«Rifiutai di fare il premier dopo Prodi
In Silvio io ormai non ho fiducia»
«Non ci credevo più. Non credevo più a Berlusconi. Non credo più che possa essere utile all’Italia». Pier Ferdinando Casini è appena sbarcato a Fiumicino. Quattro ore fa, a Mestre, ha rotto un’alleanza durata quattordici anni, un rapporto pressoché quotidiano con l’uomo più potente d’Italia. «Nessun livore, però. Nessuna mala parola. Ho letto ricostruzioni fantascientifiche delle mie telefonate con Berlusconi. Non è andata così. Abbiamo parlato con calma. Ci siamo salutati: "Auguri"; "Auguri". Poi ci siamo lasciati». Ora Casini riceverà solidarietà inattese — «mi sta chiamando una marea di gente» —, ma anche dure critiche. La prima: l’ingratitudine per l’uomo che, come non ha mancato di ricordargli lui stesso, nel ’94 lo accolse nelle sue liste. «Ma la situazione è completamente diversa. Allora pensavo che Berlusconi potesse fare cose buone per il Paese.
È passata un’era: la mia prima figlia Maria Carolina andava all’asilo, stavolta va a votare... Ma già allora, quando una sera Berlusconi mi propose di fare il coordinatore di Forza Italia, risposi di no. Gli dissi: «Silvio, io verrò volentieri a lavorare per te; ma quando non farò più politica, non adesso». Adesso, Casini si è stancato. «Sono stanco di ascoltare gli stessi slogan, le medesime promesse vane, la solita litania di numeri, di spese miliardarie senza coperture, di frasi pensate per compiacere la gente anziché dirle la verità. Dalla politica ho avuto moltissimo. Perché dovrei ingaggiare una battaglia al fianco di una persona in cui non credo più?». A chiedergli perché soltanto ora, perché dopo tanto tempo, Casini risponde di aver «tentato sino all’ultimo di non dividere i moderati italiani ».
Il rapporto si era incrinato da anni. «Diciamo la verità: a Berlusconi non è andato giù il modo in cui ho fatto il presidente della Camera. Non aver forzato i regolamenti, esser stato rispettoso dell’opposizione, non aver fatto il cavalier servente del governo; questo non me l’ha mai perdonato». Una rottura a lungo rinviata: «Uno spera che il tempo ingigantisca le qualità e diminuisca i difetti. È accaduto l’inverso ». All’interpretazione corrente — un Berlusconi impensierito da un uomo più giovane, bello, crinito, marito dell’erede di un impero economico ed editoriale — Casini non crede. «Berlusconi ha un solo motivo di fastidio nei miei confronti: sono uno che ragiona con la sua testa. Che non prende ordini dal padrone». In questa vicenda, è il giudizio degli uomini più vicini al leader Udc, Fini si è comportato peggio del Cavaliere.
Casini però assicura di non aver alcun malanimo nei suoi confronti. «Certo, mi ricordo che appena venti giorni fa, a casa di Adornato, Fini diceva queste stesse cose che sto dicendo io ora. Ma è una vicenda che ormai appartiene al passato. Un po’ di chiarezza farà bene a tutti. È meglio così. Meglio che ognuno sia se stesso. Berlusconi è libero di mostrare il suo vero volto; io, il mio. Il Pdl rappresenta un’autentica mutazione genetica. Non solo accoglie la Mussolini, ma sceglie apertamente un rapporto preferenziale con la Lega». Gli viene attribuito l’errore di aver detto no al governo istituzionale, o almeno di averlo fatto senza prima rinegoziare l’alleanza con Berlusconi. «Non è mai stato questo il mio metodo: il baratto, lo scambio». Nelle conversazioni private, Casini ha spiegato che da sinistra gli avevano offerto di tutto. Anche la presidenza del Consiglio. «Ma non sarei stato sereno, non mi sarei sentito in pace con la mia coscienza e la mia coerenza. Oggi invece mi sento totalmente libero. L’idea di un partito-proprietà in cui si è tenuti forzosamente a entrare è inaccettabile».
