Bello...bellissimo....
"La ragazza aveva gli occhi sgualciti dal sole, ed i capelli ribelli. L’armonia dei tratti orientali, quasi per incanto, si diffondeva attraverso ogni suo raro sorriso. In mano portava uno strano bastone. Adesso guardava fissa lo smisurato pavimento nero, sul quale danzava, leggera, la sua lunga gonna viola. Un improbabile fiocco giallo le stringeva il ventre, proprio sotto il seno, placidamente perfetto.
Quando, dall’orizzonte scuro ed invisibile, si materializzò per incanto impensato il giovane dai capelli ispidi, i due si riconobbero.
Non si erano mai incontrati, se non in qualche fantasia estranea, eppure, per la mnemonica magia nerastra da cui erano avvolti, sapevano tutto l’uno dell’altra. Neppure si salutarono.
-Gli uomini sono tutti uguali!- Le disse il giovane, piuttosto infastidito.
-Non ti facevo così comunista-
-Ed io non ti facevo così cinica… -
-Fammi indovinare: ti stavi riferendo al loro assurdo modo di… -
-Evadere dalla realtà- Continuò lui.
-Sai, dovresti rilassarti ed accettare ciò per cui sei stato generato. Ti farebbe “vivere” meglio-
-Dici? Cioè dovrei accettare di essere una mera favola moderna, l’unico modo che un’ex “emerito-sconosciuto” aveva per proiettare alla gente la sua visione del mondo, assai banalizzata, tragicamente allegorica, ricca quanto mai di ogni desiderio sopito, stereotipato, irrealizzato –
La ragazza sorrise. – Wow – le scappò dalle labbra, con una punta d’ironia.
-Aspetta – continuò il giovane – sai qual è la parte divertente?-
-Scommetto che me lo dirai-
-In tutto questo, c’è chi ti considera un essere maligno. C’è chi ti giudica inopportuno. Quasi ti censurerebbe-
-Come se il cacciatore, per salvare Red Hood, avesse eseguito la manovra di Heimlick sul lupo cattivo-
Il ragazzo dai capelli ispidi sorrise.
-Vedi che a volte serve, il cinismo. Comunque non puoi lamentarti: c’è chi ti considera arte-
-Siamo in minoranza. Probabilmente perderemo, se non lo stiamo già facendo. “Sotto lo sfondo così cupo dell’attuale civiltà anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità”… Chi lo diceva?-
-Non saprei-
-Non importa. Quello che voglio dire: sembra che qui ci sia solo io a chiedermi se ne valeva la pena. E quando sei da solo, annuire e sorridere diventa difficile-
-Allora me lo chiederò anch’io- proruppe la ragazza, mentre i suoi occhi, di due colori diversi, si alzarono per la prima volta da terra. E continuò: -Sai quanta gente identica a te c’è la fuori, sommersa dalla polvere, tirata a nuovo e premiata col platino, o meno? Milioni. Non tutti sono fortunati come te: dimmi: ogni volta che te ne vai da qui per diventare il figlio fluorescente di un elettrone impazzito che corre su uno schermo, preferisci farlo per risvegliare la fantasia di un ragazzo troppo cresciuto; per ricordargli quanto siano belli i suoi desideri ed i suoi sogni, per quanto stereotipati e sopiti possano essere; per vedere un mezzo scemo che si alza in piedi e applaude emozionato, di fronte ad una Tv in una stanza vuota, appena appaiono le note dell’ending theme; oppure preferisci essere un regalo di compleanno indesiderato e incompreso, o qualsiasi altra forma dell’eco triviale della massa, che ti inorgoglisce per forza d’inerzia o di imitazione?-
Il ragazzo stette in silenzio.
-Neil Gaiman, in American gods, diceva che una divinità esiste finché esiste qualcuno che crede in essa. Così è anche per te: finché ci sarà qualcuno che crede in te per quelle che sei, vorresti essere o dovresti essere, allora ne varrà la pena-
Prima di scomparire in un attimo, come fosse nient’altro che la nube del suo nome, il ragazzo dai capelli gialli guardò in faccia la giovane donna, che giocava col suo ciondolo. Le lanciò uno sguardo spigoloso ed indimenticabile, che racchiudeva non solo se stesso, ma un intero mondo di sogni. Di sottofondo, parve apparire il gracchiante rumore di un allarme, che proiettava strisce rosse di lampante agitazione.
Poi più niente.
Solo una Tv con l’elettrone a riposo, una stanza vuota, ed un mezzo scemo che applaude al nulla, visibilmente emozionato."
