Bukowski fu un céliniano doc e a farcelo sapere non sono solo i critici, i biografi, le interviste in cui la moglie Linda ci informa dell'ossessione per lo scrittore francese specie negli ultimi anni della sua vita, delle foto del nostro incollate sulle pareti della stanza in cui scriveva solitamente, ma è Bukowski stesso che in numerosissime occasioni, nei suoi testi, parla del beneamato scrittore d'oltralpe.
Un esempio come quello che sto per proporre apparirà certamente gradito ai céliniani più arditi ma stupirà i bukowskiani di primo pelo abituati a leggere le imprecazioni di Buk davanti a qualsiasi scrittore che non sia lui, a deprecare le opere altrui e bollarle come illeggibili e noiose e vuote, ecco, se Bukowski era duro e severo nei confronti degli altri autori non era per vanità o per saccenteria ma per una vera e propria poetica cui Celine non sembra solo aderire, certo inconsapevolmente, ma addirittura primeggiare senza pari: questa poesia si intitola LA PAROLA (THE WORD), Bukowski vi parla dei suoi autori prediletti; dopo aver accennato a Pound, Hemingway, Auden, Turgenev ed altri e aver stroncato il noioso Henry Miller, così dice di Céline:
"mi procurai il 'Viaggio' di Céline e lo lessi d'un fiato sdraiato sul letto a mangiare crackers, andai avanti mangiando crackers e leggendo, leggendo, ridendo ad alta voce, pensando: finalmente ho incontrato uno che scrive meglio di me. finii il libro e mi scolai litri d'acqua. dentro la pancia i crackers mi si gonfiaronoe mi venne il peggiore mal di stomaco del ***** di tutta la mia vita. vivevo con la mia prima moglie, lei lavorava nell'ufficio dello sceriffo di Los Angeles e rientrando a casa mi ritrovò piegato in due che gemevo:- ehi, che ti è successo? -Ho appena letto il più grande scrittore del mondo! -ma non dicevi di essere tu il più grande? -Sono il secondo, baby..."
un'affermazione forte, detta da uno scrittore (appartenente a una razza che dei pavoni pare la diretta discendente) non sembra da poco. e non è finita qui: in una poesia intitolata, guarda un po', VIAGGIO AL TERMINE (JOURNEY TO THE END), le cose stanno così:
"c'è un tale in Olanda che mi spedisce fotografie di Céline e scatole di sigari fantastici. bè, lo ammetto: me li godo entrambi. i sigari s'accoppiano bene col mio vino rosso e non mi stanco mai di Céline, letto o visto in foto: ha una gran bella faccia questo Louis Ferdinand Destouches. (ci sono certi famosi scrittori contemporanei le cui facce sembrano l'interno della padella e a scrivere fanno lo stesso effetto) mi piacciono le mie notti con le foto di Céline (...)
Céline mi sorveglia mentre bevo scrivo ascolto musica e fumo sigari insieme ce la spassiamo mentre il resto della gente gioca a bowling, dorme, guarda la tv, discute scopa, mangia, fa un mucchio di stupidaggini e via dicendo. (....)
ti saluto Céline... Céline... figlio di un cane... noi sopportiamo il peso del tempo... ma ne ridiamo... qualche volta qui in mezzo alle tue foto persino la più bieca fortuna ha qualcosa di buono"
Ce n'è un'altra in cui Bukowski parla del volto di Céline e in particolare c'è un commento ad una foto, quella famosa in cui Céline è fotografato di spalle, con la testa leggermente girata, rivolta verso la macchina fotografica e dalla grossa testa ricade una ciocca di capelli, una mano regge un cesto; è una foto degli anni di Meudon, è la foto di sovraccoperta dell'edizione Einaudi di Fantasmagoria per un'altra volta.
In un'altra poesia ancora, questa intitolata "FREGATI", Bukowski si chiede se non sia stato il liquore andato a male a far finire Céline a letto con ''quella ******* della politica" (anche se qui Buk si chiede lo stesso anche per Sartre, Hamsun ed Ezra Pound). Céline però era astemio.
Nel resoconto del suo viaggio in Europa del 1978, dal titolo Shakespeare non l'ha mai fatto, ad un giornalista rompipalle italiano che gli chiedeva quali consigli avesse da dare agli italiani, Buk risponde :
''Consiglio agli italiani di leggere Céline e di non parlare sempre ad alta voce!"
