PREMESSA
Non vorrei annoiare nessuno ma in questo periodo sono parecchio preso da una cosa che volevo scrivere da tempo e che finalmente ho trovato il tempo(poco) di iniziare(a mano..).
La vicenda narrata di seguito e' un omaggio a due miei amici in real scomparsi durante la mia adolescenza, quindi il tutto parte da una storia realmente accaduta che ho romanzato come posso con la mia mediocre prosa.
Vorrei avere commenti che mi incoraggino a continuare o a lasciar perdere..sono abbastanza confuso e titubante sulla mia opera e vi prego ,percio', di essere piu' sinceri possibili.
TIA
----------------------------------------------------------------------------------
Prefazione.
-I Fatti-
Il grande gelso bianco ergeva le sue alte fronde al di sopra della vecchia casa del “Viviere” la pace regnava incontrastata sopraffatta ,ogni tanto,solo dal rombo dei motori dei grossi camion che percorrevano la statale 115 in direzione dell’aeroporto .La casa era alta quasi quanto l’albero di un color bianco sporco che ben si accostava alle grosse nuvole cariche di pioggia che imperavano maestose sull’orizzonte circostante tagliato ,da basso, dalle ampie colline e dagli antichi caseggiati rurali semi diroccati.Luca si sveglio’ tardi quella mattina verso le 8:15 il vecchio scuolabus comunale appariva ormai come un piccolo puntino giallo all’orizzonte. Irraggiungibile. Luca si maledisse per il suo ritardo imprecando in malo modo contro tutto e tutti mentre cercava di avviare la sua vecchia vespa PK 50 special. Ad ogni poderoso colpo sul pedale di avviamento il vecchio motore della vespa tossiva e gracchiava ma non dava segno di volersi mettere in moto. Ore 8.25 , Luca era ancora alla casa del “ Viviere” a 4 km di distanza dalla sua classe dove i suoi compagni preparavano gia’ i banchi ,separandoli gli uni dagli altri , per il compito di matematica che ci sarebbe stato da li’ a pochi minuti. Ore 8.30, Il prof. Ferla inizio’ a distribuire i compiti in classe, non prima di aver appeso all’attaccapanni il suo logoro spolverino umido e controllato la disposizione dei banchi operata dai suoi ragazzi .Si arrestò ad un tratto come se gli mancasse qualcosa, esitò , infine disse:” Salario non e’ presente oggi ragazzi?” .Dai banchi rispose solo un brusio confuso di “non so “ e di “boh”.La Vespa era partita dopo vari tentativi di avviamento che costarono al nostro smilzo ragazzo attimi di intensa fatica fisica(il blocco della sua vecchia PK non era certo al massimo del suo splendore, anzi uno qualunque di quei ragazzoni che facevano da assistente presso una qualsiasi officina meccanica del paese vi avrebbe detto che era da buttare via, o quasi). Luca vi saltò a bordo con la fronte imperlata da sudore e i capelli che si asciugavano su di essa impregnati di fatica .Il vento gelido del mattino gonfiava d’aria fredda il suo parka, mentre i nuvoloni all’orizzonte si erano fatti via via più vicini ed incombevano ora sopra la sua testa come giovani vedove in procinto di piangere.La vespa filava ora sulla statale 115 .Percorreva pendii e curve semideserti quando i primi goccioloni di pioggia iniziarono pian piano a colorare il manto stradale di un nero bitume piu’ scuro, lavando via l’asfalto che ora acquistava la lucentezza di un blocco di graffite. Il cielo iniziava a puzzare di ozono ed elettricita’ ,non si udiva altro che il latrato stanco della vecchia special e il suono sommesso e progressivo della pioggia che ora cadeva copiosa da un cielo che ormai era un enorme muro viola ,gonfio e livido come una grossa ferita mal curata che sta per buttare fuori pus marcescente. La strada oltrepassava ora un piccolo ponticello che serviva da guado ad un piccolo torrente che si stava ingrossando notevolmente, fecondato dalla densa pioggia che lo prendeva dall’alto. Il torrente era circondato