Zender R. Velkyn
"La ragazza aveva gli occhi sgualciti dal sole, ed i capelli ribelli. L’armonia dei tratti orientali, quasi per incanto, si diffondeva attraverso ogni suo raro sorriso. In mano portava uno strano bastone. Adesso guardava fissa lo smisurato pavimento nero, sul quale danzava, leggera, la sua lunga gonna viola. Un improbabile fiocco giallo le stringeva il ventre, proprio sotto il seno, placidamente perfetto.
Quando, dall’orizzonte scuro ed invisibile, si materializzò per incanto impensato il giovane dai capelli ispidi, i due si riconobbero.
Non si erano mai incontrati, se non in qualche fantasia estranea, eppure, per la mnemonica magia nerastra da cui erano avvolti, sapevano tutto l’uno dell’altra. Neppure si salutarono.
-Gli uomini sono tutti uguali!- Le disse il giovane, piuttosto infastidito.
-Non ti facevo così comunista-
-Ed io non ti facevo così cinica… -
-Fammi indovinare: ti stavi riferendo al loro assurdo modo di… -
-Evadere dalla realtà- Continuò lui.
-Sai, dovresti rilassarti ed accettare ciò per cui sei stato generato. Ti farebbe “vivere” meglio-
-Dici? Cioè dovrei accettare di essere una mera favola moderna, l’unico modo che un’ex “emerito-sconosciuto” aveva per proiettare alla gente la sua visione del mondo, assai banalizzata, tragicamente allegorica, ricca quanto mai di ogni desiderio sopito, stereotipato, irrealizzato –
La ragazza sorrise. – Wow – le scappò dalle labbra, con una punta d’ironia.
-Aspetta – continuò il giovane – sai qual è la parte divertente?-
-Scommetto che me lo dirai-
-In tutto questo, c’è chi ti considera un essere maligno. C’è chi ti giudica inopportuno. Quasi ti censurerebbe-
-Come se il cacciatore, per salvare Red Hood, avesse eseguito la manovra di Heimlick sul lupo cattivo-
Il ragazzo dai capelli ispidi sorrise.
-Vedi che a volte serve, il cinismo. Comunque non puoi lamentarti: c’è chi ti considera arte-
-Siamo in minoranza. Probabilmente perderemo, se non lo stiamo già facendo. “Sotto lo sfondo così cupo dell’attuale civiltà anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità”… Chi lo diceva?-
-Non saprei-
-Non importa. Quello che voglio dire: sembra che qui ci sia solo io a chiedermi se ne valeva la pena. E quando sei da solo, annuire e sorridere diventa difficile-
-Allora me lo chiederò anch’io- proruppe la ragazza, mentre i suoi occhi, di due colori diversi, si alzarono per la prima volta da terra. E continuò: -Sai quanta gente identica a te c’è la fuori, sommersa dalla polvere, tirata a nuovo e premiata col platino, o meno? Milioni. Non tutti sono fortunati come te: dimmi: ogni volta che te ne vai da qui per diventare il figlio fluorescente di un elettrone impazzito che corre su uno schermo, preferisci farlo per risvegliare la fantasia di un ragazzo troppo cresciuto; per ricordargli quanto siano belli i suoi desideri ed i suoi sogni, per quanto stereotipati e sopiti possano essere; per vedere un mezzo scemo che si alza in piedi e applaude emozionato, di fronte ad una Tv in una stanza vuota, appena appaiono le note dell’ending theme; oppure preferisci essere un regalo di compleanno indesiderato e incompreso, o qualsiasi altra forma dell’eco triviale della massa, che ti inorgoglisce per forza d’inerzia o di imitazione?-
Il ragazzo stette in silenzio.
-Neil Gaiman, in American gods, diceva che una divinità esiste finché esiste qualcuno che crede in essa. Così è anche per te: finché ci sarà qualcuno che crede in te per quelle che sei, vorresti essere o dovresti essere, allora ne varrà la pena-
Prima di scomparire in un attimo, come fosse nient’altro che la nube del suo nome, il ragazzo dai capelli gialli guardò in faccia la giovane donna, che giocava col suo ciondolo. Le lanciò uno sguardo spigoloso ed indimenticabile, che racchiudeva non solo se stesso, ma un intero mondo di sogni. Di sottofondo, parve apparire il gracchiante rumore di un allarme, che proiettava strisce rosse di lampante agitazione.
Poi più niente.
Solo una Tv con l’elettrone a riposo, una stanza vuota, ed un mezzo scemo che applaude al nulla, visibilmente emozionato."
Zender R. Velkyn