di: avv. ELENA NITTOLI
E’ proprio così, giuridicamente parlando…
Ed infatti, non a caso, si prospetta una decisione che è stata già anticipata come ‘politica’. Tradotto: un modo per derogare alle regole.
Ma questo consentirà, in ipotesi,*all’Inter di adire le vie legali nelle sedi opportune.
Veniamo al punto della questione.
Che è poi la natura dell’atto di assegnazione del titolo 2005-2006.
A fornirci una chiave di lettura appropriata, per muoversi nel ginepraio di quanto accaduto nell’immediato post calciopoli, è il parere consultivo dei tre saggi interpellati dall’allora Commissario Guido Rossi, il quale, attenendosi proprio a tale parere (che, chiariamo,*era solo quello, un parere qualificato ma nulla di più), prese in realtà la decisione più lineare: quella di non decidere niente.
Era quanto in suo potere fare, fu ciò che fece.
Dalla lettura*dell’elaborato consultivo emerge il percorso poi concretamente seguito da Rossi, attraverso*la ricostruzione storica e dogmatica della questione che è stata fornita dai tecnici.
Costoro operarono un distinguo fra ‘assegnazione’ e ‘non assegnazione’, specificando come il provvedimento decisionale*sarebbe servito*solo nel secondo caso, allorché la Figc (quindi Rossi) avesse deciso di non assegnare il titolo per la stagione appena conclusa, maturando (come accadde nel 1927) una decisione discrezionale di opportunità,*sulla base della valutazione di circostanze fattuali emerse dall’inchiesta.
Ebbene, Guido Rossi, si astenne del tutto dal prendere una siffatta decisione e, quindi, lasciò operare automaticamente le regole vigenti: l’art. 49/1 NOIF esplicò ex se i propri effetti.
Dunque, l’assegnazione fu automatica e conseguì alla revisione della classifica a seguito delle penalizzazioni inflitte ad altre squadre. Era esattamente questa, del resto, l’ipotesi prevista dai tre saggi nel caso di ‘assegnazione*conseguente ad altrui penalizzazioni operanti sulla classifica’.
Si trattò, dunque, di atto vincolato e non discrezionale: in pratica, esso fu determinato dalle leggi e non da una decisione ed,*infatti, non assunse neppure la forma di provvedimento. Il comunicato stampa con cui il Commissario Rossi annunciò il 26 luglio 2006 l’assegnazione del titolo all’Inter aveva esattamente la natura di… una comunicazione mediatica! Punto e basta.
Nessun provvedimento è mai stato assunto a riguardo dalla Figc. Ecco perché Rossi insiste, ancor oggi, nel dire di non aver assegnato niente di sua iniziativa e che fu Moggi, invece, a farlo: quale conseguenza, cioè, della riformulazione classificatoria derivante dalle inflitte sanzioni, a seguito delle condotte illecite del suddetto e dei suoi*compartecipi.
In base ad un*siffatto inquadramento giuridico della questione, è arduo, pertanto, sostenere, adesso, la possibilità di revoca di quell’assegnazione: posto che essa non derivò da una decisione, frutto di scelte di opportunità, non ci sono,*allora, gli estremi per*avallarne la rivisitazione sulla base di nuovi elementi o di diverse valutazioni.
Perché non vi fu decisione nel senso di ‘scelta di opportunità’,*né furono, quindi, dei presupposti di fatto a determinare l’atto, bensì le regole vigenti, cioè la normazione federale.
Dunque, parlare oggi di’ ri-valutazioni’ di opportunità in*forza di asseriti*principi*etici appare giuridicamente una forzatura abnorme (nel senso tecnico di ‘non riconosciuta dall’ordinamento’), perché il punto della questione non attiene ad un piano discrezionale circa le scelte di opportunità a suo tempo maturate.
Si dovrebbe quindi sostenere… l’illegittimità delle regole NOIF. Cioè, l’illegittimità della norma che*recita: ‘la squadra prima classificata della serie A è proclamata vincente del Campionato ed acquisisce il titolo di Campione d’Italia’!
Auguri…
Altra questione: far passare la revoca dello scudetto 2006 attraverso l’irrogazione sanzionatoria a carico dell’Inter è praticamente impossibile, avuto riguardo alla sbarramento procedurale dell’intervenuta prescrizione ed al principio di responsabilità, quale presupposto indefettibile per l’irrogazione afflittiva. Lo specifica l’art. 13 del Codice di Giustizia Sportiva (oggi art. 18): le società sanzionande sono quelle ritenute ‘responsabili’ e l’accertamento di responsabilità passa imprescindibilmente attraverso l’incolpazione, il deferimento, la difesa nel contraddittorio. Sono principi-cardine del sistema giuridico, non possono essere disattesi neppure in un ambito eccentrico come quello sportivo.
Inoltre, la medesima norma richiama anche il principio di proporzionalità ed adeguatezza della pena, indicando un’escursione edittale che va dall’ammonizione all’esclusione dalla partecipazione alle manifestazioni.
