Pochi giorni fa il premier thailandese Samak Sundaravej, in occasione della visita in Thailandia del primo ministro birmano, ha lanciato la proposta di creare un cartello sul modello OPEC dei paesi esportatori di riso – l’OREC, Organisation of Rice Exporting Countries – aggiungendo che c’è già un accordo di massima con Birmania, Laos, Vietnam e Cambogia. Questo cartello dovrebbe servire a controllare il prezzo del riso - il riso bianco thailandese 100% Grado B, punto riferimento per l’indice del Chicago Board of Trade, ha superato i 1000 dollari per tonnellata nelle ultime settimane con una crescita dell’80% dall’inizio dell’anno - e ad assicurare che i coltivatori traggano beneficio dal continuo aumento della domanda.
C’è chi lega questi alti prezzi, che non riguardano solo il riso ma anche il mais per esempio, ai costi sempre più alti dei carburanti, al maggior uso di terreni coltivati per produrre bio-combustibili e alla conseguente speculazione sulle Borse mondiali.
Questa proposta però ha già ricevuto le prime critiche. L’Asian Development Bank la ritiene infatti “destinata ad aumentare fame e povertà”. Robert Zeigler, il direttore generale dell’ International Rice Research Institute nelle Filippine, ha dichiarato invece che “La prima cosa che viene in mente alla maggior parte delle persone è l’OPEC, ma la produzione di riso coinvolge milioni di piccoli coltivatori che lavorano su piccoli appezzamenti di terra in molti Paesi. Il petrolio invece è prodotto da un pugno di multinazionali in pochi Paesi. Perciò in questo caso sono all’opera dinamiche molto differenti”. Zeigler ha aggiunto poi che un giudizio preciso su questa proposta dipende molto dalle motivazioni per cui è stata fatta, se cioè per beneficiare i coltivatori, i commercianti oppure per controllare i prezzi perché “Il diavolo è nei dettagli”, ha concluso.
A dar manforte ai timori di Ziegler è infatti il portavoce del governo thailandese Vichienchot Sukchokrat che ha già dichiarato “Anche se siamo il centro alimentare del mondo, abbiamo avuto poca influenza sui prezzi. Con il prezzo del petrolio che è aumentato così tanto, noi importiamo petrolio caro ma vendiamo riso a buon mercato e ciò è ingiusto e penalizza la nostra bilancia commerciale”.
Quindi appare evidente l’obiettivo di ottenere un potere contrattuale da parte dei Paesi che formeranno questo eventuale cartello, oltre a quello di garantire una sicurezza alimentare interna - ad esempio, India e Vietnam hanno di recente limitato le esportazioni di riso per questo proposito, contribuendo però alla diminuzione dell’offerta e al conseguente aumento dei prezzi.
Bisogna ricordare poi che la Thailandia è il primo Paese esportatore di riso al mondo, mentre il Vietnam è al secondo posto. Il Vietnam però, a differenza di Laos, Birmania e Cambogia, si sta mostrando dubbioso sulla proposta di creare un OPEC del riso anche perché il riso thailandese è di qualità superiore e quindi il Vietnam teme di perdere quote di mercato nel caso in cui, con la creazione dell’OREC, il prezzo internazionale del riso fosse fissato ad un livello più alto di quello che gli ha permesso di raggiungere il secondo posto mondiale tra i Paesi esportatori.
D’altronde il riso è, al pari del petrolio, un prodotto che si è sempre dimostrato un ottimo strumento politico e quindi ogni Paese produttore cerca di massimizzare il proprio potere. Sarà perciò difficile per Thailandia e Vietnam, con interessi così divergenti, sedersi insieme e raggiungere un accordo per controllare i prezzi del riso.
Si tratta comunque di una proposta non nuova e che, per concretizzarsi, avrà bisogno di tempo. Nel frattempo il petrolio, che oggi ha raggiunto i 120 dollari al barile, continua la sua corsa al rialzo contribuendo così ad accelerare la nascita dell’OREC.
C’è chi lega questi alti prezzi, che non riguardano solo il riso ma anche il mais per esempio, ai costi sempre più alti dei carburanti, al maggior uso di terreni coltivati per produrre bio-combustibili e alla conseguente speculazione sulle Borse mondiali.
Questa proposta però ha già ricevuto le prime critiche. L’Asian Development Bank la ritiene infatti “destinata ad aumentare fame e povertà”. Robert Zeigler, il direttore generale dell’ International Rice Research Institute nelle Filippine, ha dichiarato invece che “La prima cosa che viene in mente alla maggior parte delle persone è l’OPEC, ma la produzione di riso coinvolge milioni di piccoli coltivatori che lavorano su piccoli appezzamenti di terra in molti Paesi. Il petrolio invece è prodotto da un pugno di multinazionali in pochi Paesi. Perciò in questo caso sono all’opera dinamiche molto differenti”. Zeigler ha aggiunto poi che un giudizio preciso su questa proposta dipende molto dalle motivazioni per cui è stata fatta, se cioè per beneficiare i coltivatori, i commercianti oppure per controllare i prezzi perché “Il diavolo è nei dettagli”, ha concluso.
A dar manforte ai timori di Ziegler è infatti il portavoce del governo thailandese Vichienchot Sukchokrat che ha già dichiarato “Anche se siamo il centro alimentare del mondo, abbiamo avuto poca influenza sui prezzi. Con il prezzo del petrolio che è aumentato così tanto, noi importiamo petrolio caro ma vendiamo riso a buon mercato e ciò è ingiusto e penalizza la nostra bilancia commerciale”.
Quindi appare evidente l’obiettivo di ottenere un potere contrattuale da parte dei Paesi che formeranno questo eventuale cartello, oltre a quello di garantire una sicurezza alimentare interna - ad esempio, India e Vietnam hanno di recente limitato le esportazioni di riso per questo proposito, contribuendo però alla diminuzione dell’offerta e al conseguente aumento dei prezzi.
Bisogna ricordare poi che la Thailandia è il primo Paese esportatore di riso al mondo, mentre il Vietnam è al secondo posto. Il Vietnam però, a differenza di Laos, Birmania e Cambogia, si sta mostrando dubbioso sulla proposta di creare un OPEC del riso anche perché il riso thailandese è di qualità superiore e quindi il Vietnam teme di perdere quote di mercato nel caso in cui, con la creazione dell’OREC, il prezzo internazionale del riso fosse fissato ad un livello più alto di quello che gli ha permesso di raggiungere il secondo posto mondiale tra i Paesi esportatori.
D’altronde il riso è, al pari del petrolio, un prodotto che si è sempre dimostrato un ottimo strumento politico e quindi ogni Paese produttore cerca di massimizzare il proprio potere. Sarà perciò difficile per Thailandia e Vietnam, con interessi così divergenti, sedersi insieme e raggiungere un accordo per controllare i prezzi del riso.
Si tratta comunque di una proposta non nuova e che, per concretizzarsi, avrà bisogno di tempo. Nel frattempo il petrolio, che oggi ha raggiunto i 120 dollari al barile, continua la sua corsa al rialzo contribuendo così ad accelerare la nascita dell’OREC.
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