MILANO - Lo "score" iniziale delle ultime due partite di campionato di Ricardo Kakà? Accomodatevi. Parma-Milan, primo tempo: al 7' minuto fallo di Morrone da dietro, al 17' fallo di Dessena al limite dell'area, al 20' fallo di Morrone. Quest'ultimo in particolare è il paradigma del metodo-Kakà. Il giocatore "puntato" entra duro sul piede d'appoggio del giocatore del Milan, estremizzando il contrasto, rischiando tutto: piede o caviglia non importa, su di lui si rischia.
Non è finita. Milan-Palermo, primo tempo: dopo 1 minuto e 43 secondi entrata di Guana, da dietro, esattamente sul ginocchio dolente di Kakà. Al 22' fallo di Migliaccio a centrocampo, nemmeno rilevato come scorrettezza dal direttore di gara. Al 29' fallo di Bresciano, da dietro, su Kakà lanciato verso l'area avversaria con Ricky che, pieno di botte e di dolore, si concede una reazione all'indirizzo dell'arbitro.
Fra queste due partite, Londra. Dove la maggiore lealtà della Champions League e la cultura sportiva più elevata masticata mediamente delle grandi d'Europa hanno risparmiato a milioni di spettatori questo scempio. Quella che colpisce invece, nel Campionato italiano, è non solo la sistematicità dei falli su Kakà su cui gli arbitri del nostro campionato sorvolano bellamente. Ma la scientificità Non è mai lo stesso giocatore a fare due entrate di seguito su Ricky. C'è l'alternanza fra un giocatore e l'altro. Come fosse una strategia. Quasi il segno di una preparazione. E qui evidentemente i direttori di gara non c'entrano proprio nulla.
In questo clima si inseriscono anche prodezze singole. Come quella di Carrozzieri a Bergamo, proprio sul ginocchio sinistro di Kakà, all'inizio della gara fra Atalanta e Milan poi sospesa per le intemperanze della curva bergamasca. Intimidazione allo stato puro, su una palla a centrocampo che Kakà si apprestava semplicemente a ricevere. O come quella di Bovo, nel primo tempo di Milan-Genoa: tacchetti e piede alti su Kakà impegnato in uno scatto sulla fascia. Fallo da espulsione secondo tutte le moviole, con Bovo invece semplicemente ammonito.
La spirale, di carattere anche psicologico, che avviluppa il nostro fuoriclasse è legata anche allo sviluppo di queste vicende di campo. Come in Milan-Palermo, ma come in Milan-Catania del girone d'andata, dopo una serie di tre-quattro falli mirati, scientifici, subiti da Kakà, ne arriva uno, quasi di frustrazione da parte di Ricky. Un giocatore che, notoriamente, non ha una specializzazione in questa materia. Ma non appena fa un fallo da dietro Kakà, ecco che scatta l'ammonizione. Dalla frustrazione alla sanzione. La vera tutela scatta, sì, ma per gli avversari di Ricky, al suo primo, episodico, fallo. Non per le entrate mirate e alternate su di lui.
Lo stillicidio che sta subendo Kakà è lo stesso che aveva minato alle fondamenta il fisico e la resistenza di Marco Van Basten. Il fuoriclasse olandese ha giocato la sua ultima partita ad alto livello a 28 anni, era il novembre 1992 contro il Goteborg a San Siro. Poi non c'è più stato. No! Per Kakà non può e non deve succedere la stessa cosa. Non c'è nessuna crisi post Pallone d'Oro e non c'è un fuoriclasse che gioca male. Siamo semplicemente di fronte ad un giocatore braccato, sottoposto ad agguati continui, che se si ferma per 15-20 giorni per gestire i suoi problemi poi, evidentemente, non torna in campo al massimo della condizione.
La realtà è che mentre gli avversari del Milan si passano a vicenda il testimone dell'entrata su Kakà e mentre il fallaccio d'ingresso, tanto nei primi minuti l'arbitro non prende nessun provvedimento, sta diventando il bonheur riservato dalla maggior parte delle squadre italiane proprio a Kakà, la squadra rossonera ha rischiato di giocarsi una fetta importante della stagione proprio senza il suo fuoriclasse, proprio contro l'Arsenal. Alla fine Kakà si curerà, si preparerà, stringerà i denti e farà di tutto per esserci davanti agli 80.000 di San Siro. Fino alla prossima tacchettata. Fino alla prossima entrata al limite o, come abbiamo visto, ben oltre il limite, confinata a torto nel recinto dell'ordinaria amministrazione dagli arbitri italiani. In buona sostanza, fino a quando?
acmilan.com
Non è finita. Milan-Palermo, primo tempo: dopo 1 minuto e 43 secondi entrata di Guana, da dietro, esattamente sul ginocchio dolente di Kakà. Al 22' fallo di Migliaccio a centrocampo, nemmeno rilevato come scorrettezza dal direttore di gara. Al 29' fallo di Bresciano, da dietro, su Kakà lanciato verso l'area avversaria con Ricky che, pieno di botte e di dolore, si concede una reazione all'indirizzo dell'arbitro.