Ulteriori e disposti qua e là alla macchia sono gli apprezzamenti che Bukowski elargisce al nostro, ma anche delle riserve sul lavoro posteriore al Viaggio, specie in un racconto inserito in Musica per organi caldi, dove per l'appunto lo scrittore americano s'inchina davanti alla prima prova letteraria del medico dei poveri ma non è troppo convinto del prosieguo della sua produzione.
Per un iper-realista come Bukowski doveva certamente risultare su tutti straordinario quel libro demistificatorio della vita e dell'uomo ed ironico e cinico quale è il Viaggio e poco reattivi alla realtà gli altri dove la vis fantastica di Céline vira per altri porti, caricando sempre più il suo stile e il suo bagaglio di fantasmi dentro vagoni di incubo che poco avevano a che fare con le riflessioni e le situazioni concrete evocate precedentemente.
Eppure Bukowski, seppur refrattario nei confronti delle nuove mire céliniane, non può fare a meno di ammirarne lo stile, la bravura, il mordente rimasto intatto: così in una poesia dal titolo "ORDINE DI BATTUTA" (BATTING ORDER) immaginando di essere un allenatore di baseball e di dover assegnare un ruolo in squadra ai suoi scrittori preferiti...:
"Céline lo metto in quarta, ha alti e bassi ma quando è in giornata non lo batte nessuno"
Il clou è raggiunto però in Pulp.
Una storia del XX secolo. In questo romanzo dei primi anni novanta, ultima opera di Bukowski pubblicata in vita,
un investigatore privato di Los Angeles, Nick Belane, è ingaggiato dalla signora Morte per trovare Céline che per qualche oscuro mistero (ma nemmeno troppo se si pensa che per Bukowski l'unico modo per fregare la morte è riderne) ha depistato la sua falce e ora, avvistato ad Hollywood Park, pare frequenti la libreria di un certo Red Koldowsky che ha solo libri rari ed è un tipo bizzarro il quale ama cacciare la gente dal suo locale specie se questi non comprano nulla come il caro Ferdinand continuamente messo alla parta. Céline chiede di Faulkner, Charles Manson, Carson Mc Cullers, poi pesto di insulti si dirige da Musso's e se ne sta lì con la faccia triste, ma dopo un giorno si ripresenta e la storia si ripete. La signora Morte, tra l’altro una donnona mozzafiato, è disposta a pagare qualsiasi cifra per sapere con certezza se il presunto Céline è davvero Céline o un ciarlatano o… chissà che…Nel primo incontro Nick lo pesca a scartabellare un libro di Thomas Mann e rivolgendosi proprio a lui dice: ''questo scrittore pensa che la NOIA sia arte'' ; pressato dalle domande di Nick sulla sua identità per via dell'effettiva somiglianza, Céline lo pianta in asso mostrandogli il medio. Le vicende da allora si evolvono, la signora Morte è sempre più decisa a fare il suo, Céline intanto è in possesso di informazioni per ricattare Belane a cui chiede 10000 dollari, Belane non ci sta, tira fuori la pistola, lo tiene in ostaggio nel suo gabinetto ma questi sfonda la porta e scappa. In un altro incontro, all'ippodromo, è Céline a puntare la pistola contro Belane, deciso com'è a sbarazzarsi lui della signora Morte che ha capito essergli alle costole. Belane allora organizza un'uscita a tre: lui, Céline, la signora Morte, tutti allegramente in un bar, per risolvere gli inconvenienti. Grazie ad un giochetto, Belane ottiene di vedere la ''patente'' di Céline, con qualche informazione preziosa scritta al suo interno: LOUIS FERDINAND DESTOUCHES, nato a Courbevoie, 1984! La signora Morte guarda pure lei, Céline esce dal locale contrariato dai loro giochetti infantiloidi e una donna lo investe con la macchina davanti al bar...
Ovviamente questa microstoria céliniana è incasellata accanto e dentro ad altre storie di altro genere e argomento che vanno tutte a formare quel Polpettone, quel Pulp che è questo romanzo bukowskiano degli anni novanta dove il non-genere in questione andava per la maggiore.
Probabilmente non si faticherà a trovare altro materiale inerente al nostro tra le scartoffie o i muri di casa Bukowski, così come non si avranno troppe difficoltà a rintracciare nello stile dello scrittore maledetto americano dei ritmi, degli arpeggi, delle incrinature, delle frenature sull'asfalto, delle impennate immaginative tipiche del francese, e non si arrancherà nemmeno troppo a notare quanta vicinanza ci sia soprattutto nel concepire la vita, l'uomo, la schifezza, il cinismo, l'ironia, il comico, la solitudine e la follia in due scrittori eccezionali e geniali come L. F. Céline e Charles Bukowski.
