Cuore del romanzo (noto in Italia anche come Cacciatore di androidi e, soprattutto, Blade Runner) è la caccia. Rick Deckard è una sorta di moderno cacciatore di taglie: deve trovare e ritirare gli androidi, creature artificiali messe al bando e che si sono infiltrate di nuovo sulla terra. Il compito non è facile, perché ormai gli androidi sono talmente perfezionati, con la loro unità celebrale Nexus-6, che è difficilissimo scovarli. Insomma, il tema è l'interfaccia naturale/artificiale, quel nodo che anni più tardi sarà ripreso dal movimento cyberpunk e porterà Darko Suvin a parlare di seconda natura che si oppone alla prima natura.
Lo scenario in cui si dipana la trama è San Francisco, la città del futuro, un enorme cumulo d'immondizia radioattiva, in cui la vita dei protagonisti si svolge nella più totale solitudine e conduce alla più totale disintegrazione. All'interno della città il kipple, il cumulo di immondizia tecnologica che si riproduce autonomamente, segna il trionfo della non-vita, il processo della necrosi metropolitana.
E questo un punto focale del romanzo: il rapporto tra la vita e la non-vita, tra gli umani e gli androidi. Ma i confini tra l'umano e l'artificiale sono molto labili, tanto che nel celebre film di Ridley Scott, Blade Runner (1982), tratto proprio da questo romanzo, sono proprio gli androidi nella figura di Roy Batty a farsi portatori di valori molto alti come la misericordia o il perdono. E in un mondo del genere, che gli androidi stanno portando alla rovina, diventa centrale Wilbur Mercer, una figura televisiva che si fa portatrice di valori che gli androidi non hanno.
Il romanzo - che si sviluppa nell'arco di ventiquattro ore - al suo apparire non ebbe l'attenzione della critica. Fu ritenuto infatti minore rispetto alle altre opere di Philip Dick (che meriterà senz'altro un Post tutto suo ), perché fuoriusciva in parte dei canoni della fantascienza per mettere l'accento su elementi fantastici ed orrorifici.
Questo romanzo è una scheggia purissima di pensiero dickiano: il dubbio. Quel dubbio intimo, assoluto, capace di toglierti la terra da sotto i piedi, di farti sospettare che tutte le tue certezze, tutto ciò che ti definisce e ti dà una ragione di esistere, non sia altro che un terribile falso, un innesto artificiale impiantato nei tuoi circuiti.
Consiglio la lettura di questo romanzo a tutti gli amanti di fantascienza, delle ambientazioni cyberpunk ed anche a chi piace porsi delle domande
Unica nota negativa: nell'edizione italiana è stato cambiato il titolo del romanzo, sostituendolo col titolo del film, Blade Runner, ispirato da questo racconto. Questa pratica non mi è mai piaciuta, nemmeno quando si tratta di Anime (cartoni jappo); trovo che sia una mancanza di rispetto nei confronti dell'autore.
Lo scenario in cui si dipana la trama è San Francisco, la città del futuro, un enorme cumulo d'immondizia radioattiva, in cui la vita dei protagonisti si svolge nella più totale solitudine e conduce alla più totale disintegrazione. All'interno della città il kipple, il cumulo di immondizia tecnologica che si riproduce autonomamente, segna il trionfo della non-vita, il processo della necrosi metropolitana.
E questo un punto focale del romanzo: il rapporto tra la vita e la non-vita, tra gli umani e gli androidi. Ma i confini tra l'umano e l'artificiale sono molto labili, tanto che nel celebre film di Ridley Scott, Blade Runner (1982), tratto proprio da questo romanzo, sono proprio gli androidi nella figura di Roy Batty a farsi portatori di valori molto alti come la misericordia o il perdono. E in un mondo del genere, che gli androidi stanno portando alla rovina, diventa centrale Wilbur Mercer, una figura televisiva che si fa portatrice di valori che gli androidi non hanno.
Il romanzo - che si sviluppa nell'arco di ventiquattro ore - al suo apparire non ebbe l'attenzione della critica. Fu ritenuto infatti minore rispetto alle altre opere di Philip Dick (che meriterà senz'altro un Post tutto suo ), perché fuoriusciva in parte dei canoni della fantascienza per mettere l'accento su elementi fantastici ed orrorifici.
Questo romanzo è una scheggia purissima di pensiero dickiano: il dubbio. Quel dubbio intimo, assoluto, capace di toglierti la terra da sotto i piedi, di farti sospettare che tutte le tue certezze, tutto ciò che ti definisce e ti dà una ragione di esistere, non sia altro che un terribile falso, un innesto artificiale impiantato nei tuoi circuiti.
Consiglio la lettura di questo romanzo a tutti gli amanti di fantascienza, delle ambientazioni cyberpunk ed anche a chi piace porsi delle domande
Unica nota negativa: nell'edizione italiana è stato cambiato il titolo del romanzo, sostituendolo col titolo del film, Blade Runner, ispirato da questo racconto. Questa pratica non mi è mai piaciuta, nemmeno quando si tratta di Anime (cartoni jappo); trovo che sia una mancanza di rispetto nei confronti dell'autore.