«Ai Moggi, padre e figlio,
devo molto. Merito loro
se ho svoltato. Ora ho vinto
la diffidenza dei fiorentini,
vorrei portarli allo scudetto»
Adrian Mutu, domani c’è Fiorentina-Juventus: avrebbe mai immaginato di sfidare una neo-promossa?
«Mai».
Per i tifosi bianconeri, la sua partenza è una ferita che continua a sanguinare.
«Li ringrazio. Io, a quella società e a quei dirigenti - parlo dei vecchi; di Luciano, soprattutto - devo molto. Mi hanno raccolto in un momento delicato della mia carriera. Mi hanno aiutato a svoltare».
Chi ha conosciuto dei nuovi?
«Alessio Secco. Con Alessandro Moggi, il mio procuratore, e Pantaleo Corvino, il ds della Fiorentina, ha definito l’operazione».
Moggi padre e figlio, la Gea, Calciopoli...
«Se devo essere sincero, ci ho capito poco. E ancora meno mi pare che ci abbiano capito i giudici che hanno confezionato le sentenze».
Ha pensato di seguire la Juve in B?
«A un livello molto superficiale. Non c’era più la Triade e c’era, in compenso, la possibilità di rimanere in A. In una piazza come Firenze, per giunta. Ho scelto Prandelli, l’allenatore che avevo avuto a Parma. Straordinario. Ecco: fosse stato il tecnico della Juve, per uno come lui avrei accettato pure la retrocessione. Ma solo per lui».
Mi racconti la sua Juve.
«È stata la squadra più forte in cui abbia giocato. Massacravamo tutti. Lo scudetto del 2005 è stato un regalo, visto che giocai sì e no mezz’ora con il Cagliari, l’ultima giornata. Ma l’altro, me lo sono proprio guadagnato: 32 presenze, 7 gol».
Gli arbitri?
«Prima di giocare nella Juve, l’ho affrontata da avversario. Mai notato nulla di scandalosamente protettivo».
Ibrahimovic, Trezeguet, Mutu: mica male, come tridente.
«E me lo domanda? Con Capello ho fatto il Nedved, il Camoranesi, il Del Piero. Mi ha allargato l’orizzonte».
Del Piero: una bandiera, ma anche un tappo.
«Portare via Alessandro dalla Juve è come portare via Firenze dalla Toscana. Non si può».
Il suo idolo?
«Hagi. Dribblava il mondo, tutti i ragazzi romeni l’hanno sognato e venerato».
Il suo ruolo?
«Sono nato “dieci”. Mi muovevo dietro gli attaccanti. È un ruolo che non c’è più. Oggi mi arrangio da seconda punta».
Dicevano di lei: grandissimo, ma dalla cintola in giù...
«Se allude alla coca e al sesso, ci sono passato e mi sono bruciato. Per fortuna, ne sono uscito in tempo. Ho due figli, aspetto il terzo, mi sono laureato in giurisprudenza a Bucarest, ho conosciuto Consuelo, ho ritrovato Prandelli. Con tutto il rispetto, non penso di essere male neppure dalla cintola in su».
I nervi?
«Ogni tanto mi scappa la frizione. La scorsa stagione, mi hanno rifilato tredici gialli: a occhio, un record. Non sono un santo. Sono uno che si immedesima nella maglia che indossa».
La popolazione romena in Italia è raddoppiata: si è mai chiesto il perché?
«La scintilla è il lavoro. Non dimentichi che a Bucarest vivono trentamila italiani. Siamo fatti gli uni per gli altri».
Noi mafiosi, voi zingari...
(sorride) «Per questo filiamo d’amore e d’accordo».
E della guerra che il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, ha dichiarato ai lavavetri che mi dice?
«Dico che anche quello del lavavetri da semaforo è un mestiere. E, per questo, andrebbe regolamentato. A patto che se un automobilista dice no, deve essere no».
Un aggettivo positivo per noi italiani?
«Siete solari».
E uno negativo?
«Siete presuntuosi».
Cosa manca alla Fiorentina per arrivare allo scudetto?
«La continuità dei risultati. Un briciolo d’esperienza».
