MILANO, mercoledì 3 giugno 2009
Come volevasi dimostrare Kakà va a Madrid. Nulla di sorprendente. Finisce là dove ha sempre voluto andare, anche se fa comodo passar per martire o per agnello sacrificale. La scena strappalacrime al verone con la mano sul cuore e la maglia numero 22 nell’altra, oggi va riletta sotto una nuova luce. Ma fa parimenti comodo alla società venderlo per tappare il deficit di bilancio e poi passare per chi non trattiene nessuno a forza contro la sua volontà. In sintesi: non è colpa di nessuno, è convenienza di tutti. Sopravviveremo, lo abbiamo fatto quando hanno salutato Baresi e Van Basten, a maggior ragione ci riusciremo adesso. Però al Milan la svolta è davvero epocale. Non fa testo Gullit e le sue patetiche scelte di vita, nè Sheva e la sua surreale voglia di inglese. Era vero: il Milan non ha mai venduto un campione per soldi. Era un vanto esibito, ostentato e musicato a piè sospinto. Adesso non è più così e mai più lo sarà. Siamo alla rivoluzione copernicana della storia minima rossonera. L’AC Milan vende per autofinanziarsi. Cede un campione planetario, di più il suo uomo copertina e campione di riferimento, che sostituirà con una star in disarmo per stato di necessità ed è dura da digerire, per i tifosi di un club che per due decenni ha razziato il meglio del mercato, scritturando i massimi interpreti mondiali del giro della pedata. Può anche essere una buona pensata, se servisse ad accelerare un processo di rinnovamento congelato senza ragione da anni ancorché necessario. Ma ad oggi nessuno può giurare che i proventi del sacrificio saranno reinvestiti tutti e con criterio. Il Milan rinforza una diretta concorrente col meglio che ha: sembra l’espressione di un compleso di inferiorità. Francamente, roba non da Milan. Ma il mondo cambia, anche quello patinato rossonero. E allora un saluto a Kakà, campione sublime e uomo dagli amori fragili e dai sentimenti di facciata. Buon pro faccia anche a lui. Kakà passa, il Milan resta. Quale Milan, però, dovremo scoprirlo.
sottoscrivo ogni virgola di questo articolo di matteo culturani
Come volevasi dimostrare Kakà va a Madrid. Nulla di sorprendente. Finisce là dove ha sempre voluto andare, anche se fa comodo passar per martire o per agnello sacrificale. La scena strappalacrime al verone con la mano sul cuore e la maglia numero 22 nell’altra, oggi va riletta sotto una nuova luce. Ma fa parimenti comodo alla società venderlo per tappare il deficit di bilancio e poi passare per chi non trattiene nessuno a forza contro la sua volontà. In sintesi: non è colpa di nessuno, è convenienza di tutti. Sopravviveremo, lo abbiamo fatto quando hanno salutato Baresi e Van Basten, a maggior ragione ci riusciremo adesso. Però al Milan la svolta è davvero epocale. Non fa testo Gullit e le sue patetiche scelte di vita, nè Sheva e la sua surreale voglia di inglese. Era vero: il Milan non ha mai venduto un campione per soldi. Era un vanto esibito, ostentato e musicato a piè sospinto. Adesso non è più così e mai più lo sarà. Siamo alla rivoluzione copernicana della storia minima rossonera. L’AC Milan vende per autofinanziarsi. Cede un campione planetario, di più il suo uomo copertina e campione di riferimento, che sostituirà con una star in disarmo per stato di necessità ed è dura da digerire, per i tifosi di un club che per due decenni ha razziato il meglio del mercato, scritturando i massimi interpreti mondiali del giro della pedata. Può anche essere una buona pensata, se servisse ad accelerare un processo di rinnovamento congelato senza ragione da anni ancorché necessario. Ma ad oggi nessuno può giurare che i proventi del sacrificio saranno reinvestiti tutti e con criterio. Il Milan rinforza una diretta concorrente col meglio che ha: sembra l’espressione di un compleso di inferiorità. Francamente, roba non da Milan. Ma il mondo cambia, anche quello patinato rossonero. E allora un saluto a Kakà, campione sublime e uomo dagli amori fragili e dai sentimenti di facciata. Buon pro faccia anche a lui. Kakà passa, il Milan resta. Quale Milan, però, dovremo scoprirlo.
sottoscrivo ogni virgola di questo articolo di matteo culturani
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