Le vite degli altri e gli eccessi dei new Google
Il Minatore di Dati non scende sottoterra, scopre le sue pepite d’oro nei motori di ricerca Internet, non ha l’elmetto con la lampadina ma computer e software sofisticati, non rischia di esplodere con il grisou ma su una legge a tutela della privacy online. Il presidente Obama affida le speranze di rielezione al Capo Minatore Dati Democratico Rayid Ghani; Google e Facebook contano di sbancare il mercato con i loro Giacimenti di Dati; aziende, grandi e piccole, vogliono cavarsela nel 2012 di recessione grazie ad abili Minatori di Dati.
Tra i dati scavano intelligence e terroristi, pirati informatici e sociologi, predicatori e commessi viaggiatori del web. Tutti a caccia del prezioso metallo virtuale che sono le nostre professioni, la nostra vita, le foto, gli affetti, i consumi, le mail personali e di lavoro. Chi meglio connetterà via «data mining», lo scavo dei dati, la massa di materiale che ogni giorno immettiamo online diventerà leader politico o monopolista del web. La partita per accedere, controllare, lanciare sul mercato, svendere oppure proteggere e custodire i nostri dati - oggi nei singoli computer, domani nei megadepositi collettivi chiamati «clouds», nuvole - sarà decisiva per definire natura e qualità di mercato, società, democrazie.
Quando vi collegate con il possente motore di ricerca Google è possibile notiate, in basso sul vostro schermo, una riga color grigio perla con tocco di rosso che vi avvisa di «Nuove norme sulla privacy e termini di servizio». Si vede appena, chi di voi ha cliccato sulle burocratiche informazioni che scatteranno dal 1 marzo alzi la mano. Eppure fareste bene a leggere, perché le «nuove norme» specificano che i vostri dati resteranno «per sempre» nel sistema, saranno condivisi da tutti i servizi del motore di ricerca, anche da quelli che mai voi avete usato o magari neppure conoscete, la posta Gmail, i video di YouTube, le mappe di Earth, il nuovissimo sistema operativo Android, Voice, Chrome, Wallet.
Se pensate che la novità e i Minatori di Dati non vi riguardino ascoltate Richard Falkenrath, numero due dell’Antiterrorismo americano dopo l’11 settembre e oggi studioso al Council on Foreign Relations: Falkenrath auspica, negli Usa e in Europa, leggi di difesa della privacy online perché, «pur se renderà meno facile l’antiterrorismo», il «diritto all’oblio» è indispensabile a individui e democrazie contro i dati custoditi e negoziati online per sempre. Falkenrath cita il caso della scuola dei suoi figli dove - come in tante medie e licei Usa - in cambio di email gratuite, e-books e altri sussidi didattici del programma Apps for Education, Google ottiene accesso ai dati degli studenti «in Aeternum», per sempre.
Il guru antiterrorismo Falkenrath scopre, con amarezza, che le tecniche da Minatore di Dati da lui usate inseguendo al Qaeda sono impiegate per analizzare i gusti dei suoi figli e far affluire loro, via computer, le pubblicità più gradite, abbigliamenti, elettronica, sport. La posta Gmail - che ha trasmesso questo articolo a La Stampa - può connettersi con Picasa, software gratuito per le fotografie. Picasa riconosce i volti delle foto che i ragazzi mettono online, risale al luogo e alla data in cui sono state scattate, scheda chi c’era e quando. Strumenti utili alla polizia, ma anche al marketing per seguire i teen ager dalla discoteca, al centro commerciale, allo shopping online, confrontando i loro dati con quelli degli amici.
Google è già andata sotto accusa per avere infranto le - pur esigue - leggi sulla privacy. Due anni fa raccolse dati WiFi senza permesso per il programma Street View, e di recente un ricercatore dell’Università di Stanford ha scoperto che l’azienda permetteva accessi illegali alle agenzie turistiche per spiare i clienti sul browser Apple Safari. Neutralizzati i «cookies» di Safari, semafori d’ingresso informatici, i Minatori di Dati entrano a casa vostra, in segreto.
Ora l’Unione europea vorrebbe leggi più efficaci, ma lo sbarco in Borsa di Facebook che mira a 75 miliardi di euro in valore, il boom di Google, la guerra sotterranea contro Twitter, si basano sull’accessibilità delle Miniere di Dati alle vostre vite, idee, opinioni, gusti e consumi. Se è facile ottenerli, studiarli, venderli e scambiarli, il valore delle aziende sale. Se Congresso Usa e Unione Europea difendono la privacy, scende.
Non pensate solo a blue jeans o alla settimana bianca. Il professor Ghani fa per la campagna di Obama lo stesso lavoro, scava «Metadati» - segnatevi questa parola perché deciderà del vostro futuro - analizza cioè dove sono gli elettori, di che cosa si interessano, frulla le opinioni su aborto, economia, Wall Street, lavoro, conduce mini sondaggi e, se le mail che analizza, le foto che osserva da Facebook, i tweet che raccoglie, lo segnalano, suggerisce al presidente slogan, idee, progetti adatti all’umore americano del giorno.
La battaglia sulla privacy online durerà a lungo, con due bizzarrie. La privacy che, a parole, ci sta a cuore, la «autovioliamo» noi stessi ogni giorno, con il «post» di foto e storie che crediamo «riservate» e che finiscono ai Minatori di Dati, commerciali e politici. E davanti a regole contro l’arbitrio dei Minatori, Google, Facebook, Youtube, Amazon, Twitter, si muteranno in Robin Hood della «libertà sul web», i gonzi abboccheranno, i furbi scaveranno con vanghe informatiche quei Dati preziosissimi che nulla sono se non le nostre vite.