Con il Gröningen è stata dura.
«L’eliminazione diretta non fa prigionieri. Serve un approccio diverso. Sì, è stata dura. Supplementari, rigori. L’Europa è piena di mine vaganti. La Coppa Uefa non sarà più quella di una volta, ma delle quattro italiane in lizza siamo rimasti solo noi. Segno che il vostro campionato resta d’alto livello, ma non è più il massimo».
Mutu chioccia dei Pazzini e dei Montolivo: questa, poi...
«Chioccia è esagerato. In fin dei conti non ho che 28 anni. Sono il loro fratello maggiore. Insieme, ci si diverte un sacco».
È stato difficile conquistare Firenze?
«Il fiorentino è molto esigente. E poi io venivo dalla Juve, rivale storica della città. Se però in campo dai tutto, anche a Firenze fanno presto a cambiare idea».
Ritroverà Ranieri.
«L’ho avuto al Chelsea. Grande allenatore, splendida persona. Credeva in me, nelle mie qualità. Fra i miei ricordi più cari di quel periodo non proprio felicissimo, c’è anche una sua battuta: “Adrian, ho comprato una Ferrari e adesso giochi come una Cinquecento”».
Capello?
«Un vincente. Calciopoli o no, ha preso la Juve e l’ha tenuta sempre in testa».
Mourinho?
«Bravo, ma arrogante».
Cos’ha, Prandelli, di così speciale?
«Allena il giocatore senza dimenticare l’uomo. Penso che avrebbe recuperato persino Adriano. Ci ho giocato a Parma. Un fenomeno».
Il futuro di Mutu?
«Ho un contratto con la Fiorentina che scade nel 2011. Il progetto mi intriga parecchio. Vorrei portarla allo scudetto e, già che ci siamo, farmi un Mondiale. Sono fermo agli Europei del 2000. Troppo poco».
E a fine carriera?
«Mi vedo allenatore».
Addirittura?
«Sono un tipo passionale, in campo e fuori. Il calcio è stato la mia prima vita. Qualcosa mi dice che sarà anche la seconda».
___________________________
Adrian ;_;
devo molto. Merito loro
se ho svoltato. Ora ho vinto
la diffidenza dei fiorentini,
vorrei portarli allo scudetto»
Adrian Mutu, domani c’è Fiorentina-Juventus: avrebbe mai immaginato di sfidare una neo-promossa?
«Mai».
Per i tifosi bianconeri, la sua partenza è una ferita che continua a sanguinare.
«Li ringrazio. Io, a quella società e a quei dirigenti - parlo dei vecchi; di Luciano, soprattutto - devo molto. Mi hanno raccolto in un momento delicato della mia carriera. Mi hanno aiutato a svoltare».
Chi ha conosciuto dei nuovi?
«Alessio Secco. Con Alessandro Moggi, il mio procuratore, e Pantaleo Corvino, il ds della Fiorentina, ha definito l’operazione».
Moggi padre e figlio, la Gea, Calciopoli...
«Se devo essere sincero, ci ho capito poco. E ancora meno mi pare che ci abbiano capito i giudici che hanno confezionato le sentenze».
Ha pensato di seguire la Juve in B?
«A un livello molto superficiale. Non c’era più la Triade e c’era, in compenso, la possibilità di rimanere in A. In una piazza come Firenze, per giunta. Ho scelto Prandelli, l’allenatore che avevo avuto a Parma. Straordinario. Ecco: fosse stato il tecnico della Juve, per uno come lui avrei accettato pure la retrocessione. Ma solo per lui».
Mi racconti la sua Juve.
«È stata la squadra più forte in cui abbia giocato. Massacravamo tutti. Lo scudetto del 2005 è stato un regalo, visto che giocai sì e no mezz’ora con il Cagliari, l’ultima giornata. Ma l’altro, me lo sono proprio guadagnato: 32 presenze, 7 gol».
Gli arbitri?
«Prima di giocare nella Juve, l’ho affrontata da avversario. Mai notato nulla di scandalosamente protettivo».
Ibrahimovic, Trezeguet, Mutu: mica male, come tridente.
