Dato che in questo forum si parla dell'amore in tutte le sue forme, vorrei postare un raccontino che ho fatto ambientato durante la seconda guerra mondiale che ha come tema l'amore materno ^^!
Enjoy !
"...Di li a poco sarebbe nato il mio primo figlio. Era il 17 marzo dell'anno 1943. Per mandare avanti la casa fui costretta a lavorare fino a una settimana prima del parto. Facevo l'insegnante, un lavoro non facile all'epoca...Il paese sove insegnavo era abbastanza lontano, ed arrivarci non era semplice, dato che l'unico mezzo a disposizione era il treno. Passava alla mattina presto e la sera tardi per evitare i bombardamenti dei tedeschi, perciò ad ogni fermata saliva moltissima gente. Ero forse l'unica donna che costantemente saliva su quel treno, ma nessuno sembrava mai averci fatto caso,fino a quel giorno...
"Certo che le donne farebbero meglio a restare a casa ad accudire i propri figli invece di andare a lavorare al posto degli uomini!" Disse brontolando un pendolare di buona famiglia. Io, che fino a quel momento ero rimasta in piedi con un bambino di nove mesi in grembo, non riuscii a trattenermi:" Certo che se i nostri mariti sono in guerra a morire anche per voi, chi mantiene la famiglia e porta il cibo a casa se non noi donne?Uno la vita non se la conquista con i soldi, ma con tanta forza di volontà!!!".
Dopo quelle parole l'uomo si alzò e mi lasciò sedere...
...Era arrivato il momento: i primi dolori si facevano già sentire; ancora poche ore e un'altra creatura sarebbe apparsa in quel mondo travagliato, così pieno di morte e di paura. Ero sola e i dolori diventavano sempre più forti. Non sapevo cosa fare, a chi rivolgermi per chiedere aiuto, e il coprifuoco mi impediva di uscire per poter chiedere aiuto a qualcuno.Mio marito lavorava: quella notte era di turno in redazione e non sarebbe rientrato che dopo due ore...Fortunatamente resistetti, e tirai un sospiro di sollievo quando sentii girare la chiave nella serratura. Finalmente al mio fianco c'era qualcuno. ma i problemi non erano finiti: ci voleva un mezzo autorizzato per arrivare fino in ospedale. Mio marito allora corse in bicicletta in redazione e poco dopo arrivò in casa seguito dal camioncino che solitamente portava i giornali. Mi fecero salire e partimmo per l'ospedale. In guerra, però, i problemi sembravano non finire mai: un blocco tedesco, infatti, ci fermò e se fossi stata vista dai soldati sarebbero stati guai grossi per tutti.
Non so dove e non so come, ma trovai la forza di nascondermi all'interno di uno scatolone che avrebbe dovuto contenere i pacchi di giornali. restai immobile per un tempo che mi sembrò interminabile, con la paura di non riuscire a trattenere i lamenti e i gemiti per i dolori. Chissà quale forza ci aiutava in quei momenti...Finalmente potemmo ripartire, e poco dopo nacque la mia creatura...
...Poco meno di due anni dopo era in arrivo un altro bambino.Pochi giorni prima della fine della guerra partorii, ma questa volta in casa.Mio marito era in prigione da mesi e accanto a me, durante il parto, vi erano solo persone estranee. Questo non mi faceva sentire completamente tranquilla ma a peggiorare la situazione ci si mise la Guardia Repubblichina che pochi minuti dopo la nascita del mio secondo figlio irruppe in casa per un'ispezione. Quando mi videro, probabilmente rimasero esterefatti, infatti uno di loro disse: " Ci scusi signora,non sapevamo, forse possiamo aspettare qualche ora..."La paura in un attimo mi fece dimenticare il dolore appena subito; "Non c'e' problema" dissi alla guardia "se questo è l'ordine che vi è stato dato, eseguitelo pure. Vi prego però di lasciarmi un attimo sola, sapete, vorrei..."
Grazie al cielo si convinsero senza esitazioni. Rimasta sola,come già durante il mio primo parto una forza improvvisa e sconosciuta mi fece sollevare quanto bastava per prendere l'arma che mio marito teneva nascosta in un cassettone. La infilai tra le gambe e cominciai a pregare. Chiamai le guardie e lasciai che perquisissero tutta la stanza; per fortuna il pallore per il parto mascherava quello del terrore che mi invadeva. tutt'un tratto sentii sollevare le lenzuola ma una voce gridò:" E' possibile che non abbiate il minimo rispetto per nessuno, nemmeno per una donna che ha appena partorito?! Pensate che potrebbe essere vostra moglie!". Forse i miei occhi aprendosi svelarono qualcosa a quel soldato ma per fortuna, ancora scusandosi, egl uscì con i suoi uomini dalla mia casa e dalla mia vita.