Un esempio come quello che sto per proporre apparirà certamente gradito ai céliniani più arditi ma stupirà i bukowskiani di primo pelo abituati a leggere le imprecazioni di Buk davanti a qualsiasi scrittore che non sia lui, a deprecare le opere altrui e bollarle come illeggibili e noiose e vuote, ecco, se Bukowski era duro e severo nei confronti degli altri autori non era per vanità o per saccenteria ma per una vera e propria poetica cui Celine non sembra solo aderire, certo inconsapevolmente, ma addirittura primeggiare senza pari: questa poesia si intitola LA PAROLA (THE WORD), Bukowski vi parla dei suoi autori prediletti; dopo aver accennato a Pound, Hemingway, Auden, Turgenev ed altri e aver stroncato il noioso Henry Miller, così dice di Céline:
"mi procurai il 'Viaggio' di Céline e lo lessi d'un fiato sdraiato sul letto a mangiare crackers, andai avanti mangiando crackers e leggendo, leggendo, ridendo ad alta voce, pensando: finalmente ho incontrato uno che scrive meglio di me. finii il libro e mi scolai litri d'acqua. dentro la pancia i crackers mi si gonfiaronoe mi venne il peggiore mal di stomaco del ***** di tutta la mia vita. vivevo con la mia prima moglie, lei lavorava nell'ufficio dello sceriffo di Los Angeles e rientrando a casa mi ritrovò piegato in due che gemevo:- ehi, che ti è successo? -Ho appena letto il più grande scrittore del mondo! -ma non dicevi di essere tu il più grande? -Sono il secondo, baby..."
un'affermazione forte, detta da uno scrittore (appartenente a una razza che dei pavoni pare la diretta discendente) non sembra da poco. e non è finita qui: in una poesia intitolata, guarda un po', VIAGGIO AL TERMINE (JOURNEY TO THE END), le cose stanno così:
"c'è un tale in Olanda che mi spedisce fotografie di Céline e scatole di sigari fantastici. bè, lo ammetto: me li godo entrambi. i sigari s'accoppiano bene col mio vino rosso e non mi stanco mai di Céline, letto o visto in foto: ha una gran bella faccia questo Louis Ferdinand Destouches. (ci sono certi famosi scrittori contemporanei le cui facce sembrano l'interno della padella e a scrivere fanno lo stesso effetto) mi piacciono le mie notti con le foto di Céline (...)
Céline mi sorveglia mentre bevo scrivo ascolto musica e fumo sigari insieme ce la spassiamo mentre il resto della gente gioca a bowling, dorme, guarda la tv, discute scopa, mangia, fa un mucchio di stupidaggini e via dicendo. (....)
ti saluto Céline... Céline... figlio di un cane... noi sopportiamo il peso del tempo... ma ne ridiamo... qualche volta qui in mezzo alle tue foto persino la più bieca fortuna ha qualcosa di buono"
Ce n'è un'altra in cui Bukowski parla del volto di Céline e in particolare c'è un commento ad una foto, quella famosa in cui Céline è fotografato di spalle, con la testa leggermente girata, rivolta verso la macchina fotografica e dalla grossa testa ricade una ciocca di capelli, una mano regge un cesto; è una foto degli anni di Meudon, è la foto di sovraccoperta dell'edizione Einaudi di Fantasmagoria per un'altra volta.
In un'altra poesia ancora, questa intitolata "FREGATI", Bukowski si chiede se non sia stato il liquore andato a male a far finire Céline a letto con ''quella ******* della politica" (anche se qui Buk si chiede lo stesso anche per Sartre, Hamsun ed Ezra Pound). Céline però era astemio.
Nel resoconto del suo viaggio in Europa del 1978, dal titolo Shakespeare non l'ha mai fatto, ad un giornalista rompipalle italiano che gli chiedeva quali consigli avesse da dare agli italiani, Buk risponde :
''Consiglio agli italiani di leggere Céline e di non parlare sempre ad alta voce!"
Ulteriori e disposti qua e là alla macchia sono gli apprezzamenti che Bukowski elargisce al nostro, ma anche delle riserve sul lavoro posteriore al Viaggio, specie in un racconto inserito in Musica per organi caldi, dove per l'appunto lo scrittore americano s'inchina davanti alla prima prova letteraria del medico dei poveri ma non è troppo convinto del prosieguo della sua produzione.