Chi dice che la sanzione in ipotesi più consona, avuto riguardo alla natura e gravità dei fatti (in ordine ai quali sussiste comunque l’improcedibilità) sarebbe,*allora, l’irrogazione massimamente afflittiva della revoca dello scudetto?
Senza considerare poi che, sempre in ordine ai detti fatti improcedibili, si registra uno sfasamento temporale che rende improponibile la questione in termini giuridici, in virtù del vincolo di ‘necessaria pertinenza’ fra addebito e sanzione: si tratterebbe,*infatti,*di situazioni comunque verificatesi in relazione al campionato 2004-05 per il quale, non a caso, fu presa la decisione (qui è consono esprimersi così, perché*si trattò esattamente*di ‘scelta’) della non-assegnazione.
Non è contemplata dall’ordinamento la possibilità, una volta riconosciuto l’addebito, di comminare la sanzione in relazione ad altro campionato, uno a caso (ma guarda un po’…) che sia*cronologicamente inconferente*rispetto ai fatti contestati (parliamo di*situazioni*del 2004-05 e di campionato del 2005-2006): ciò significherebbe soltanto assecondare la volontà di pressione ideologica da più parti manifestata, a livello mediatico e non.
Così*stabilendo, però, un precedente giuridico non solo abnorme -e quindi oppugnabile in sede giurisdizionale-, ma oltremodo pericoloso,*perché a livello di sistema comporterebbe un deflagrante effetto-domino, dando la stura a istanze revisioniste a catena, in relazione*ad altri titoli assegnati a squadre rimaste coinvolte in vicende giudiziarie (Juve, tanto per non far nomi), per le quali la vicenda sportiva*e disciplinare è stata archiviata, anche lì, per intervenuta prescrizione.
Siamo sicuri che*è Agnelli non abbia fatto un clamoroso auto-goal nell’intraprendere a furor di popolo un’azione destituita di fondamento giuridico, per la quale la Juve non aveva neppure legittimazione ad agire?
In fondo, il senso di*assoluta appartenenza che radica fortissimamente nell’universo Inter*la titolarità dello scudetto n. 14 trova fondamento,*anche e soprattutto, negli abusi e prevaricazioni patiti negli anni bui, precedenti allo scoperchiamento del vaso di*Pandora: quegli scudetti 1998,*2002 lo stesso Moratti li ha sempre rivendicati.
Ché la Juve, allora, paghi davvero tutto il fio delle proprie colpe… andiamo a riaprirlo, il vaso di Pandora, avanti…
E’ proprio così, giuridicamente parlando…
Ed infatti, non a caso, si prospetta una decisione che è stata già anticipata come ‘politica’. Tradotto: un modo per derogare alle regole.
Ma questo consentirà, in ipotesi,*all’Inter di adire le vie legali nelle sedi opportune.
Veniamo al punto della questione.
Che è poi la natura dell’atto di assegnazione del titolo 2005-2006.
A fornirci una chiave di lettura appropriata, per muoversi nel ginepraio di quanto accaduto nell’immediato post calciopoli, è il parere consultivo dei tre saggi interpellati dall’allora Commissario Guido Rossi, il quale, attenendosi proprio a tale parere (che, chiariamo,*era solo quello, un parere qualificato ma nulla di più), prese in realtà la decisione più lineare: quella di non decidere niente.
Era quanto in suo potere fare, fu ciò che fece.
Dalla lettura*dell’elaborato consultivo emerge il percorso poi concretamente seguito da Rossi, attraverso*la ricostruzione storica e dogmatica della questione che è stata fornita dai tecnici.
Costoro operarono un distinguo fra ‘assegnazione’ e ‘non assegnazione’, specificando come il provvedimento decisionale*sarebbe servito*solo nel secondo caso, allorché la Figc (quindi Rossi) avesse deciso di non assegnare il titolo per la stagione appena conclusa, maturando (come accadde nel 1927) una decisione discrezionale di opportunità,*sulla base della valutazione di circostanze fattuali emerse dall’inchiesta.
Ebbene, Guido Rossi, si astenne del tutto dal prendere una siffatta decisione e, quindi, lasciò operare automaticamente le regole vigenti: l’art. 49/1 NOIF esplicò ex se i propri effetti.
Dunque, l’assegnazione fu automatica e conseguì alla revisione della classifica a seguito delle penalizzazioni inflitte ad altre squadre. Era esattamente questa, del resto, l’ipotesi prevista dai tre saggi nel caso di ‘assegnazione*conseguente ad altrui penalizzazioni operanti sulla classifica’.
Si trattò, dunque, di atto vincolato e non discrezionale: in pratica, esso fu determinato dalle leggi e non da una decisione ed,*infatti, non assunse neppure la forma di provvedimento. Il comunicato stampa con cui il Commissario Rossi annunciò il 26 luglio 2006 l’assegnazione del titolo all’Inter aveva esattamente la natura di… una comunicazione mediatica! Punto e basta.
