I pm: «Campagna di stampa basata su trascrizioni modificate ad hoc»
di Massimo Solanitutti gli articoli dell'autore
Le nuove telefonate? «Note da anni. Tutte già agli atti, alcune addirittura trascritte integralmente». La posizione della procura napoletana, nel giorno del colpo di teatro annunciato dalla difesa di Luciano Moggi e risoltosi in una gran cagnara più ad uso delle telecamere che non della corte, non cambia. E resta sospesa fra la meraviglia e l’irritazione per «una campagna di stampa basata su un processo di assoluta mistificazione». Perché gli stralci delle intercettazioni fatte circolare sui giornali in queste ultime settimane, spiegano al quarto piano della procura partenopea, sono «trascrizioni non vere, artate nei contenuti, nelle posizioni e nelle frasi. Modificate nei termini chiave». È il caso, ad esempio, della telefonata fra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo all’indomani della gara Inter-Sampdoria del 9 gennaio 2005 (finita 3-2 in rimonta). «Sono stati bravissimi, non so come hanno fatto con quei fuorigioco, mi hanno strizzato l’occhio», spiega il (defunto) dirigente nerazzurro riferendosi agli assistenti arbitrali nella versione fatta circolare dalla difesa di Moggi. «Sono stati bravissimi, non so come hanno fatto con quei fuorigioco – si sente distintamente ascoltando l’audio originale della conversazione, una delle 75 “riesumate” dai legali dell’ex dg bianconero – Ci hanno fatto l’occhio». E non cambia poco.
Cambia soprattutto il posizionamento dell’Inter nei confronti del <i>potere</i> esercitato dai designatori Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto. Perché, nonostante la versione accreditata da Moggi del «così fan tutti», i dirigenti nerazzurri per la procura napoletana in questa vicenda sono soltanto «un gruppo di sbandati» totalmente esclusi dalla cupola che gestiva il calcio negli anni della Triade bianconera Moggi-Giraudo-Bettega. Esemplare la conversazione intercettata fra Paolo Bergamo e Giacinto Facchetti il 19 maggio 2005, un’altra del gruppo di 75 di cui la difesa di Moggi ha chiesto l’acquisizione alla corte presieduta da Teresa Casoria. «In virtù dello spirito che vorrei creare fra noi – spiega l’ex designatore, autore della chiamata – ho parlato con Bertini (arbitro sgradito ai nerazzurri ndr) ma è difficile arbitrare l’Inter: Materazzi protesta, Cambiasso protesta, Mancini protesta. Dobbiamo provare a spiegare ai giocatori che se si crea quel clima la gestione della partita diventa difficilissima». Risponde Facchetti: «Lo dirò all’allenatore...». Ma Bergamo insiste. Il suo mandato da designatore sta per scadere e l’ex fischietto livornese sta lavorando sotto traccia per ottenere un rinnovo. «Gli arbitri – spiega riferendosi a Roberto Mancini – l’hanno preso di mira, l’ambiente è piccolo, fra loro si parlano. Lui non va bene, sbuffa, protesta davanti alle telecamere ogni cinque minuti. Crea un clima di insopportazione. Sai che noi siamo arrivati al capolinea. Però creiamo un clima di disponibilità. Trefoloni mi dice: ”Io non ho problemi con Mancini, è lui che ne ha con me”. Il tuo allenatore deve capire che se mantiene un clima di sopportazione... Mancini se ha ambizioni deve capire». Facchetti è in imbarazzo: «Lui ha il suo carattere, anche da giocatore...». «Anche da giocatore non ha ottenuto quello che poteva ottenere se avesse avuto un carattere diverso – incalza Bergamo –, è stato grande solo nella Samp. Lui può lamentarsi, ma deve attenersi alla strategia della società. Che ha le sue armi per far sentire la propria voce. (...) Il prossimo anno dovete puntare a vincere lo scudetto, mica a fare polemiche. Domani avete un arbitro giovane (Massimo Palanca ndr), se lo aiuti te lo fai amico. E quello resta 10 anni in A. Ma se tu lo indisponi...». L’ultimo consiglio prima di farsi sotto con la richieste di sei biglietti per la partita Inter-Livorno «da lasciare al cancello 5 per due clienti miei tifosi».
Del resto l’ex allenatore nerazzurro non è tipo da restare in silenzio. Non l’aveva fatto nemmeno il 16 maggio 2006, interrogato dai carabinieri del nucleo operativo di via in Selci a Roma. «Luciano Moggi – aveva fatto mettere a verbale Mancini – era in grado di condizionare a suo favore tutto il sistema calcio, con particolare riferimento al mondo arbitrale. È dal 1980 che calco i terreni di gioco e credo di conoscere a fondo questo mondo. Proprio grazie a questa mia esperienza sono stato in grado di percepire i segnali che mi hanno fatto capire come alcune componenti del sistema calcio fossero gestite da Luciano Moggi. In particolare gli episodi a cui assistevo avevano fatto crescere in me la convinzione che gestisse alcuni arbitri ed alcune società. (... ) Nel corso degli anni è diventata notoria nell’ambiente la mia posizione rispetto al modo di condurre tutto il sistema calcio. Da ciò ne è nata una sorta di rivalsa del sistema nei miei confronti. Per cui ogni mia dichiarazione o comportamento era una buona occasione per farmela pagare con squalifiche a volte davvero assurde».