Fra queste due partite, Londra. Dove la maggiore lealtà della Champions League e la cultura sportiva più elevata masticata mediamente delle grandi d'Europa hanno risparmiato a milioni di spettatori questo scempio. Quella che colpisce invece, nel Campionato italiano, è non solo la sistematicità dei falli su Kakà su cui gli arbitri del nostro campionato sorvolano bellamente. Ma la scientificità Non è mai lo stesso giocatore a fare due entrate di seguito su Ricky. C'è l'alternanza fra un giocatore e l'altro. Come fosse una strategia. Quasi il segno di una preparazione. E qui evidentemente i direttori di gara non c'entrano proprio nulla.
In questo clima si inseriscono anche prodezze singole. Come quella di Carrozzieri a Bergamo, proprio sul ginocchio sinistro di Kakà, all'inizio della gara fra Atalanta e Milan poi sospesa per le intemperanze della curva bergamasca. Intimidazione allo stato puro, su una palla a centrocampo che Kakà si apprestava semplicemente a ricevere. O come quella di Bovo, nel primo tempo di Milan-Genoa: tacchetti e piede alti su Kakà impegnato in uno scatto sulla fascia. Fallo da espulsione secondo tutte le moviole, con Bovo invece semplicemente ammonito.
La spirale, di carattere anche psicologico, che avviluppa il nostro fuoriclasse è legata anche allo sviluppo di queste vicende di campo. Come in Milan-Palermo, ma come in Milan-Catania del girone d'andata, dopo una serie di tre-quattro falli mirati, scientifici, subiti da Kakà, ne arriva uno, quasi di frustrazione da parte di Ricky. Un giocatore che, notoriamente, non ha una specializzazione in questa materia. Ma non appena fa un fallo da dietro Kakà, ecco che scatta l'ammonizione. Dalla frustrazione alla sanzione. La vera tutela scatta, sì, ma per gli avversari di Ricky, al suo primo, episodico, fallo. Non per le entrate mirate e alternate su di lui.
Lo stillicidio che sta subendo Kakà è lo stesso che aveva minato alle fondamenta il fisico e la resistenza di Marco Van Basten. Il fuoriclasse olandese ha giocato la sua ultima partita ad alto livello a 28 anni, era il novembre 1992 contro il Goteborg a San Siro. Poi non c'è più stato. No! Per Kakà non può e non deve succedere la stessa cosa. Non c'è nessuna crisi post Pallone d'Oro e non c'è un fuoriclasse che gioca male. Siamo semplicemente di fronte ad un giocatore braccato, sottoposto ad agguati continui, che se si ferma per 15-20 giorni per gestire i suoi problemi poi, evidentemente, non torna in campo al massimo della condizione.
La realtà è che mentre gli avversari del Milan si passano a vicenda il testimone dell'entrata su Kakà e mentre il fallaccio d'ingresso, tanto nei primi minuti l'arbitro non prende nessun provvedimento, sta diventando il bonheur riservato dalla maggior parte delle squadre italiane proprio a Kakà, la squadra rossonera ha rischiato di giocarsi una fetta importante della stagione proprio senza il suo fuoriclasse, proprio contro l'Arsenal. Alla fine Kakà si curerà, si preparerà, stringerà i denti e farà di tutto per esserci davanti agli 80.000 di San Siro. Fino alla prossima tacchettata. Fino alla prossima entrata al limite o, come abbiamo visto, ben oltre il limite, confinata a torto nel recinto dell'ordinaria amministrazione dagli arbitri italiani. In buona sostanza, fino a quando?
acmilan.com
E' anche vero che un fallo con tre uomini addosso è meno visibile ed appurabile dalla classe arbitrale (come il fallo da rigore su Amauri domenica), però qui Kakà oltre a rischiare di farsi male sta subendo uno "shock" psicologico in tutti i sensi.
Volevo sapere cosa ne pensate, i campioni son sempre piu bersagliati dalle difese avversarie e sempre meno tutelati dagli arbitri, questo non fa altro che allontanare ulteriormente i campioni stranieri dal nostro campionato, con conseguente perdita qualitativa di anno in anno.
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