E qui sta il punto, se non sai non devi affrontare determinati argomenti, perchè, aldilà, del qualunquismo imperante, ci sono precise ragioni sociali e antropologiche per cui è assolutamente errato occupare una nazione sovrana, anche se questa è sotto il governo di una dittatura, i motivi sono da ricercare nella maturità di un popolo e del principio che lo stesso, in virtù di tale maturità, deve pretendere la democrazia come diritto e lottare per essa anzichè lasciarsela "importare" con le armi. Creare un governo grazie alla forza militare è uguale ad instaurare un regime non riconosciuto dal popolo. Eppure noi italiani dovremmo avere piena consapevolezza di queste questioni, il popolo è insorto contro il fascismo con il braccio armato dei partigiani, gli italiani aiutarono e cooperarono con gli Alleati affinchè la Nazione fosse liberata dal regime. Potete dire, a cuor leggero, che gli iracheni stiano facendo lo stesso? E comunque, con quale diritto decidiamo "noi" cosa sia più o meno giusto per "loro"? Come possiamo decidere noi qual'è il momento storico più appropriato per elargire la libertà, quando la maggior parte di noi non conosce la storia, gli usi, i costumi e, in ogni caso, non condivide il loro bagaglio culturale. Noi, in quanto "Occidente" non possiamo ergerci ad arbitri, perchè lo facciamo secondo il "nostro" modo di vedere le cose, modo dettato dalla "nostra storia" non dalla "loro".
Corbellerie quali "Non dovevamo andare in Iraq, ma, adesso, andandocene via faremmo ancora più danni" vanno contro ogni principio di alterità dei popoli e se si mette in discussione, o meglio si scavalca, l'alterità di una cultura "differente" in questo modo quali basi si danno ad una giovane democrazia? Come si comporteranno gli iracheni a cui questa forma di governo è stata imposta quando dovranno fare i conti non solo con i diritti che una democrazia dispensa, ma con i doveri che da essa ne conseguono? Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la guerra civile.
Quanti di voi possono dire che gli iracheni stanno meglio adesso di quanto non stavano sotto Saddam Hussein? E' possibile, secondo voi, che l'iracheno comune, la donna che fa la spesa, il bambino che va a scuola, non rimpianga i tempi in cui poteva andare tranquillamente in giro senza il timore di un'esplosione, di una mina, di un raid aereo?
La vera missione umanitaria è lasciare che il popolo in Iraq si autodertemini, in uno scenario di paura, anche per il solo atto di andare dal fornaio, che coscienza può portare? E quale democrazia si può dare, quale governo liberamente eletto dal popolo si può creare in un paese dove la prima necessità di ogni cittadino è trovare il modo di procurarsi il cibo giorno per giorno? Tale situazione è il preambolo per il clientelismo più sfrenato in un paese dove ogni bene comune come l'acqua, il pane, le scarpe può essere usato come mezzo di scambio dalla futura classe dirigente per comprare voti. Pensate forse che una madre esiti a vendere il proprio voto pur di sfamare il suo bambino?
Se non si considerano queste varianti ogni ragionamento sull'intervento in Iraq è una bambinata. Se l'argomento non fosse così tragico mi verrebbe quasi da sorridere a leggere reply infantili quali "Io so di non sapere e me ne vanto", farsi scudo usando a sproposito la tesi della "Docta Ignorantia" di Socrate nell'Apologia di Platone è emblematico dell'ignoranza dilagante, dichiarando di non avere base alcuna di antropologia sociale e comunque esprimere un parere su cosa sia meglio per un popolo diverso dal proprio è un'ammissione di palese superficialità, e permettetemi, quando ci sono migliaia di vittime non è il caso di essere superficiali.
In conclusione come si fa a considerare persone del passato un premio Nobel per la pace del 1984, quando questi svolse opera importante durante l'Apartheid in Sud Africa, Apatheid che non è, ancora oggi nel 2006, totalmente finita, come si fa a definire storico o firma del passato un giornalista di The Guardian o Samir Amin autore de "Il capitalismo nell'era della golobalizzazione" non è questa storia di oggi e non di ieri? Se volete esprimere pareri, visto che col vostro voto condizionate anche la vita di persone lontane migliaia di chilomentri da casa vostra, non vantevi di non conoscere, informatevi e agite secondo coscienza.
Corbellerie quali "Non dovevamo andare in Iraq, ma, adesso, andandocene via faremmo ancora più danni" vanno contro ogni principio di alterità dei popoli e se si mette in discussione, o meglio si scavalca, l'alterità di una cultura "differente" in questo modo quali basi si danno ad una giovane democrazia? Come si comporteranno gli iracheni a cui questa forma di governo è stata imposta quando dovranno fare i conti non solo con i diritti che una democrazia dispensa, ma con i doveri che da essa ne conseguono? Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la guerra civile.
Quanti di voi possono dire che gli iracheni stanno meglio adesso di quanto non stavano sotto Saddam Hussein? E' possibile, secondo voi, che l'iracheno comune, la donna che fa la spesa, il bambino che va a scuola, non rimpianga i tempi in cui poteva andare tranquillamente in giro senza il timore di un'esplosione, di una mina, di un raid aereo?
La vera missione umanitaria è lasciare che il popolo in Iraq si autodertemini, in uno scenario di paura, anche per il solo atto di andare dal fornaio, che coscienza può portare? E quale democrazia si può dare, quale governo liberamente eletto dal popolo si può creare in un paese dove la prima necessità di ogni cittadino è trovare il modo di procurarsi il cibo giorno per giorno? Tale situazione è il preambolo per il clientelismo più sfrenato in un paese dove ogni bene comune come l'acqua, il pane, le scarpe può essere usato come mezzo di scambio dalla futura classe dirigente per comprare voti. Pensate forse che una madre esiti a vendere il proprio voto pur di sfamare il suo bambino?
Se non si considerano queste varianti ogni ragionamento sull'intervento in Iraq è una bambinata. Se l'argomento non fosse così tragico mi verrebbe quasi da sorridere a leggere reply infantili quali "Io so di non sapere e me ne vanto", farsi scudo usando a sproposito la tesi della "Docta Ignorantia" di Socrate nell'Apologia di Platone è emblematico dell'ignoranza dilagante, dichiarando di non avere base alcuna di antropologia sociale e comunque esprimere un parere su cosa sia meglio per un popolo diverso dal proprio è un'ammissione di palese superficialità, e permettetemi, quando ci sono migliaia di vittime non è il caso di essere superficiali.
In conclusione come si fa a considerare persone del passato un premio Nobel per la pace del 1984, quando questi svolse opera importante durante l'Apartheid in Sud Africa, Apatheid che non è, ancora oggi nel 2006, totalmente finita, come si fa a definire storico o firma del passato un giornalista di The Guardian o Samir Amin autore de "Il capitalismo nell'era della golobalizzazione" non è questa storia di oggi e non di ieri? Se volete esprimere pareri, visto che col vostro voto condizionate anche la vita di persone lontane migliaia di chilomentri da casa vostra, non vantevi di non conoscere, informatevi e agite secondo coscienza.
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