Pure la scelta di andare da solo può apparire forzata dal rifiuto di Berlusconi ad apparentarsi con l’Udc. «Ma lo sanno tutti che se fossi entrato nel Pdl avrei avuto la comoda garanzia della Farnesina. Girare per il mondo mi piace...». Ma non al punto di farsi inglobare nel Pdl, «in un listone sbilanciato a destra, che con il partito popolare europeo non c’entra nulla. Ho sentito Berlusconi in tv fare retorica sul militare caduto in Afghanistan; e nessuno che gli ricordasse che alla missione in Afghanistan l’ultima volta ha votato contro, per far cadere il governo Prodi. Del resto, se gliel’avessero ricordato, avrebbe risposto che comunque sulla missione c’era la maggioranza. Grazie all’Udc. Ma non si può giocare sulla vita dei militari italiani». Ora la prospettiva è che Berlusconi tenti di svuotargli il partito.
In Sicilia ha già cominciato. «Lo so. E lo sapevo anche prima. Vedo manovre sui simboli, compravendite, cincischiamenti. E la cosa mi lascia indifferente. Siamo all’inizio di una campagna apertissima, in cui si sposteranno i voti di opinione. Io posso farcela se intercetto gli elettori di centrosinistra che non vogliono votare Veltroni, e i moderati che non si riconoscono nel Pdl. Non saranno due o tre parlamentari che se ne vanno a decidere le sorti della partita. Quanto alla Sicilia, noi alle ultime elezioni abbiamo preso l’8%, contro una media nazionale del 6,8. Non sono un ingenuo, so che i miei subiranno pressioni fortissime, che qualcuno ha già ceduto. Ma vale la pena correre il rischio». Anche da solo. «Non cerco alleanze. Parlo con tutti, non mi svendo a nessuno. Non si risolve nulla inseguendo l’uno per cento».
È un mondo che finisce. L’idea che il berlusconismo potesse evolvere in una versione aggiornata della Dc, o comunque del moderatismo. L’idea di Gianni Letta; «persona amabile, squisita, perbene, ma con i suoi limiti. Letta lavora con Berlusconi; e alla fine è Berlusconi che decide, non Letta». L’idea, forse, del cardinale Ruini, della Cei. Un terreno su cui Casini non si inoltra: «Strumentalizzare la Chiesa è da mentecatti. Ed è l’ultima cosa che farei, in questo momento della mia vita politica. Certo, ho apprezzato l’intervento del direttore di Avvenire, Boffo. Ma è stato un’opinione, non un’interferenza ». Oggi comincia la campagna elettorale. «La mia candidatura a Palazzo Chigi è una novità, come quelle di Veltroni e dello stesso Bertinotti.
Berlusconi, legittimamente, si candida per la quinta volta. Se poi dopo il voto deciderà di dialogare con Veltroni, magari perché mancherà una maggioranza al Senato, non sarò io amettermi di traverso. Purché sia un patto per il Paese, non per loro. Purtroppo, l’intervista di Confalonieri all’Unità non fa presagire nulla di buono». «Oggi riparto. Sono ripartito tante volte. Quando finì la Dc, una certa categoria di persone si defilò, non mi chiamò per due mesi. Adesso accadrà la stessa cosa, ma non mi spavento di sicuro. Conta di più quanto mi ha detto ieri mattina la mia seconda figlia, Benedetta». Ieri mattina, nel viaggio verso Mestre, con Casini c’era la figlia più piccola, Caterina, poi affidata alla nonna che la porterà qualche giorno in montagna. Con Benedetta, il leader Udc ha un rapporto che definisce «complesso», almeno finora. Fino a quando, ieri mattina, non gli ha detto: «Papà, finalmente mi sento orgogliosa di te».
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Ritenevo interessante questo articolo del corriere della sera e ve lo ripropongo con una piccola analisi. Lascio i commenti a voi, la mia idea è già chiara.
