Gli amici ancora sconvolti: «Quella roba non doveva fare nulla» lodovico poletto torino |
Sedici anni. Una cascata di capelli neri sulle spalle e uno sguardo dolcissimo. Adriana, 16 anni, è morta due giorni fa per overdose. Niente droghe classiche, niente cocaina o eroina. Adriana l’ha ammazzata, dopo quattordici giorni di coma passati su un lettino dell’ospedale Mauriziano, una sniffata prolungata di spray per pulire le tastiere dei computer.
Già, spray per tastiere. Una droga-non droga, venduta a prezzi popolari. Una sostanza che si può acquistare ovunque, senza destare sospetti. Che ti sballa e ti stordisce né più né meno della cocaina. Ma che può avere effetti devastanti e immediati sul cervello. Esattamente come quelli che hanno rubato la vita di Adriana.
Ora nella casa di corso Orbassano la mamma di Adriana e la nonna acquisita, allargano le braccia: «No, prima di quel maledetto giorno non avevamo mai neppure sospettato che la nostra piccola facesse uso di queste sostanze. Lei era una ragazza studiosa e carina con tutti. Era gentile ed educata». Il cognome, Fernades Rabello tradisce origini italo-brasiliane. Ma lei era arrivata in Italia con sua madre soltanto cinque anni fa. Mai un problema, mai un litigio. Primo anno delle superiori all’istituto tecnico Boselli; da settembre frequentava il «Giulio», scuola per tecnici dei servizi sociali. Vita tranquilla. Tutta casa, scuola, amici e fidanzatino: un ragazzo italiano della sua età. «Le sniffate di gas? No, mai sospettato che le facesse» ripete mamma Estella nel salotto di casa. Lì accanto c’è la stanza della figlia: una montagna di peluches sulle mensole sopra la scrivania, un computer sempre acceso, un piccolo stereo. E poi i trucchi, una foto appesa sopra il letto, i libri: storia, matematica, una bibbia. Tracce di una vita normale. Fino a sabato 29 settembre.
«Adriana, quel pomeriggio, era uscita con il fidanzato e la sua amica: una ragazza brasiliana» racconta mamma Estella. Destinazione il centro commerciale «Le fornaci» di Beinasco. Se abbiano comperato lì lo spray per lo sballo del sabato pomeriggio, o se qualcuno se l’è portato da casa, nessuno lo sa. Si sa, invece, che tutti e tre hanno sniffato dalla bomboletta. Gas euforizzante, simile a quello adoperato anche nelle bottigliette di panna montata: propano e isobutano. Un’inalata e sale il buonumore. «Possono modificarsi anche le percezioni della vista e dell’udito» dicono i medici. Ma i danni veri sono alla mielina del cervello, ai neuroni e ai polmoni. E non c’è scampo.
Ma, per i ragazzi dell’età di Adriana, quella non è droga, sniffare spray non è sinonimo di tossicodipendenza e non fa mai rima con morte. «È un modo per fare qualcosa di diverso. Quella roba lì non è niente» dicono gli amici di Adriana. «Lo sa quante volte me lo hanno ripetuto in questi giorni? Un’infinità. E io a dirgli guardate Adry come sta adesso. Guardate che cosa le è accaduto» ripete sconvolto, al telefono, il compagno italiano della mamma di Adriana.
Quel maledetto sabato pomeriggio, però, tutti hanno pensato che lei avesse mangiato troppo. Che ciò che aveva inalato le avesse fatto male per colpa di un pasto troppo abbondante. La corsa in ospedale, la telefonata ai genitori di Adriana, le notti passate davanti alla porta del reparto di terapia intensiva, sono istantanee di queste due settimane. Che si accavallano e si mischiano ad altre più crude: gli incontri con i medici, la verità sugli effetti che può provocare quel gas aspirato a pieni polmoni da una banalissima bomboletta spray per la pulizia delle tastiere. «Sapevamo che poteva non farcela» dicono i parenti. Il resto è disperazione e preghiere. Giorno e notte.
Nell’alloggio di Adriana, su una mensola accanto all’uscio, c’è un libro delle orazioni aperto allla pagina del Salmo 91, versetto 90: «Mio rifugio, mia salvezza, mio Dio in cui confido». Qualcuno, con una penna, ha sottolineato quelle parole. Una litania dolcissima e disperata, ripetuta all’infinito nei giorni dell’agonia di Adriana.
Si sballa con lo spray e muore- LASTAMPA.it
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A me vien da ridere.
"Selezione naturale" non è la parola giusta, ma è la prima che mi viene in mente.
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