Londra, la proposta del governo
"Ateneo per geni dei videogame"
LONDRA - Una università dei videogiochi, in cui i giovani campioni di Playstation, Xbox, Gameboy e ora anche Wii possono sviluppare il proprio talento per il bene, ossia il profitto, del settore. L'originale proposta viene da Shaun Woodward, ministro delle Industrie Creative britannico, che l'ha formulata in un'intervista al Financial Times.
"Il modo migliore per l'industria dei videogames di reclutare i talenti di cui ha bisogno è finanziare autonomamente un'accademia in cui questi possano affinarsi e svilupparsi", afferma Woodward. A suo parere questa "school for geeks", scuola per genii (del videogioco, perlomeno), potrebbe attirare giovani che non riescono ad ambientarsi nelle università tradizionali: "Potrebbero iscriversi ragazzi che fanno fatica a continuare gli studi normali, ma per esempio sono dei fantastici giocatori di videogames e dispongono di altre qualità. Si tratta di cercare talento in modo creativo e differente da quello richiesto da un tradizionale background accademico".
L'industria dei videogiochi, secondo il ministro, ha ormai un fatturato multimiliardario e la maturità per capire che deve passare a una nuova fase per continuare a crescere. "Non è più un settore secondario o di nicchia, è alla pari e talvolta superiore all'industria del cinema e della musica", sostiene Woodward. "Ma mentre esistono da tempo scuole di cinema, di televisione e di arti musicali, non ce ne sono ancora di videogiochi. E' ora di fondarne una, e non spetta al governo farlo, ma all'industria stessa". Il ministro cita carenze sul piano manageriale e finanziario, oltre che la necessità di rinnovarsi continuamente dal punto di vista creativo, tecnologico e del design.
Il suggerimento di una "scuola per geni del videogioco" richiama l'attenzione su un ministero molto particolare come è quello capeggiato da Woodward: concentrato su un gruppo di 13 industrie "creative" che comprendono i videogiochi, la pubblicità, la musica, la televisione, il cinema, l'editoria. Il governo Blair si prepara a pubblicare un rapporto su questo settore, per cambiarne la percezione: "Le industrie creative rappresentano una parte sempre più importante dell'economia britannica e lo saranno ancora di più nel prossimo futuro", dice Woodward.
In passato, nota il Financial Times, "business" e "creativo" erano considerati un ossimoro: o ti occupi di business, e sei una persona seria, o sei un creativo, e non hai il senso degli affari. Ma in una Gran Bretagna dominata dall'industria dei servizi il "business creativo" sta diventando un fiore all'occhiello: le 13 industrie creative di cui si occupa il ministero "della creatività" crescono da otto anni a un ritmo doppio rispetto a quello del resto dell'economia. E probabilmente cresceranno ancora di più, non appena verrà fondata "l'università dei videogiochi". E' il caso che qualcuno ci pensi anche in Italia?
Che ne pensate?
A me personalmente sembra una cosa giustissima,perchè è un business come un altro,certo dovrebbero inserire anche i titoli pc che sono più giocati e cè più competizione,ma purtroppo in Italia non si farà mai qualcosa del genere dato che il netgaming è visto come un attività da nerd,difatti ci prendiamo le mazzate da tutti,apparte in qualche gioco.
Dite la vostra
"Ateneo per geni dei videogame"
LONDRA - Una università dei videogiochi, in cui i giovani campioni di Playstation, Xbox, Gameboy e ora anche Wii possono sviluppare il proprio talento per il bene, ossia il profitto, del settore. L'originale proposta viene da Shaun Woodward, ministro delle Industrie Creative britannico, che l'ha formulata in un'intervista al Financial Times.
"Il modo migliore per l'industria dei videogames di reclutare i talenti di cui ha bisogno è finanziare autonomamente un'accademia in cui questi possano affinarsi e svilupparsi", afferma Woodward. A suo parere questa "school for geeks", scuola per genii (del videogioco, perlomeno), potrebbe attirare giovani che non riescono ad ambientarsi nelle università tradizionali: "Potrebbero iscriversi ragazzi che fanno fatica a continuare gli studi normali, ma per esempio sono dei fantastici giocatori di videogames e dispongono di altre qualità. Si tratta di cercare talento in modo creativo e differente da quello richiesto da un tradizionale background accademico".
L'industria dei videogiochi, secondo il ministro, ha ormai un fatturato multimiliardario e la maturità per capire che deve passare a una nuova fase per continuare a crescere. "Non è più un settore secondario o di nicchia, è alla pari e talvolta superiore all'industria del cinema e della musica", sostiene Woodward. "Ma mentre esistono da tempo scuole di cinema, di televisione e di arti musicali, non ce ne sono ancora di videogiochi. E' ora di fondarne una, e non spetta al governo farlo, ma all'industria stessa". Il ministro cita carenze sul piano manageriale e finanziario, oltre che la necessità di rinnovarsi continuamente dal punto di vista creativo, tecnologico e del design.
Il suggerimento di una "scuola per geni del videogioco" richiama l'attenzione su un ministero molto particolare come è quello capeggiato da Woodward: concentrato su un gruppo di 13 industrie "creative" che comprendono i videogiochi, la pubblicità, la musica, la televisione, il cinema, l'editoria. Il governo Blair si prepara a pubblicare un rapporto su questo settore, per cambiarne la percezione: "Le industrie creative rappresentano una parte sempre più importante dell'economia britannica e lo saranno ancora di più nel prossimo futuro", dice Woodward.
In passato, nota il Financial Times, "business" e "creativo" erano considerati un ossimoro: o ti occupi di business, e sei una persona seria, o sei un creativo, e non hai il senso degli affari. Ma in una Gran Bretagna dominata dall'industria dei servizi il "business creativo" sta diventando un fiore all'occhiello: le 13 industrie creative di cui si occupa il ministero "della creatività" crescono da otto anni a un ritmo doppio rispetto a quello del resto dell'economia. E probabilmente cresceranno ancora di più, non appena verrà fondata "l'università dei videogiochi". E' il caso che qualcuno ci pensi anche in Italia?
Che ne pensate?
A me personalmente sembra una cosa giustissima,perchè è un business come un altro,certo dovrebbero inserire anche i titoli pc che sono più giocati e cè più competizione,ma purtroppo in Italia non si farà mai qualcosa del genere dato che il netgaming è visto come un attività da nerd,difatti ci prendiamo le mazzate da tutti,apparte in qualche gioco.
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