In Silvio io ormai non ho fiducia»
«Non ci credevo più. Non credevo più a Berlusconi. Non credo più che possa essere utile all’Italia». Pier Ferdinando Casini è appena sbarcato a Fiumicino. Quattro ore fa, a Mestre, ha rotto un’alleanza durata quattordici anni, un rapporto pressoché quotidiano con l’uomo più potente d’Italia. «Nessun livore, però. Nessuna mala parola. Ho letto ricostruzioni fantascientifiche delle mie telefonate con Berlusconi. Non è andata così. Abbiamo parlato con calma. Ci siamo salutati: "Auguri"; "Auguri". Poi ci siamo lasciati». Ora Casini riceverà solidarietà inattese — «mi sta chiamando una marea di gente» —, ma anche dure critiche. La prima: l’ingratitudine per l’uomo che, come non ha mancato di ricordargli lui stesso, nel ’94 lo accolse nelle sue liste. «Ma la situazione è completamente diversa. Allora pensavo che Berlusconi potesse fare cose buone per il Paese.
È passata un’era: la mia prima figlia Maria Carolina andava all’asilo, stavolta va a votare... Ma già allora, quando una sera Berlusconi mi propose di fare il coordinatore di Forza Italia, risposi di no. Gli dissi: «Silvio, io verrò volentieri a lavorare per te; ma quando non farò più politica, non adesso». Adesso, Casini si è stancato. «Sono stanco di ascoltare gli stessi slogan, le medesime promesse vane, la solita litania di numeri, di spese miliardarie senza coperture, di frasi pensate per compiacere la gente anziché dirle la verità. Dalla politica ho avuto moltissimo. Perché dovrei ingaggiare una battaglia al fianco di una persona in cui non credo più?». A chiedergli perché soltanto ora, perché dopo tanto tempo, Casini risponde di aver «tentato sino all’ultimo di non dividere i moderati italiani ».
Il rapporto si era incrinato da anni. «Diciamo la verità: a Berlusconi non è andato giù il modo in cui ho fatto il presidente della Camera. Non aver forzato i regolamenti, esser stato rispettoso dell’opposizione, non aver fatto il cavalier servente del governo; questo non me l’ha mai perdonato». Una rottura a lungo rinviata: «Uno spera che il tempo ingigantisca le qualità e diminuisca i difetti. È accaduto l’inverso ». All’interpretazione corrente — un Berlusconi impensierito da un uomo più giovane, bello, crinito, marito dell’erede di un impero economico ed editoriale — Casini non crede. «Berlusconi ha un solo motivo di fastidio nei miei confronti: sono uno che ragiona con la sua testa. Che non prende ordini dal padrone». In questa vicenda, è il giudizio degli uomini più vicini al leader Udc, Fini si è comportato peggio del Cavaliere.
Casini però assicura di non aver alcun malanimo nei suoi confronti. «Certo, mi ricordo che appena venti giorni fa, a casa di Adornato, Fini diceva queste stesse cose che sto dicendo io ora. Ma è una vicenda che ormai appartiene al passato. Un po’ di chiarezza farà bene a tutti. È meglio così. Meglio che ognuno sia se stesso. Berlusconi è libero di mostrare il suo vero volto; io, il mio. Il Pdl rappresenta un’autentica mutazione genetica. Non solo accoglie la Mussolini, ma sceglie apertamente un rapporto preferenziale con la Lega». Gli viene attribuito l’errore di aver detto no al governo istituzionale, o almeno di averlo fatto senza prima rinegoziare l’alleanza con Berlusconi. «Non è mai stato questo il mio metodo: il baratto, lo scambio». Nelle conversazioni private, Casini ha spiegato che da sinistra gli avevano offerto di tutto. Anche la presidenza del Consiglio. «Ma non sarei stato sereno, non mi sarei sentito in pace con la mia coscienza e la mia coerenza. Oggi invece mi sento totalmente libero. L’idea di un partito-proprietà in cui si è tenuti forzosamente a entrare è inaccettabile».
