Sesso e Amore, ben distinti nel cervello umano. Helen Fisher, antropologa della Rutgers University in New Jersey, autrice di alcuni best-seller tra cui "Il primo SESSO" (tradotto anche in Italia) e "Anatomy of love", ha scoperto che il processo che genera l'innamoramento è profondamente radicato nel cervello e che è distinto da quello che produce attrazione sessuale. In un articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista "Neuroendocrinology letters" la Fisher ha spiegato come, usando le tecniche della risonanza magnetica sul cervello di studenti di college nelle prime fasi dell'innamoramento, ha rintracciato i meccanismi neurologici dell'attrazione romantica.
Dopo aver analizzato oltre 3mila scan di 18 studenti, la loro attività cerebrale mostrava variazioni se al posto della foto del migliore amico veniva mostrata quella della persona amata. Le foto mostravano senza ombra di dubbio che l'esperienza dell'innamoramento attiva le sacche del cervello con alta concentrazione dei recettori della dopamina, il messaggero chimico collegato agli stati di euforia e di dipendenza. Alti livelli di dopamina e di un'altra anfetamina naturale, la norpanenefrina, sono stati collegati dai biologi a un incremento dell'attenzione e della memoria recente, iperattività, mancanza di sonno, concentrazione su certi dettagli.
Gli stessi effetti collaterali, secondo la Fisher, dell'amore ai primi stadi: esaltazione, vertigine, euforia. L'innamorato si concentra su piccoli aspetti della persona desiderata e li rivive ciclicamente nella memoria. Gli studi effettuati hanno portato l'antropologa americana a classificare l'amore in tre varietà, o meglio in tre fasi collegate a tre diversi sistemi del cervello. La prima è il sistema dell'attrazione erotica associata all'azione di ormoni come il testosterone e gli estrogeni. La seconda, l'innamoramento, è collegata all'aumento di dopamina e norapinefrina e bassi livelli di serotonina. Il terzo stadio è quello dell'attaccamento, il senso di pace di sicurezza che nasce dall'avere un partner a lungo termine. In questo stadio gli ormoni in gioco sono l'ossitocina e la vasopressina, che hanno un ruolo chiave negli attaccamenti sociali.
Dopo aver analizzato oltre 3mila scan di 18 studenti, la loro attività cerebrale mostrava variazioni se al posto della foto del migliore amico veniva mostrata quella della persona amata. Le foto mostravano senza ombra di dubbio che l'esperienza dell'innamoramento attiva le sacche del cervello con alta concentrazione dei recettori della dopamina, il messaggero chimico collegato agli stati di euforia e di dipendenza. Alti livelli di dopamina e di un'altra anfetamina naturale, la norpanenefrina, sono stati collegati dai biologi a un incremento dell'attenzione e della memoria recente, iperattività, mancanza di sonno, concentrazione su certi dettagli.
Gli stessi effetti collaterali, secondo la Fisher, dell'amore ai primi stadi: esaltazione, vertigine, euforia. L'innamorato si concentra su piccoli aspetti della persona desiderata e li rivive ciclicamente nella memoria. Gli studi effettuati hanno portato l'antropologa americana a classificare l'amore in tre varietà, o meglio in tre fasi collegate a tre diversi sistemi del cervello. La prima è il sistema dell'attrazione erotica associata all'azione di ormoni come il testosterone e gli estrogeni. La seconda, l'innamoramento, è collegata all'aumento di dopamina e norapinefrina e bassi livelli di serotonina. Il terzo stadio è quello dell'attaccamento, il senso di pace di sicurezza che nasce dall'avere un partner a lungo termine. In questo stadio gli ormoni in gioco sono l'ossitocina e la vasopressina, che hanno un ruolo chiave negli attaccamenti sociali.
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