da un canneto che impediva un’ottimale visuale della strada e della curva che succedeva il ponticello stesso. Intanto, una vecchia e logora apecar scassata percorreva cieca , nel senso opposto ,la statale 115. L’impatto avvenne in curva. L’autista, un uomo onesto e sincero la cui unica preoccupazione era quella di alzarsi presto al mattino per badare ai suoi campi, dichiaro’ di chiamarsi Mauro Romauro e che lui non avrebbe potuto evitare l’impatto nemmeno se l’avesse voluto .Raccontò i fatti con impressionante lucidita’ e per niente turbato da cio’ che era avvenuto,o almeno cosi’ sembrava:”Io ero sulla mia corsia, non ho potuto proprio farci nulla. La vespa stava gia’ scivolando sulla strada quando me la sono ritrovata tra le ruote posteriori ed il cassone;il ragazzo?, oh beh , lui stava con la testa sanguinante accanto a me, quasi del tutto dentro l’abitacolo.” Scoppio’ a piangere .Un agente lo invito’ ad entrare su di una ambulanza sulla quale , successivamente ,si accomodo’ pure un altro poliziotto che scorto’ l’uomo in ospedale.“Maledizione” penso’ Luca ” cosa e’ successo…cosa diavolo e’ successo??.”
Poi il nulla.
2
-Valentina-
Valentina lo aveva aspettato con il cuore in gola fino alle 8:35 poi era entrata in classe richiamata dal Prof . Ferla che le strillava dalla finestra che stava per appiopparle una bel due o ,peggio ancora,un assenza se non si fosse precipitata immediatamente in classe.
Il compito di trigonometria era abbastanza semplice, per venire in contro a chi come il nostro Luca, di matematica non ne’ masticava poi molta a dispetto del fatto che frequentasse un liceo Scientifico. I minuti si rincorrevano l’un l’altro scanditi dal ticchettio infinito del vecchio orologio appeso alla parete dell’aula accanto al ritratto del presidente della Repubblica. Valentina ,durante l’esame, non riusci’ a risolvere un solo esercizio, Non pensava ad altro che al suo Luca. La situazione di Luca in matematica era abbastanza disastrosa, erano ancora all’inizio del secondo quadrimestre e gia’ l’insegnante lo richiamava ad un maggiore impegno,anzi ,lo minacciava pure di rimandargli la materia a settembre. ”Salario”, gli aveva detto il Prof. Alla fine del primo quadrimestre,” cosi’ sprofondi nell’abisso dei tartari…datti una mossa o ci si vede a Settembre” sigillando quell’ammonimento con un sorrisetto sornione e congedando Luca con un rapido invito a tornare a posto eseguito elegantemente con un movimento della matita che stringeva tra le dita, come un maestro d’orchestra inviterebbe un suo indisciplinato strumentista ad accentare di piu’ un re bemolle eseguito fin troppo stentatamente. Luca si limito’ ad annuire e a ritornare a posto dopo l’ennesima figuraccia fatta davanti alla classe, e davanti, agli occhi celeste slavato di Valentina. Lei , Valentina, seduta adesso da sola, in un banco accanto alla terza finestra della classe ,inondata dalla luce crepuscolare che filtrava attraverso le nubi, era cosi’ bella; Lei ,Vale, un visetto da bambina incorniciato da capelli biondo cenere(naturali.. o almeno cosi’ lei sosteneva),su cui spiccavano due occhietti celeste, freddi ,calmi, eppur cosi’ intensi, un nasino all’insu’ a fare da corona a delle labbra che avevano la caratteristica forma a V degli un uccelli disegnati dai bambini,si…era davvero bella .Lei, la nostra Vale, non sapeva ancora nulla,nulla della sua vita, nulla del suo Luca, nulla di nulla. Ma,credetemi, era ancora talmente bella. -Toc Toc- il bidello busso’ alla porta due colpi secchi ingigantiti dall’eccessivo silenzio che c’era in classe per via del compito.”Avanti” disse deciso Ferla. Il bidello si fermo’ sull’uscio ,quasi di soppiatto, e con un gesto della mano invito’ il Prof. Ferla fuori dalla classe. Il cuore di Valentina smise di battere,non avrebbe mai più rivisto il suo Luca.