Pure la scelta di andare da solo può apparire forzata dal rifiuto di Berlusconi ad apparentarsi con l’Udc. «Ma lo sanno tutti che se fossi entrato nel Pdl avrei avuto la comoda garanzia della Farnesina. Girare per il mondo mi piace...». Ma non al punto di farsi inglobare nel Pdl, «in un listone sbilanciato a destra, che con il partito popolare europeo non c’entra nulla. Ho sentito Berlusconi in tv fare retorica sul militare caduto in Afghanistan; e nessuno che gli ricordasse che alla missione in Afghanistan l’ultima volta ha votato contro, per far cadere il governo Prodi. Del resto, se gliel’avessero ricordato, avrebbe risposto che comunque sulla missione c’era la maggioranza. Grazie all’Udc. Ma non si può giocare sulla vita dei militari italiani». Ora la prospettiva è che Berlusconi tenti di svuotargli il partito.
In Sicilia ha già cominciato. «Lo so. E lo sapevo anche prima. Vedo manovre sui simboli, compravendite, cincischiamenti. E la cosa mi lascia indifferente. Siamo all’inizio di una campagna apertissima, in cui si sposteranno i voti di opinione. Io posso farcela se intercetto gli elettori di centrosinistra che non vogliono votare Veltroni, e i moderati che non si riconoscono nel Pdl. Non saranno due o tre parlamentari che se ne vanno a decidere le sorti della partita. Quanto alla Sicilia, noi alle ultime elezioni abbiamo preso l’8%, contro una media nazionale del 6,8. Non sono un ingenuo, so che i miei subiranno pressioni fortissime, che qualcuno ha già ceduto. Ma vale la pena correre il rischio». Anche da solo. «Non cerco alleanze. Parlo con tutti, non mi svendo a nessuno. Non si risolve nulla inseguendo l’uno per cento».
È un mondo che finisce. L’idea che il berlusconismo potesse evolvere in una versione aggiornata della Dc, o comunque del moderatismo. L’idea di Gianni Letta; «persona amabile, squisita, perbene, ma con i suoi limiti. Letta lavora con Berlusconi; e alla fine è Berlusconi che decide, non Letta». L’idea, forse, del cardinale Ruini, della Cei. Un terreno su cui Casini non si inoltra: «Strumentalizzare la Chiesa è da mentecatti. Ed è l’ultima cosa che farei, in questo momento della mia vita politica. Certo, ho apprezzato l’intervento del direttore di Avvenire, Boffo. Ma è stato un’opinione, non un’interferenza ». Oggi comincia la campagna elettorale. «La mia candidatura a Palazzo Chigi è una novità, come quelle di Veltroni e dello stesso Bertinotti.
Berlusconi, legittimamente, si candida per la quinta volta. Se poi dopo il voto deciderà di dialogare con Veltroni, magari perché mancherà una maggioranza al Senato, non sarò io amettermi di traverso. Purché sia un patto per il Paese, non per loro. Purtroppo, l’intervista di Confalonieri all’Unità non fa presagire nulla di buono». «Oggi riparto. Sono ripartito tante volte. Quando finì la Dc, una certa categoria di persone si defilò, non mi chiamò per due mesi. Adesso accadrà la stessa cosa, ma non mi spavento di sicuro. Conta di più quanto mi ha detto ieri mattina la mia seconda figlia, Benedetta». Ieri mattina, nel viaggio verso Mestre, con Casini c’era la figlia più piccola, Caterina, poi affidata alla nonna che la porterà qualche giorno in montagna. Con Benedetta, il leader Udc ha un rapporto che definisce «complesso», almeno finora. Fino a quando, ieri mattina, non gli ha detto: «Papà, finalmente mi sento orgogliosa di te».
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Ritenevo interessante questo articolo del corriere della sera e ve lo ripropongo con una piccola analisi. Lascio i commenti a voi, la mia idea è già chiara.
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