Tra i dati scavano intelligence e terroristi, pirati informatici e sociologi, predicatori e commessi viaggiatori del web. Tutti a caccia del prezioso metallo virtuale che sono le nostre professioni, la nostra vita, le foto, gli affetti, i consumi, le mail personali e di lavoro. Chi meglio connetterà via «data mining», lo scavo dei dati, la massa di materiale che ogni giorno immettiamo online diventerà leader politico o monopolista del web. La partita per accedere, controllare, lanciare sul mercato, svendere oppure proteggere e custodire i nostri dati - oggi nei singoli computer, domani nei megadepositi collettivi chiamati «clouds», nuvole - sarà decisiva per definire natura e qualità di mercato, società, democrazie.
Quando vi collegate con il possente motore di ricerca Google è possibile notiate, in basso sul vostro schermo, una riga color grigio perla con tocco di rosso che vi avvisa di «Nuove norme sulla privacy e termini di servizio». Si vede appena, chi di voi ha cliccato sulle burocratiche informazioni che scatteranno dal 1 marzo alzi la mano. Eppure fareste bene a leggere, perché le «nuove norme» specificano che i vostri dati resteranno «per sempre» nel sistema, saranno condivisi da tutti i servizi del motore di ricerca, anche da quelli che mai voi avete usato o magari neppure conoscete, la posta Gmail, i video di YouTube, le mappe di Earth, il nuovissimo sistema operativo Android, Voice, Chrome, Wallet.
Se pensate che la novità e i Minatori di Dati non vi riguardino ascoltate Richard Falkenrath, numero due dell’Antiterrorismo americano dopo l’11 settembre e oggi studioso al Council on Foreign Relations: Falkenrath auspica, negli Usa e in Europa, leggi di difesa della privacy online perché, «pur se renderà meno facile l’antiterrorismo», il «diritto all’oblio» è indispensabile a individui e democrazie contro i dati custoditi e negoziati online per sempre. Falkenrath cita il caso della scuola dei suoi figli dove - come in tante medie e licei Usa - in cambio di email gratuite, e-books e altri sussidi didattici del programma Apps for Education, Google ottiene accesso ai dati degli studenti «in Aeternum», per sempre.
Il guru antiterrorismo Falkenrath scopre, con amarezza, che le tecniche da Minatore di Dati da lui usate inseguendo al Qaeda sono impiegate per analizzare i gusti dei suoi figli e far affluire loro, via computer, le pubblicità più gradite, abbigliamenti, elettronica, sport. La posta Gmail - che ha trasmesso questo articolo a La Stampa - può connettersi con Picasa, software gratuito per le fotografie. Picasa riconosce i volti delle foto che i ragazzi mettono online, risale al luogo e alla data in cui sono state scattate, scheda chi c’era e quando. Strumenti utili alla polizia, ma anche al marketing per seguire i teen ager dalla discoteca, al centro commerciale, allo shopping online, confrontando i loro dati con quelli degli amici.
Google è già andata sotto accusa per avere infranto le - pur esigue - leggi sulla privacy. Due anni fa raccolse dati WiFi senza permesso per il programma Street View, e di recente un ricercatore dell’Università di Stanford ha scoperto che l’azienda permetteva accessi illegali alle agenzie turistiche per spiare i clienti sul browser Apple Safari. Neutralizzati i «cookies» di Safari, semafori d’ingresso informatici, i Minatori di Dati entrano a casa vostra, in segreto.
Ora l’Unione europea vorrebbe leggi più efficaci, ma lo sbarco in Borsa di Facebook che mira a 75 miliardi di euro in valore, il boom di Google, la guerra sotterranea contro Twitter, si basano sull’accessibilità delle Miniere di Dati alle vostre vite, idee, opinioni, gusti e consumi. Se è facile ottenerli, studiarli, venderli e scambiarli, il valore delle aziende sale. Se Congresso Usa e Unione Europea difendono la privacy, scende.
Non pensate solo a blue jeans o alla settimana bianca. Il professor Ghani fa per la campagna di Obama lo stesso lavoro, scava «Metadati» - segnatevi questa parola perché deciderà del vostro futuro - analizza cioè dove sono gli elettori, di che cosa si interessano, frulla le opinioni su aborto, economia, Wall Street, lavoro, conduce mini sondaggi e, se le mail che analizza, le foto che osserva da Facebook, i tweet che raccoglie, lo segnalano, suggerisce al presidente slogan, idee, progetti adatti all’umore americano del giorno.
La battaglia sulla privacy online durerà a lungo, con due bizzarrie. La privacy che, a parole, ci sta a cuore, la «autovioliamo» noi stessi ogni giorno, con il «post» di foto e storie che crediamo «riservate» e che finiscono ai Minatori di Dati, commerciali e politici. E davanti a regole contro l’arbitrio dei Minatori, Google, Facebook, Youtube, Amazon, Twitter, si muteranno in Robin Hood della «libertà sul web», i gonzi abboccheranno, i furbi scaveranno con vanghe informatiche quei Dati preziosissimi che nulla sono se non le nostre vite.
GIANNI RIOTTA
La Stampa
Commenta