3
-ospedali-
Luca versava in gravi condizioni all’ospedale locale della citta’ di Comiso quando fu deciso il trasferimento verso l’ospedale Cannizzaro di Catania dove fu trasportato d’urgenza.La situazione era critica. Nell’urto il ragazzo aveva subito un tremendo trauma cranico, il ginocchio destro era orrendamente deformato e la gamba ed il piede sinistro erano finiti triturati sotto la ruota anteriore dell’apecar. L’alta fronte ,cerchiata da folti capelli castani, era ora un puzzle di cicatrici e disinfettanti color rosso acceso, che si contrapponevano e mescolavano al rosso scuro del sangue coagulato. Il labbro superiore aveva un grosso taglio verticale che partiva fin da sopra il naso e terminava li’ dove la parte piu’ estrema del labbro superiore andava a coprire gli incisivi,che sporgevano ora sui punti di sutura appena inseriti dal chirurgo. Il suo viso ,lacerato da quelle terribili ferite semi aperte lasciava intravedere la carne che si era arricciata orribilmente la’ dove i punti lambivano le estremita’ degli squarci;scuro sangue arterioso colava veloce e copioso subito tamponato con decisione da un infermiera grassoccia ma molto attiva;gli arti inferiori ,in special modo la gamba sinistra, erano ridotti ad una poltiglia raccapricciante di carne ed ossa. Luca versava in uno stato semi comatoso ed i medici nutrivano seri riserbi sulla sua sopravvivenza. Dopo le prime ed urgenti cure ,Attesero.
Non vorrei annoiare nessuno ma in questo periodo sono parecchio preso da una cosa che volevo scrivere da tempo e che finalmente ho trovato il tempo(poco) di iniziare(a mano..).
La vicenda narrata di seguito e' un omaggio a due miei amici in real scomparsi durante la mia adolescenza, quindi il tutto parte da una storia realmente accaduta che ho romanzato come posso con la mia mediocre prosa.
Vorrei avere commenti che mi incoraggino a continuare o a lasciar perdere..sono abbastanza confuso e titubante sulla mia opera e vi prego ,percio', di essere piu' sinceri possibili.
TIA
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Prefazione.
-I Fatti-
Il grande gelso bianco ergeva le sue alte fronde al di sopra della vecchia casa del “Viviere” la pace regnava incontrastata sopraffatta ,ogni tanto,solo dal rombo dei motori dei grossi camion che percorrevano la statale 115 in direzione dell’aeroporto .La casa era alta quasi quanto l’albero di un color bianco sporco che ben si accostava alle grosse nuvole cariche di pioggia che imperavano maestose sull’orizzonte circostante tagliato ,da basso, dalle ampie colline e dagli antichi caseggiati rurali semi diroccati.Luca si sveglio’ tardi quella mattina verso le 8:15 il vecchio scuolabus comunale appariva ormai come un piccolo puntino giallo all’orizzonte. Irraggiungibile. Luca si maledisse per il suo ritardo imprecando in malo modo contro tutto e tutti mentre cercava di avviare la sua vecchia vespa PK 50 special. Ad ogni poderoso colpo sul pedale di avviamento il vecchio motore della vespa tossiva e gracchiava ma non dava segno di volersi mettere in moto. Ore 8.25 , Luca era ancora alla casa del “ Viviere” a 4 km di distanza dalla sua classe dove i suoi compagni preparavano gia’ i banchi ,separandoli gli uni dagli altri , per il compito di matematica che ci sarebbe stato da li’ a pochi minuti. Ore 8.30, Il prof. Ferla