NEW YORK— Sarà giustiziato il 30 agosto prossimo nel braccio della morte del famigerato penitenziario di Huntsville, in Texas, per un crimine che non ha mai commesso: l'uccisione del 25enne studente universitario Michael LaHood Jr., figlio di uno degli avvocati bianchi più ricchi e influenti di San Antonio, mentre rincasava con la fidanzata nell'agosto del 1996. A dirlo non è soltanto il 30enne afro-americano Kenneth Foster, detenuto numero 999232 della Polunsky Unit, maanche il giudice, gli avvocati e la giuria popolare — sette donne e 5 uomini—del processo a suo carico conclusosi il 5 maggio 1997 con una condanna a morte nei suoi confronti. Foster—così come un centinaio d'altri detenuti nel braccio della morte texano—è vittima di una legge iniqua, che i luminari del foro Usa non esitano a paragonare alla «Jim Crow Law», il decreto del 1876 con cui il Congresso Usa ratificava il razzismo, sanzionando la separazione tra razze.
La legge in questione, «law of parties» o legge delle bande stabilisce che un individuo è «responsabile di un crimine commesso da altri qualora egli abbia agito con l'intenzione di promuovere o assistere il compimento di tale crimine». E secondo la giurisprudenza del Texas—unico Stato in cui tale legge è in vigore—tale individuo può essere mandato al patibolo, anche se non ha mai ucciso una mosca. La tragica odissea di questo giovane nato il 22 ottobre 1976 nel poverissimo ghetto nero di Austin—figlio di una prostituta tossicodipendente e di un drogato con precedenti penali — inizia il 15 agosto di 11 anni fa. Quella sera, a tarda ora, l'allora 20enne Kenneth stava guidando la sua auto attraverso i quartieri alti di San Antonio, con tre coetanei a bordo: Mauricio Brown, Dwayne Dillard e Julius Steen, tutti neri come lui.
A un certo punto uno di loro, Brown, scese fuori e si allontanò di una ventina di metri mentre gli altri rimanevano seduti nell'auto. Non molto tempo dopo fu udito uno sparo. Al processo la pubblica accusa asserì che Brown aveva voluto portare a termine una rapina progettata insieme agli amici. L'unica testimone oculare era Mary Patrick, la fidanzata della vittima, che in aula cambiò più volte la deposizione. Foster fu processato con Brown, anche se non c'erano dubbi che fosse stato quest'ultimo a sparare il colpo mentre l'amico era rimasto seduto nell'auto durante l'intero svolgimento dei fatti, senza sapere nulla di ciò che il killer stesse facendo.
Quando Brown ammise in aula che quella era la verità, l'accusa sostenne che egli tentò di rapinare LaHood, poiché la rapina abbinata a un omicidio consentiva di accusare anche Foster di omicidio, in qualità di complice. E quindi di condannarlo a morte assieme all'esecutore materiale dell'assassinio, Brown, giustiziato il 19 luglio 2006. Anche se i media locali gli diedero tutti addosso, gli esperti legali parlarono di «scandalo». Tanto che il 3 marzo 2005 il giudice federale distrettuale Royal Furgeson decise di annullare la sentenza di morte. Nella sua sentenza di 95 pagine, Furgeson respinse l'appello di Kenneth Foster per quanto riguarda l'innocenza, ma annullò la sua condanna a morte perché «non fu provato alla giuria che Foster uccise effettivamente LaHood o che Foster intendesse uccidere LaHood o qualche altra persona ».
L'assegnazione della condanna a morte in base alla «law of parties» implicava l'affermazione, da parte della giuria, dell'intenzione omicida di Foster. Invece Furgeson—basandosi sulla giurisprudenza della Corte Suprema federale —contestò che «non sono state portate alla giuria prove che Foster intenzionalmente incoraggiò, diresse, agevolò o cercò di assecondare l'uccisione di LaHood da parte di Brown», come richiesto dalla Costituzione per il conferimento delle sentenze di morte. La decisione del magistrato comportava che Kenneth venisse riprocessato entro 90 giorni, ovvero condannato al carcere a vita, con possibilità di libertà condizionale dopo 40 anni di detenzione.
Ma l'accusa fece ricorso alla Corte federale d'Appello del Quinto Circuito, ottenendo l'annullamento della sentenza del giudice Furgeson. Il primo maggio di quest'anno un nuovo giudice, Maria Teresa Herr, ha fissato la nuova data d'esecuzione: il 30 agosto 2007. Per salvare Foster si sono mobilitati persino gli abolizionisti del Comitato Paul Rougeau, un'organizzazione italiana che si oppone alla pena di morte in Usa. «La mia unica paura è quella di essere dimenticato», scrive Foster nel suo sito www.freekenneth.com. «Possa il mio assassinio servire da faro a tutti quelli che si battono in nome della giustizia».
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La più grande democrazia al mondo, applausi.
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