L'ADDIO AL BARBONE EROE, SALVO' TRE RAGAZZE DA UNA RAPINA
MASSAFRA - La gente è arrivata in chiesa, per il funerale nella sua città natale, alla spicciolata, mano a mano che il 'tam tam' di paese diffondeva la notizia che Natale Morea non c'era più. Nel dicembre 2003 lui aveva rischiato la vita per difendere tre ragazze che stavano per essere rapinate uscendo da una discoteca. Lo avevano pestato a sangue, si era salvato per miracolo e da barbone qual era per la vita che conduceva era diventato un eroe.
Natale è morto ieri pomeriggio, stroncato nell'ospedale di Massafra da un collasso causato dagli scompensi del suo diabete e forse, chissà, anche dai postumi di quel pestaggio dal quale non si era mai ripreso completamente. Natale se ne è andato con discrezione, a 59 anni, ultimo di una famiglia di nove figli: il suo paese natale non è riuscito neppure a tributargli tutto il ringraziamento che meritava.
Pochi i manifesti di lutto in strada. Nella chiesa del Carmine il feretro di Natale Morea, ricoperto da una composizione di fiori bianchi, è stato 'protetto' per tutto il rito funebre, oltre che da pochi parenti e amici, solo dal gonfalone del Comune di Massafra, il suo paese che tanti anni fa, per motivi mai chiariti, lo aveva un po' rifiutato. Per circa due anni Natale, dopo quel gesto eroico a Roma, ha vissuto a Massafra con una sorella nubile, Vittoria, in un appartamento in via Cialdini; di parenti in paese aveva solo un'altra sorella, Francesca, anche lei col marito seduta oggi al primo banco della chiesa.
"Nessuno vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso" é stato ricordato dal pulpito leggendo una lettera di San Paolo apostolo ai Romani, come per sottolineare quel grande gesto spontaneo compiuto da Natale due anni e mezzo fa. "Dobbiamo dire grazie a questo fratello perché è stato puro", ha detto nella sua omelia il parroco don Salvatore Di Trani, ricordando che Natale "aveva avuto la celebrità perché da uomo era accorso in aiuto di qualcuno". Poi il monito: "Ha fatto il contrario di ciò che i benpensanti dicono ai figli: fatti i fatti tuoi. Natale ha saputo non farsi i fatti suoi, diventando grande agli occhi del Signore".
Parole espresse con un pizzico di rammarico per "non aver mai avuto modo di incontrare Natale, o forse l'ho incontrato salutandolo per strada senza sapere chi fosse, come si fa tante volte". Ma Natale era proprio così diverso dagli altri? "Chi ci fa diversi - ammonisce ancora don Salvatore - è il bene che abbiamo compiuto. Natale non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato celebre: ha fatto semplicemente quello che gli diceva il cuore". E un ultimo invito alla gente, che nel frattempo ha gremito un po' di più la piccola chiesa: "Imitate il fratello Natale, e quando il feretro lascerà questa chiesa non battete le mani. Dovrà essere il vostro cuore a battere".
L'ultimo saluto al barbone eroe si compie proprio così, in un silenzio quasi surreale, in un dolore che quello spicchio di paese trattiene tutto dentro di sé, prima che il feretro venga portato al cimitero per essere tumulato in un loculo comunale. Semplicità su semplicità, fino alla morte. Come conferma quel giovane che, quando ormai tutto è finito, chiede ad un passante dove siano i funerali di Natale Morea e, saputo che si sono già conclusi, esclama: "Era un principe della strada". Chissà se il suo paese, ora che Natale non c'é più, comincerà a capirlo.
Articolo tratto da http://www.ansa.it
MASSAFRA - La gente è arrivata in chiesa, per il funerale nella sua città natale, alla spicciolata, mano a mano che il 'tam tam' di paese diffondeva la notizia che Natale Morea non c'era più. Nel dicembre 2003 lui aveva rischiato la vita per difendere tre ragazze che stavano per essere rapinate uscendo da una discoteca. Lo avevano pestato a sangue, si era salvato per miracolo e da barbone qual era per la vita che conduceva era diventato un eroe.
Natale è morto ieri pomeriggio, stroncato nell'ospedale di Massafra da un collasso causato dagli scompensi del suo diabete e forse, chissà, anche dai postumi di quel pestaggio dal quale non si era mai ripreso completamente. Natale se ne è andato con discrezione, a 59 anni, ultimo di una famiglia di nove figli: il suo paese natale non è riuscito neppure a tributargli tutto il ringraziamento che meritava.
Pochi i manifesti di lutto in strada. Nella chiesa del Carmine il feretro di Natale Morea, ricoperto da una composizione di fiori bianchi, è stato 'protetto' per tutto il rito funebre, oltre che da pochi parenti e amici, solo dal gonfalone del Comune di Massafra, il suo paese che tanti anni fa, per motivi mai chiariti, lo aveva un po' rifiutato. Per circa due anni Natale, dopo quel gesto eroico a Roma, ha vissuto a Massafra con una sorella nubile, Vittoria, in un appartamento in via Cialdini; di parenti in paese aveva solo un'altra sorella, Francesca, anche lei col marito seduta oggi al primo banco della chiesa.
"Nessuno vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso" é stato ricordato dal pulpito leggendo una lettera di San Paolo apostolo ai Romani, come per sottolineare quel grande gesto spontaneo compiuto da Natale due anni e mezzo fa. "Dobbiamo dire grazie a questo fratello perché è stato puro", ha detto nella sua omelia il parroco don Salvatore Di Trani, ricordando che Natale "aveva avuto la celebrità perché da uomo era accorso in aiuto di qualcuno". Poi il monito: "Ha fatto il contrario di ciò che i benpensanti dicono ai figli: fatti i fatti tuoi. Natale ha saputo non farsi i fatti suoi, diventando grande agli occhi del Signore".
Parole espresse con un pizzico di rammarico per "non aver mai avuto modo di incontrare Natale, o forse l'ho incontrato salutandolo per strada senza sapere chi fosse, come si fa tante volte". Ma Natale era proprio così diverso dagli altri? "Chi ci fa diversi - ammonisce ancora don Salvatore - è il bene che abbiamo compiuto. Natale non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventato celebre: ha fatto semplicemente quello che gli diceva il cuore". E un ultimo invito alla gente, che nel frattempo ha gremito un po' di più la piccola chiesa: "Imitate il fratello Natale, e quando il feretro lascerà questa chiesa non battete le mani. Dovrà essere il vostro cuore a battere".
L'ultimo saluto al barbone eroe si compie proprio così, in un silenzio quasi surreale, in un dolore che quello spicchio di paese trattiene tutto dentro di sé, prima che il feretro venga portato al cimitero per essere tumulato in un loculo comunale. Semplicità su semplicità, fino alla morte. Come conferma quel giovane che, quando ormai tutto è finito, chiede ad un passante dove siano i funerali di Natale Morea e, saputo che si sono già conclusi, esclama: "Era un principe della strada". Chissà se il suo paese, ora che Natale non c'é più, comincerà a capirlo.
Articolo tratto da http://www.ansa.it
Commenta