Nessun provvedimento è mai stato assunto a riguardo dalla Figc. Ecco perché Rossi insiste, ancor oggi, nel dire di non aver assegnato niente di sua iniziativa e che fu Moggi, invece, a farlo: quale conseguenza, cioè, della riformulazione classificatoria derivante dalle inflitte sanzioni, a seguito delle condotte illecite del suddetto e dei suoi*compartecipi.
In base ad un*siffatto inquadramento giuridico della questione, è arduo, pertanto, sostenere, adesso, la possibilità di revoca di quell’assegnazione: posto che essa non derivò da una decisione, frutto di scelte di opportunità, non ci sono,*allora, gli estremi per*avallarne la rivisitazione sulla base di nuovi elementi o di diverse valutazioni.
Perché non vi fu decisione nel senso di ‘scelta di opportunità’,*né furono, quindi, dei presupposti di fatto a determinare l’atto, bensì le regole vigenti, cioè la normazione federale.
Dunque, parlare oggi di’ ri-valutazioni’ di opportunità in*forza di asseriti*principi*etici appare giuridicamente una forzatura abnorme (nel senso tecnico di ‘non riconosciuta dall’ordinamento’), perché il punto della questione non attiene ad un piano discrezionale circa le scelte di opportunità a suo tempo maturate.
Si dovrebbe quindi sostenere… l’illegittimità delle regole NOIF. Cioè, l’illegittimità della norma che*recita: ‘la squadra prima classificata della serie A è proclamata vincente del Campionato ed acquisisce il titolo di Campione d’Italia’!
Auguri…
Altra questione: far passare la revoca dello scudetto 2006 attraverso l’irrogazione sanzionatoria a carico dell’Inter è praticamente impossibile, avuto riguardo alla sbarramento procedurale dell’intervenuta prescrizione ed al principio di responsabilità, quale presupposto indefettibile per l’irrogazione afflittiva. Lo specifica l’art. 13 del Codice di Giustizia Sportiva (oggi art. 18): le società sanzionande sono quelle ritenute ‘responsabili’ e l’accertamento di responsabilità passa imprescindibilmente attraverso l’incolpazione, il deferimento, la difesa nel contraddittorio. Sono principi-cardine del sistema giuridico, non possono essere disattesi neppure in un ambito eccentrico come quello sportivo.
Inoltre, la medesima norma richiama anche il principio di proporzionalità ed adeguatezza della pena, indicando un’escursione edittale che va dall’ammonizione all’esclusione dalla partecipazione alle manifestazioni.
Chi dice che la sanzione in ipotesi più consona, avuto riguardo alla natura e gravità dei fatti (in ordine ai quali sussiste comunque l’improcedibilità) sarebbe,*allora, l’irrogazione massimamente afflittiva della revoca dello scudetto?
Senza considerare poi che, sempre in ordine ai detti fatti improcedibili, si registra uno sfasamento temporale che rende improponibile la questione in termini giuridici, in virtù del vincolo di ‘necessaria pertinenza’ fra addebito e sanzione: si tratterebbe,*infatti,*di situazioni comunque verificatesi in relazione al campionato 2004-05 per il quale, non a caso, fu presa la decisione (qui è consono esprimersi così, perché*si trattò esattamente*di ‘scelta’) della non-assegnazione.
Non è contemplata dall’ordinamento la possibilità, una volta riconosciuto l’addebito, di comminare la sanzione in relazione ad altro campionato, uno a caso (ma guarda un po’…) che sia*cronologicamente inconferente*rispetto ai fatti contestati (parliamo di*situazioni*del 2004-05 e di campionato del 2005-2006): ciò significherebbe soltanto assecondare la volontà di pressione ideologica da più parti manifestata, a livello mediatico e non.
Così*stabilendo, però, un precedente giuridico non solo abnorme -e quindi oppugnabile in sede giurisdizionale-, ma oltremodo pericoloso,*perché a livello di sistema comporterebbe un deflagrante effetto-domino, dando la stura a istanze revisioniste a catena, in relazione*ad altri titoli assegnati a squadre rimaste coinvolte in vicende giudiziarie (Juve, tanto per non far nomi), per le quali la vicenda sportiva*e disciplinare è stata archiviata, anche lì, per intervenuta prescrizione.
Siamo sicuri che*è Agnelli non abbia fatto un clamoroso auto-goal nell’intraprendere a furor di popolo un’azione destituita di fondamento giuridico, per la quale la Juve non aveva neppure legittimazione ad agire?
In fondo, il senso di*assoluta appartenenza che radica fortissimamente nell’universo Inter*la titolarità dello scudetto n. 14 trova fondamento,*anche e soprattutto, negli abusi e prevaricazioni patiti negli anni bui, precedenti allo scoperchiamento del vaso di*Pandora: quegli scudetti 1998,*2002 lo stesso Moratti li ha sempre rivendicati.
Ché la Juve, allora, paghi davvero tutto il fio delle proprie colpe… andiamo a riaprirlo, il vaso di Pandora, avanti…
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