14 aprile 2010
di Massimo Solanitutti gli articoli dell'autore
Le nuove telefonate? «Note da anni. Tutte già agli atti, alcune addirittura trascritte integralmente». La posizione della procura napoletana, nel giorno del colpo di teatro annunciato dalla difesa di Luciano Moggi e risoltosi in una gran cagnara più ad uso delle telecamere che non della corte, non cambia. E resta sospesa fra la meraviglia e l’irritazione per «una campagna di stampa basata su un processo di assoluta mistificazione». Perché gli stralci delle intercettazioni fatte circolare sui giornali in queste ultime settimane, spiegano al quarto piano della procura partenopea, sono «trascrizioni non vere, artate nei contenuti, nelle posizioni e nelle frasi. Modificate nei termini chiave». È il caso, ad esempio, della telefonata fra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo all’indomani della gara Inter-Sampdoria del 9 gennaio 2005 (finita 3-2 in rimonta). «Sono stati bravissimi, non so come hanno fatto con quei fuorigioco, mi hanno strizzato l’occhio», spiega il (defunto) dirigente nerazzurro riferendosi agli assistenti arbitrali nella versione fatta circolare dalla difesa di Moggi. «Sono stati bravissimi, non so come hanno fatto con quei fuorigioco – si sente distintamente ascoltando l’audio originale della conversazione, una delle 75 “riesumate” dai legali dell’ex dg bianconero – Ci hanno fatto l’occhio». E non cambia poco.
Cambia soprattutto il posizionamento dell’Inter nei confronti del <i>potere</i> esercitato dai designatori Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto. Perché, nonostante la versione accreditata da Moggi del «così fan tutti», i dirigenti nerazzurri per la procura napoletana in questa vicenda sono soltanto «un gruppo di sbandati» totalmente esclusi dalla cupola che gestiva il calcio negli anni della Triade bianconera Moggi-Giraudo-Bettega. Esemplare la conversazione intercettata fra Paolo Bergamo e Giacinto Facchetti il 19 maggio 2005, un’altra del gruppo di 75 di cui la difesa di Moggi ha chiesto l’acquisizione alla corte presieduta da Teresa Casoria. «In virtù dello spirito che vorrei creare fra noi – spiega l’ex designatore, autore della chiamata – ho parlato con Bertini (arbitro sgradito ai nerazzurri ndr) ma è difficile arbitrare l’Inter: Materazzi protesta, Cambiasso protesta, Mancini protesta. Dobbiamo provare a spiegare ai giocatori che se si crea quel clima la gestione della partita diventa difficilissima». Risponde Facchetti: «Lo dirò all’allenatore...». Ma Bergamo insiste. Il suo mandato da designatore sta per scadere e l’ex fischietto livornese sta lavorando sotto traccia per ottenere un rinnovo. «Gli arbitri – spiega riferendosi a Roberto Mancini – l’hanno preso di mira, l’ambiente è piccolo, fra loro si parlano. Lui non va bene, sbuffa, protesta davanti alle telecamere ogni cinque minuti. Crea un clima di insopportazione. Sai che noi siamo arrivati al capolinea. Però creiamo un clima di disponibilità. Trefoloni mi dice: ”Io non ho problemi con Mancini, è lui che ne ha con me”. Il tuo allenatore deve capire che se mantiene un clima di sopportazione... Mancini se ha ambizioni deve capire». Facchetti è in imbarazzo: «Lui ha il suo carattere, anche da giocatore...». «Anche da giocatore non ha ottenuto quello che poteva ottenere se avesse avuto un carattere diverso – incalza Bergamo –, è stato grande solo nella Samp. Lui può lamentarsi, ma deve attenersi alla strategia della società. Che ha le sue armi per far sentire la propria voce. (...) Il prossimo anno dovete puntare a vincere lo scudetto, mica a fare polemiche. Domani avete un arbitro giovane (Massimo Palanca ndr), se lo aiuti te lo fai amico. E quello resta 10 anni in A. Ma se tu lo indisponi...». L’ultimo consiglio prima di farsi sotto con la richieste di sei biglietti per la partita Inter-Livorno «da lasciare al cancello 5 per due clienti miei tifosi».
Del resto l’ex allenatore nerazzurro non è tipo da restare in silenzio. Non l’aveva fatto nemmeno il 16 maggio 2006, interrogato dai carabinieri del nucleo operativo di via in Selci a Roma. «Luciano Moggi – aveva fatto mettere a verbale Mancini – era in grado di condizionare a suo favore tutto il sistema calcio, con particolare riferimento al mondo arbitrale. È dal 1980 che calco i terreni di gioco e credo di conoscere a fondo questo mondo. Proprio grazie a questa mia esperienza sono stato in grado di percepire i segnali che mi hanno fatto capire come alcune componenti del sistema calcio fossero gestite da Luciano Moggi. In particolare gli episodi a cui assistevo avevano fatto crescere in me la convinzione che gestisse alcuni arbitri ed alcune società. (... ) Nel corso degli anni è diventata notoria nell’ambiente la mia posizione rispetto al modo di condurre tutto il sistema calcio. Da ciò ne è nata una sorta di rivalsa del sistema nei miei confronti. Per cui ogni mia dichiarazione o comportamento era una buona occasione per farmela pagare con squalifiche a volte davvero assurde».
14 aprile 2010
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