Vi riporto ora un passo di questo libro (che non mi sento di consigliarvi di leggere) che ho pensato potesse essere interessante sia per aggiungere un proprio pensiero (concordante o non) sia da supporto "psicologico" per chi ne avesse bisogno.
"...La sofferenza è radicata nell'autocommiserazione, quindi per comprendere la sofferenza per prima cosa è necessario troncare decisamente ogni forma di autocommiserazione. Non so se vi siete mai resi conto di quanto vi sentite addolorati per voi stessi quando pensate: "Sono solo", tanto per fare un esempio. Nel momento in cui vi lasciate andare all'autocommiserazione avete creato il terreno in cui mette le radici la sofferenza. Per quanto vi sforziate di giustificare la vostra autocommiserazione, di razionalizzarla, di ingentilirla e di mascherarla con i concetti, è sempre là, e vi corrompe fino al midollo. Quindi chiunque desideri comprendere la sofferenza deve iniziare liberandosi di quella trivialità brutale, egocentrica ed egoista che prende il nome di autocommiserazione, Potremmo autocommiserarci perchè siamo ammalati, o perchè la morte ci ha portato via una persona cara, oppure perchè non ci siamo realizzati e quindi ci sentiamo frustrati, incupiti: quale che sia la causa, l'autocommiserazione è la radice della sofferenza.
Una volta liberati dallìautocommiserazione, possiamo confrontarci con la sofferenza SENZA venerarla, senza sfuggirla, nè doverle attribuire un significato sublime e spirituale, sostenendo per esempio che dobbiamo soffrire per trovare Dio, il che è un completo controsenso.
Solo una mente ottusa e stupida si adatta pazientemente alla sofferenza. Quindi nei confronti della sofferenza non dev'esserci alcun genere di accettazione, MA neppure una negazione.
Se abbiamo abbandonato l'autocommiserazione, abbiamo privato la sofferenza di ogni sentimentalismo, di ogni forma di emotività che scaturisce dall'autocommiserazione.
A quel punto possiamo osservare la sofferenza con la massima attenzione e quindi reagire senza fossilizzarsi in ragionamenti e pensieri nocivi a noi stessi...."
ciau!
"...La sofferenza è radicata nell'autocommiserazione, quindi per comprendere la sofferenza per prima cosa è necessario troncare decisamente ogni forma di autocommiserazione. Non so se vi siete mai resi conto di quanto vi sentite addolorati per voi stessi quando pensate: "Sono solo", tanto per fare un esempio. Nel momento in cui vi lasciate andare all'autocommiserazione avete creato il terreno in cui mette le radici la sofferenza. Per quanto vi sforziate di giustificare la vostra autocommiserazione, di razionalizzarla, di ingentilirla e di mascherarla con i concetti, è sempre là, e vi corrompe fino al midollo. Quindi chiunque desideri comprendere la sofferenza deve iniziare liberandosi di quella trivialità brutale, egocentrica ed egoista che prende il nome di autocommiserazione, Potremmo autocommiserarci perchè siamo ammalati, o perchè la morte ci ha portato via una persona cara, oppure perchè non ci siamo realizzati e quindi ci sentiamo frustrati, incupiti: quale che sia la causa, l'autocommiserazione è la radice della sofferenza.
Una volta liberati dallìautocommiserazione, possiamo confrontarci con la sofferenza SENZA venerarla, senza sfuggirla, nè doverle attribuire un significato sublime e spirituale, sostenendo per esempio che dobbiamo soffrire per trovare Dio, il che è un completo controsenso.
Solo una mente ottusa e stupida si adatta pazientemente alla sofferenza. Quindi nei confronti della sofferenza non dev'esserci alcun genere di accettazione, MA neppure una negazione.
Se abbiamo abbandonato l'autocommiserazione, abbiamo privato la sofferenza di ogni sentimentalismo, di ogni forma di emotività che scaturisce dall'autocommiserazione.
A quel punto possiamo osservare la sofferenza con la massima attenzione e quindi reagire senza fossilizzarsi in ragionamenti e pensieri nocivi a noi stessi...."
ciau!

Commenta