«E me lo domanda? Con Capello ho fatto il Nedved, il Camoranesi, il Del Piero. Mi ha allargato l’orizzonte».
Del Piero: una bandiera, ma anche un tappo.
«Portare via Alessandro dalla Juve è come portare via Firenze dalla Toscana. Non si può».
Il suo idolo?
«Hagi. Dribblava il mondo, tutti i ragazzi romeni l’hanno sognato e venerato».
Il suo ruolo?
«Sono nato “dieci”. Mi muovevo dietro gli attaccanti. È un ruolo che non c’è più. Oggi mi arrangio da seconda punta».
Dicevano di lei: grandissimo, ma dalla cintola in giù...
«Se allude alla coca e al sesso, ci sono passato e mi sono bruciato. Per fortuna, ne sono uscito in tempo. Ho due figli, aspetto il terzo, mi sono laureato in giurisprudenza a Bucarest, ho conosciuto Consuelo, ho ritrovato Prandelli. Con tutto il rispetto, non penso di essere male neppure dalla cintola in su».
I nervi?
«Ogni tanto mi scappa la frizione. La scorsa stagione, mi hanno rifilato tredici gialli: a occhio, un record. Non sono un santo. Sono uno che si immedesima nella maglia che indossa».
La popolazione romena in Italia è raddoppiata: si è mai chiesto il perché?
«La scintilla è il lavoro. Non dimentichi che a Bucarest vivono trentamila italiani. Siamo fatti gli uni per gli altri».
Noi mafiosi, voi zingari...
(sorride) «Per questo filiamo d’amore e d’accordo».
E della guerra che il sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, ha dichiarato ai lavavetri che mi dice?
«Dico che anche quello del lavavetri da semaforo è un mestiere. E, per questo, andrebbe regolamentato. A patto che se un automobilista dice no, deve essere no».
Un aggettivo positivo per noi italiani?
«Siete solari».
E uno negativo?
«Siete presuntuosi».
Cosa manca alla Fiorentina per arrivare allo scudetto?
«La continuità dei risultati. Un briciolo d’esperienza».
Con il Gröningen è stata dura.
«L’eliminazione diretta non fa prigionieri. Serve un approccio diverso. Sì, è stata dura. Supplementari, rigori. L’Europa è piena di mine vaganti. La Coppa Uefa non sarà più quella di una volta, ma delle quattro italiane in lizza siamo rimasti solo noi. Segno che il vostro campionato resta d’alto livello, ma non è più il massimo».
Mutu chioccia dei Pazzini e dei Montolivo: questa, poi...
«Chioccia è esagerato. In fin dei conti non ho che 28 anni. Sono il loro fratello maggiore. Insieme, ci si diverte un sacco».
È stato difficile conquistare Firenze?
«Il fiorentino è molto esigente. E poi io venivo dalla Juve, rivale storica della città. Se però in campo dai tutto, anche a Firenze fanno presto a cambiare idea».
Ritroverà Ranieri.
«L’ho avuto al Chelsea. Grande allenatore, splendida persona. Credeva in me, nelle mie qualità. Fra i miei ricordi più cari di quel periodo non proprio felicissimo, c’è anche una sua battuta: “Adrian, ho comprato una Ferrari e adesso giochi come una Cinquecento”».
Capello?
«Un vincente. Calciopoli o no, ha preso la Juve e l’ha tenuta sempre in testa».
Mourinho?
«Bravo, ma arrogante».
Cos’ha, Prandelli, di così speciale?
«Allena il giocatore senza dimenticare l’uomo. Penso che avrebbe recuperato persino Adriano. Ci ho giocato a Parma. Un fenomeno».
Il futuro di Mutu?
«Ho un contratto con la Fiorentina che scade nel 2011. Il progetto mi intriga parecchio. Vorrei portarla allo scudetto e, già che ci siamo, farmi un Mondiale. Sono fermo agli Europei del 2000. Troppo poco».
E a fine carriera?
«Mi vedo allenatore».
Addirittura?
«Sono un tipo passionale, in campo e fuori. Il calcio è stato la mia prima vita. Qualcosa mi dice che sarà anche la seconda».
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Adrian ;_;
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