inizio’ a distribuire i compiti in classe, non prima di aver appeso all’attaccapanni il suo logoro spolverino umido e controllato la disposizione dei banchi operata dai suoi ragazzi .Si arrestò ad un tratto come se gli mancasse qualcosa, esitò , infine disse:” Salario non e’ presente oggi ragazzi?” .Dai banchi rispose solo un brusio confuso di “non so “ e di “boh”.La Vespa era partita dopo vari tentativi di avviamento che costarono al nostro smilzo ragazzo attimi di intensa fatica fisica(il blocco della sua vecchia PK non era certo al massimo del suo splendore, anzi uno qualunque di quei ragazzoni che facevano da assistente presso una qualsiasi officina meccanica del paese vi avrebbe detto che era da buttare via, o quasi). Luca vi saltò a bordo con la fronte imperlata da sudore e i capelli che si asciugavano su di essa impregnati di fatica .Il vento gelido del mattino gonfiava d’aria fredda il suo parka, mentre i nuvoloni all’orizzonte si erano fatti via via più vicini ed incombevano ora sopra la sua testa come giovani vedove in procinto di piangere.La vespa filava ora sulla statale 115 .Percorreva pendii e curve semideserti quando i primi goccioloni di pioggia iniziarono pian piano a colorare il manto stradale di un nero bitume piu’ scuro, lavando via l’asfalto che ora acquistava la lucentezza di un blocco di graffite. Il cielo iniziava a puzzare di ozono ed elettricita’ ,non si udiva altro che il latrato stanco della vecchia special e il suono sommesso e progressivo della pioggia che ora cadeva copiosa da un cielo che ormai era un enorme muro viola ,gonfio e livido come una grossa ferita mal curata che sta per buttare fuori pus marcescente. La strada oltrepassava ora un piccolo ponticello che serviva da guado ad un piccolo torrente che si stava ingrossando notevolmente, fecondato dalla densa pioggia che lo prendeva dall’alto. Il torrente era circondato da un canneto che impediva un’ottimale visuale della strada e della curva che succedeva il ponticello stesso. Intanto, una vecchia e logora apecar scassata percorreva cieca , nel senso opposto ,la statale 115. L’impatto avvenne in curva. L’autista, un uomo onesto e sincero la cui unica preoccupazione era quella di alzarsi presto al mattino per badare ai suoi campi, dichiaro’ di chiamarsi Mauro Romauro e che lui non avrebbe potuto evitare l’impatto nemmeno se l’avesse voluto .Raccontò i fatti con impressionante lucidita’ e per niente turbato da cio’ che era avvenuto,o almeno cosi’ sembrava:”Io ero sulla mia corsia, non ho potuto proprio farci nulla. La vespa stava gia’ scivolando sulla strada quando me la sono ritrovata tra le ruote posteriori ed il cassone;il ragazzo?, oh beh , lui stava con la testa sanguinante accanto a me, quasi del tutto dentro l’abitacolo.” Scoppio’ a piangere .Un agente lo invito’ ad entrare su di una ambulanza sulla quale , successivamente ,si accomodo’ pure un altro poliziotto che scorto’ l’uomo in ospedale.“Maledizione” penso’ Luca ” cosa e’ successo…cosa diavolo e’ successo??.”
Poi il nulla.
2
-Valentina-
Valentina lo aveva aspettato con il cuore in gola fino alle 8:35 poi era entrata in classe richiamata dal Prof . Ferla che le strillava dalla finestra che stava per appiopparle una bel due o ,peggio ancora,un assenza se non si fosse precipitata immediatamente in classe.
