Si può definire riabilitazione equestre l’insieme di quelle tecniche che sfruttando in vario modo il rapporto che si instaura tra il paziente e il cavallo, secondo un programma terapeutico specifico, determinano un miglioramento della sua autonomia.
La prima utilizzazione del cavallo a scopo terapeutico viene attribuita ad Ippocrate di Coo che tra il quinto e quarto secolo avanti Cristo pare la consigliasse ai suoi pazienti per la cura dell’insonnia.
In tempi moderni lo studio di questa particolare metodologia viene riproposta in termini scientifici negli anni sessanta ed attuata soprattutto nei paesi a più alta tradizione equestre, come Gran Bretagna, Belgio, Germania, Stati Uniti, Nuova Zelanda.
In Italia si è diffusa negli anni settanta ed oggi esistono diverse realtà operative con notevole impegno anche sotto il profilo metodologico e scientifico.
Nel 1982 ad Amburgo in occasione del 4th International Therapeutic Riding Congress furono definite tre diverse fasi o metodologie d’intervento terapeutico all’interno della riabilitazione equestre.
La prima, definita “Ippoterapia”, comprende l’approccio iniziale al cavallo e al suo ambiente, si svolge quindi prima a terra e successivamente sull’animale accompagnato da un istruttore, per imparare gli elementi base dell’equitazione senza però guidarlo attivamente.
La seconda, chiamata “Rieducazione equestre e volteggio”, si svolge a cavallo con l’intervento attivo del soggetto, sotto il controllo del terapista, e mira a raggiungere quegli obiettivi tecnico-riabilitativi specifici secondo il programma terapeutico prestabilito per quel paziente.
La terza fase, detta “Equitazione sportiva per disabili”, rappresenta il raggiungimento di una notevole autonomia del soggetto, con possibilità di svolgere normale attività di scuderia e di equitazione presportiva, in comunione con normodotati.
Ciascuna fase, in rapporto alle condizioni cliniche del singolo paziente, può rappresentare una tappa di un percorso riabilitativo oppure un’esperienza riabilitativa completa e clinicamente a sé stante.
In ogni caso la riabilitazione equestre non va mai considerata come una tecnica terapeutica alternativa a quelle tradizionali, ma come una metodica definita, programmata ed inserita all’interno di un più ampio progetto riabilitativo personalizzato.
Il programma riabilitativo deve essere preparato, monitorizzato e periodicamente verificato in rapporto agli obiettivi prefissati, con un approccio multidisciplinare che prevede figure specialistiche eterogenee (medici specialisti, terapisti della riabilitazione, istruttori di equitazione, operatori socio-sanitari, volontari specificatamente preparati, ecc.) con esperienza e competenze, se pur in misura diversa, sia nel campo della riabilitazione che in quello della equitazione.
E’ sempre necessario il coinvolgimento attivo della famiglia del disabile.
La scelta del tipo di cavallo da utilizzare dovrebbe tener conto di particolari requisiti attitudinali e morfologici, nonché di un adeguata preparazione iniziale e di un continuo aggiornamento successivo.
Data la particolarità dei soggetti che fruiscono di questo trattamento e la necessità di assicurare una continuità nello svolgimento del programma riabilitativo, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e stagionali, si rende necessario disporre di un ambiente chiuso e riparato ad esso dedicato, anche se è auspicabile quando è possibile godere dell’aria aperta e del paesaggio circostante.
La prima utilizzazione del cavallo a scopo terapeutico viene attribuita ad Ippocrate di Coo che tra il quinto e quarto secolo avanti Cristo pare la consigliasse ai suoi pazienti per la cura dell’insonnia.
In tempi moderni lo studio di questa particolare metodologia viene riproposta in termini scientifici negli anni sessanta ed attuata soprattutto nei paesi a più alta tradizione equestre, come Gran Bretagna, Belgio, Germania, Stati Uniti, Nuova Zelanda.
In Italia si è diffusa negli anni settanta ed oggi esistono diverse realtà operative con notevole impegno anche sotto il profilo metodologico e scientifico.
Nel 1982 ad Amburgo in occasione del 4th International Therapeutic Riding Congress furono definite tre diverse fasi o metodologie d’intervento terapeutico all’interno della riabilitazione equestre.
La prima, definita “Ippoterapia”, comprende l’approccio iniziale al cavallo e al suo ambiente, si svolge quindi prima a terra e successivamente sull’animale accompagnato da un istruttore, per imparare gli elementi base dell’equitazione senza però guidarlo attivamente.
La seconda, chiamata “Rieducazione equestre e volteggio”, si svolge a cavallo con l’intervento attivo del soggetto, sotto il controllo del terapista, e mira a raggiungere quegli obiettivi tecnico-riabilitativi specifici secondo il programma terapeutico prestabilito per quel paziente.
La terza fase, detta “Equitazione sportiva per disabili”, rappresenta il raggiungimento di una notevole autonomia del soggetto, con possibilità di svolgere normale attività di scuderia e di equitazione presportiva, in comunione con normodotati.
Ciascuna fase, in rapporto alle condizioni cliniche del singolo paziente, può rappresentare una tappa di un percorso riabilitativo oppure un’esperienza riabilitativa completa e clinicamente a sé stante.
In ogni caso la riabilitazione equestre non va mai considerata come una tecnica terapeutica alternativa a quelle tradizionali, ma come una metodica definita, programmata ed inserita all’interno di un più ampio progetto riabilitativo personalizzato.
Il programma riabilitativo deve essere preparato, monitorizzato e periodicamente verificato in rapporto agli obiettivi prefissati, con un approccio multidisciplinare che prevede figure specialistiche eterogenee (medici specialisti, terapisti della riabilitazione, istruttori di equitazione, operatori socio-sanitari, volontari specificatamente preparati, ecc.) con esperienza e competenze, se pur in misura diversa, sia nel campo della riabilitazione che in quello della equitazione.
E’ sempre necessario il coinvolgimento attivo della famiglia del disabile.
La scelta del tipo di cavallo da utilizzare dovrebbe tener conto di particolari requisiti attitudinali e morfologici, nonché di un adeguata preparazione iniziale e di un continuo aggiornamento successivo.
Data la particolarità dei soggetti che fruiscono di questo trattamento e la necessità di assicurare una continuità nello svolgimento del programma riabilitativo, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e stagionali, si rende necessario disporre di un ambiente chiuso e riparato ad esso dedicato, anche se è auspicabile quando è possibile godere dell’aria aperta e del paesaggio circostante.
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