio sembrano tutti diversi, ma che nel giro di qualche mese diventano talmente tanti da prosciugare ogni idea che persino la mente più elastica e creativa riuscirebbe a partorire. E dopo meno di due anni, finisci per diventare una fotocopiatrice umana.
Ogni campagna pubblicitaria, promozione, newsletter, email d'invito, tutto, ogni cazzo di progetto che ti consegnano, in breve non diventa altro che un maledetto replay di un qualcosa che hai già fatto.
Quando poi si tratta di giudicare un lavoro di un web designer, di colpo tutti diventano esperti di grafica. Persino la donna delle pulizie si sente in diritto di dire la sua.
Questa scritta è troppo accesa, disturba.
Questi colori sono troppo scuri, scoraggiano.
Questa foto è troppo grande, confonde.
Questo sfondo è troppo pesante, stanca.
Senti più stronzate in una web agency che a Montecitorio.
In una web agency, più sei ritardato, più ti danno credito. E, prerogativa fondamentale, devi assolutamente utilizzare un imbarazzante lessico per qualsiasi cosa, anche per spiegare i concetti più banali.
Prima di iniziare la DEM fai un briefing con il customer.
Decidete un business plan che abbia un call to action incisivo.
Prefissatevi un conversion rate sostanziale.
The pen is under the table, ti verrebbe da rispondergli.
E mentre ascolti l'ultima lingua di Babele uscire dalla bocca di un comunissimo rappresentante -ma devi chiamarlo sales manager- , dall'esterno giunge il catarroso rumore di un trattore, pieno di terra e letame, che fa manovra nel parcheggio e lo smadonnare del contadino che lo guida.
Sul tuo foglio per appunti scrivi "Il vero esperto di marketing è colui che sa farsi capire con parole semplici, non colui che usa l’inglese per darsi un tono" e lo sottolinei col pennarello rosso indelebile.
La nostra mission è sbaragliare i competitors.
The dog is brown. Coglione.
Con i suoi sessant'anni suonati, il direttore generale, che anch'egli partecipa a questa farsa, non c'ha capito un emerito cazzo. E sfido, io. Parla malapena l'italiano, figuriamoci questa fastidiosa e maccheronica cacofonia.
Ma siccome le parole a lui gli suonano fighe, pensa bene di dare a quell'idiota il suo pieno appoggio e la massima fiducia. E lo promuove Direttore Vendite.
Giuro che è così.
Parola di lupetto.
Ciò comporta che tu, povero grafico da quattro soldi (e scusate l'eufemismo), debba lavorare secondo le direttive di un perfetto cialtrone, che non solo non ha la più pallida idea di quanto ci voglia a progettare una banale comunicazione, ma ignora totalmente come si costruisca una pagina html o php, come si fotoritocchi un'immagine, come si crei uno script per un comune modulo di contatto e quanto tempo ci voglia per montare il tutto con una grafica accattivante.
Insomma dirige un progetto che non gli compete e di cui non ne è all'altezza.
Chiaro. È un rappresentante, per dio.
Ha passato la maggior parte della sua vita a cercare di convincere un titolare di un'azienda a stipulare un contratto promettendogli cose infattibili, che cazzo ne sa di come si pianifica una campagna pubblicitaria?
Però le spara grosse, le spara mistoinglese e sui vegliardi questo fa sempre effetto. E beata l'ignoranza.
Questo meccanismo, ti rende psicologicamente tre volte in trappola.
Per la quantità di cazzate spesso irrealizzabili -ma che spetta a te rendere possibili- che il sales manager propina al cliente di turno, stratagemma che naturalmente adotta solo per garantirsi la provvigione.
Per la quantità di cazzate che ipnotizzano il capo e che di rimando ti costringe all'obbedienza di deliranti indicazioni.
Per la quantità di cazzate che sei costretto a sentire, ogni volta che il sales manager è convinto di aver trovato la "chave di volta" della buona riuscita della campagna. Almeno dieci e tutte diverse, nel giro di uno o due giorni.
E a fine mese, un tozzo di pane e una crosta di formaggio nella busta paga.
Non è per niente frustrante.
(segue)
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