Il compito di trigonometria era abbastanza semplice, per venire in contro a chi come il nostro Luca, di matematica non ne’ masticava poi molta a dispetto del fatto che frequentasse un liceo Scientifico. I minuti si rincorrevano l’un l’altro scanditi dal ticchettio infinito del vecchio orologio appeso alla parete dell’aula accanto al ritratto del presidente della Repubblica. Valentina ,durante l’esame, non riusci’ a risolvere un solo esercizio, Non pensava ad altro che al suo Luca. La situazione di Luca in matematica era abbastanza disastrosa, erano ancora all’inizio del secondo quadrimestre e gia’ l’insegnante lo richiamava ad un maggiore impegno,anzi ,lo minacciava pure di rimandargli la materia a settembre. ”Salario”, gli aveva detto il Prof. Alla fine del primo quadrimestre,” cosi’ sprofondi nell’abisso dei tartari…datti una mossa o ci si vede a Settembre” sigillando quell’ammonimento con un sorrisetto sornione e congedando Luca con un rapido invito a tornare a posto eseguito elegantemente con un movimento della matita che stringeva tra le dita, come un maestro d’orchestra inviterebbe un suo indisciplinato strumentista ad accentare di piu’ un re bemolle eseguito fin troppo stentatamente. Luca si limito’ ad annuire e a ritornare a posto dopo l’ennesima figuraccia fatta davanti alla classe, e davanti, agli occhi celeste slavato di Valentina. Lei , Valentina, seduta adesso da sola, in un banco accanto alla terza finestra della classe ,inondata dalla luce crepuscolare che filtrava attraverso le nubi, era cosi’ bella; Lei ,Vale, un visetto da bambina incorniciato da capelli biondo cenere(naturali.. o almeno cosi’ lei sosteneva),su cui spiccavano due occhietti celeste, freddi ,calmi, eppur cosi’ intensi, un nasino all’insu’ a fare da corona a delle labbra che avevano la caratteristica forma a V degli un uccelli disegnati dai bambini,si…era davvero bella .Lei, la nostra Vale, non sapeva ancora nulla,nulla della sua vita, nulla del suo Luca, nulla di nulla. Ma,credetemi, era ancora talmente bella. -Toc Toc- il bidello busso’ alla porta due colpi secchi ingigantiti dall’eccessivo silenzio che c’era in classe per via del compito.”Avanti” disse deciso Ferla. Il bidello si fermo’ sull’uscio ,quasi di soppiatto, e con un gesto della mano invito’ il Prof. Ferla fuori dalla classe. Il cuore di Valentina smise di battere,non avrebbe mai più rivisto il suo Luca.
3
-ospedali-
Luca versava in gravi condizioni all’ospedale locale della citta’ di Comiso quando fu deciso il trasferimento verso l’ospedale Cannizzaro di Catania dove fu trasportato d’urgenza.La situazione era critica. Nell’urto il ragazzo aveva subito un tremendo trauma cranico, il ginocchio destro era orrendamente deformato e la gamba ed il piede sinistro erano finiti triturati sotto la ruota anteriore dell’apecar. L’alta fronte ,cerchiata da folti capelli castani, era ora un puzzle di cicatrici e disinfettanti color rosso acceso, che si contrapponevano e mescolavano al rosso scuro del sangue coagulato. Il labbro superiore aveva un grosso taglio verticale che partiva fin da sopra il naso e terminava li’ dove la parte piu’ estrema del labbro superiore andava a coprire gli incisivi,che sporgevano ora sui punti di sutura appena inseriti dal chirurgo. Il suo viso ,lacerato da quelle terribili ferite semi aperte lasciava intravedere la carne che si era arricciata orribilmente la’ dove i punti lambivano le estremita’ degli squarci;scuro sangue arterioso colava veloce e copioso subito tamponato con decisione da un infermiera grassoccia ma molto attiva;gli arti inferiori ,in special modo la gamba sinistra, erano ridotti ad una poltiglia raccapricciante di carne ed ossa. Luca versava in uno stato semi comatoso ed i medici nutrivano seri riserbi sulla sua sopravvivenza. Dopo le prime ed urgenti cure ,Attesero.
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