Dopo tre mesi la guerra finì, e anche mio marito potè riabbracciare l'ultimo nato.
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"...Di li a poco sarebbe nato il mio primo figlio. Era il 17 marzo dell'anno 1943. Per mandare avanti la casa fui costretta a lavorare fino a una settimana prima del parto. Facevo l'insegnante, un lavoro non facile all'epoca...Il paese sove insegnavo era abbastanza lontano, ed arrivarci non era semplice, dato che l'unico mezzo a disposizione era il treno. Passava alla mattina presto e la sera tardi per evitare i bombardamenti dei tedeschi, perciò ad ogni fermata saliva moltissima gente. Ero forse l'unica donna che costantemente saliva su quel treno, ma nessuno sembrava mai averci fatto caso,fino a quel giorno...
"Certo che le donne farebbero meglio a restare a casa ad accudire i propri figli invece di andare a lavorare al posto degli uomini!" Disse brontolando un pendolare di buona famiglia. Io, che fino a quel momento ero rimasta in piedi con un bambino di nove mesi in grembo, non riuscii a trattenermi:" Certo che se i nostri mariti sono in guerra a morire anche per voi, chi mantiene la famiglia e porta il cibo a casa se non noi donne?Uno la vita non se la conquista con i soldi, ma con tanta forza di volontà!!!".
Dopo quelle parole l'uomo si alzò e mi lasciò sedere...
...Era arrivato il momento: i primi dolori si facevano già sentire; ancora poche ore e un'altra creatura sarebbe apparsa in quel mondo travagliato, così pieno di morte e di paura. Ero sola e i dolori diventavano sempre più forti. Non sapevo cosa fare, a chi rivolgermi per chiedere aiuto, e il coprifuoco mi impediva di uscire per poter chiedere aiuto a qualcuno.Mio marito lavorava: quella notte era di turno in redazione e non sarebbe rientrato che dopo due ore...Fortunatamente resistetti, e tirai un sospiro di sollievo quando sentii girare la chiave nella serratura. Finalmente al mio fianco c'era qualcuno. ma i problemi non erano finiti: ci voleva un mezzo autorizzato per arrivare fino in ospedale. Mio marito allora corse in bicicletta in redazione e poco dopo arrivò in casa seguito dal camioncino che solitamente portava i giornali. Mi fecero salire e partimmo per l'ospedale. In guerra, però, i problemi sembravano non finire mai: un blocco tedesco, infatti, ci fermò e se fossi stata vista dai soldati sarebbero stati guai grossi per tutti.
Non so dove e non so come, ma trovai la forza di nascondermi all'interno di uno scatolone che avrebbe dovuto contenere i pacchi di giornali. restai immobile per un tempo che mi sembrò interminabile, con la paura di non riuscire a trattenere i lamenti e i gemiti per i dolori. Chissà quale forza ci aiutava in quei momenti...Finalmente potemmo ripartire, e poco dopo nacque la mia creatura...
...Poco meno di due anni dopo era in arrivo un altro bambino.Pochi giorni prima della fine della guerra partorii, ma questa volta in casa.Mio marito era in prigione da mesi e accanto a me, durante il parto, vi erano solo persone estranee. Questo non mi faceva sentire completamente tranquilla ma a peggiorare la situazione ci si mise la Guardia Repubblichina che pochi minuti dopo la nascita del mio secondo figlio irruppe in casa per un'ispezione. Quando mi videro, probabilmente rimasero esterefatti, infatti uno di loro disse: " Ci scusi signora,non sapevamo, forse possiamo aspettare qualche ora..."La paura in un attimo mi fece dimenticare il dolore appena subito; "Non c'e' problema" dissi alla guardia "se questo è l'ordine che vi è stato dato, eseguitelo pure. Vi prego però di lasciarmi un attimo sola, sapete, vorrei..."
Grazie al cielo si convinsero senza esitazioni. Rimasta sola,come già durante il mio primo parto una forza improvvisa e sconosciuta mi fece sollevare quanto bastava per prendere l'arma che mio marito teneva nascosta in un cassettone. La infilai tra le gambe e cominciai a pregare. Chiamai le guardie e lasciai che perquisissero tutta la stanza; per fortuna il pallore per il parto mascherava quello del terrore che mi invadeva. tutt'un tratto sentii sollevare le lenzuola ma una voce gridò:" E' possibile che non abbiate il minimo rispetto per nessuno, nemmeno per una donna che ha appena partorito?! Pensate che potrebbe essere vostra moglie!". Forse i miei occhi aprendosi svelarono qualcosa a quel soldato ma per fortuna, ancora scusandosi, egl uscì con i suoi uomini dalla mia casa e dalla mia vita.
Dopo tre mesi la guerra finì, e anche mio marito potè riabbracciare l'ultimo nato.
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