Per un iper-realista come Bukowski doveva certamente risultare su tutti straordinario quel libro demistificatorio della vita e dell'uomo ed ironico e cinico quale è il Viaggio e poco reattivi alla realtà gli altri dove la vis fantastica di Céline vira per altri porti, caricando sempre più il suo stile e il suo bagaglio di fantasmi dentro vagoni di incubo che poco avevano a che fare con le riflessioni e le situazioni concrete evocate precedentemente.
Eppure Bukowski, seppur refrattario nei confronti delle nuove mire céliniane, non può fare a meno di ammirarne lo stile, la bravura, il mordente rimasto intatto: così in una poesia dal titolo "ORDINE DI BATTUTA" (BATTING ORDER) immaginando di essere un allenatore di baseball e di dover assegnare un ruolo in squadra ai suoi scrittori preferiti...:
"Céline lo metto in quarta, ha alti e bassi ma quando è in giornata non lo batte nessuno"
Il clou è raggiunto però in Pulp.
Una storia del XX secolo. In questo romanzo dei primi anni novanta, ultima opera di Bukowski pubblicata in vita,
un investigatore privato di Los Angeles, Nick Belane, è ingaggiato dalla signora Morte per trovare Céline che per qualche oscuro mistero (ma nemmeno troppo se si pensa che per Bukowski l'unico modo per fregare la morte è riderne) ha depistato la sua falce e ora, avvistato ad Hollywood Park, pare frequenti la libreria di un certo Red Koldowsky che ha solo libri rari ed è un tipo bizzarro il quale ama cacciare la gente dal suo locale specie se questi non comprano nulla come il caro Ferdinand continuamente messo alla parta. Céline chiede di Faulkner, Charles Manson, Carson Mc Cullers, poi pesto di insulti si dirige da Musso's e se ne sta lì con la faccia triste, ma dopo un giorno si ripresenta e la storia si ripete. La signora Morte, tra l’altro una donnona mozzafiato, è disposta a pagare qualsiasi cifra per sapere con certezza se il presunto Céline è davvero Céline o un ciarlatano o… chissà che…Nel primo incontro Nick lo pesca a scartabellare un libro di Thomas Mann e rivolgendosi proprio a lui dice: ''questo scrittore pensa che la NOIA sia arte'' ; pressato dalle domande di Nick sulla sua identità per via dell'effettiva somiglianza, Céline lo pianta in asso mostrandogli il medio. Le vicende da allora si evolvono, la signora Morte è sempre più decisa a fare il suo, Céline intanto è in possesso di informazioni per ricattare Belane a cui chiede 10000 dollari, Belane non ci sta, tira fuori la pistola, lo tiene in ostaggio nel suo gabinetto ma questi sfonda la porta e scappa. In un altro incontro, all'ippodromo, è Céline a puntare la pistola contro Belane, deciso com'è a sbarazzarsi lui della signora Morte che ha capito essergli alle costole. Belane allora organizza un'uscita a tre: lui, Céline, la signora Morte, tutti allegramente in un bar, per risolvere gli inconvenienti. Grazie ad un giochetto, Belane ottiene di vedere la ''patente'' di Céline, con qualche informazione preziosa scritta al suo interno: LOUIS FERDINAND DESTOUCHES, nato a Courbevoie, 1984! La signora Morte guarda pure lei, Céline esce dal locale contrariato dai loro giochetti infantiloidi e una donna lo investe con la macchina davanti al bar...
Ovviamente questa microstoria céliniana è incasellata accanto e dentro ad altre storie di altro genere e argomento che vanno tutte a formare quel Polpettone, quel Pulp che è questo romanzo bukowskiano degli anni novanta dove il non-genere in questione andava per la maggiore.
Probabilmente non si faticherà a trovare altro materiale inerente al nostro tra le scartoffie o i muri di casa Bukowski, così come non si avranno troppe difficoltà a rintracciare nello stile dello scrittore maledetto americano dei ritmi, degli arpeggi, delle incrinature, delle frenature sull'asfalto, delle impennate immaginative tipiche del francese, e non si arrancherà nemmeno troppo a notare quanta vicinanza ci sia soprattutto nel concepire la vita, l'uomo, la schifezza, il cinismo, l'ironia, il comico, la solitudine e la follia in due scrittori eccezionali e geniali come L. F. Céline e Charles Bukowski.
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